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Autore: visbs88    24/09/2016    4 recensioni
Fu un salto nel vuoto, una caduta nel buio, freddo sulla pelle e nelle ossa; finì con uno strappo verso l'alto, come per atto di un'invisibile, indelicata corda, e con il ricadere in un oblio perfino più profondo.
Il primo pensiero che attraversò la mente di Kagura riguardò, in maniera più o meno confusa, la considerazione di aver in precedenza immaginato la morte come un processo molto più pacifico; di certo lo era sembrato, in quei pochi istanti prima di svanire – il dolore del veleno nulla, nulla, in confronto alla carezza del vento sulla pelle, del proprio stesso spirito finalmente libero; in confronto al conforto, in quel suo cuore nuovo e pulsante, che lui, proprio lui, fosse vicino.

[Scritta per l'iniziativa Drabble Days 14-15-16 settembre 2016 del gruppo Facebook We are out for prompt]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kagura, Sesshoumaru | Coppie: Kagura/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Iniziativa: Drabble Days 14-15-16 settembre 2016 del gruppo Facebook We are out for prompt.

Prompt: Sesshomaru/Kagura, libero + “Il vento mi porta sempre il tuo profumo”.

 



 

Dawn at Dusk

 

 

Fu un salto nel vuoto, una caduta nel buio, freddo sulla pelle e nelle ossa; finì con uno strappo verso l'alto, come per atto di un'invisibile, indelicata corda, e con il ricadere in un oblio perfino più profondo.

Il primo pensiero che attraversò la mente di Kagura riguardò, in maniera più o meno confusa, la considerazione di aver in precedenza immaginato la morte come un processo molto più pacifico; di certo lo era sembrato, in quei pochi istanti prima di svanire – il dolore del veleno nulla, nulla, in confronto alla carezza del vento sulla pelle, del proprio stesso spirito finalmente libero; in confronto al conforto, in quel suo cuore nuovo e pulsante, che lui, proprio lui, fosse vicino.

Il suo nome le salì alle labbra, ma si bloccò prima di uscirne, perché la sua gola era rauca. Fu in quel momento che si rese conto dello strisciare del respiro tra i suoi denti e sulla sua lingua e poi nel suo petto, e viceversa; che c'era sangue a pulsarle nelle orecchie, e duro terreno sotto il suo corpo. Era ancora immersa nell'oscurità, ma desiderò uscirne, e i suoi occhi si aprirono su una luce rossastra. Ciocche di capelli le solleticavano la fronte e la punta del naso.

Solleticavano. Luce.

Scattò a sedere d'istinto, e stavolta l'aria le riempì i polmoni come un pugno – fresca e frizzante, anche mentre un sole moriva all'orizzonte di un paesaggio desolato fatto di rocce e cielo.

Sentì il rimbombo del proprio cuore. Una sua mano si appoggiò su un sassolino, causandole un blando, impalpabile dolore. Setosi drappi neri la avvolgevano dal seno ai piedi, con morbidezza irreale. Qualcosa di potente scorreva nelle sue vene, caldo e inarrestabile.

Qualcosa che poteva solo essere vita.

Cosa...?

I suoi occhi, per quanto ancora come neonati, vagarono alla ricerca di risposte, e trovarono solo più domande – che riuscirono già a serrarle la gola di nuovo, ma di stupore, e meraviglia, e troppo altro ancora.

Lui.

Nemmeno la fissava. Le dava le spalle da qualche passo di distanza, come aveva fatto per tutto il tempo sulla riva del fiume da cui l'aveva salvata in un tempo così lontano da parere un sogno. Mostrava la pelliccia bianca sulla spalla, i capelli color della luna tinti di riflessi di sangue dalla luce del tramonto, la figura alta e inconfondibile, le spade al fianco, il kimono nel vento; ma non il volto.

Stavolta, il nome riuscì a sfuggirle dal petto e dal cuore, con voce incerta, ancora bassa, ma chiara come il rintocco di una campana nel profondo silenzio di quello strano luogo.

– Sesshomaru?

Riuscì a portarlo a girarsi, solo quel tanto che bastava per poter scorgere il suo profilo, nobile e inconfondibile, e il lampo d'oro di uno sguardo che incontrò il suo, impossibile da leggere. Come sempre.

Le labbra di Kagura tremarono, senza che lei potesse fare nulla per impedirlo.

Era lui. Era lui davvero. Era morto? Era un miraggio?

Come a voler smentire entrambe le domande, finalmente Sesshomaru parlò.

– Hai impiegato tempo, per svegliarti.

