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Autore: Kaiyoko Hyorin    22/09/2016    0 recensioni
[La Saga di Riftwar]
Delle molteplici razze che popolano il mondo, due in particolare sono legate dal filo rosso del destino, condannate a camminare l'una accanto all'altra ed a non incontrarsi mai.. non pacificamente. O almeno è questa la credenza ineluttabile, perché come può esserci pace e comprensione se l'una è succube del Sentiero Oscuro e l'altra predica la via della Luce?
Ma le cose non sono così semplici ed è sotto l'oscura ombra di un pericolo ben più grande di quanto si possa immaginare che i cambiamenti più impensabili possono compiersi, come un incendio nasce da una piccola e fugace scintilla. Sta tutto alla volontà dei singoli, ed è di questa che vi voglio mostrare la forza.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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3. Ambush


Tutto ciò non lo convinceva per niente.
Da tre giorni erano partiti alla volta del Nord per unirsi all'esercito di Murmandamus, ma Elwar non riusciva a scacciare la sensazione che ci fosse qualcosa di strano, qualcosa di sbagliato: il suo naturale scetticismo non voleva saperne di star tranquillo.
Fin dall'inizio le incognite erano state molte, lui era sempre stato un tipo particolarmente diffidente per uno della sua stirpe e quella storia di Murmandamus non s'era dimostrata un'eccezione. I punti oscuri erano troppi perché nel suo animo si votasse ad una causa talmente megalomane quanto rischiosa quale era quella del Signore Oscuro. Tuttavia, non era certo lui il capoclan, né poteva far qualcosa riguardo l'opinione dei suoi compagni, pertanto non gli rimaneva altra scelta se non obbedire e fare il suo dovere.
Per non dire che sarebbe stata una follia mettersi contro Murmandamus, soprattutto per un infimo sentimento di miscredenza.
Stavano attraversando il letto di un torrente per mezzo di un tronco quando, con aria terribilmente concitata, un esploratore tornò di corsa da loro, fermandosi a parlare a mezza voce col capoclan.
– Accidenti.. non ci voleva! – borbottò questi digrignando i denti, per poi rivolgersi a tutti gli altri – Nani stanno pattugliando il sentiero a poca distanza dalla nostra posizione: dobbiamo trovare un nuovo passo fra le rocce. E in fretta.
Nessuno fece domande o si sorprese per la novità e subito due esploratori tornarono indietro, lungo il sentiero, per trovare un'altra strada ed aggirare quel nuovo problema seguiti dai compagni a cavallo.
A quella notizia Elwar si incupì in volto.
Nani... phua!
Sputò nell'acqua cristallina per togliersi il sapore amaro che gli era salito in bocca; detestava i nani ed al solo pensiero gli si chiudeva la bocca dello stomaco per ore. Nel bel mezzo di quella piccola considerazione tuttavia, fu assalito da una nuova ed inquietante sensazione, e guardandosi intorno all'improvviso si rese conto di quanto fosse silenziosa la montagna. Era come se la terra stessa stesse trattenendo il respiro.
Due pareti di roccia nuda e segnata dalle intemperie svettavano ai lati del sentiero e gettavano lunghe ombre lungo il percorso, tali da fargli nscere un pensiero nella mente: È il posto ideale per un'imboscata.
Quell'idea ebbe il potere di smorzargli il respiro ed il sospetto nacque e si ingigantì nella sua anima, facendogli tendere ogni muscolo. Rimase in ascolto e notò come nessuno dei suoni della natura raggiungeva più le sue orecchie: né un richiamo lontano o il più piccolo cinguettio sovrastavano il cadenzato scalpitio di zoccoli.
Inoltrandosi dietro ai suoi compagni in quella sorta di basso crepaccio, Elwar avvertì l'inquietudine serrargli in una morsa la bocca dello stomaco, ma si sforzò di mantenere calma e sangue freddo: non era l'unico moredhel presente e nemmeno poteva dirsi il più abile fra i suoi confratelli, sebbene non si contassero ché sulle dita di una mano coloro che avrebbero potuto vantare la loro supremazia in uno scontro. Sicuramente ognuno di loro era in allerta ed il loro capoclan più di tutti doveva esser sicuro della strada intrapresa. Scoccando un'occhiata di sottecchi agli altri, non si sorprese quindi della tensione che scorse sui loro lineamenti.
