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Autore: Vago    23/09/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 In quel mondo a parte passarono circa due giorni. Hile e un sempre più svogliato Nirghe furono costretti a interrompere Mea nella sua ricerca per farla mangiare un pasto completo e farla riposare.
La mezzelfa, non appena venne costretta a sdraiarsi, cadde in sonno agitato. Sei ore dopo riaprì gli occhi segnati per tornare al suo lavoro.
La situazione continuò a peggiore sempre più. Le poche parole che venivano dette erano per lo più monosillabi riferiti al cibo, gli sguardi rimanevano per tempi sempre maggiori persi nel guardare una parete o il pavimento.
Circa quindici ore dopo il Corvo ruppe il suo silenzio.
- Ho subito bisogno di qualcuno qui. –
Hile si fece avanti, avvicinandosi alla maga e alla runa su cui aveva appoggiato il palmo della mano.
- Guardala. Prima che l’incantesimo venisse completato, una scheggia di roccia si è staccata da questa runa. Questo è l’unico punto in cui possiamo intaccare l’incantesimo. Devi rompere queste incisioni partendo da questo punto, basta che spezzi una sola linea… -
Mea fece qualche passo indietro, abbandonandosi per terra, tra la polvere, con gli occhi chiusi.
Hile prese un coltello, piantandone la punta là dove il Corvo gli aveva indicato. Con una serie di torsioni e lenti movimenti le prime pietruzze cominciarono a cadere sul terreno.
Improvvisamente le pareti della grotta risplesero di una luce abbagliante, che scemò in meno di un secondo.
- È rotto. Il sigillo è rotto. – disse con voce stanca la maga provocando una frenesia dimenticata in quella prigione.

Nirghe si caricò sulle spalle la compagna, raggiungendo gli altri assassini sull’uscio.
Jasno si sistemò sulla fronte il cappello impolverato e Keria si rinfilò il guanto alla mano destra, preparandosi per uscire.
I cinque sguardi si incontrarono per pochi istanti.
- Ora. – disse Nirghe.
I piedi superarono la linea che li divideva dal mondo esterno.

Chi lo avrebbe mai detto. Allora anche quel brocco di Trado faceva parte del grande piano.
La domanda più importante, ora, è cosa devono fare. Per tutto il tempo in ci sono rimasti lì dentro non ho avuto notizie né da Loro, né tantomeno riguardanti il demone. Sono in una posizione di stallo ed è maledettamente fastidioso.
Ma, soprattutto, avranno trovato il poveraccio che ho rinchiuso in cantina? No, perché per poter usare quella maledetta casa, ho dovuto mettere fuori servizio il suo proprietario chiudendolo nella cantina. Almeno si sarà potuto consolare con la sua collezione di liquori d’annata.

Hile si sentì pervadere da qualcosa. Anche se sapeva che non era possibile, la sensazione che provò poteva essere descritta in una sola maniera, come se il tempo lo avesse avvolto in una coperta melmosa per poi trafiggerlo con centinaia di migliaia di secondi solidificati.
La mente del ragazzo vagò spersa, cercando di dare un significato a quella sensazione, senza riuscirci.
Pochi secondi dopo si lasciarono la caverna alle spalle.
L’ambiente disabitato che avevano lasciato non era mutato più di tanto. La vegetazione aveva guadagnato terreno nella sua inesorabile battaglia contro i ruderi di un epoca passata, ma al di là di quel dettaglio nulla era mutato.
Hile si voltò verso i suoi compagni e per poco non cadde a terra.
Capelli e unghie erano cresciuti a dismisura, gli abiti si erano consumati, facendosi sempre più logori e laceri e barbe incolte si erano insediate sui volti del Gatto e dell’Aquila..
Ci volle un momento per riuscire a capire la situazione e per riprendersi dallo sgomento iniziale.
- Cosa c’è successo? – chiese Seila cadendo indietro mentre si fissava le mani senza riconoscerle.
- Credo che abbiamo recuperato il tempo perso. – le rispose Keria, passando le sue dita tra i lunghi capelli castani che le ricadevano fino ai piedi. – Ma dovremo aspettare che Mea si svegli, per averne la certezza. Intanto, Hile, mi presteresti un coltello? Non li sopporto lunghi. –
Il Lupo gliene porse uno distrattamente, cercando con lo sguardo una forma che potesse appartenere al suo compagno. Intanto, con un colpo secco della lama, i capelli dell’arciere tornarono a non raggiungere le spalle.
- E adesso cosa facciamo? – continuò l’elfa bionda.
- Speravo che ce l’avresti detto tu. – le rispose Hile. – Comunque, per il momento, sarà meglio rimetterci in sesto e aspettare che Mea si riprenda. Poi dovremo cercare i nostri compagni, non penso che abbiano lasciato l’isola. –

Finalmente sono riusciti a uscirne. Tutto sommato poteva andare anche peggio.
E poi ho avuto anche un po’ di tempo da dedicare a me stesso, non mi ricordavo quanto fosse piacevole il corpo dei polpi, seriamente, le ossa sono sopravvalutate. Non capisco come mai tante creature abbiano puntato su di loro.