Un tono piatto, privo di inflessioni. Freddo, ma da un timbro troppo profondo per non scaldare quella sua anima ancora impregnata di dubbi: era la sua voce. Esattamente come la ricordava. La testa cominciava a dolerle.

– Dove sono? – non poté non chiedere, con qualche altra occhiata ai propri lati, ancora incredula, ma tentando di riguadagnare qualcosa della propria dignità, per quanto sentisse nelle viscere la paura, la confusione, timori verso qualcosa che nemmeno possedeva un nome.

Gli occhi di Sesshomaru si strinsero appena. La sua espressione divenne in qualche modo più dura, o forse seria, concentrata.

– A un'uscita, suppongo – disse piano, lo sguardo fisso altrove, verso un luogo che Kagura non poteva vedere. Neppure un accenno di sarcasmo o ironia, nella sua voce. Lei non riuscì a resistere all'impulso di girarsi, scoprendo per la prima volta cosa si nascondesse oltre le proprie spalle; e i suoi occhi si sgranarono di nuovo.

Il piano di roccia su cui loro si trovavano, per quanto sembrasse infinito all'orizzonte, si interrompeva bruscamente pochi metri dietro di lei. E oltre c'era solo un abisso più nero dell'inchiostro, perfino più immenso della landa, una voragine che la riempì di un moto di istintivo, puro orrore – perché la prima cosa che desiderò non fu sfuggirvi, ma saltarvi dentro. La chiamava, sussurrava alla sua pelle. La voleva.

Si ritrasse, trattenendo il respiro, e si costrinse a distogliere lo sguardo in preda all'angoscia, incrociando di nuovo quello di Sesshomaru, voltato ora quasi a fronteggiarla, a osservarla. Si aggrappò a quel suo volto chiarissimo, alla sua bellezza priva di tempo, all'unica cosa che conosceva in quel luogo che ora le metteva i brividi: una meravigliosa luce in uno strano, incomprensibile incubo.

Lui era distante, come al solito, ma i suoi lineamenti si erano forse ammorbiditi di un poco. Parve volerla leggere, percepire il suo tremare.

– Una persona mi ha aiutato a scendere – spiegò, in tono incolore, striato da una sola sfumatura d'amarezza – Ha tuttavia rifiutato di svelarmi l'uscita. L'ho trovata, ma non conosco queste terre.

Mentre lui rivolgeva il proprio sguardo verso il sole che spariva a poco a poco, forse alla ricerca di un segno, un riferimento qualsiasi, nella mente di lei le parole cominciarono ad affollarsi, ma in pochi attimi una spiccò al di sopra di tutte le altre: scendere.

La domanda più naturale che doveva conseguirne era... dove? Un altro secondo, e Kagura si rese conto di capire, di come i pezzi potessero ricomporsi – la desolazione, l'abisso, il freddo e il proprio respiro, e Sesshomaru lì con lei.

Comprese che lui era saltato in quel vuoto di puro nulla soltanto per trascinarla fuori.

E la consapevolezza fu come era stato vederlo arrivare in quel campo di fiori alla ricerca di lei e lei soltanto: una morsa nelle viscere, la voglia di lacrime e di sorridere, una speranza confusa, una gioia simile a dolore.

– Come hai... – iniziò, senza potersi trattenere, in un guizzo di quell'energia che scorreva sempre più calda nel suo corpo e nel suo animo che cominciavano a scuotersi di dosso torpore e paura; ma si bloccò quando quegli occhi d'oro incrociarono di nuovo i suoi, splendenti come ambra nell'incombere del crepuscolo, e per una delle prime volte il suo cuore poté accelerare il proprio battito in un impulso di sentimenti forse patetici, forse infantili, ma di certo incontenibili, e le mancò di nuovo il respiro. Lo guardò ancora, notando per la prima volta sangue gocciolare dai suoi artigli sul terreno e sul bianco delle sue vesti; osò lanciare una breve, esitante occhiata a quell'orrendo baratro; e la domanda che alla fine formulò non fu più un'esigenza logica della mente, bensì un bisogno irresistibile del cuore: – Perché?

Per qualche secondo, lui ricambiò il suo sguardo senza che nulla del suo corpo o del suo volto si alterassero; poi la sua espressione acquistò una serietà più chiusa, più solenne, ma anche più triste, come quella di quando l'aveva guardata svanire.

– Dovere – disse piano, senza scomporsi, e la parola arrivò come se provenisse da luoghi più lontani di quanto quella terra doveva essere distante dal mondo. Poi raddrizzò la testa che aveva chinato appena, recuperando quel suo superbo contegno che era stato capace di stregare perfino un'anima priva del proprio centro, tenuto prigioniero da un essere immondo; e, quasi a leggere il filo dei suoi pensieri, Sesshomaru riprese a voce più alta e chiara – Naraku è morto. Sei libera. È tempo di metterci in cammino.

