Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Silviaria3    22/09/2016    0 recensioni
Un momento prima che i fuochi partano una ragazza sulla spiaggia combatte le sue paure e le vince....il padre le fa compagnia oggi, regalandole il ricordo di un abbraccio pieno di calore...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cap 3 Aprì gli occhi, sopra di me le stelle, nelle orecchie le cuffie.
Ero ancora sulla spiaggia.
 Mi sono addormentata?
No. Ero rimasta con gli occhi chiusi, sveglia e imbambolata ad osservare il trascorrere del tempo. Dov'ero andata con la testa in quelle ore? Com'era potuto succedere? Mi strappai le cuffie dalle orecchie e cominciai a raccogliere freneticamente il telo mare, quando vidi il mio cellulare illuminarsi. Era Camilla. Merda.
-" Pronto Illa?"
-"Cassandra!"rispose l'altra.
Silenzio.
Era arrabbiata, e il fatto che mi avesse chiamata con il nome intero ne era la dimostrazione.
-"Dove-cazzo-sei?"sussurrò in un sibilo mortale.
-"Lo so, lo so...sto arrivando."provo a giustificarmi affannata.
-"Andra, l'avevi promesso!! Che è successo? Dove sei?" mi chiese, sicuramente pensava che volessi rimangiarmi la parola data.
 -"Va tutto bene?" mi domandò poi con apprensione.
Adesso la tua migliore amica è in ansia per te, perfetto.
 Dovevo rimediare subito al danno. Decisi di dire la verità, anche perché non sarei riuscita a risolvere nulla con una bugia.
-"Sono scesa a mare e mi sono addormentata"
-"Come, sei scesa a mare?Con chi sei scesa?"
-"Ho preso un autobus.."
-"Ah..Ce la fai a tornare in tempo?" mi chiede quindi sbrigativa.
-"Sì!" rispondo convinta, sperando che sia vero. Chiusi la telefonata e infilai tutto freneticamente nella borsa. Corsi verso l'autobus che stava passando in quel momento e ci saltai su senza neanche verificare che fosse quello giusto. Sapevo bene che ne passava solo uno e che faceva sempre lo stesso itinerario. Il nostro territorio era molto trascurato. Intanto presi posto e controllai il cellulare: 10 chiamate perse da"Illa", 5 da"mamma", 2 da "Ale" e 1 da"Barb".
Ok. Mi è andata bene.
Usai il finestrino a mo' di specchio e mi pettinai i capelli con le dita. Quando notai riflessa una famiglia. La madre teneva gli occhi chiusi e riposava sul sedile, e affianco a lei il padre e la figlia scherzavano e ridevano, irradiavano una tale tenerezza e un tale affetto che mi sentì gli occhi pizzicare da lacrime di rammarico.
-"Papà, papà...giochiamo ti prego!"
Non c'è la facevo a sopportarlo e mi sentivo non solo stupida ma anche cattiva perché invidiavo il padre a quella bimba così innocente. Così chiusi gli occhi, presi due respiri profondi e mi diedi cinque secondi per ricompormi e non fare l'idiota.

Arrivata a Leone non prenotai la fermata  nella mia zona residenziale, ma in quella in cui abitava Camilla. La mia amica mi aspettava ed ero troppo in ritardo per poter pensare di farmi una doccia o di cambiarmi. Scesi dall'autobus e cominciai a correre verso casa sua. Bussai al citofono e Rosa mi aprì il cancello. Entrai nell'enorme giardino senguendo il vialetto che portava fino alla porta di ingresso, quindi presi a camminare con calma, cercando di farmi passare il fiatone. Nel buoio totale non si riuscivano a distinguere le varie tipologie di alberi e piante, tantomeno i fiori all'interno delle aiuole. Ma lo sguardo corse comunque all'enorme quercia sotto la quale erano appese le nostre altalene, alla cui ombra avevamo passato i nostri pomeriggi migliori a studiare e ridere. Più mi avvicinavo, più riuscivo a percepire la musica  che fuoriusciva dalle ampie finestre, le luci della veranda al piano superiore, che per le occasioni importanti, come quella, era adibita a pista da ballo e le risate e il chiacchiericcio degli invitati, seduti ai tavolini sparsi nel giardino intorno alla casa.
 Illa era ricca, un altro ennesimo elemento che ci differenziava enormemente. Non ce l'avevo con lei per questo, come c'era chi nasceva con gli occhi azzurri e chi con gli occhi marroni, c'era chi nasceva "povero" e chi ricco. Sarebbe stato come arrabbiarsi con lei perché era riccia e io liscia, semplicemente assurdo.
