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Autore: charly    25/09/2016    0 recensioni
La giovane regina di Issa è arrivata alla capitale di Rakon, dove si unirà in matrimonio con l’imperatore secondo gli usi della sua gente. Zaron manterrà la promessa fatta alla sua sposa e al padre di lei? E come si adatterà Deja a vivere alla corte di suo marito, dove le donne non hanno nessun peso politico?
Deja ignorò i bisbigli della corte, scrutava il volto di Zaron e lo vide spalancare leggermente gli occhi per la sorpresa alla vista dei tatuaggi rossi che le decoravano le mani, gli avambracci e salivano appena più su dei suoi gomiti.
[…]
I tatuaggi salivano fino al ginocchio. Aveva mezza idea di urlare addosso a Perla e alle altre ragazze per averla ricoperta di disegni. […] La sua corte doveva essere convinta che lui fosse stato smanioso di giacere con lei, e le nozze affrettate dovevano solo aver rafforzato questa idea.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il cuore di un drago'
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NOTE INIZIALI: Bentornati, miei cari lettori, benvenuti nuovi lettori! Nel caso siate arrivati per caso a questa storia, come è facilmente intuibile dal titolo c’è un primo libro, la cui lettura è fondamentale per la comprensione della storia, sono solo 6 capitoli, non ci vorrà molto!
Con il secondo libro cominciamo a entrare meglio nella storia, alcune cose verranno finalmente spiegate su Zaron e sui costumi di Rakon. Spero non rimaniate delusi. La narrazione diverrà un pelo più esplicita, specialmente verso gli ultimi capitoli, sesso morte e rock and roll senza il rock and roll, ma metterò gli avvisi adeguati, niente paura. Infine: qui ho messo il genere Romantico alla storia e voglio spiegarvi perché. Ancora non ci sarà nulla tra i protagonisti perché, come vi ho accennato nel primo libro, non ci sarà nulla di immorale (vedi rapporti sessuali) tra Deja e Zaron finché lei sarà minorenne (e parlo dei 18 anni italiani, non i 15 della storia), per quello dovrete aspettare il terzo libro (che spero sia quello conclusivo) perché all’ultimo capitolo de La dea della luna Deja avrà solo tredici anni. Ho messo la spunta a Romantico perché… perché ho buttato i semi dell’amore e se guardate bene, stringendo le palpebre e guardando con la coda dell’occhio li vedrete! Quindi: il dado è tratto e già potete immaginarvi su che faccia cadrà nel prossimo libro.
Buona lettura e ricordatevi di COMMENTARE!!!!
Aggiornamento gennaio 2017: ho sistemando gli errori e l'impaginazione, le modifiche alla storia sono minime!

I. TRA IL CIELO E LE NUVOLE

 
 
Per la prima volta in vita sua Deja si svegliò in un letto che non era il suo, per fortuna che c’era Larissa, un viso familiare a confortarla in quel posto sconosciuto. Provò nuovamente quella gratitudine che aveva sentito la sera prima: anche Larissa aveva abbandonato la sua casa, la sua famiglia e tutti i suoi amici ma lo aveva fatto per seguirla, nessuno l’aveva costretta e il fatto che fosse stata una sua libera scelta la commoveva profondamente.
L’aveva aiutata a indossare l’abito giallo da giorno e poi si erano guardate, incerte sul da farsi.
- Dato lo spazio limitato non hanno voluto lasciare qui i vostri bauli, mia signora. Ho potuto prendere solo alcune cose e lasciare che portassero tutto il resto nella stiva. Spero che gli abiti e i gioielli che ho selezionato per lei siano adeguati. Se vuole posso farmi accompagnare nella stiva a cambiarli…
Deja le sorrise, rassicurandola.
- Vanno benissimo, Larissa, non ti preoccupare.
Si lisciò la gonna.
- Hai scelto bene: questo è uno dei miei preferiti e l’abito azzurro andrà benissimo per il mio arrivo a Halanda.
Sospirò.
- Peccato che tu non abbia preso neanche un libro, però.
Larissa sembrò sinceramente dispiaciuta per quella dimenticanza.
- Sono così spiacente, mia signora… Ieri sera ero così nervosa… Avrei dovuto immaginarlo che avrebbe voluto leggere per passare il tempo! Che stupida che sono stata.
Deja era seduta sul letto e, anche se aveva chiesto alla sua ancella di prendere l’unica sedia, quella aveva categoricamente rifiutato, preferendo sedersi per terra, sulle coperte ripiegate che le avevano fatto da giaciglio. Deja aggrottò la fronte.
