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Autore: Ormhaxan    22/09/2016    17 recensioni
Arianna viene abbandonata da Teseo sull'isola di Naxos dove, in preda alla disperazione, sta pensando di togliersi la vita.
Richiamato dal suo pianto disperato, Dioniso viene immediatamente folgorato dalla bellezza della principessa cretese, di cui si innamora perdutamente e, allontanata la tristezza dal suo animo, le chiede di diventare sua sposa e regina.
Dal testo: “Mio vero amore. – sussurra la principessa sulle labbra del dio, ubriaca di lui, affondando le dita sottili nei lunghi capelli ramati – Sarò la tua regina, la tua sposa, ma non prima di un tuo giuramento.”
“Qualsiasi cosa, mia Ariadne.”
“Giura di non abbandonarmi, Dioniso. Non abbandonarmi, mai.”
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ariadne-1







La nave dalle vele nere1 gonfiate dal vento del Sud svanisce all’orizzonte e Ariadne realizza che tutto è oramai finito e che lo spergiuro Teseo non ritornerà.
Abbandonata in un’isola sconosciuta, tradita, ha perso insieme alla sua candida voce, che per ore ha urlato invano il nome del principe accompagnato da suppliche e preghiere, qualsiasi speranza di felicità.
Per il giovane ateniese la principessa di Creta ha tradito il proprio sangue, andando contro suo padre e sfidando la sua autorità di sovrano; per lui, ha abbandonato la sua casa, messo a morte il suo fratello bestiale chiuso in un labirinto senza uscita; per lui e in nome dell’amore menzognero che per settimane le ha decantato come il più affascinante dei cantori, lo ha seguito con il cuore intaccato dalla freccia di Eros verso una terra straniera che non avrebbe mai visto, per la promessa di una corona che non avrebbe mai indossato.2
La brezza calda del pomeriggio le carezza il viso rigato da copiose lacrime, smuove i capelli color del grano raccolti in una treccia scarmigliata e il chitone finemente ricamato e fermato sulla spalla destra con una fibula d’oro, unico prezioso che ancora le rimane; un tempo Ariadne ha amato il mare, il suono melodioso delle onde che si increspano sul bagnasciuga, lo stridio dei gabbiani dalle ampie ali candide, ma ora, immobile sulla spiaggia di Naxos, quella visione le reca solo dolore e miseria.
Osserva il punto in cui le navi di Teseo sono state ormeggiate fino all’alba, dandosi ancora una volta della stolta per essersi fatta ingannare così facilmente, per non essersi neanche resa conto che il principe ateniese non circondava più il suo corpo con le sue possenti braccia rese scure dal sole come aveva fatto durante tutte le notti trascorse insieme, poiché da ore aveva abbandonato il giaciglio divenuto freddo. 
Ricomincia a piangere, nascondendo il suo viso tra le gambe nella speranza di smorzare i singhiozzhi che le scuotono il petto e ricadendo nel dolore sempre più simile a follia: le Erinni, geni alati, la stavano sicuramente punendo per aver tradito la propria famiglia con un meschino inganno, condannandola alla pazzia.

Il suono di un flauto giunge al suo orecchio, dura per un istante, abbastanza da mettere in guardia i suoi sensi e farla voltare: non c’è nessuno dietro di lei, l’isola è deserta e così Ariadne si convince che ciò che ha sentito è frutto della sua fantasia, che forse sta davvero perdendo il senno.
Ritorna a guardare il mare, asciugandosi con il polso l’ultima lacrima che ha abbandonato i suoi occhi chiari arrossati e gonfi per il troppo piangere; sospira, chiedendosi se il suo destino non sia sempre stato quello di morire a Noxos, tra le onde del mare davanti a lei, quando ecco nuovamente il suono del flauto, questa volta accompagnato da una lira.
Ariadne scatta in piedi, portandosi le braccia al petto in un gesto di protezione, allontanandosi dalle placide onde e dal loro andirivieni; continua a guardarsi attorno, questa volta certa di non aver sognato, eppure non riesce ancora a scorgere la fonte di quella melodia.
Poi, all’improvviso, l’ombra di un chitone purpureo colpisce la coda del suo occhio destro e, come spuntato dal nulla, davanti a lei si para un giovane dai capelli ramati e il viso costellato da lentiggini che le ricordano il cielo notturno della sua terra natia, Creta.
Le sorride, di un sorriso dolce e compassionevole, così bello da farle dimenticare per un attimo tutte le sue sventure.