Tuttavia continuarono ad avanzare senza intoppi né il più piccolo segno di pericolo, uscendo uno ad uno da quella stretta gola in un tratto di sentiero più ampio e meno soffocante, il silenzio interrotto solo dal rumore degli zoccoli dei loro cavalli riecheggiante sulle rocce. Elwar, dopo aver adocchiato la pendenza quasi a picco del versante alla loro destra, era ormai pronto a tirare un sospiro di sollievo quando le sue più nere aspettative vennero esaudite: schiocchi ed un sibilo di ghiaia smossa lo fecero sussultare e sollevar lo sguardo appena in tempo per vedere la frana riversarsi nella gola appena superata.
Il grido di allarme riecheggiò in contemporanea a quello d'attacco dei nani, che balzarono fuori dai loro nascondigli lungo la parete rocciosa, riversandosi giù dal versante con le armi spianate a reclamare il loro sangue.
Elwar, senza più indugiare, si affrettò a sguainare la propria spada, pronto ad affrontare quella minaccia incombente, ma un secco comando del loro capo li indusse a cercare di fuggire. Il moro non fu il primo a tentare di seguirne l'esempio ma chi lo anticipò non fece molta strada.
Grida echeggiarono per il passo tutt'intorno a lui e gli fecero capire che ogni via di fuga, avanti come dietro di loro, era ormai bloccata. Digrignando i denti in una smorfia di furore, Elwar serrò la presa sull'impugnatura della propria lama e lasciò divampare dentro di sé l'odio verso il loro nemico, traendone intimo rinvigorimento ed una muta determinazione. Anche in superiorità numerica, ogni nano di quella stramaledetta montagna avrebbe pagato cara la decisione di mettersi contro di loro.
Con furore abbatté il primo assalitore ed a colpi di spada tentò di aprirsi un varco in quello che ormai era divenuto il caos più completo. Sangue scarlatto andò presto ad impregnare la polvere sotto stivali e zoccoli, e nitriti di dolore si mescolarono alle grida di elfi e nani. Forse fu la situazione disperata a spronarlo, oppure l'ebrezza dello scontro e del sangue versato, ma Elwar per una manciata di istanti riuscì nel suo intento e, cogliendo l'attimo, spronò il proprio cavallo a far un balzo in avanti.
Tuttavia non fu abbastanza rapido: l'animale nitrì di dolore a un passo dalla salvezza e cadde, abbattuto dal filo di un'azza nanica.
Elwar venne sbalzato in avanti finendo a rotolare nella polvere ed evitando per miracolo un fendente nemico diretto al suo collo. Quando l'attimo dopo balzò nuovamente in piedi, si ritrovò di fronte un nuovo nemico e non esitò a scagliarcisi contro. Le armi cozzarono ancora in un clangore metallico che si mescolò alla cacofonia dell'ambiente circostante ed il disprezzo aleggiò a pari merito sui volti di entrambi i nemici. Elwar, dopo una fase di stallo, riuscì ad avere la meglio ed abbatté rapidamente il suo avversario, ma l'attimo seguente, il fiato corto ed i muscoli doloranti per la botta col terreno, sentì ogni speranza di vittoria svanire quando ebbe modo di lanciare uno sguardo alla situazione: i suoi compagni, nonostante l'accanimento, stavano venendo decimati.
Comprese con agghiacciante nitidezza di non avere alcuna possibilità, eppure nel riprendere a combattere non sottrasse potenza ai propri colpi, né la sua fermezza vacillò, e continuò a battersi come una furia, non permettendo a sé stesso nemmeno per un secondo d'arrendersi.
Se così doveva finire, se ne sarebbe andato con l'orgoglio di aver lottato sino al suo ultimo respiro.
Incalzato dal nemico fu costretto ad indietreggiare, finché ad un certo punto il suo tallone poggiò nel vuoto, sbilanciandolo. Totalmente spiazzato, fece appena in tempo a scoccare un'occhiata alle proprie spalle prima che la scarpata sulla sommità della quale era finito lo reclamasse con sottili dita d'acciaio.
Il respiro gli si smorzò in gola ed un attimo dopo il mondo intorno a lui si capovolse: iniziò a rotolare giù, incapace di trovare un appiglio a cui aggrapparsi per frenare la caduta e quando infine raggiunse il fondo le acque fredde e tumultuose di un torrente di montagna si richiusero su di lui. Le rapide lo trascinarono via e gli fecero perdere la presa sulla propria spada, così Elwar venne sballottato dalla corrente per un buon tratto prima di riuscire a risalire in superficie e riempire i polmoni in fiamme. Fu un breve momento di sollievo perché subito dopo i frangenti lo riportarono sotto, costringendolo a lottare con tutte le proprie forze per non farsi dominare dai turbinii della corrente. Con il rombo del fiume a riempirgli le orecchie ed i polmoni a reclamare aria sempre più disperatamente venne trascinato verso valle, riuscendo sporadicamente a prendere una o due boccate d'aria prima di venir di nuovo sommerso.