Mentre finiva di parlare, le si mosse incontro; quando le fu vicino, le tese la mano sinistra – quella che non aveva mai avuto, fin dalla prima volta in cui lei l'aveva visto. Ma Kagura non la accettò subito, né si permise di indugiare sui mille dubbi e i mille dettagli che le sfuggivano, il turbinio e la confusione nel retro della sua mente: c'era una cosa che doveva sapere più di ogni altra. L'aveva chiesta, ma non l'aveva ottenuta, e i suoi occhi color cremisi si fissarono in quelli di lui bruciando di quell'arroganza e quella decisione che ben di rado, fino ad allora, l'avevano abbandonata.

– Dimmi perché, Sesshomaru.

“Dovere”, per lei, non significava nulla. Che fosse sinonimo di mero onore, che ci fosse un fine per cui Sesshomaru voleva usarla o aveva bisogno del suo aiuto, o che invece si trattasse di ciò che il cuore non poteva trattenersi dallo sperare, lo avrebbe scoperto in quel momento, e l'avrebbe saputo da quelle sue labbra, e da nessun altro. Non sarebbe più stata il giocattolo dei segreti di nessuno.

Si era forse aspettata di vederlo indurirsi, a causa della sua impertinenza, e di ricevere solo silenzio e gelo in risposta; di essere abbandonata lì, forse, in seguito a quel suo azzardo. Ma solo una nuova, più intensa malinconia solcò quel volto d'avorio e magenta, quegli occhi di certo quieti, ma all'improvviso così colmi di parole che Kagura, forse, non avrebbe necessitato d'altro; invece lui parlò.

– Il vento mi portava sempre il tuo profumo.

Kagura si serrò un pugno sul petto, domandandosi perché le facesse così male, se tutto ciò che le pareva di conoscere in quel momento era la gioia più intensa che avesse mai avuto il coraggio di donarsi; voleva abbassare lo sguardo, sentendosi forse per la prima volta arrossare le guance, ma non poteva smettere di fissare il volto di bellezza ultraterrena di chi l'aveva salvata.

E che la desiderava al proprio fianco.

Esitò, e poi afferrò la mano che le veniva tesa – calda, morbida e ruvida allo stesso tempo, delicata nello serrarsi attorno alla sua. Non riuscì mai a staccare gli occhi dai suoi, nemmeno mentre si alzava, tranne quando le gambe le cedettero e lui dovette usare l'altro braccio per sorreggerla, stringendola a sé; quando gli fu così vicina, quando riuscì ad appoggiare le mani sulle sue spalle, avrebbe solo voluto serrare le palpebre e affondare il viso nel suo petto, per non lasciarlo scomparire, per immergersi nel suo profumo e pregare che non fosse tutto solo un'illusione, che ritrovarlo, averlo e vederlo svanire non fosse ciò che l'Inferno aveva in serbo per lei; ma quell'oro era troppo brillante per essere un miraggio.

Non servì aggrapparsi a Sesshomaru disperatamente per sentire l'abisso allontanarsi, l'aria accarezzarla con più dolcezza. Bastò solo che nell'ultimo bagliore del tramonto, sotto gli occhi della notte più giovane, le loro labbra si incontrassero, piano, come in una carezza, e tutto il resto poteva aspettare – perché lui sapeva di libertà, di sicurezza, e di un tepore troppo dolce per non significare, semplicemente, vita.

 

 

 

Spazio autrice:

Una mia comparsa lampo nel fandom come spesso accade, scritta in due puntate e senza troppe pretese, ma sperando di aver strappato un po' di feels agli amanti della coppia come la me medesima. ^_^''

Nota importante: la “persona” che aiuta Sesshomaru ad andare nell'Oltretomba è per me estremamente chiara, non ci ho solo glissato/non è qualcuno a caso ^^' l'ho omessa per... ragioni, chi indovina è bravo e ha tanti kudos da parte mia! E forse, se riuscirò/vedrò interesse/cose di questo genere, potrei scrivere una specie di prequel/seguito a riguardo, anche se per ora pubblico questa fic come one-shot (mille cose per la testa, non so nemmeno come faccio a tenerle tutte insieme). ^^

Nel frattempo, spero tanto che vi sia piaciuta! Grazie anche a chi farà solo un passaggio qui o nel mio account o su Efp vedendo il mio nickname di sfuggita XD

Un bacione, visbs88. ^^

   
 
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