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Autore: Lou Asakura    21/09/2016    0 recensioni
Ma per quanto fossero cambiati, per quanto gli anni gli pesassero addosso, accadeva proprio in attimi come quello -in uno sguardo, in un silenzio- che infine si ritrovavano. Rinchiusi nello stesso dolore, nello spettro di una mancanza che aveva scavato il petto di entrambi... una voragine che rispondeva al nome, mai dimenticato, di Metis Cykes.
[Athena & Blackquill, One Shot]
~ SPOILERS Dual Destinies e accenni a Spirit Of Justice.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athena Cykes, Simon Blackquill
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Would you smile for me?

 

 

 

 

«...Simon?»

Il giovane uomo scatta, vigile e devoto, come un samurai richiamato al dovere. Alza gli occhi grigi dalla pila di fogli che era intento a studiare e rivolge la propria completa attenzione alla bambina, seduta poco più in là con le ginocchia strette e lo sguardo chino.

«Dimmi pure, Athena».

Lei dondola distrattamente le gambe dal bordo della sedia, ma tiene le sopracciglia aggrottate e l'espressione tesa di chi si sforza di mutare in parole pensieri troppo faticosi. Troppo grandi, per una ragazzina di appena undici anni.

È con la consueta, dolorosa consapevolezza che Simon percepisce quanto Athena si stia sforzando di mettere ordine nella piccola testa schiacciata dal peso di cuffie troppo ingombranti. La vede strizzare gli occhi mentre s'impone di isolare tutte le voci che esplodono nelle orecchie, ma i pensieri proprio non vogliono saperne di farsi parole, di mettersi in fila e trovare la via che conduce alle labbra.

"Non c'è altro modo, Metis-dono? Non c'è una maniera per riportare il sorriso sul volto di questa bambina?"

La pila di fogli che Blackquill stava esaminando giace ormai abbandonata in un angolo della scrivania mentre lui raggiunge la piccola con passi svelti, ora chino alla sua altezza.

Athena non parla spesso e non sorride quasi mai, ma i suoi occhi non smettono un attimo di raccontare. Di urlare i pensieri silenziosi che non riescono a separarsi dalle labbra, ma che lei riesce a imprimere direttamente nell'anima di chi le sta davanti. A patto di saper ascoltare.

«Sono qui. Ti ascolto».

Simon le sorride, ed è a quel punto che lei allunga le mani e si sporge fino a poggiarle sulle guance ruvide del giovane procuratore, gli occhi fissi nei suoi. Non può sapere che, nel profondo, l'uomo ringrazi cento, mille volte la propria specializzazione in psicologia che gli ha permesso di arrivare a comprendere ed aprire le porte di quell'anima tanto fragile e complicata.

Rimangono così per un po', chiusi in un silenzio immobile e tranquillizzante, con Athena che lascia che le emozioni rassicuranti dell'altro le riempiano le orecchie annullando il rumore.

«...Simon», bisbiglia alla fine, in un soffio. «Tu mi salvi sempre».

«E continuerò a farlo. È questa la missione a cui questo umile samurai ha dedicato la propria vita».

Athena annuisce, piano. Sembra che voglia dire altro, ma ancora la lingua si aggroviglia e i pensieri non trovano la via per le labbra. Ma poi rivolge una breve occhiata a Simon, ai suoi occhi grigi ricolmi di lealtà e devozione incrollabili, e qualcosa sembra accendersi in lei.

«...Simon. Un giorno...». Stringe i piccoli pugni, ma lo sguardo non vacilla per un solo attimo. «...un giorno voglio essere io a salvarti. Se mai...». Tira un profondo sospiro. Lui è lì, lui non l'abbandonerà. «...se un giorno avrai bisogno, sarò io a salvarti».

Il petto dell'uomo si stringe d'affetto per lei, per il tesoro più prezioso che il suo mentore gli ha affidato, e sente la gola seccarsi.

«...Sarà un onore per me. Ma sai, a ben pensarci, ci sarebbe una cosa che potresti fare anche adesso per salvarmi».

Lei spalanca gli occhi, colmi di sorpresa. «Cosa?»

«Beh, per esempio... potresti sorridere per me. Credi di riuscirci?»