Il moredhel lottò strenuamente per la propria vita contro le forze della natura e quando l'andamento delle rapide si attenuò, permettendogli di restare finalmente a galla, avvertì il panico che gli aveva torto le viscere sino a quel momento attenuarsi in favore di una punta di sollievo. Nonostante l'acqua lo accecasse ancora e fosse a malapena in grado di tenersi a galla, il peggio sembrava passato.
Non fece nemmeno in tempo a pensarlo che alle orecchie gli giunse, al di sotto del fragore delle onde, un rumore più cupo e diffuso che con il trascorrere del tempo si fece sempre più forte, mutandosi ben presto in un rombo sempre più distinto ed apparentemente proveniente dalle fondamenta della terra stessa.
Non gli ci volle molto per intuirne la natura e nel momento in cui la risposta gli balenò alla mente, la paura tornò a minacciare di soffocarlo e gli immobilizzò ogni muscolo, cosicché finì per tornare con la testa sott'acqua per una manciata di secondi.
Una cascata!
Riemergendo e tossendo, riuscì finalmente a scorgerne il bordo davanti a lui di poche decine di metri ed il terrore puro lo assalì per la prima volta in vita sua, più micidiale di qualsiasi altra emozione di timore provata sino a quel momento e seppe d'istinto di essere spacciato.
Così se ne sarebbe andato: senza la gloria di una morte avvenuta in battaglia.
Quando giunse il momento del salto nel vuoto, il fragore della cascata coprì l'urlo che gli sgorgò dal fondo della gola ed Elwar chiuse strettamente gli occhi di fronte al mondo che gli andava incontro ad velocità vertiginosa.
Poi gelo e buio lo inghiottirono.

***

– Che effetto fa essere un moredhel?
La domanda di Aredhel per Lorren fu talmente inattesa da fargli perdere l'equilibrio e l'eledhel cadde rovinosamente sul terreno fitto di cespugli di quella parte di sottobosco. Lei lo raggiunse un attimo dopo, trafelata.
– Stai bene? – gli chiese, aiutandolo ad alzarsi, mortificata – Mi dispiace molto.
– No... non fa nulla. Non preoccuparti – ribatté lui tirandosi in piedi e rivolgendole un sorriso di rassicurazione – È che... be', non me l'aspettavo – affermò solo, portandosi la mano destra a sfregarsi il collo.
Era trascorso un po' di tempo dal Ritorno di Lorren e lui ed Aredhel avevano finito per fare coppia fissa in molti degli incarichi assegnati. Il tempo trascorso insieme aveva permesso loro di conoscersi meglio ed il legame che ne era nato aveva ben presto preso forma in quella che s'era rivelata una solida e spensierata amicizia.
Quel giorno entrambi erano stati inviati da Varsel in avanscoperta lungo i confini di Elvandar, con il compito di appurare se davvero vi fosse stato un cambiamento della situazione nei territori contesi con i pochi clan di Fratelli Oscuri che popolavano il territorio.
Ormai s'erano avventurati per un buon tratto nel sottobosco comunemente definito “terra di nessuno” e si erano persino imbattuti nei resti di un accampamento apparentemente abbandonato. Lorren non aveva detto molto se non che il clan che l'aveva allestito doveva essersi spostato altrove, presumibilmente verso le montagne, ma Aredhel aveva scacciato la sensazione di incompletezza che le aveva dato il fare del compagno di ronda: se c'erano abitudini abbastanza radicate in lui da metterlo in difficoltà sul divulgare certe informazioni, gli avrebbe dato tutto il tempo che gli serviva per venire a patti con sé stesso e la propria natura.
Avevano pertanto continuato la perlustrazione, procedendo per lo più d'albero in albero finché la foresta lo aveva permesso. Era da poco più di mezz'ora che avevano preso a spostarsi via terra.
– Se non vuoi parlarne non intendo insistere: non era importante – riprese Aredhel, tentando di toglierlo d'imbarazzo.
