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Autore: Aki_Saiko    22/09/2016    2 recensioni
[SPOILER PER BRAVELY DEFAULT E BRAVELY SECOND - sidequest dello Yokai]
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Una lancia: le parole di Yoko erano come una lancia. O, forse, sarebbe stato più appropriato definirle un pugnale dalla lama sottile: taglienti e avvelenate, parole proferite da chi sa di ferire il destinatario sin nelle viscere. Mano a mano che quel dannato demone le ricordava quanto fosse sola, sentiva ogni sua difesa crollare vergognosamente.
“Non lo rivedrai mai più… colui che avevi a cuore più di qualunque altra persona al mondo”
[...]
“Questa è la tua verità. Dico bene, Edea?”.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edea, Ringabel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wow. Due anni e mezzo di assenza da EFP e me ne torno con una one shot randomissima scritta in preda ai feels in un fandom nuovo e che non c'entra nulla coi progetti che avevo in mente. Alle 4.30 del mattino. Oserei dire, perfettamente (e tristemente) nel mio stile.
Non starò a dilungarmi, sappiate solo che ci tenevo a scrivere qualcosa su questi due, dato che sono una delle otp che più amo e che questo pomeriggio mi hanno letteralmente distrutto il cuore. Ho completamente glissato sulla parte heartbreaking in cui Ringabel se ne va dicendo "ci rivedremo" perché non penso di essere ancora emotivamente pronta ad affrontare tutto ciò. 

E quindi niente, spero vi piaccia e mi auguro di non essere tremendamente fuori allenamento.






 
Verità
 
 
Aveva resistito, aveva lottato, aveva mentito a se stessa. Per due anni aveva finto che tutto andasse bene, che lei fosse apposto così, che a parte un generatore di pietanze che lavorasse ininterrottamente  non avesse bisogno di niente. E soprattutto, di nessuno.
Due anni di sforzi, fatiche e menzogne distrutti, annichiliti nel giro di un attimo per colpa di una stupida, stupida mezza-volpe che non riusciva proprio a farsi gli affari suoi. A non giocare con le persone.
“Solitudine. È questo il sentimento che alberga nel profondo del tuo cuore”.
Una lancia: le parole di Yoko erano come una lancia. O, forse, sarebbe stato più appropriato definirle un pugnale dalla lama sottile: taglienti e avvelenate, parole proferite da chi sa di ferire il destinatario sin nelle viscere. Mano a mano che quel dannato demone le ricordava quanto fosse sola, sentiva ogni sua difesa crollare vergognosamente.
“Non lo rivedrai mai più… colui che avevi a cuore più di qualunque altra persona al mondo”
Zac!, stoccata. Cadde in ginocchio come se qualcuno l’avesse fisicamente colpita. Forse, avrebbe fatto meno male così.
“Questa è la tua verità. Dico bene, Edea?”.
Diceva benissimo, la maledetta volpe. Tutto vero, ogni singola virgola di ogni singola frase.
Eccome se le mancava. Le mancava il suo fare da dandy che sovente sfiorava il ridicolo; le mancava quel taglio di capelli che sfidava ogni legge della fisica; le mancava averlo costantemente intorno a punzecchiarla; le mancava continuare a prenderlo in giro.  Viaggiare insieme, cucinare insieme, combattere insieme, fuggire e nascondersi insieme. Condividere ogni momento della giornata. Avere la certezza che lui sarebbe rimasto lì, sempre, col suo fare da sbruffone e le sue stucchevoli galanterie. Tutto, tutto le mancava da morire.
«Mi manca… Ringabel »
Mentre lo diceva –mentre finalmente trovava il coraggio di raccontare a se stessa la verità- non sapeva se fossero più stretti i suoi pugni intorno alla gonna celeste della sua divisa o il groppo che le si era formato in gola.
Lo rivoleva indietro, dannazione.
Senza preavviso, avvertì un fendente d’aria, un lampo. Una distorsione nello spazio.
E poi una voce.
«Edea!»
Quella voce. Come diamine era possibile?
Si alzò di scatto e si voltò: eccolo lì, nella sua sfavillante armatura nera. Da mozzare il fiato.
«Ringabel?!»
Il ragazzo disse qualcosa –una delle sue- sul far attendere le dame, sul fatto che le era sempre stato vicino. Sul fatto che non l’aveva dimenticata, mai, neppure per un istante.
Edea non aveva ascoltato poi molto. Era troppo impegnata a, beh, essere incredula. E scossa. E immensamente grata a qualsiasi entità o dio del cielo avesse permesso una cosa simile.
Era alto, come lo ricordava: lei non gli arrivava nemmeno al mento. L’aveva sempre adorata questa cosa. I capelli erano sempre gli stessi, e anche l’espressione di strafottenza.
Era Ringabel, ed era lì. E per quanto le sarebbe piaciuto continuare a fissarlo, le lacrime che avevano preso a scorrere sulle sue guance offuscandole la vista non dovevano essere altrettanto d’accordo. Fece quindi ciò che le sembrava più naturale: gli si gettò addosso con l’intento di abbracciarlo. E lo insultò, ovviamente.
«Pensi sempre e solo a te stesso »
«Chiedo venia. Non era mia intenzione farti soffrire »
Sentire quelle braccia circondarla dopo tanto tempo era magnifico. Per un attimo le preoccupazioni svanirono: Yoko, i Ba’al, Caldisla, il Regno Celeste. Tutto scomparve, e la ragazza non si sentì minimamente in colpa nel godersi, forse egoisticamente, il momento che in cuor suo aveva da tempo desiderato. Voleva quel ragazzo, dannazione. Lo voleva di nuovo accanto a sé, rivoleva indietro le loro futili conversazioni sul cibo e sulla moda, rivoleva i loro sguardi d’intesa e le loro combutte per lasciare da soli Tiz e Agnès –doveva assolutamente sapere di Yew e Magnolia comunque, era certa che ne sarebbe stato entusiasto. E non solo quello. Aveva due anni di vita da raccontargli, e altrettanti da ascoltare. Voleva delle risposte alle infinite domande che per due anni avevano costantemente tormentato la sua mente, e che lei aveva ogni volta cercato –malamente- di zittire, fingendo che non le importasse.
Ringabel le scostò le ciocche bionde di capellli, ribelli come al solito, per baciarla sulla fronte. Nemmeno il ragazzo ebbe remore a lasciarsi per un attimo alle spalle tutti i problemi e le questioni da risolvere. Dopo tanto, troppo tempo, poteva abbracciarla di nuovo. Era cambiata così tanto in quegli anni: nel corpo quanto, si capiva, nello spirito. Era una donna ora, e Ringabel era certo che sarebbe stata un’ottima regnante per la sua Nazione. E con questa consapevolezza, un sentimento d’orgoglio gli riempì il cuore.
La strinse più forte a sé, un’ultima volta. Era tempo di andarsene. Per quanto odiasse sin nel profondo dover affrontare altri pericoli, altri problemi; per quanto lo spaventassero le spiegazioni che avrebbe dovuto fornire e soprattutto il momento, inevitabile, in cui li avrebbe nuovamente salutati, sapeva che non era il caso di indugiare ancora.
«Vieni. Torniamo indietro… insieme»
Aveva paura, certo, ma aveva anche imparato a conoscere la forza di Edea: anche quando si fosse sentita sola, avrebbe comunque compreso le sue ragioni, e sarebbe andata avanti. Perché quella era la sua Edea, ed era la donna che amava.
 
 
 
  
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