- Smettila Larissa. Non sei stupida. Se dovessi usare degli aggettivi per descriverti quelli sarebbero coraggiosa e fedele!
Lei la fissò, stupita.
- Coraggiosa, mia signora?
Deja le sorrise, incoraggiante.
- Ma certo! Sei rimasta con me anche quando il palazzo è stato occupato dall’esercito rakiano e adesso sei qui con me, su quest’aeronave che ci sta portando alla capitale dell’impero. Non riesco a pensare a nessun’altra prova di coraggio e fedeltà più grande di questa!
Larissa aprì la bocca per replicare ma fu interrotta da un deciso bussare alla porta. Si alzò e andò ad aprire, facendo un balzo e scostandosi dalla soglia in tutta fretta mentre sprofondava in una riverenza.
L’imperatore entrò nella stanza e Deja si alzò lentamente dal letto.
Lui le fece un cortese cenno del capo e poi le porse la mano.
- Mia signora, posso invitarti a fare colazione con me?
Deja annuì, gli si avvicinò e mise le dita sul palmo della mano di lui. Zaron le sfiorò le nocche con le labbra, senza l’intensità della sera precedente, e la guidò in corridoio portandosi la sua mano all’incavo del braccio.
La condusse in una stanza con una tavola apparecchiata per due e una parete dotata di finestre da cui entrava la luce del giorno. La camera che le aveva ceduto Zaron aveva una piccola finestrella in alto da cui Deja non era riuscita a vedere altro che il cielo, quindi ora lasciò il suo sposo e si avvicinò alla vetrata, guardando in basso e vedendo il mondo scorrerle veloce sotto i piedi. Socchiuse le labbra, affascinata e incantata da quello spettacolo: poteva vedere foreste e campi coltivati che sembravano fazzoletti colorati appoggiati languidamente su terreno, i fiumi e i laghi sembravano di liquido argento e anche se l’aeromobile pareva muoversi lentamente, poteva immaginare quanta distanza invece stessero percorrendo.
Zaron le venne vicino e lanciò un’occhiata fuori dalla finestra.
- Non sei mai stata a bordo di un’aeronave, Deja?
- Sono salita su una pallone aerostatico e ho guardato Issa dall’alto, ma non ho mai viaggiato: questa è la prima volta che lascio la mia città.
Lui si voltò a guardarle il profilo, il naso e la fronte quasi premuti contro il vetro.
- Avevo pensato di portarti a fare un giro del nostro regno. Forse ti andrebbe di viaggiare in aeronave? Una più comoda di questa.
Deja si voltò verso di lui e poi andò al tavolo.
 - Più comoda?
Zaron attese che lei fosse seduta prima di prendere posto anche lui, al lato opposto del piccolo tavolo.
- Questa è un’aeronave da guerra, ma non ho fatto modificare tutte le aeronavi comprate da Issa: alcune hanno ancora gli interni originali, con ambienti comodi e lussuosi.
Ebbe un attimo di esitazione e poi proseguì, con un’espressione indecifrabile.
- In effetti le mie concubine ci stanno seguendo in una di esse. Ho dato ordine che anche le nobildonne issiane che lo avessero desiderato fossero prese a bordo. Le altre ci seguiranno via terra, con il resto delle truppe e dei soldati issiani della tua guardia personale; non tutti amano volare.
Deja non commentò, ma contemplò la scelta difronte a sé; c’era un piatto contenete della frutta: una pesca matura, un paio di albicocche e un grappolo d’uva, del pane bianco già tagliato accompagnato da vasetti di marmellata e miele, uova sode e carne affettata. Da bere c’era una caraffa contenente acqua, una di succo di frutta e una teiera.
- Non sapevo cosa preferivi per colazione quindi…
Deja annuì.
- Grazie per la tua sollecitudine. Di solito mangio della frutta.
Prese il grappolo d’uva e un’albicocca e cominciò a mangiare gli acini. Lui la osservò per un attimo e poi si riempì il piatto con la carne e prese anche qualche fetta di pane. Mangiarono in silenzio, poi lui si versò una tazza di thè e Deja gli porse la propria, chiedendosi se lui l’avrebbe servita. Zaron le versò il liquido fumante senza nessuna esitazione, sorridendo.
- Almeno abbiamo qualcosa in comune.
Deja restituì il sorriso.
- Immagino che a Halanda non sia difficile reperire le foglie di thè, dato che ne è uno dai maggiori produttori. Noi lo importavamo da Karne.
- E adesso potrete importare direttamente da Rakon.
