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Autore: Aniadellacqua    25/09/2016    0 recensioni
Vorrei soltanto sparire, non svegliarmi mai più. Vorrei che tutto quello che mi fa del male sparisse. Ho provato ad essere felice, ci ho provato con tutta me stessa ma ogni volta che riesco a scovare qualcosa di bello, ogni singola volta, altre mille mi uccidono dentro. Non posso essere semplicemente quella che sono, senza divenire per forza il bersaglio della cattiveria degli altri? Perché devo essere uguale alle mie finte amiche? Perché si suppone che debba pregare per un miracolo se davvero voglio avere una speranza di trovare un fidanzato? Perché ogni persona con cui entro in contatto si sente in dovere di darmi consigli su come migliorare la qualità della mia vita?! Perché nessuno riesce a capire che la mia vita saperebbe perfetta se solo mi si lasciasse essere quello che sono?!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TAGLIA CINQUANTAQUATTRO

 

Sto camminando. Non so dove sono. Forse sto volando, non c'è terra attorno a me, solo cielo terso, solo stralci di nuvole bianche. Il sole mi acceca. Dove sono finita. Ricordo di aver avuto una pessima giornata... in realtà, è da molto che non vado a dormire con un po' di serenità dentro. Una pessima giornata dopo l'altra, spero di non dovermi mai svegliare ma l'alba arriva sempre. Mi guardo intorno, forse ho già visto questo posto. Un'enorme distesa d'acqua su un deserto bianco. C'era una fotografia di un luogo del genere, sulla mia dashboard di tumblr prima di spegnere il cellulare e mettermi sotto le coperte. Credo d'aver pensato che mi sarebbe piaciuto poter vedere con i miei occhi un posto simile. Quindi sto sognando. Cammino, non fa caldo, non fa freddo, l'acqua mi arriva alle caviglie, sento il sale sulla pelle. Non c'è nessuno, non c'è niente qui, solo cielo sopra e sotto di me. Vorrei esistere qui, dove nulla esiste, qui dove niente potrebbe continuare a ferirmi. Non ce la faccio più. A scuola è un inferno. A casa è un inferno. Non trovo requie da nessuna parte. Per quanto mi sforzi di andare avanti, non c'è nulla che mi porti conforto.

 

«Smettila.»

 

Si espandono all'infinito le lettere. Chi ha parlato. Mi guardo intorno. Qui non c'è nessuno. Il deserto è tale, nel mio sogno esisto solo io, è confortante, mi fa sentire bene. Ho rinunciato a sperare d'avere qualcuno accanto. Le persone sono cattive, sono crudeli, tutte quante, anche quelle che sorridono. Anche quelle. Forse sono le peggiori quelle, già, le mie amiche che mi sorridono e mi consolano... solo per sparlare di me dietro l'angolo della scuola dove io non vado mai. Preferisco di gran lunga essere sola e non farmi più ferire. Mi fermo, non cammino più, mi sta salendo l'angoscia, persino nei miei sogni non sono al sicuro, le prese in giro, le umiliazioni, gli scherzi dolorosi. Mi inseguono come mostri ovunque, mi sento soffocare da un pianto che non riesco a sfogare, mi sento schiacciare da pesi che mi frantumano le ossa.

 

«Smettila!!! Smettila di farmi questo!!!»

 

Il cuore manca un battito, mi spavento, torno a guardarmi intorno con veemenza, questa volta la voce ha gridato. L'acqua trema, una scossa di terremoto mina il mio equilibrio. Chiudo gli occhi e mi tappo le orecchie, scuoto la testa. Non voglio sentire, non voglio vedere. Questo dovrebbe essere il mio sogno, perché dunque deve tramutarsi in un incubo. Un altro incubo. Mi piego sulle ginocchia, mi faccio più piccola, cerco di nascondermi persino qui, dove non c'è alcun nascondiglio o riparo. La terra non smette di tremare, mi accorgo che va in sintonia con il mio, di tremore. Ma certo. Non sono sveglia, sto solo sognando, questo posto è mio. Non devo temere, basterà pensare a qualcosa di bello, a qualcosa che mi piaccia. Adoro la fotografia. Il mondo è meraviglioso, catturato dal mio obbiettivo. Adoro la pasticceria. I dolci sono belli, il loro odore squisito. Perché non ti fai mai un selfie? Dove spariscono tutti i biscotti che prepari? Il petto mi esplode di dolore.

 

«Non ce la faccio più... non ce la faccio più...»