– No, no – egli scosse la testa in segno di diniego senza apparirle turbato, nonostante la sua reazione iniziale – Non è un male il desiderio di conoscere. Dimmi pure cosa vuoi sapere.
Entrambi gli elfi si fermarono e scelsero di fare una pausa, sedendosi ai piedi d'una grossa quercia secolare. I grandi rami sopra le loro teste proiettavano una vasta ombra sul sottobosco e le foglie stormirono gentilmente, mosse dalla brezza di un'estate che sembrava restia a concludersi; era un vento tiepido che staccò qualche foglia e che tuttavia portò con sé l'odore tipico delle piogge autunnali.
Aredhel rimase inizialmente in silenzio, prendendosi il tempo necessario per formulare correttamente la prima domanda.
– Che.. cosa c'è di diverso fra eledhel e moredhel? – chiese infine, per poi correggersi inevitabilmente ed aggiungere – Cioè.. quali differenze hai notato tu, come esperienza personale?
Lorren si concesse un secondo di riflessione – Per prima cosa, – esordì – l'ordine.
Aredhel sorrise, un po' incredula ma divertita da quell'affermazione.
– Sì, te lo assicuro – ribatté, anch'egli ridacchiando, notando la sua espressione – In un villaggio moredhel la locazione delle capanne è disposta secondo logica ma mai ordinata, non nel vero senso della parola, e per la verità anche il loro comportamento rispecchia perfettamente questo stile di vita – sembrava venirgli incredibilmente facile riferirsi a coloro che un tempo doveva aver chiamato compagni come estranei, ma ella ebbe l'accortezza di tener quel pensiero per sé, ascoltandone le parole a seguire – I moredhel sono un popolo principalmente migratore, non si fermano quasi mai nello stesso luogo per più di una stagione, anche a causa delle rivalità fra clan. Una cosa che mi ha fatto riflettere è la sincronia dei movimenti dei soldati che mi hanno scortato sino ad Elvandar – rivolse alla ragazza con espressione interrogativa – Sono tutti così?
Aredhel, che fino a poco prima lo osservava attenta a ogni sua parola, dovette frenare una risata nell'annuire, seppur faticando a comprenderne la domanda – Sì, credo di sì.
Per lei era una cosa del tutto normale e non aveva avuto altri termini di paragone, perciò non aveva idea di come fossero coordinazione e disciplina militare al di fuori di Elvandar. Eppure, rammentò, c'erano state delle volte in cui una parte di lei aveva pensato, vedendo un drappello di soldati attraversarle la strada, a quanto somigliassero ad una sola entità talmente erano compatti ed in sincronia fra loro e la natura circostante. E sempre quella parte di lei aveva provato una punta di estraneità che solo la sua cocciutaggine aveva soppresso.
Lorren le fece cenno di procedere con un movimento del capo, così Aredhel diede voce alla seconda domanda.
– C'è una cosa che mi sono sempre chiesta – esordì con una certa esitazione che non sfuggì al suo interlocutore – Se davvero il Sentiero Oscuro li porta a disprezzare e rifiutare tutti gli altri, fra di loro come sono i rapporti? Sono in grado di provare altri.. sentimenti? Ad esempio fra maschio e femmina.
Quella domanda lasciò interdetto l'elfo, che rimase a guardarla per alcuni secondi con espressione perplessa.
– Come mai ti interessa?
Aredhel esitò un istante, prima di accennare ad una breve alzata di spalle.
– È che gli Anziani hanno sempre detto che a causa dell'influsso del Sentiero Oscuro, i moredhel non riescono a provare e comprendere cosa siano l'amore ed il rispetto per la vita, ma forse... forse non è così. Insomma, magari sono in grado di provare qualsiasi tipo di sentimento ma hanno un modo diverso di dimostrarlo.
– Be'... la società moredhel è basata sul rispetto reciproco e sul riconoscimento del valore individuale ed i sentimenti benevoli per lo più vengono considerati una debolezza, ma non sono impossibilitati a provarli. Chi non svolge delle mansioni, non aiuta la comunità e si rivela un incapace anche a combattere, alla fine viene allontanato. Non vi sono grosse distinzioni fra maschi o femmine in questo caso e non vi è magnanimità verso i più deboli. Quando i bambini sono abbastanza grandi da poter impugnare una spada corta si inizia ad istruirli all'uso delle armi.
– Anche le femmine? – lo interruppe lei.