“Ti ho udito piangere, percepito il tuo dolore. – le dice con voce pacata, di un tono così armonioso da essere balsamo per l’anima di Ariadne – Cosa o chi ha procurato una così profonda miseria in una creatura tanto indifesa e bella?”
Ariadne lo guarda sottecchi, indecisa se tornare sui suoi passi o rispondergli: ma, dopo tutto, dove mai potrebbe andare? Noxos sembra deserta e il misterioso ragazzo dall’aria eterea ne sembra il solo abitante.
“Il figlio di Egeo mi ha ingannata, condannandomi alla morte su questa isola e infrangendo le promesse. – risponde – Per lui ho rinnegato mio padre, il mio stesso popolo e ora che è lontano prego Poseidone affinché lo colpisca con la sua ira, così che anche lui provi il dolore della perdita di ciò che gli è più caro.”3
“Poseidone non è sordo alle suppliche delle fanciulle abbandonate, sono certo che ascolterà le tue preghiere e condannerà questo spergiuro alla sofferenza. – il ragazzo si avvicina ancor di più a lei e si siede sulla calda sabbia, invitando Ariadne a fare lo stesso – Siedi accanto a me, fanciulla dalla bella chioma, e narrami la tua storia, così che io possa lenire i tuoi dolori e curare la ferita del tuo cuore.”
Ubbidiente, la principessa cretese si siede accanto allo sconosciuto dalla fiammante chioma, cogliendo l’occasione per osservarlo meglio: le sue labbra sono piene come un bocciolo in primavera, i suoi capelli ricordano le onde del mare tinte dei raggi del sole al tramonto e i suoi tratti sono delicati, totalmente diversi da quelli affilati e severi di Teseo.
E’ più basso del principe ateniese, non troppo però per la statura della principessa, e sul suo chitone è appuntata una spilla a forma di grappolo d’uva maturo; ha un fascino in parte androgino, ma non nasconde comunque la sua mascolinità, un atteggiamento fiero e raffinato che la turba e l’intriga allo stesso modo.
“Raccontami la tua storia, te ne prego.” riprende la parola, prendendole le mani tra le sue.
“Non conosco neanche il tuo nome.”
“Sono stato chiamato con molti nomi, giovane cretese, ma tu puoi chiamarmi Dioniso.”
Ariadne sgrana gli occhi: “Ti prendi gioco di me, straniero? Credi che sia così sciocca e disperata da credere che tu sia la divinità del vino e della vegetazione?4 – i suoi occhi si riempiono nuovamente di lacrime – Me misera, me infelice! Fino a questo punto le divinità si prendono gioco di me?”
 “No, no, non piangete o il mio cuore soffrirà con voi. – l’abbracciò e asciugò le sue lacrime; le baciò le guance e i capelli setosi – Mia dolce Ariadne, mia bellissima Ariadne.”
“Come sai il mio nome?”
Dioniso sorrise sghembo: “Sono una divinità dell’Olimpo. – la strinse più forte – Raccontami la tua storia, affinché il tuo dolore sparisca e io possa donarti nuovamente la felicità che meriti.”

E così Ariadne, stretta tra le braccia della divinità, inizia il suo racconto. Narra del Minotauro, del principe ateniese giunto a Creta con i suoi fidati compagni e del tranello mortale a cui suo padre lo aveva condannato; narra del filo che lei gli aveva donato, del suo amore per Teseo e delle promesse che lui le aveva fatto; narra della loro fuga da Creta, del loro arrivo a Noxos pochi giorni dopo e, infine, con le lacrime agli occhi, del suo abbandono.
Dioniso l’ascolta in silenzio, stringendola e asciugando le sue lacrime con la sua bocca rosea, baciandola appassionatamente quando la storia si concluse. Ariadne si lascia baciare da lui, ebbra del suo calore e della sua dolcezza, finalmente dimentica del suo profondo dolore e del suo cuore spezzato; le labbra di Dioniso hanno il sapore di vino, di vendemmia autunnale, sono morbide e calde, le infondono una nuova vita.
Le loro lingue si intrecciano, giocano, mentre il respiro caldo dell’immortale carezza il suo viso e le sue mani morbide – così diverse da quelle di Teseo, da quelle di un guerriero – si intrufolano tra i suoi capelli e sotto il soffice chitone, accarezzando così la sua pelle nuda e i suoi seni pieni.
“Ti amo, Ariadne, ti amo dal primo momento in cui ti ho vista, abbandonata e sola, su quest’isola. – confessa – Sono giunto qui con il mio carro trainato da felini, accompagnato dai satiri e dalle baccanti danzanti: sono stati loro a udire per primi i tuoi singhiozzi e non appena il mio sguardo si è posato su di te ho percepito il dardo di Eros trapassare il mio cuore e permeare il mio intero essere divino di amore.”
Dioniso le sembra un fanciullo estasiato in quel momento, un giovinetto colmo di bruciante passione pronto a fare qualsiasi cosa per la donna amata; eppure, Ariadne non può dimenticare le menzogne di Teseo, le promesse infrante come il suo cuore di vergine e per questo motivo tentenna. Come può credere e ricambiare le parole di Dioniso, quando solo pochi istanti prima ha pianto per un altro uomo?
Eppure, quando l’abitante dell’Olimpo l’ha baciata, la fanciulla ha provato un sentimento a lei sconosciuto, una beatitudine che neanche Teseo le ha mai trasmesso.
Che, dunque, tutte le sue sciagure siano successe per un motivo ben preciso, per condurla verso questo determinato momento, tra le braccia immortali del dio che con occhi sinceri asserisce di amarla?
“Mi renderai la tua sposa e regina?” chiede con titubanza.
“Ti renderò mia sposa, mia regina, mia pari. Ti amerò incondizionatamente e ti donerò la felicità.”
“Mi donerai l’immortalità?”
“Cronide lo farà, una volta sposati.”5
Ariadne gli accarezza una guancia, annulla le distanze tra loro per poterlo abbracciare: “Baciami ancora, mio Dioniso.”