Lei annuì, sorseggiando lentamente. Aveva molte domande da fargli e non sapeva da cosa cominciare.
- Solitamente la mensa è affollata in ogni ora del giorno, ma ho pensato che sarebbe stato più facile conversare senza essere circondati da soldati. Mi piacerebbe che dividessi con me anche il pranzo.
- Con piacere.
Rispose lei. Poi aggiunse, esitante.
- Potresti chiedere di mandare un piatto anche in camera, per la mia ancella?
- Certamente. Allora, hai della domande, qualcosa da chiedere …?
Deja sospirò, distogliendo lo sguardo e contemplando le nuvole fuori dalla finestra.
- Ho molto da chiedere. Com’è Halanda?
Zaron si mise comodo e bevve un altro sorso di thè.
- Assolata e polverosa. È disposta attorno a un vecchio vulcano spento, che non ha più eruttato a memoria d’uomo. Le pendici del vulcano sono ripide, dentro la caldera si trova il Palazzo Reale e la Città Vecchia. La Città Nuova è più in basso, a neanche mezz’ora di cammino a piedi, le carrozze eleganti a cui sei abituata a Issa non riescono a percorrere la strada, troppo ripida e con curve troppo strette, si sale a cavallo o con i muli, sempre che tu non preferisca la portantina. La Città Nuova è cresciuta disordinatamente nel corso dei secoli, le vie sono strette e caotiche, l’unico quartiere decente è quello dei mercanti. Al margine ovest c’è l’accademia militare con i campi d’addestramento dove attraccheremo questa sera e il collegio dei cadetti. Io sono cresciuto lì. La Città Vecchia è dove risiedono i nobili; i loro palazzi e anche il Palazzo Reale sono costruiti con la pietra ocra del vulcano, l’interno invece è in lucido marmo e pareti affrescate e decorate con mosaici così vividi da sembrare reali. Ci sono enormi cisterne per l’acqua e la città non è mai rimasta a secco, neanche durante i peggiori periodi di siccità. Fa caldo, i palazzi sono privi di finestre verso l’esterno, la luce entra dalle numerosi corti interne e dai giardini. Vedrai, ti piacerà: è così brullo e smorto all’esterno che i giardini rakiani sono una sorpresa, verdi e lussureggianti, con fiori e fontane. Nell’ala femminile del Palazzo Reale ci sono uccelli esotici dalle penne variopinte che cantano tutto il giorno e piante che fioriscono tutto l’anno.
Deja lo interruppe.
- L’ala femminile? Cosa vuoi dire?
- Nel Palazzo Reale durante il giorno si svolge tutta la vita politica e sociale, è dove tengo la mia corte, dove incontro i miei funzionari e si svolgono i ricevimenti. Ma il khan e la sua famiglia sono gli unici che vi risiedono assieme ai servitori. Ho un palazzo nella Città Vecchia apposta per gli ospiti stranieri. Persino le guardie sono acquartierate all’esterno. All’interno del Palazzo c’è un’area pubblica, a cui tutti possono accedere, i miei appartamenti, quelli assegnati al principe ereditario e l’ala riservata alle donne, in cui solo io posso entrare. Neanche i miei servitori maschi possono mettervi piede, neanche il principe ereditario: se è sposato o ha delle concubine, quelle hanno un palazzo separato, anche se collegato a quello reale tramite una strada privata.
Deja era confusa.
- Ma perché?
Zaron le rivolse un sorriso tirato.
- È lì che risiedono la regina, le concubine e le figlie del khan. E gli uomini rakiani sono gelosi delle loro donne. Violentemente gelosi.
Deja era profondamente turbata, ma prima di lasciare sfogo alla rabbia decide di dargli la possibilità di spiegarsi.
- Quale sarà il mio destino, Zaron? Hai intenzione di rinchiudermi nel tuo palazzo?
Lui scosse la testa e la guardò negli occhi, intensamente.
- No Deja. Tu non sei una regina rakiana. E comunque ti assicuro che le donne della famiglia reale hanno più libertà di quello che le mie parole possano lasciarti supporre. Ho intenzione di farti preparare delle stanze nella zona pubblica del Palazzo in cui tu possa conferire con i tuoi consiglieri e continuare a esercitare il tuo ruolo di regina di Issa, anche se da lontano. Dopotutto alcuni membri del tuo consiglio ti stanno seguendo, giusto? Mi farebbe anche piacere se tu assistessi alle sedute del mio governo. È una cosa inaudita per noi, ma potresti trovarlo interessante e potrebbe aiutarti a conoscere il tuo popolo. E poi, come ti ho già accennato, desidero che tu mi accompagni attraverso i regni che ho conquistato e che sono sicuri, desidero che i miei sudditi conoscano la loro nuova regina.