 

Il terremoto quasi copre le parole ripetute della voce che mi sembra familiare. Schiudo di poco gli occhi e non capisco. Se sono in un deserto che è come uno specchio, allora perché non riesco a vedere il mio riflesso? L'acqua, mi sembra che stia salendo. Piccole gocce rossastre la colorano. Eppure non piove, c'è ancora il sole, riesco a vederlo distintamente. Dov'è il mio riflesso? Alzo gli occhi, è davanti a me. Davanti a me c'è la persona che odio di più al mondo.

 

«Perché? Che cosa ti ho fatto per meritarmi tanto rancore?»

 

Mi spavento di nuovo, chiudo gli occhi. Non la voglio vedere, quegli orribili fianchi larghi. Quelle cosce sempre troppo grosse. E la pancia? Non c'è maglia o camicia che riesca a caderci bene sopra. Le dita grasse. Il volto troppo tondo. Odio quello che vedo. Ogni singolo centimetro. Non mi faccio mai i selfie perché sono troppo brutta. I biscotti li mangio io perché in casa nessuno tocca il cibo con troppe calorie. Il terremoto riprende a scuote il deserto nonostante il riflesso del cielo sia fermo e statico. Lei si avvicina, lei che io vorrei tanto non essere. Il bersaglio di ogni risata maligna, di ogni cattiveria, lei che viene derisa ed umiliata tutti i giorni. Perché sono costretta ad essere lei?!

 

«Perché è così che mi vuoi. Quindi, se è così che mi vuoi, perché mi devi ferire ogni giorno?»

 

Non mi piace la palestra, mi annoia, ho provato ad andarci ma... preferivo stare in cucina o magari in giro a scattare fotografie. E poi, anche lì, lì dove in teoria si va per mantenersi in forma, c'erano dei ragazzi che mi fissavano, di continuo. Li sentivo sussurrare tra di loro. Ridacchiavano pensando che non li udissi e non li notassi. Così ho smesso. Ho lasciato perdere e mamma ha detto di essere molto delusa da me. Come faccio a non vergognarmi a portare la cinquantaquattro? Dovresti ascoltare tua madre tesoro. Papà mi chiama tesoro mentre predice che non troverò mai nessuno che mi vorrà bene se non mi metto in testa di lavorare su me stessa. Mi chiama tesoro mentre mi pugnala.

 

«Sono i tuoi silenzi che mi pugnalano. Possibile che tu non voglia proteggermi?»

 

Vorrei soltanto sparire, non svegliarmi mai più. Vorrei che tutto quello che mi fa del male sparisse. Ho provato ad essere felice, ci ho provato con tutta me stessa ma ogni volta che riesco a scovare qualcosa di bello, ogni singola volta, altre mille mi uccidono dentro. Non posso essere semplicemente quella che sono, senza divenire per forza il bersaglio della cattiveria degli altri? Perché devo essere uguale alle mie finte amiche? Perché si suppone che debba pregare per un miracolo se davvero voglio avere una speranza di trovare un fidanzato? Perché ogni persona con cui entro in contatto si sente in dovere di darmi consigli su come migliorare la qualità della mia vita?! Perché nessuno riesce a capire che la mia vita saperebbe perfetta se solo mi si lasciasse essere quello che sono?!

 

«Perché non glielo dici. Invece di prendertela con me. Invece di sperare di uccidermi. Proteggimi, smettila di ferirmi. Proteggimi perché io sono te e se non lo fai tu, chi mai dovrebbe? Comincia a rispettarmi invece di offendermi. Comincia a guardarmi con un po' più di gentilezza. Io sono te. Solo perché gli altri mi dicono che sono brutta e inutile, perché devi dar loro ragione. Ti importa così poco di me? Guardami. Guarda che cosa mi hai fatto, Elodie.»

 

Un paio di mani mi si posano sulle spalle, fremo sotto quel tocco. Ho paura tanto delle parole che si ripetono ad eco nelle mie orecchie quanto di quello che potrei vedere. Odio, quello che potrei vedere. Serro i denti, oso sperare di svegliarmi, di non dover confrontarmi con lei. Lei che ora stringe la presa, abbastanza da farmi male. La spintono via con una violenza che non mi appartiene. Il cuore mi batte all'impazzata nel petto. Schizzi d'acqua salata mi raggiungono il viso. La guardo e vorrei gridare ma non ci riesco: i vestiti stracciati, completamente sporchi di sangue, le braccia, il volto ricoperti di lividi violacei, ciocche di capelli in parte strappati le penzolano scomposti sulle spalle. Le labbra spaccate, gli occhi gonfi delle lacrime che io non piango. E' una visione orrenda. Una visione grottesca.