Nuovamente labbra contro labbra, Ariadne può provare ancora una volta quella sensazione di pura euforia che i baci di Dioniso le donano, abbandonarsi all’ebrezza che le sue grandi mani che vagano su di lei e  il suo profumo di mosto le provocano, ottenebrandole la ragione e ampliando i suoi sensi di mortale.
Il suo cuore ora è gonfio di affetto per la divinità, di passione e gratitudine, ma solo dopo percepisce il dardo di Eros trafiggerla per la seconda volta – e questa volta sarà per sempre.
“Mio vero amore. – sussurra la principessa sulle labbra del dio, ubriaca di lui, affondando le dita sottili nei lunghi capelli ramati – Sarò la tua regina, la tua sposa, ma non prima di un tuo giuramento.”
“Qualsiasi cosa, mia Ariadne.”
“Giura di non abbandonarmi, Dioniso. Non abbandonarmi, mai.”
“Mai. Che Zeus mi sia testimone: possa Egli far cadere la sua collera su di me e le Erinni perseguitarmi.”

La bacia ancora e poi, mano nella mano, la conduce nel bosco poco distante dalla spiaggia, dove un sontuoso baccanale è stato preparato per loro, per festeggiare la loro unione eterna.
Ariadne diviene la sposa di Dioniso al calare del sole e da lui viene amata con passione durante la notte che segue e per tutte quelle successive, mentre dal ventre della terra di Noxos sgorga liquore notturno e Febo intona un solenne canto6; a lei viene donata una corona boreale fatta di stelle7, eterno simbolo del loro amore, e quando la festa giunge al suo termine i due amanti si allontanano dall’isola sul carro coperto di fiori e ghirlande, il cuore colmo di gioia e l’eternità da condividere insieme.


 

*



1. Famosa è la triste morte di Egeo, il quale si suicidò vedendo le vele nere issate sulle navi del figlio.
2. Dopo la morte del padre, Teso divenne sovrano di Atene.
3. Presagisce il suicidio di Egeo, padre di Teseo.
4. Arcaicamente, Dioniso viene identificato come divinità della vegetazione.
5. Nel VII secolo avanti Cristo, Esiodo racconta che Arianna fu trasformata in divinità da Cronide, altro nome/epiteto di Zeus.
6. Passo preso da Seneca, il quale descrive nell'Edipo il matrimonio di Dioniso e Arianna.
7. Per le nozze, Dioniso fece dono ad Arianna di un diadema d'oro creato da Efesto; lanciato in cielo, il diadema si trasformò nella costellazione della Corona Boreale.




Angolo Autrice: Salve, gente! Nuova in questa sezione, finalmente mi sono convinta, dopo mesi e mesi, a scrivere qualcosa su Dioniso e Arianna - che in questa storia viene chiamata Ariadne, seguendo il nome originario greco -  una delle mie coppie della mitologia graca preferite. Spero di aver svolto un buon lavoro, visto che ho attinto da varie fonti e che questa mia breve opera sia piaciuta. Ringrazio, quindi, tutti coloro che hanno letto e chi vorrà lasciarmi una recensione.

Alla prossima,
V.
  
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