Keria andò a sedersi a fianco del Lupo, guardando Nirghe sdraiarsi contro la roccia che ospitava l’ingresso alla trappola in cui erano caduti.
- Dovremmo fermarci per un po’. – disse infine.
- Cosa? Perché dovremmo farlo proprio ora? – le chiese il lanciatore di coltelli confuso.
- Guardaci. Te ne sarai accorto anche tu, è come se ognuno di noi avesse dimenticato quello che ha imparato nella setta. Io non ho mai sentito parlare di un Gatto che preferisse sonnecchiare, piuttosto che fare qualsiasi altra cosa, e tu… -
- Io cosa? – Hile sapeva perfettamente dove l’arciere voleva arrivare, ma fece finta di esserne allo scuro.
- Avanti, hai fatto solo dei grandissimi casini da quando siamo tornati dalle nostre mete. Non eri tu che studiavi qualsiasi cosa, persino i tuoi compagni, prima di agire? E anche dopo aver ponderato ogni possibilità, comunque, ne parlavi con noi. Adesso senti un maledetto odore nell’aria e gli corri dietro. Ma questo non si limita solo a te e a lui.  –
Al Lupo fece male sentire quelle parole con di fronte quei due occhi verdi pieni di tristezza. – E voi altri? -
Keria prese un attimo fiato, spostando lo sguardo sulla pianura sottostante - Mea è diventata intrattabile, nervosa e saccente, fosse ancora quella che ho conosciuto, ci avrebbe spiegato cosa cercare in quella caverna e ci avremmo impiegato la metà del tempo ad uscirne, almeno. Jasno è indeciso, sempre. Non hai notato che ultimamente è confusionario? È tranquillo, poi un secondo dopo lo vedi arrabbiato, inizia un qualunque lavoro, poi si ricorda di qualcos’altro e lascia tutto a metà, non so cosa gli sia preso. Poi…–
- Le uniche che non sembrate cambiate siete tu e Seila. – continuò Hile, spostando la sua attenzione sull’alfa bionda, intenta a stringere i capelli in una treccia.
- Non proprio. Seila ha quelle sue… intuizioni. Mentre io… ho questo braccio, se solo sapessi a cosa servisse. – l’arciere guardò infastidita l’avambraccio di cristallo celato sotto alla benda che sostituiva la manica strappata.
- Prima o poi lo scoprirai. – gli rispose il lanciatore di coltelli.

Sono migliaia di anni che mi chiedo perché gli dei abbiano creato le zanzare. Davvero.
Nonostante le abbia osservate attentamente e ne abbia assunto la forma, non le riesco a capire. Saranno anche loro uno scarto di lavorazione, come il demone. Non credo ci possa essere un'altra motivazione alla loro esistenza. A meno che gli dei non fossero particolarmente di cattivo umore, quel giorno.
Come la noia. Di chi è la noia? Di Natura? O forse del Fato. Qualcuno dovrà pure avere potere sulla noia.
Direi che è di Natura. Le sono sempre piaciuto creare situazioni ricorrenti. Se c’è silenzio, qualcuno tossisce, se cala il silenzio qualche genio comincerà a parlare del tempo… Se ti annoi cominci a parlare da solo di cose senza la minima importanza. E io mi sto annoiando come non mai. O forse no, dopotutto mi sono annoiato parecchio nella mia vita.
Non voglio dire che farsi massaggiare dalle onde di un mare cristallino nella forma di medusa non sia piacevole, cioè, lo è molto per le prime… vediamo, quarantottore. Certo che le ventidue settimane seguenti diventano meno piacevoli. Centocinquantasei giorni a non fare altro che pulsare in un corpo al novantotto percento d’acqua.
Potrei diventare plancton, così, tanto per cambiare. O magari un’ostrica. Sono anni che non provo più a fare una perla come si deve.
Ti prego, mezzelfa, rimettiti in piedi in fretta.

Sedici ore dopo Mea  si risvegliò stordita.
La testa le pulsava e un fischio acuto le trapassava il cervello come l’asta di una freccia.
Si mise a sedere a fatica guardandosi intorno. La vista era appannata, come se un velo di brina si fosse posato sui suoi occhi, donando all’ambiente l’aspetto di un sogno.
Lentamente le immagini si fecero più nitide, di pari passo con lo scemare del suono che le riempiva le orecchie.
Qualcosa era cambiato, nel paesaggio, nei suoi compagni, in lei.
Il cielo sopra la sua testa risplendeva cristallino come una placido lago, sotto i raggi di un caldo sole di fine estate.
Erano riusciti ad uscire dalla caverna.
Il suo corpo era stato adagiato sul suolo, su di una pozione di terra morbida, e protetto da una coperta di fili blu.
La sua vista si schiarì ulteriormente, permettendo alla maga di riconoscere in quella coperta i suoi capelli.
Tutto attorno a lei si era creato fermento e una cacofonia di suoni e voci ovattate cercavano di raggiungere la sua coscienza.
- Come stai? Ti sei ripresa? – Una voce lontana riuscì ad arrivare alla mente annebbiata della mezzelfa.
- Ora mi riprendo. – rispose lei, passandosi il dorso della mano sugli occhi e graffiandosi la guancia con qualcosa.
- Aspetta, ti aiuto ad alzarti. – La voce di Nirghe fu accompagnata da un paio di mani che, prese saldamente le braccia di Mea, la sollevarono da terra.