Rosa mi accolse, come sempre, con un sorriso gentile e un abbraccio da mamma, fra le sue braccia grassocce, la sua divisa profumava di lavanda e vaniglia, un odore che associavo alla nostra infanzia fatta di guai e in cui ci cacciavamo e che lei ci aiutava a risolvere. Si staccò da me e si asciugò gli occhi con l'angolo del grembiule.
-"Che è successo?"esclamai spaventata. Consapevole che anche se la festa era iniziata da un pezzo, era già potuta accadere una catastrofe.
-"Oh nulla.. È solo che i miei ragazzi stanno crescendo e presto ve ne andrete tutti di casa."
Mi scappò un sorriso a sentirmi includere nella cerchia dei ragazzi che lei aveva cresciuto come fossero figli suoi.

Rosa era la cameriera di casa Marconi, era stata assunta come bambinaia per i gemelli ed era rimasta in quella casa anche quando di una bambinaia non c'era più bisogno da tempo, diventando una sorta di cameriera-governante tuttofare. Ma Rosa era stata molto di più, aveva sempre ricoperto il ruolo di cui noi avevamo bisogno..un'amica, una confidente, una madre. Sopratutto per Illa lei era stata la figura materna di cui la mia migliore amica aveva bisogno, e le due, inutile dirlo, avevano un rapporto più che speciale. Non feci in tempo a dirle quanto fosse sciocca e quanto comunque le volessi bene, che Illa comparve da dietro l'angolo come una furia, bellissima nel suo vestito nero costoso, truccata e curata, come la si vedeva raramente, ma con una luce negli occhi che nessun altro aveva. Irradiava forza e determinazione che si percepivano solo standole accanto. La sua espressione passò da "furia inceneritrice" a sollievo a gratitudine quando i suoi occhi si posarono su di me. Probabilmente ero il primo invitato gradito  che aveva accolto in tutta la serata.
-"Finalmente" sbraitò come per sgridarmi, anche se si vedeva che era felice di vedermi.
Intanto non aveva arrestato la sua camminata veloce sui suoi "trampoli", che la facevano apparire ancora più alta di quanto già non fosse, venne ad abbracciarmi e mi trascinò via senza che io avessi il tempo di dire "scusa per il ritardo". Giunte nella sua stanza si concesse di fermarsi e mi regalò uno dei suoi sorrisi a trentadue denti che la faceva sembrare una bambina di fronte alla vetrina di una pasticceria.
-"I tuoi capelli sanno di sale."affermò ridendo.
-"Allora?"chiesi, ignorando il suo parere sul mio aspetto. Lo sapevo che ero un disastro,  grazie tante, non c'era bisogno che me lo ricordasse.
-"Solita storia.." cominciò con voce apatica, si mise a cercare nel suo armadio un vestito adatto a me, ancora in infradito e con il sale sulla pelle, ad ogni affermazione continuava ad avanzare lungo l'infinita e magnifica fila di abiti suoi e di sua sorella Nadia, a cui andava tutto il merito di quell'armadio così fornito.
-"I gemelli sono felici, mamma e papà sono orgogliosi, Andre si nasconde e mangia a sbafo, gli invitati sono i soliti ricconi, ereditieri, politici e pionieri dell'economia, c'è anche qualche celebrità..amici della mamma, colleghi di papà. Abbiamo persino giovani universitari comunisti e finti difensori dei deboli e dei poveri con effervescenti idee politiche. Dovresti vedere quanto costano i vestiti che indossano, dei finti stracci da più di 100€ a capo. Ah! E la nonna mi sta oberando di critiche! -Perché non ti vesti sempre così?! Perché non sei più gentile come tua sorella?!-"
Avvertivo una nota di panico nella sua voce e più parlava più prendeva velocità e la voce le diventava isterica.
Poi aggiunse con pacatezza prendendo un profondo respiro per calmarsi.
-"Tutti sono falsi e sono noiosi e alcuni persino annoiati. Tra questi ultimi ci sono io."
Sapevo che nella loro casa potevano entrare un cento invitati e sapevo che Nadia questa volta era riuscita a  farcene entrare più di centosettanta, anche se non avevo alcuna voglia di scoprirlo mi dovevo fare coraggio e pensare che non ero lì per divertirmi, ma ero lì per Illa.
-"Ok." le mostrai il mio "sorriso malandrino"come usava definirlo -"Divertiamoci" le dissi.

La prima cosa che feci, una volta entrata nel salone, fu di dirigermi verso i camerieri con i vassoi e afferrare un bicchiere. Senza preoccuparmi di chiedere cosa contenesse lo mandai giù tutto d'un fiato, ne avrei avuto bisogno. Io non ero nata per partecipare a certi eventi e quella era solo una festa di compleanno festeggiata in casa. Non volevo immaginare gli sfarzosi ricevimenti che questa gente era solita frequentare. Confermai a me stessa che non ero portata per le persone in generale.