Deja si rilassò visibilmente.
- Le nostre usanze sono molto diverse da quelle issiane, per qualsiasi incertezza che tu possa avere, ti prego, vieni pure da me.
Deja annuì e poi tornò a qualcosa che lui aveva detto prima e che l’aveva incuriosita.
- Hai detto di essere cresciuto all’accademia militare, ma non hai anche detto che a Palazzo ci sono gli appartamenti riservati al principe ereditario?
Zaron si immobilizzò, sembrava respirare appena, e poi fu lui a distogliere lo sguardo, prendendo in mano la tazza vuota e guardando le foglie di thè che si erano depositate sul fondo.
- Non sono sempre stato il principe ereditario.
Si interruppe per un attimo e poi continuò.
- Dovevo parlartene prima o poi. È un’usanza rakiana che probabilmente troverai barbara, ma c’è una ragione per cui è stata istituita. Il khan può avere tutte le figlie femmine che desidera dalla sua regina e dalle sue concubine. Ma un solo figlio maschio da sua moglie e un solo figlio maschio da una delle sue concubine.
Deja sgranò gli occhi. Non si era mai soffermata a riflettere sulla famiglia di Zaron, non si era mai chiesta se avesse fratelli o sorelle. O avesse già figli. E adesso lui le stava dicendo che un khan poteva avere solo due figli maschi? Era impossibile, non si può ordinare alla natura!
- Ma come…?
Lui ancora non la guardava negli occhi
- Ti prego. È un argomento delicato, di cui non è … educato… discutere. È una prassi consolidata, di cui tutti conoscono l’esistenza, ma di cui nessuno parla. In genere, dopo l’arrivo dei figli maschi, la moglie e le concubine assumono dei contraccettivi per non rimanere nuovamente incinte. Gli incidenti, come è ovvio, capitano. Se il bambino che nasce è un altro maschio… ci si aspetta che sia la madre a occuparsi della questione. A tutti viene detto che la bambina non è sopravvissuta al parto.
Deja rantolò sconvolta. Era barbarico, era inconcepibile, inumano!
- C’è una ragione per questo comportamento mostruoso, Deja. Fino a trecento anni fa Rakon era costantemente dilaniata da guerre interne. Solo uno dei figli del khan può diventare re e spesso fratelli e fratellastri complottavano uno alle spalle dell’altro perché se non c’erano figli legittimi era il figlio primogenito di una concubina a ereditare. Persino il khan doveva guardarsi dal suo principe ereditario, che poteva cercare di ucciderlo per diventare khan a sua volta prima che il secondo in linea di successione pensasse a eliminarlo. Le guerre che scoppiavano erano tremende, fomentate da odi feroci e fratricidi, e non era raro che il nuovo khan facesse trucidare tutti i suoi fratelli e fratellastri subito dopo la sua salita al trono. È per questo che si è instaurata questa crudele tradizione: se l’erede è uno solo non ci sono lotte per il potere. Ma anche così può capitare qualcosa al principe, o il khan può morire giovane. E allora accanto all’erede designato, figlio della regina, ce n’è un altro, figlio di una concubina: l’erede di ripiego.
Zaron sorrise ironico, ma era un sorriso amaro.
- Come me. L’erede di ripiego viene portato via dal Palazzo Reale e nessuno sa della sua esistenza, tranne i suoi genitori e un nobile della corte, un uomo che ha la fiducia incondizionata del khan e che fa passare il bambino come un suo figlio illegittimo. Ho vissuto i miei primi otto anni di vita tra la servitù di quello che pensavo essere mio padre, poi sono stato messo all’accademia militare. L’accademia è piena dei bastardi della nobiltà, nessuno ci fa caso. Lì sono cresciuto e mi sono laureato e ho iniziato la mia carriera. Poi, quando avevo ventinove anni, la barca su cui viaggiava il principe ereditario mentre visitava la regione di Myanam è affondata. Lui non sapeva nuotare. Il khan, nostro padre… si è ammalato ed è morto il mese dopo. L’uomo che avevo sempre creduto mio padre è venuto da me, accompagnato dai nobili più influenti del regno, e si è prostrato ai miei piedi, dichiarandomi khan.
Deja era senza parole. Non sapeva neanche cosa pensare di quello che Zaron le aveva rivelato. Lo guardò con occhi nuovi, cercando di immaginarsi cosa si potesse provare a scoprire che per tutta la tua vita ti hanno mentito e non hai mai saputo realmente quale fosse la tua vera identità. E alla fine venire a sapere della tua vera famiglia solo quando quella non c’era più.