Lorren scosse il capo – Non nel clan in cui sono cresciuto. Alle femmine moredhel vengono riservati altri compiti come cacciare, cucinare, badare ai bambini e altre cose di natura più ordinaria. Per lo più restano tutte all'insediamento e il più delle volte non viene loro permesso nemmeno di accompagnare i guerrieri nelle loro spedizioni più lunghe, ma anche se così non sembra hanno un'importanza fondamentale nel loro contributo alla collettività che ogni moredhel non può non riconoscere loro.
A quelle parole seguì un breve periodo di silenzio, prima che Aredhel dopo aver riflettuto su quelle informazioni lo interrompesse un'altra volta.
– Possono scegliersi il proprio compagno?
– Sì. Ognuna ha il diritto di accettare la corte di un uomo o di rifiutarla secondo i suoi desideri, ma credo che alcune si concedano con troppa facilità ed in genere i maschi sono soggetti estremamente possessivi ed orgogliosi per ammettere di non avere l'ultima parola in merito. Quando un moredhel però sceglie la sua compagna è per la vita e se ella si concede ad un altro è legittimo per il compagno tradito lavare l'onta col sangue di entrambi. Non esiste il perdono per nessun tipo di tradimento e perdonare un torto è già di per sé considerato come un segno di debolezza.
Aredhel inarcò un sopracciglio a quelle parole, serrando le labbra in una linea piatta e tesa, mentre le implicazioni di quelle affermazioni le inondarono la mente. Lei stessa non tollerava molto bene azioni quali il tradimento, ma il pensiero d'una tale reazione sanguinaria le fece salire un brivido freddo lungo la spina dorsale.
Fu sul punto di aprire di nuovo bocca ed aggiungere qualcos'altro quando tuttavia si bloccò sul nascere, risvegliata all'ambiente circostante da un fioco rumore giuntole alle orecchie a punta. Si mise meccanicamente in ascolto, le orecchie tese a captare il più piccolo suono, ed al pari di lei anche Lorren si irrigidì, guardandosi attorno con espressione tesa.
Il silenzio calato intorno a loro venne nuovamente infranto da un altro rumore sommesso, simile ad un fruscio, ed entrambi a quel messaggio implicito si alzarono immediatamente in piedi mettendo mano alle armi e ponendosi schiena contro schiena, sondando la selva intorno a loro.
I minuti si susseguirono lenti in quell'immobilità, ogni muscolo rigido per la tensione del momento ed ogni senso volto a cogliere il minimo accenno di cambiamento nella situazione in cui erano piombati. Dopo una decina di minuti, lentamente, la tensione nei loro muscoli prese a calare ed i due si scambiarono uno sguardo interrogativo.
– Sarà stato un leprotto... – ipotizzò Aredhel, ma era palese il fatto che non ne fosse per niente convinta perché nessun animale si sarebbe avvicinato tanto a loro, ed anche Lorren doveva esserne consapevole.
Poi un'ombra si mosse nel sottobosco, seguita da un altro rumore che l'elfa questa volta identificò come lo schiocco di un rametto che si spezza. A quel punto l'evidenza della situazione le fu chiara e, puntando nuovamente gli occhi nel sottobosco di fronte a sé impallidì.
Siamo circondati!
Quel pensiero le attraversò la mente come una scarica elettrica e di scatto girò il capo alla ricerca dello sguardo dell'amico, solo per leggere in esso una conferma ai suoi più tetri timori. S'erano distratti, erano stati incauti, ed ora erano nei guai.
Dal folto si fece avanti il primo dei loro assalitori, un Fratello Oscuro dai lunghi capelli neri raccolti in una treccia e l'espressione tronfia di chi ha messo in trappola una ghiotta preda. Incrociandone gli occhi scuri, Aredhel si sentì alla stregua di un cervo e dovette deglutire per far sparire il nodo che le si era legato in fondo alla gola quando altri moredhel seguirono l'esempio del primo e si disposero tutt'intorno a loro.
– Corvi – mormorò Lorren con una nota di astio nella voce.
Aredhel gli scoccò un'occhiata confusa da sopra la spalla, in tempo per notarne l'espressione tesa e corrucciata, quasi rabbiosa seppur contenuta, prova di un'avversità radicata nel tempo.
– Cosa?
– Un clan in conflitto con quello al quale appartenevo – spiegò allora lui, senza smettere di tenere d'occhio i nemici – ..una cosa positiva è che fanno prigioniere le donne.
– E di te che ne sarà? – lo incalzò allora, allarmata.