Adottai la tecnica "sorridi e annuisci" che mi aveva insegnato Illa e che io avevo soprannominato "carini e coccolosi". La seconda cosa fu cercare i gemelli per fargli gli auguri.
Decisi di cominciare da Nadia. La ragazza era circondata da un piccolo gruppo di amiche universitarie e liceali e rideva allegramente, il suo viso si illuminò quando mi vide e corse ad abbracciarmi. Nadia era decisamente una persona eccentrica, frivola, a volte infantile e si fidava un po' troppo del prossimo. Era meglio starle lontano nei suoi periodi "no", non contraddirla nelle discussioni in cui si infervorava, non toccare la sua roba e non farla arrabbiare facendo qualcosa che le avrebbe tolto il sorriso. Ma era dolce e buona e aveva un entusiasmo bambinesco e una sbadataggine tenera e innocente per cui non si poteva far altro che amarla. Sempre preoccupata com'era a soddisfare i desideri del prossimo e a vedere del bene in tutti. Le augurai tanti auguri e acconsentì alla sua iniziativa di fare con lei tutte le foto che voleva prima della fine della serata.
Poi, dopo quindici minuti di chiacchiere futili e vuote ma molto tenere, mi allontanai con un sorriso in cerca del mio secondo obiettivo: Mattia.
Lo trovai che discuteva animatamente di qualcosa con dei giovani rampolli, probabilmente qualcuno di loro era anche un ereditiere. Il genere di persona fra le cui braccia mi avrebbe "accidentalmente" fatto a inciampare mia madre. Meglio togliersi il dente subito pensai.
Mattia mi vide ma non si allontanò dal gruppo. E lo fece apposta. Era uno dei tanti modi che usava per irritarmi, sapeva che odiavo essere al centro dell'attenzione, ma se c'era un'occasione per farmi mettere in vista e imbarazzarmi lui l'avrebbe trovata. Pensai a tutti i Natali in cui lui proponeva che io cantassi di fronte a un cospicuo numero di persone..per quanto io provassi a scappare la sua nonna tiranna mi obbligava a "comportarmi da signorina a modo". Finché ero piccola mi era stato difficile dire di no, ma divenuta un po' più grande escogitai il modo per tirarmi definitivamente fuori dall'impaccio. Stonai irrimediabilmente, e da allora la nonna Giovanna non mi obbligò più a cantare. Mattia continuò a ridere per settimane.
Non sono più una bambina da tiranneggiare, pensai.
Mi incamminai decisa e determinata fino a lui con gli occhi stretti in due fessure. Mi fermai al centro del gruppo e gli sputai addosso un -"Buon compleanno"che sembrava più un insulto. Mi ricordai che non dovevo fare il suo gioco, così sfoggiai il mio migliore sorriso e con la voce più zuccherosa che trovai aggiunsi
-"Volevo farti tanti auguri, vent'anni sono una tappa importante".
Bene. Ora sembro una che soffre di bipolarismo, come minimo.
I suoi amici, che non mi conoscevano e non potevano sapere che non ero la Barbie che sembravo quella sera, cominciarono a guardarmi con interesse attirati da quella vocetta dolce come il miele...sicuramente pensando che fossi una tipa "accondiscendente". Ma lui mi conosceva bene e sapeva che di vocette dolci non ne avevo. Mi si avvicinò lentamente, con un sorriso pieno di sé e un atteggiamento da re del mondo, e mi abbracciò riconoscente. Fece durare quell'abbraccio un'eternità e già intorno a noi sentivo risatine e tossi dissimulate provenire dai giovani famelici.
Poi disse -"Grazie, è importante per me che tu sia venuta Cassandra, considerato anche che ho passato la maggior parte di questi vent'anni con te."
Anche le allusioni?!
Decisi che ne avevo avuto abbastanza. Non ce la facevo più con quel giochetto idiota, salutai e passai velocemente oltre. Cercai Illa con lo sguardo, eravamo l'ancora di salvezza l'una dell'altra in quelle situazioni. Avremmo bevuto, riso e preso in giro gli invitati e la loro ipocrisia. Ma non la trovai.
Vidi da lontano suo fratello minore Andrea, che mimò con le labbra un "Ciao Cass" abbozzando un sorriso. Risposi al saluto con un cenno della mano e una smorfia buffa che lo fece ridere. Andrea odiava le situazioni che comprendevano più di una decina di persone ed era timido nonostante la sua stazza, che per la sua età era a dir poco inquietante, era alto quasi quanto Mattia ormai. Improvvisamente sentì un calore accanto. Era un ragazzo.
Mi si era accostato senza che io me ne accorgessi.