- Ma... se tuo fratello non fosse morto... cosa ne sarebbe stato di te?
Zaron sospirò nuovamente.
- L’erede di ripiego è tale solo finché il fratellastro non ha un figlio maschio. A quel punto scivola quietamente nel dimenticatoio. Nel corso di una generazione il segreto muore con il suoi custodi e se non sai di poter aspirare al trono non puoi cercare di reclamarlo per te o i tuoi eredi.
- Ma… se tutti quelli che conoscono il segreto muoiono e l’erede designato muore comunque senza eredi e non è rimasto più nessuno a rivelare l’identità di quello di ripiego?
Zaron sollevò le spalle.
- Finora non è mai capitato. Suppongo che a quel punto succede quel che succede ogni volta in cui c’è un vuoto di potere al vertice: scoppia una guerra tra le famiglie più potenti per accaparrarsi il trono.
- Quindi le figlie femmine non ereditano neanche in quel caso.
- No, ma considerando che tutte le più influenti famiglie rakiane sono imparentate con il khan tramite i matrimoni delle principesse, suppongo che in un certo senso sarebbero proprio loro a dare fondamento ad eventuali pretese al trono. Se vuoi approfondire l’argomento ti consiglio di parlarne con Oscia. Oscia è la mia terza concubina e adora la storia antica. Di certo ne sa più di me sull’argomento.
Deja batté le palpebre interdetta e bevve un altro sorso di thè, facendo una smorfia perché ormai era freddo.
- Hai una concubina che ha interesse per lo studio della storia?
Zaron sbuffò divertito.
- Definirlo interesse mi pare poco, direi che è più un’ossessione. Sono stupito che non stia scrivendo lei stessa una raccolta di libri sulla storia del regno.
Poi continuò, approfittandone per cambiare argomento.
- Ho cinque concubine. Forse non lo sai ma per i canoni rakiani sono poche: l’harem di mio padre ne conteneva ventisette, ma io ho preferito la qualità alla quantità. Ci sono Perla, Mira, Oscia, di cui ti ho già accennato, Tallia e Cara. Perla e Cara mi hanno seguito a Issa, Perla perché valuto molto la sua compagnia e Cara perché… Cara è una dolce ragazza, ma se fosse nata uomo sono sicuro che si sarebbe fatta strada tra i ranghi del mio esercito fino a diventare uno dei miei generali. Tuba come una colomba leggendo i rapporti militari che le passo e, giuro, conosce le strategie dei miei generali meglio di me. Ha minacciato di non rivolgermi mai più la parola se non la portavo con me durante le mie campagne.
L’espressione di Deja si fece attenta.
- Sembri molto… legato… a loro.
- Perché lo sono. Conosco Perla da vent’anni, da prima di diventare khan e anche alle altre sono affezionato. Non le avrei prese con me altrimenti. So che il concetto di concubinaggio è probabilmente difficile da comprendere nella tua cultura, ma a Rakon ci si aspetta che un uomo ricco abbia delle concubine. Sono un simbolo di status sociale.
- Ma cosa succede a una concubina quando l’uomo a cui è legata muore o non la vuole più?
- Dipende. Soprattutto dalla sua estrazione sociale. Le concubine sono per la maggior parte prostitute che hanno trovato un ricco protettore che si prende cura di loro, ma possono anche essere nobili: a me sono state offerte le figlie di tutte le più importati casate, prima come possibili mogli poi, quando le ho rifiutate, come concubine. Mira è la figlia illegittima di uno dei miei ministri, figlia di una delle sue concubine. Se hanno una famiglia alle spalle che le può accogliere tornano da loro quando vengono licenziate, altrimenti… se sono fortunate il loro ex protettore dà loro una somma più o meno ingente come regalo d’addio, se ci sono dei figli la consuetudine vuole che il padre si prenda cura di loro anche se manda via la madre. Se sono sfortunate finiscono in qualche bordello. Se sono davvero sfortunate non escono vive dalla casa dell’uomo. Quando ho chiesto di mia madre mi è stato detto che mio padre l’aveva licenziata una volta stancatosi di lei, mia madre non aveva avuto famiglia e aveva quattordici anni quando era stata selezionata per entrare nel suo harem. Mio padre le aveva dato un’ingente somma ma lei non riusciva a immaginarsi una vita diversa da quella che aveva conosciuto, con un uomo diverso da lui. Quindi si è uccisa. 
A Deja si mozzò il respiro.