Athena esita, lo sguardo fugge per un attimo. Ma infine raccoglie il coraggio e riporta le piccole mani sulle guance di Simon, beandosi della sensazione di lui che restituisce la pace all'interno della sua testa, mentre le labbra fanciullesche si distendono in uno dei rari sorrisi.

«Per te... per te, credo di potere».

 

 

***

 

 

A distanza di anni, ancora Athena ricordava perfettamente quella conversazione.

Ricordava il sorriso di Simon che da ragazzina tanto le era caro, ormai perduto nelle sabbie degli ultimi sette anni. Ricordava i suoi capelli scuri e gli occhi gentili, ricordava il modo in cui trascorrevano ore ed ore così, a godersi il silenzio che da bambina tanto anelava.
«Pff. Ancora con la testa tra le nuvole, Cykes-dono? Guarda che non ho tutto il pomeriggio».

La giovane sobbalzò, riportata di colpo alla realtà.

«N-non mi ero per nulla distratta! Ho ascoltato tutto» affermò, gonfiando il petto in un impeto d'orgoglio.

«...ah sì?» L'uomo ridacchiò, beffardo. «Allora sarai sicuramente il grado di ripetermi ciò che ti ho appena spiegato».

«B-beh... parlavamo della sindrome di... insomma, quella...».

Athena azzardò un'occhiata al cipiglio gelido dell'uomo che le stava seduto accanto ed infine capitolò, afflosciandosi sulla scrivania ricoperta di scartoffie.

«...e va bene, hai vinto. Mi ero distratta solo per un attimo. Uno piccolissimo».

«Athena», ruggì Blackquill. «Non permetto distrazioni! Ho accettato di aiutarti con questo caso solo perché stavi diventando maledettamente fastidiosa con le tue richieste, perciò finiamola in fretta e lasciami tornare a casa in santa pace».

«Devi essere sempre così arrabbiato? Sai, quell'espressione da "io odio il mondo" non si addice ad un panda come te».

«I-io non...!». Blackquill arretrò sulla sedia e batté il pugno sul tavolo, facendo svolazzare alcuni fogli. «Io non sono un panda, maledetta ragazzina!»

«Oooh, povero me...» Imitò Athena, aggrottando le sopracciglia come l'altro faceva sempre. «Il mio nome è Simon Blackquill, sono sempre arrabbiato e odio il mondo... in realtà vorrei solo poter rivelare a tutti la mia vera identità di panda dolce e carino».

«ATHENA».

«.....che c'è, non è la verità? Oh, avanti, sei troppo suscettibile!»

«Basta così, me ne vado. Non sono venuto fin qui per farmi prendere in giro da te».

Blackquill raggruppò le sue cose e si buttò malamente l'impermeabile sulle spalle, avviandosi alla porta. Intanto, il sole tramontava dietro le finestre dello studio legale, allungando ombre aranciate all'interno della stanza.

Athena sembrava nuovamente distratta, gli occhi ormai lontani e proiettati nel mezzo di realtà quasi dimenticate.

«...ehi, Simon», chiamò d'un tratto.

L'uomo si arrestò appena un attimo prima di varcare la porta. C'era un che di remoto e nostalgico nel modo in cui a volte Athena lo chiamava, qualcosa che gl'impediva di ignorarla e che bruciava dentro al petto, in una parte di lui forse dimenticata, ma pur sempre presente.

«...ti ascolto», concesse.

«Lo sai?» Athena spiegò, tenendo gli occhi fissi sul tramonto che bruciava oltre il vetro. «Prima, quando mi sono distratta, stavo ricordando un episodio del passato. C'eravamo io e te seduti ad un tavolo insieme proprio come adesso, però a quei tempi tutto era diverso. Eppure eravamo sempre gli stessi, noi due».

«...io non sono più lo stesso uomo di allora. Dovresti saperlo».

Athena scosse il capo con decisione. «Tu sei sempre lo stesso per me. Sei lo stesso che già allora avrei voluto salvare più di ogni altro, anche se... anche se eri sempre tu a salvare me».

E mi hai salvata ancora una volta, sì disse. Mi hai salvata sacrificando anni di vita che mai ti saranno restituiti, mi hai salvata sacrificando il tuo sorriso gentile e l'uomo che eri allora.