In risposta lui le sorrise appena – Non temere... mi batterò fino all'ultimo.
E poi, come a suggellare l'ineluttabilità di quelle parole, lo scontro ebbe inizio.
Aredhel, già in posizione di difesa, affrontò il suo primo avversario in un cozzar di lame e il mondo intorno a lei ridusse drasticamente la sua prospettiva. L'adrenalina in circolo le alterò le percezioni come non le era mai accaduto prima, alimentata dalla paura istintiva dovuta al suo primo scontro con un Fratello Oscuro. Incrociando gli occhi carichi di disprezzo del suo nemico, per ella fu come se improvvisamente tutto il resto perdesse nitidezza in favore dello scontro in atto e fu come se non vi fosse più nient'altro, soltanto loro, eledhel e moredhel, faccia a faccia.
Solo un attimo e la ragazza, grazie al duro allenamento a cui l'avevano sottoposta in quegli anni suo padre e suo fratello, trovò una breccia nella difesa avversaria e vi affondò con la lama, trapassando l'elfo da parte a parte, ma non ebbe che un istante di respiro prima che questi venisse subito rimpiazzato da un compagno.
Il risultato si ripeté immutato ed anche il secondo in poco tempo finì per ricadere a terra, gravemente ferito, ma a quel punto la ragazza-elfa si ritrovò ad affrontare due avversari contemporaneamente. Questi la presero dai due lati ed iniziarono ad incalzarla con attacchi sincroni, costringendola a parare ed indietreggiare, senza riuscire a contrattaccare in alcun modo. Non le concessero alcuna tregua ma, ancor prima che iniziasse ad accusare la stanchezza un terzo avversario si intromise, assalendola alle spalle.
Aredhel venne ferita di striscio al fianco destro e si ritrovò a digrignare i denti in una smorfia di dolore, ma con la forza della disperazione tentò un contrattacco, invano. Le spade cozzarono ed il suo disperato tentativo di avere la meglio fu parato con successo.
– Aredhel! – la voce di Lorren la raggiunse, sopra il clangore del metallo.
– Vattene Lorren! Va' via! – gli gridò lei alla cieca, schivando l'ennesimo assalto.
– Ma non posso lasciarti qui!
La ragazza si spostò leggermente, in modo da poterlo vedere senza abbassare la guardia e riuscì a scorgerlo oltre le spalle dei tre elfi che l'avevano stretta all'angolo, accerchiandola.
– Devi! Lo hai detto tu che non mi uccideranno. Se resterai, morirai per nulla e nessuno potrà avvertire gli altri di ciò che è accaduto!
– Ma... – tentò un'ultima volta lui; i loro occhi si incrociarono e ogni sua obiezione gli morì in gola. Lo vide distogliere lo sguardo dal suo e l'afflizione che gli lesse in volto era quasi tangibile – D'accordo. Ma tornerò per liberarti! – esclamò alla fine questi, respingendo un altro attacco del suo avversario e retrocedendo verso il bosco.
Aredhel non riuscì più a seguirne le movenze, riportata con l'attenzione al proprio scontro da un movimento simultaneo dei tre moredhel. Ne parò i tre colpi incrociati che, fendendo l'aria, sibilarono minacciosi sino a fermarsi ad un palmo dal suo stesso capo. La forza dell'attacco la costrinse in ginocchio e lei si lasciò sfuggire un gemito a causa di una fitta proveniente dal fianco ferito.
Fu a quel punto che uno di quelli scavalcò la sua difesa e le sferrò un pugno dritto nello stomaco. L'eledhel boccheggiò alla ricerca d'aria e si piegò in avanti, annaspando per reagire in qualche modo, ma i moredhel furono più rapidi di lei. Il forte dolore alla nuca che seguì le fece perdere la cognizione di sé stessa e l'oscurità calò su di lei.
Perse i sensi ancor prima di toccare terra.




continua...


Ciao a tutti!
Ok, i primi due capitoli erano un po' un unico prologo, gli eventi iniziano a muoversi solo da questo capitolo in poi, quindi posso capire come mai fin'ora le cose siano risultate un po' piatte.. ma comunque vi assicuro che da qui in avanti si farà tutto più interessante! *-* restate con me!!
Volevo ringraziare chi ha inserito questa storia fra le seguite <3 e vi invito a lasciarmi un parere quando volete.
Nel mentre vi saluto!!

Kaiy-chan
   
 
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