- Mi… mi dispiace così tanto, Zaron, io…
- Non dispiacerti, non l’ho mai conosciuta, non so neppure che aspetto avesse.
Deja gli rivolse un sorriso incerto.
- A quanto pare abbiamo trovato una seconda cosa che abbiamo in comune: neanche io ho mai conosciuto mia madre, è morta quando sono nata. Lei aveva quarantasette anni quando è rimasta incinta. Troppo vecchia le dissero i guaritori, ma lei mi voleva così tanto… ero il suo più grande desiderio, per questo mio padre mi ha chiamato Deja: desiderata.
La voce di Deja tremò parlando della madre. Zaron si alzò e la invitò ad alzarsi pure lei.
- Deja, non era mia intenzione addolorati, ti prego di perdonarmi. Permettimi di accompagnarti in giro per l’aeronave per distrarti e scacciare tutti questi cupi ricordi.
Lei annuì e gli permise di condurla fuori e poi a visitare il ponte di comando. Deja era affascinata da quello che vedeva: il modo in cui i rakiani avevano convertito le lussuose aeronavi costruite da Issa in micidiali vascelli da guerra era ingegnoso, terribile, ma ingegnoso. Si sentiva come se avesse dovuto indignarsi per come avevano corrotto lo scopo per il quale erano state inventate, ma provò invece un certo rispetto per come avessero preso l’idea issiana e l’avessero modificata, adattandola a un fine completamente diverso da quello per cui era stata concepita. Avevano avuto ingegno e fu colpita quando Zaron, mentre le mostrava il deposito bagagli, le disse come quella zona, sul fondo della chiglia, fosse stata modificata in altre aeronavi per ospitare dei boccaporti attraverso cui i suoi soldati potevano colpire il nemico dall’alto.
- Quindi è come se voi le aveste trasformate in fortezze volanti e mobili, che vi permettono di andare in cerca dei nemici invece di attendere che siano loro ad attaccare per primi, e non solo mezzi per il trasporto rapido di truppe e salmerie.
Lui le rivolse un sorriso raggiante.
- Esatto.
Quando finirono il giro era già ora di pranzo e lui la scortò nuovamente in sala mensa.
Il pranzo era semplice, ma vario ed abbondante e, arrivati alla frutta, Deja ne approfittò per ricominciare con le domande. Avrebbe voluto chiedergli ancora della sua famiglia ma c’era un’altra questione che le premeva.
- Hai detto che arrivati a Halanda ci saremmo sposati con il rito rakiano. Quando sarà, e che cosa comporta?
- Spero che non ci vogliano più di due giorni: avevo ordinato di far preparare dei festeggiamenti imponenti per il mio ritorno dall’ultima campagna. Issa era il mio ultimo obbiettivo, d’ora in avanti sarà solo una questione di rafforzare il confine e consolidare il dominio sulle popolazioni assoggettate. Non dovrebbe essere così difficile convertirli nei festeggiamenti per il mio matrimonio.
Cominciò a sbucciare una mela, raccogliendo le idee.
- Finché non saremo sposati definitivamente agli occhi di tutti, dovrai risiedere al palazzo dei dignitari stranieri. In genere a un matrimonio la sposa, adeguatamente adornata, esce dalla casa paterna, portando con sé dei doni a simboleggiare la dote e accompagnata dal corteo nuziale. Lo sposo l’accoglie sulla soglia di casa, mostra di accettare i doni e poi le toglie il velo e i gioielli che lei indossa e che le aveva dato il padre, per sostituirli con gioielli donati da lui; ricevono la benedizione dei sacerdoti di Stave, la dea del focolare domestico e del matrimonio, e a quel punto la fa entrare in casa. Questo è tutto. Il mio matrimonio sarà più elaborato solo perché sono il khan. E lungo, con banchetti pubblici offerti da me alla popolazione e festeggiamenti che proseguiranno per almeno nove giorni.
Deja era interdetta e stizzita.
- Doni? Nessuno mi aveva detto che dovevo portarti dei doni! Perché non me lo hai detto? Non ho niente di adeguato con me!
Zaron la calmò.
- Non preoccuparti, ne avevo già parlato a tuo padre: le casse contenti i regali di nozze sono imbarcati con noi. Oltretutto, come ho detto, la consegna dei doni è solo simbolica. In genere sono cibo e vino, per i più ricchi stoffe preziose, oggetti di pregio e gioielli. Dirò al mio ciambellano di preparare tutto. È un uomo serio e dedicato, si chiama Rispra, vedrai che si occuperà di ogni aspetto della cerimonia senza darti pensieri.
