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Autore: bisy    22/09/2016    2 recensioni
Nel labirinto di una storia improbabile s'incontrano un triangolo amoroso ed i compromessi di chi vuol bene senza veli.
Nota autrice: Non vi sono assolutamente intenti diffamatori nei confronti di chi è orientato sessualmente verso ciò che realmente ama, ciò lo premetto per evitare equivoci, vista la tematica delicatissima inserita in un contesto Insensato e frutto del Caso. Questa One Shot è senza pretese, aperta a chi vuole leggerla in libertà.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Un altro giorno si spegne all'orizzonte. Il dottor Marchesi, un bicchiere di vodka liscia in una mano, una sigaretta stremata nell'altra, osserva quel mutamento del viso celeste con distratta meraviglia.
 

In quei rari momenti di raccoglimento faceva respirare il cuore, con tutto ciò che di miserabile ne contraeva i ventricoli. Dischiudeva in balìa di quel taciturno panorama, che sembrava innatamente comprenderlo, l'urlo che incrinava il suo intimo, facendolo raccogliere tra le sete del vento e cullare dal canto del tempo finchè nuovamente non regrediva al sopore.
Tornò con passi di piombo in cucina, scolò l'oblìo liquido in un sorso incendiario e si preparò un toast prosciutto e fontina da schifo e un piatto di insalata da schifo, che consumò alla buona sullo scrittoio gremito di splendide relazioni e altrettanto splendidi certificati medici abbandonati sul nascere.
Sua moglie, Clelia, doveva essere già di ritorno, perchè percepì il suo avvicinarsi a singhiozzo sull'auto implorante pietà cedutale dalla defunta prozia. Gli capitava spesso di sentirsi in qualche modo connesso, o meglio, partecipe dei gesti abituali di quella donna evanescente, protesa su un molo da dove si contempla l'oceano di domande in cerca di un'unica risposta, che lui negava di conoscere con tutte le fibre del suo corpo ma teneva presente come un promemoria tatuato sul dorso della mano.

Dapprima i tradimenti saltuari non lo irritavano, ci si abituò come ci si abitua allo stato d'impotenza o alle ansie da prestazione, nemici che fanno da scudo da cui si nota, non senza un certo appagamento, che colei che si ama come si può amare solo la donna della propria vita ricerca il piacere altrove, lo trova, e ne regala una fetta anche al fedele compagno che lo apprezza in segreto. Il compromesso era semplice quanto delicato: lei andava da lei ed in cambio fingeva di amare lui, lui amava visceralmente lei e per questo le permetteva di dirottare altrove le sue pulsioni, per poi godersi le sue letizie umorali fingendo di non sapere nulla di quei ritrovi alla luce dell'ombra.

Era un gioco a perdere, soprattutto in quanto a credibilità, ma i due si ostinavano a rimanere ammanettati allo stesso modo di sempre, distanti come lo sguardo di Clelia sotto le coperte quando il dottore cercava il suo notturno vivere nella percezione del respiro sotto la mano troppo pesante, sul suo grembo troppo florido per quel sopore sentimentale che l'annegava.

Era con Anita che Clelia ritrovava il centro di sé. Solo lei aveva il tocco da violinista capace di accordare le sue debolezze, di innalzarla all'estasi ed abbassarla alla brutalità di giochi erotici geniali e venefici. Tutto ciò era efficace quanto una flebo di adrenalina, nei momenti di crollo che la moglie del dottore esternava in lacrime e sangue. Ormai non nascondeva più le lamette sotto le piastrelle, voleva che Guido Marchesi le trovasse, voleva una lite, uno sfogo, una romantica rottura. Voleva tornare a sentirsi preziosa, ignorando di esserlo per lui come non mai, voleva sussultare sotto i suoi singhiozzi accarezzandogli i capelli con le mani sciolte dalle catene tramutate in fede nuziale, voleva spingerlo alla disperazione fino a sentirsi in colpa anche per lei, fondamentalmente cattiva, ma agonizzante.

 

Tuttavia, Guido vestiva d'ingenue speranze il suo brillante pensare, cerebralmente intento a escogitare una cura per il suo mal d'amore visitando con devozione i suoi acerbi pazienti al reparto di Pediatria. Una bambina avrebbe azionato un detonatore definitivo per quelle macerie di insoddisfazioni, sarebbe stata il perfetto balsamo conciliatore fra i due amori disgiunti.

Non ebbe concluso le pratiche di adozione che Clelia si lasciò cadere dal balcone, un timido pomeriggio d'incipiente primavera, e portò con sé in quel volo tutta la felicità che credevano di avere, anche quella che sarebbe stata e che mai, realmente e totalmente, fu.

Anita intratteneva una serrata corrispondenza missiva col luminare di pediatria, tutelata da vile anonimato. Finì coll'innamorarsi dell'amore devoto che lui estraeva dalla penna stilografica in ossequio alla moglie morta; ogni parola sembrava il dettame di un inconscio rimpianto, ogni segno di punteggiatura lo strazio del Destino.
Raggiunsero, a distanza, un compromesso: lui non avrebbe indagato sull'identità di quell'impugnatrice maldestra di penne sempre senza inchiostro ed avrebbe ricevuto in cambio l'amore di una spasimante, la quale aborriva qualsiasi atto fisico ma lo riconduceva per mano sul sentiero dell'orgoglio perduto.

 

Balcone con vista sul tramonto, due mesi dopo.

Ripresi in mano i documenti lasciati in sospeso, riuscì ad ottenere l'affidamento della bambina grazie ai fruttuosi guadagni della carriera, raggirando l'ostacolo della vedovanza, e divenne genitore singolo, materno e paterno, riversando in un contenitore stavolta non già traboccante tutti i fiotti d'affetto repressi. Anita si fece sentire in poche settimane, dichiarandosi autrice delle sue lettere e disponendosi ai rimproveri per essersi approfittata dell'animo a pezzi di un pover'uomo solo al mondo. Ricevette una famiglia splendida, l'eterna gratitudine di un dottore ammalato e la parola “Mamma” pronunciata dalla graziosa bocca di Luisa, che ogni giorno sembrava una bambina po' più cresciuta e vivace.

 

Si tirarono così i fili slabbrati di una trama imbastita apparentemente dall'assurdo, intrecciati malamente da volitive, sapienti mani a formare il simbolo del sincero sentire, proteso alla libertà a costo della vita, -quanto conta in questo mare di gocce!- e maledetto dall'egoismo che caratterizza ogni altruista degno di tal qualità.

Anita e Guido convogliarono a nozze, e fu per entrambi come (ri)sposarsi con Clelia, assorbendo per interposta persona il vortice che probabilmente aveva spinto due adulti alla pazzia, una bambina al successo ed una donna omosessuale ad un suicidio stanco.

   
 
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