Diario personale del Viandante.
Oggi è il… non ne ho idea. Ho perso il conto dei giorni secoli fa.
Passare attraverso un sigillo temporale quando si è svenuti provoca al risveglio postumi simili a quelli di una sbornia.
Mettete che mi serva saperlo, in futuro.

- Cosa mi è successo? E dove sono i nostri compagni? – chiese la maga non appena riuscì a reggersi in piedi con le sue sole forze.
- Abbiamo recuperato gli anni persi nella trappola. – Le rispose Keria avvicinandosi con sguardo preoccupato.
- E i compagni? – ripeté la mezzelfa.
- Non lo sappiamo. – disse Nirghe, alle sue spalle.
Gli occhi viola di Mea, in un istante, si fecero bianchi, mentre la sua fronte si aggrottò in un’espressione concentrata.
Quando la maga ritornò in sé un’emicrania la colpì violentemente, facendola cadere in ginocchio, con le palpebre e i denti serrati e le mani premute sulle tempie, cercando di tamponare il dolore.
Seila corse alla boccetta di medicinale che aveva preparato, ma quello che ne uscì fu solo una polvere grigia seguita da un odore marcescente.
- Te ne preparerò altra! – disse agitata l’erborista, cercando con mani tremanti nella sua sacca gli ingredienti necessari per la mistura.
- Non farlo adesso. – disse secca Mea – Ora mi riprendo. Non è niente. Il mio corvo si stava avvicinando a noi, credo che anche i vostri compagni stiano facendo altrettanto. –
Una luce scintillante parve provenire dalla parte opposta della collina rocciosa  dalla quale si erano liberati, seguita a breve da un’ombra incombente che oscurò il sole per alcuni secondi.
Da qualche parte, vicino, un ululato risuonò per poi diffondersi su tutta l’isola.

Finalmente gli ingranaggi di questo piano scadente hanno ricominciato a girare.
Forse è il caso che mi prepari anch’io per partire.

Hile guardò le Terre stagliarsi sull’orizzonte del mare, mentre i venti di quel canale davano vita a onde spumeggianti.
Molti metri sotto di lui, abbandonato alle onde, galleggiava il relitto della barchetta che li aveva accompagnati su quelle sponde.
Una grossa testa pelosa gli si affiancò, ricevendo in risposta qualche carezza sulla nuca.
Il garrese dell’Athur grigio aveva raggiunto la vita del suo compagno e le bianche zanne che sporgevano dal muso facevano concorrenza in lunghezza con un grosso pugnale.
Hile guardò Buio con un misto tra timore e apprezzamento, ora avrebbe potuto contare su qualcos’altro di letale che non lo avrebbe mai tradito, oltre ai suoi coltelli.
Il Lupo si allontanò dal promontorio, voltandosi verso i suoi compagni, venendo pervaso da un senso di tranquillità. Nulla li avrebbe potuti ostacolare, ora.
Un drago alto quasi tre metri risplendeva sotto quel sole caldo grazie alle sue squame di diamante. Sul suo dorso già si erano sistemati Keria e Nirghe, che cercavano di far salire il Serpente sull’insolito destriero. Lo spadaccino, intanto, teneva sulle ginocchia il suo gatto nero, divenuto grande quasi quanto una lince.
A fianco di quello spettacolo Jasno cercava una posizione sicura sul dorso dell’aquila, sorretta dalle possenti zampe. Le ali si spiegarono in un attimo per i loro due metri di lunghezza, coprendo una larga porzione del terreno.
- Hile, siamo pronti. – disse Mea accomodandosi sul dorso cristallino del drago.
Il lanciatore di coltelli andò a posizionarsi alle spalle di Jasno, sulla schiena piumata della maestosa aquila.
Lì a fianco il corvo della maga strinse tra gli artigli il serpente ocra, che aveva raggiunto il metro e mezzo di lunghezza.
Buio si fece prendere controvoglia dalle dita artigliate dell’aquila marrone, mentre questa dava poderosi colpi d’ala per sollevare il carico da terra.
Partirono così sistemati in direzione delle Terre, riavvicinandosi a un mondo che era andato avanti senza di loro. 

   
 
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