Deja era scontenta e irritata, non tanto con Zaron quanto con il padre, che non le aveva detto nulla. Poi però considerò la frenesia che aveva caratterizzato i suoi ultimi giorni a casa e ritenne che probabilmente il genitore non l’aveva giudicata una faccenda abbastanza importante.
- In seguito risiederò a Palazzo con te, nell’ala femminile.
Zaron annuì e poi chiuse gli occhi e si portò una mano al viso, massaggiandosi la radice del naso, in un gesto di esasperazione.
- Dovrò chiedere alla nobile Ingis di lasciare gli appartamenti della regina. Prevedo già sarà una cosa spiacevole.
Deja lo guardò incuriosita, forse era uno spunto per chiedere più dettagli sulla sua famiglia.
- Chi è la nobile Ingis?
Zaron sospirò e fece una smorfia scontenta ripensando a quanto sgradevole fosse quella donna.
- Ingis era la moglie di mio padre, la madre del mio fratello morto. Era talmente sconvolta dalla perdita di figlio e marito in un così breve lasso di tempo che le ho permesso di rimanere nei suoi appartamenti e poi non le ho più chiesto di andarsene, né lei si è trasferita. Credo lo abbia fatto perché sa quanto sgradita trovi la sua presenza. Finora non l’avevo allontanata perché ha una figlia non sposata e non potevo mandare via mia sorella, ma ora dovrà tornare da suo padre.
- Quante sorelle hai?
Lui sorrise divertito.
- Solo sei per fortuna. Quattro sorelle maggiori e due minori, figlie di Ingis. Le mie quattro sorelle maggiori sono tutte sposate a piccoli membri della nobiltà senza tante pretese: dopotutto sono figlie di concubine. Non credo avrai modo di conoscerle. La principessa Sali ha circa trentacinque anni ed è sposata con il nobile Brafit, hanno tre figli maschi e due femmine, credo. Quell’arpia di Cefan invece ha sempre rifiutato tutti i pretendenti, ma a ventinove anni non è ancora troppo vecchia, sono sicuro che troveremo qualcuno disposto a prendersela, se offro abbastanza denaro. Il fatto che finalmente mi sposo mi dà l’occasione di mandare via alcuni membri della famiglia che finora ho sempre dovuto tollerare. Quindi ti ringrazio.
Deja era interdetta dal veleno con cui parlava di sua sorella e della madre di lei. Dovevano essere delle persone spiacevoli e considerò tra sé e sé che forse gli uomini non avevano poi quel potere totale sulle loro donne che aveva pensato all’inizio se persino il khan si era dovuto tenere in casa la vedova di suo padre e la sorellastra che evidentemente non sopportava.
- E tu quanti anni hai?
Zaron batté le palpebre, stupito da quella domanda.
- Pensavo che lo sapessi: ho trentasei anni.
Deja fece velocemente il calcolo.
- Quindi hai ventiquattro anni più di me…
Lui fece una faccia scontenta.
- Già. Non ricordarmelo, potrei essere tuo padre.
Lei colse subito l’occasione per soddisfare un’altra curiosità.
- E lo sei? Padre intendo. Hai figli?
Lui sorrise e i suoi occhi si addolcirono.
- Sì. Ho tre figlie: Kirsis di otto anni, avuta da Mira, Palif ha sei anni ed è figlia di Oscia e infine Elina, di due, avuta da Tallia. Sono adorabili, vedrai.
A quel punto si mise a descrivere le bambine e a raccontare in che guai riuscissero a cacciarsi, nonostante non fossero mai uscite da Palazzo, e come lui non riuscisse mai a restare arrabbiato con loro per più di qualche minuto. Deja annuiva e sorrideva. Quando Zaron parlava delle sue concubine e delle sue figlie si illuminava: era evidente che la sua famiglia fosse molto importante per lui e che vi fosse molto legato. Ripensò a come aveva immaginato inizialmente il suo harem e sorrise di sé stessa e dell’idea superficiale e pregiudiziosa che se ne era fatta. Sembravano una famiglia normale, solo più grande di quella a cui era abituata, con una preponderante presenza femminile che doveva riempire ogni aspetto della sua vita privata. Si ricordò che era cresciuto in un’accademia militare, circondato da soli uomini e ragazzi, e che poi aveva proseguito intraprendendo una carriera riservata esclusivamente agli uomini. All’inizio si era immaginata che fosse abituato a comandare e aveva temuto che non vedesse le donne come eguali, dato anche il comportamento cortese ma susseguioso che i suoi nobili le avevano riservato. Era invece rimasta sorpresa, piacevolmente sorpresa, dalla cortesia e dal rispetto che le aveva sempre tributato, trattandola come una sua pari, nonostante lui fosse il vincitore e lei la sovrana di un regno conquistato. A quanto pareva nella società rakiana le donne nella famiglia dovevano avere una rilevanza nascosta, non facilmente intuibile per uno straniero, oppure era Zaron a essere particolare. Deja cominciava a rendersi conto che l’uomo che aveva sposato era molto diverso da come le si era figurato inizialmente, che quel guerriero brutale e sanguinario, intransigente e autoritario era sì una parte di ciò che Zaron era, ma non tutto il suo essere. Al fianco del khan e del conquistatore spietato c’era anche l’uomo che con orgoglio le aveva mostrato le modifiche apportate all’aeronave, cercando di colpirla e riuscendoci, e ora emergeva anche l’uomo di famiglia, che amava le donne che aveva scelto per essere le sue compagne di vita e le figlie che da loro aveva avuto.