Ma cos'è un ninja?! pensai, ma poi fui distratta da altro.
Era alto, leggermente muscoloso, abbronzato, con una zazzera di capelli castano chiaro e..bello. Straordinariamente bello.
Tutto in lui trasudava armonia. Dovetti alzare un po' la testa per vedere meglio i suoi occhi azzurri luminosi in un viso amabile e sorridente.
Ah già, mi ero distratta.
Il ragazzo mi stava sorridendo. Risposi al sorriso un po' incerto, educatamente ma con prudenza, non avevo alcuna voglia di abbassare la guardia e non avevo bisogno di nuovi amici. E volevo metterlo subito in chiaro. Ma il ragazzo probabilmente non capiva le sfumature del linguaggio non verbale o le ignorava.
-"Piacere Alan." disse porgendomi una mano.
-"Cassandra."riposi stringendogliela quasi rassegnata.
-"Cosa sei? Un'amica? Una parente?" mi chiese in modo spigliato.
Già cos'ero?!Avevo passato quasi più tempo in quella casa che a casa mia. Ingoiai un "Ma i fatti tuoi!?" e risposi invece
-"Un'amica"..."di famiglia" aggiunsi un po' confusa da quella domanda e irritata dalla mia risposta altrettanto confusa.
-"E tu?" chiesi con un sorriso esagerato, rispondendo all'attacco.
-"I nostri genitori sono amici." rispose con prontezza, mantenendo un sorriso spontaneo. Quella sicurezza mi irritava leggermente, ma purtroppo c'ero abituata e ci avevo anche fatto il callo, conoscevo fin troppe persone sempre sicure di ciò che dicevano e disinvolte in ogni circostanza, il maggiore della prole Marconi in primis.
-"Ti ho vista prima che parlavi con Mattia." continuò lui pacato.
-"Quindi?"
-"Nulla è solo che "la situazione" mi ha fatto un po' ridere. Eravamo amici quando eravamo piccoli e lui è sempre stato un po' sbruffone. Ma sembrava che voi due...aveste una sorta di lotta personale." ammise alla fine, con un sorriso in volto.
-"Si. Io e Mattia non siamo mai andati molto d'accordo" mi lasciai sfuggire.
-"Oh. E lui lo sa?"
-"Cosa? Che non andiamo d'accordo?"chiesi ridendo.
-"No. Che sei innamorata di lui" rispose con calma.
Il sangue mi si era gelato nelle vene.
Cosa?! Ho capito bene?
-"Ma cosa dici! Non è vero!" dissi con forse un po' troppa foga per dare convinzione alle mie parole. Probabilmente fu quella mia risposta affrettata a fregarmi.
E anche il rossore sulle guance contribuì a tradire le mie buone intenzioni. Io non ero innamorata di Mattia. Ma lo ero stata. Per molto tempo.
Il nostro era sempre stato un rapporto di battibecchi continui e ripicche reciproche. Io ero la migliore amica di sua sorella minore, ero più piccola e praticamente invisibile oltre che insignificante.
In più il mio compito ero quello di difendere Illa da Mattia, perché fra tutte le persone, lui prediligeva sempre lei come destinataria delle sue angherie e prese in giro varie.
Non che lei non sapesse difendersi benissimo da sola, aveva la lingua anche più lunga e tagliente della mia. Ma i suoi genitori non volevano sentirli litigare e nonostante iniziasse quasi sempre Mattia era poi Illa a pagare per il fratello che non veniva mai sgridato o punito. Io cercavo di parare il più possibile i colpi per lei e cercavo di evitare che si scannassero. Spesso fallivo, ma da quando Mattia stava frequentando dei corsi preparatori all'università le cose andavano molto meglio. Lui non c'era e noi eravamo molto più serene. Alan si mise a ridere della mia reazione esagerata ma aggiunse
-"Tranquilla non glielo vado certo a dire. Era solo un'osservazione." fece un sorriso sbilenco e si allontanò.
Ero sicura di essere rimasta con la bocca aperta e lo sguardo vacuo finché Illa mi trovò, mi smosse dal torpore porgendomi un altro bicchiere per togliermi quello vuoto dalle mani.
-" Ho incontrato un certo Alan."le dissi cercando di ostentare indifferenza.-"Chi è?" aggiunsi di fretta.
-"Alan?... Alan?"fece pensierosa.  
Quanti diamine di Alan ci possono essere a questa festa?!, pensai spazientita prima che lei potesse rispondere.
 -"Oh! Alan Del Giudice!!" esclamò convinta.
-"Si è trasferito qui da poco, ha la nostra età e verrà a scuola con noi"
Fantastico!, pensai sarcastica. Proprio fantastico.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Silviaria3