Staccò gli occhi dal tramonto abbagliante e li spostò sull'uomo vestito di nero, la cui figura scura ormai quasi si confondeva con la penombra della stanza.

«Quello che voglio dire è che... beh, forse lo sai già, ma sono felice di averti salvato davvero, alla fine».

Sorrise. Di un sorriso che Blackquill pensò dovesse essersi staccato dal tramonto che le avvolgeva le spalle per posarsi sulle sue labbra, perché non c'era altro modo in cui un sorriso potesse apparirgli tanto luminoso.

Anche Athena non era più la stessa. La giovane donna che gli stava davanti era tanto diversa dalla bambina chiusa nel suo mondo di silenzi quanto il procuratore dai capelli striati era differente dall'uomo virtuoso ch'era stato un tempo.

Ma per quanto fossero cambiati, per quanto gli anni gli pesassero addosso, accadeva proprio in attimi come quello -in uno sguardo, in un silenzio- che infine si ritrovavano. Rinchiusi nello stesso dolore, nello spettro di una mancanza che aveva scavato il petto di entrambi... una voragine che rispondeva al nome, mai dimenticato, di Metis Cykes.

Blackquill sentì di colpo l'esigenza di parlare. Di lasciare che l'uomo sotterrato sotto la corazza costruita dalla prigionia parlasse in sua voce, per una volta ancora, una soltanto.

«..Sei cambiata così tanto rispetto a quel giorno. Mentre eri lontana da me, in un luogo in cui io non potevo raggiungerti, hai imparato a sorridere».

Athena si strinse nelle spalle, sempre stagliata sullo sfondo lucente del tramonto che ormai lasciava il posto alle prime ombre.

«Dovevo farlo. Mi sono detta che, beh... tu avevi perso il tuo sorriso, perciò toccava a me sorridere per tutti e due».

E' per te che ho imparato a sorridere. Per te, che il tuo sorriso l'avevi donato a me senza pensarci due volte.

«...quindi, Simon... sorrideresti per me?»
E lui -quando mai un samurai avrebbe potuto fare altrimenti? Obbedì.

 

 

 

 

 

 

Note: beh, che dire... Salve a tutti! Ho pubblicato in questo fandom per la prima e ultima volta nel 2009, ma nel corso degli anni il mio amore per questa saga non è lontanamente diminuito, anzi. Inutile dire che sono innamoratissima degli ultimi due giochi della saga e dei personaggi che hanno introdotto, in particolare Athena e Blackquill e le loro dinamiche così particolari. Possiamo dire che i due oggi siano l'esatto opposto di com'erano anni fa, che i loro ruoli si siano invertiti -Athena era introversa e silenziosa, Simon ancora sorrideva. Mi piace pensare che questi due, che tanto hanno dato l'uno per l'altra, che per anni hanno tentato disperatamente di salvarsi a vicenda, si siano influenzati reciprocamente nel diventare i personaggi che noi conosciamo oggi. La loro storia è inscindibile da tempo immemore, "we are bound to one another" come lo stesso Simon ci rivela in Spirit of Justice.

Ho provato a rappresentare il contrasto tra il rapporto che avevano prima, con un Blackquill gentile che abbiamo conosciuto solo tramite le parole di Athena "he was a kind man, and he used to smile" che faceva il possibile per proteggere il tesoro di Metis da sé stessa e dal proprio terribile potere, ed il rapporto che invece condividono adesso, fatto di schermaglie, rivalità ma anche profonda fiducia reciproca, derivata dall'aver combattuto l'uno per l'altra ed essere riusciti, infine, a salvarsi a vicenda.
Ah, e voglio puntualizzare che per quanto io vi parli da shipper non c'è assolutamente bisogno di vedere il loro rapporto da un punto di vista romantico, perciò sentitevi liberi di interpretare questa storia come volete. Capisco come la differenza d'età possa disturbare i più, e naturalmente non sto implicando che potesse esserci qualcosa tra loro già sette anni fa, oltre alla profonda devozione che Simon provava verso Metis e famiglia X°°°  Ciò che vorrei è semplicemente portare l'attenzione su un rapporto che per me è delicato e meraviglioso in tutti i suoi aspetti, in tutte le sue complicazioni. Spero davvero di scrivere ancora su di loro o comunque in questo fandom. Grazie di aver letto fin qui!

   
 
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