Conversarono ancora per un po’, piacevolmente, e poi lui la riaccompagnò in cabina, per permetterle di riposarsi e prepararsi al suo prossimo arrivo alla capitale. Prima di accomiatarsi le baciò nuovamente il dorso della mano e Deja gli chiese se quel gesto avesse un qualche particolare significato.
- Dopo che viene annunciato un fidanzamento al futuro sposo è concesso di toccare solo le mani della sua fidanzata. Baciarle la mano è un’appropriata dimostrazione di interesse nei confronti della fanciulla che non vìola il suo onore ma che può diventare un elemento di corteggiamento. Spero di non averti messa a disagio, ma se non ti baciassi la mano apparirebbe strano agli occhi del mio popolo e scortese ai miei.
Il giorno prima Deja sarebbe arrossita e probabilmente avrebbe interpretato come il segno di un interesse morboso quell’atto. Ma adesso credette alle parole di Zaron, riconoscendo che lui non aveva nessun fine nascosto.
Gli rivolse un sorriso comprensivo.
- Nessun disagio, mio signore. A che ora attraccheremo?
- Dopo il tramonto. Ti farò mandare in stanza qualcosa da mangiare, verso sera: probabilmente riuscirai a cenare solo a notte inoltrata.
- Della frutta la gradirei moltissimo. Magari anche del thè?
Lui le sorrise raggiante.
- Sarà fatto, mia signora.
Deja si ritirò con un sorriso rilassato. Era ancora nervosa per l’accoglienza che le sarebbe stata riservata una volta giunta a Halanda, ma ora aveva la certezza che Zaron sarebbe stato dalla sua parte. Forse quel matrimonio partito così male avrebbe davvero potuto funzionare.
 
 
NOTE DELL’AUTRICE. Mission “far smettere Deja di sobbalzare ogni volta che mi avvicino”: un successone! Bravo Zaron, 10 +.
Finalmente abbiamo scoperto qualcosa del nostro protagonista! Avevo lasciato, come Pollicino, briciole di informazioni ne “Il dio della guerra”, sperando di stuzzicare la vostra curiosità. Mi auguro che siate rimasti soddisfatti.
Per la questione dell’harem: quando ero adolescente avevo questa visione romanzata degli harem ottomani, pieno di donne bellissime e mezze nude che aspettavano solo di essere scelte per una notte d’amore con il sultano. Poi crescendo la mia visione romantica si è scontrata con la realtà: nell’harem vivevano anche la madre e le sorelle e i figli piccoli del sultano, non è che ti stendi mezza nuda a bordo di una piscina, facendo la languida con il tuo amante, se c’è la vecchia suocera che ti osserva e con i bambini che scorrazzano e schiamazzano in giro. Ed è questa visione realistica dell’harem che ho voluto riportare, un luogo separato in cui vivono le donne della famiglia, giovani e vecchie e persino imparentate con il re.
L’aeronave: punto dolente, questo. Fin dall’inizio ho voluto fortemente il trasporto aereo (poi toccherò il perché ci sono i dirigibili e non i treni), per l’aeronave ho pensato a un dirigibile semirigido con motore a vapore. Ho guardato alcune foto su internet e le gondole mi sono parse terribilmente piccole quindi.. usate un po’ la fantasia. Per la velocità non so quanto vadano veloci, dipende comunque dai venti, ma nel 1919 un dirigibile inglese ci ha messo 75 ore a fare la traversata dell’Atlantico e quindi in una notte e un giorno credo che siano capaci di percorrere distanze ragguardevoli, soprattutto se corrono dietro al sole e non incontro.
  
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