 

«Sei tu che mi rendi grottesca, Elodie. Sei tu che mi hai ridotta così. Ogni volta che hai dato ragione alla mamma. Ogni volta che hai fatto finta di non sentire papà. Tutti i giorni, quando a scuola ti prendono in giro e di danno fastidio e tu non reagisci. Sei tu che mi rendi così. Un vero mostro, come dicono che sono. Nessuno oltre te, può raggiungermi qui. Sei tu che mi picchi e mi percuoti. Sei tu che mi sputi e mi tiri i capelli fino a staccarmeli. Tu, che mi vuoi morta per procura del mondo. Che cosa ho fatto di così orrendo per meritarmi questo da me stessa?»

 

Mi viene da vomitare, mi viene da piangere. L'ho fatto io? E' davvero colpa mia? Ho le mani macchiate del mio stesso sangue? Per quale ragione, la odio così tanto. Mi chiede che cosa ha fatto di tanto cattivo e... è un crimine così terribile, non essere magra, non gradire la discoteca, non voler passare da un ragazzo all'altro, è così meschino non aver voglia di maltrattare gli altri per non essere l'oggetto, del maltrattamento? Che cosa ha fatto per meritarsi tutti quei silenziosi insulti davanti allo specchio, perché non piango mai. Perché non mi ribello mai? Perché do ragione al mondo invece di proteggermi? Mi piace la fotografia, e allora? Mi piacciono i dolci, e allora? Mi piace più andare al cinema invece che a ballare o in palestra, E ALLORA?! Chi ha deciso che devo essere come tutti gli altri, chi ha stabilito che se sono come mi voglio, non vado bene?! Come ho potuto, per tutti questi anni, permettere agli altri, ai miei genitori, di convincermi ad odiarmi tanto?!

 

«Ti devi svegliare Elodie. Salvami. Devi salvarmi Elodie. Io non ce la faccio più. Ho resistito fino ad ora ma... non ce la faccio più. Ho gridato a squarciagola nella speranza che mi sentissi ma adesso non ho più fiato. Devi svegliarti, non puoi mancare Elodie. Svegliati, provaci, ti prego. Non arrenderti, svegliati ora, c'è ancora tempo. Elodie...»

 

Il mare di sale è sempre più rosso, compaiono sempre più gocce scarlatte. Vengono da lei, irriconoscibile, distrutta. Vengono da me. Dove sono. Che cosa ho fatto. Perché, l'ho fatto? Non voglio svegliarmi più.

 

«Elodie... presto...»

 

Mi sento mancare, mi accascio, il sale mi brucia ed improvvisamente questo cielo infinito che mi circonda mi spaventa. Sto sognando? Sono nel mio letto? Dove sono. Sento male, un distinto bruciore sui polsi. Mi fa male. Non sto sognando. Non sono nel mio letto. Il deserto è freddo come le piastrelle del bagno di notte. Vorrei rimettermi seduta, in piedi ma non sento più le gambe, le punta delle dita sono intorpidite. Che cosa ho fatto. Che cosa è successo oggi? La mamma mi ha comprato dei pantaloni. Di quattro taglie più piccole. Ha detto che così sarei stata motivata. Papà mi ha chiamata tesoro, mi ha detto che ce la posso fare. A scuola Philippe mi ha attaccato una gomma da masticare tra i capelli, i suoi amici mi hanno rubato lo zaino, l'ho ritrovato nel bagno, lo fanno spesso non ci faccio nemmeno più caso. Ah. Hanno gettato la mia macchina fotografica nel gabinetto. Jeanne, una delle mie amiche mi ha tagliato via la ciocca di capelli con la gomma da masticare. Perché gliel'ho lasciato fare? Sono stanca. Non ce la faccio più.

 

«Non dargliela vinta Elodie. Non permettergli di sconfiggerti. Ce la puoi fare. Te lo giuro, io sono forte, posso resistere ma ho bisogno che lo faccia anche tu. Ti devi svegliare Elodie. Aiutami a resistere a questo e ti prometto, te lo giuro, andrà meglio.»

 

Il sole e le nuvole si fanno sfocate, ora non sono più in quel bellissimo deserto dove l'orizzonte viene inghiottito, dove il cielo è ovunque e pare di galleggiare. Sono nella vasca del bagno. Ho freddo. Non sto sognando. Sto morendo. Perché? Aiuto. Non voglio morire, anche se porto la taglia cinquantaquattro. Non voglio morire anche se non sono come tutti dicono che dovrei essere. Aiutatemi. Non volevo farmi del male. Non volevo stare sempre in silenzio. Non starò mai più in silenzio perciò... qualcuno... mi aiuti.

 
   
 
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