26/09/2016
0 recensioniL’ALTRA PARTE DELLA FELICITÀ
Un guscio d’uovo: era tutto ciò che rimaneva. Un minuscolo frammento bianco.
Era così fragile, quanto l’uovo a cui fino a pochi secondi prima era appartenuto, così piccolo che la mano su cui era poggiato sembrava inghiottirlo. All’improvviso, quella stessa mano che un istante prima lo proteggeva insistentemente, si chiuse con energia su quell’insignificante frammento. Era piccolo ma anche terribilmente affilato. Lo strinse con forza e le schegge si conficcarono nel suo palmo, perforando la pelle e macchiandosi di rosso. Un dolore terribile all’inizio che scemò dopo pochi secondi. Il danno era stato fatto ormai, la povera mano poteva solo cancellare i resti di quello che era stato.
Ancora dolorante, il palmo si riaprì e lasciò cadere i piccoli frammenti intrisi di sangue. Era andata ormai. Non poteva più recuperare quel piccolo ovetto. Così bianco e così fragile che in passato era stato la sua gioia.
Lo lasciò semplicemente andare.
Si affidava totalmente al tempo. Che meravigliosa creatura il tempo. Distrugge e allo stesso tempo risana le ferite. La sua avrebbe sanguinato ancora a lungo ma poteva aspettare. Perché il dolore passa e le ferite si rimarginano. I ricordi sbiadiscono e rimane solo tanta amarezza. Anche quei piccoli frammenti di uovo di sarebbero dissolti. Piano piano. Come doveva essere.
Con coraggio si voltò, dando le spalle a quegli insulsi resti. Iniziò ad allontanarsi lasciando dietro di sé una lunga scia di lacrime e dolci ricordi ed ebbe l’impulso di tornare indietro, recuperare quel poco che era rimasto e continuare a tenerlo con se, proteggendolo, ma riuscì a non voltarsi. Continuò per la sua strada. Decisa, gli occhi fissi davanti a sé, camminando nel buio.
La mano non le doleva più ormai. Sia le ferite alla mano che quelle nel cuore si stavano cicatrizzando e il dolore iniziava a dissiparsi. Iniziò a intravedere una piccola luce all’orizzonte e corse.
Corse finché non la raggiunse. La luce bianca e accecante filtrava da una porta socchiusa. Con la vista offuscata per il bagliore la spinse leggermente e ciò che vide la fece sorridere. Con il cuore finalmente in pace la attraversò, felice e finalmente serena.
Ciò che era rimasto di quel piccolo ovetto bianco scomparve, come lei aveva previsto. Nessuno ne seppe più nulla. Soltanto lei serbava ancora il ricordo di ciò che era stato, quando quell’uovo splendeva nella sua mano e lei lo mostrava con orgoglio, curandolo meglio che potesse. Ma il ricordo rimasto era offuscato, striato di nero e grigio. Rovinato da un dolore che non se ne sarebbe più andato. Tuttavia lei continuava a custodirlo gelosamente nonostante diventasse ogni giorno più cupo ed evanescente. Passarono anni e rimasero solo le cicatrici e quell’amarezza che ogni tanto faceva capolino e la salutava tristemente. Ma ormai aveva imparato a difendersi.
Dopotutto il dolore passa, come le lacrime e i ricordi. Ma quell’amarezza no, non l’avrebbe mai abbandonata. Poteva solo combatterla ma non scacciarla. C’era solo un modo per respingerla del tutto. E presto l’avrebbe trovato.
NOTE:
Primo esperimento dopo anni di silenzio su questo sito. La storia è molto breve ma per me ha un grande significato. Spero possa averne in qualche modo anche per te, caro lettore. A volte anche le cose che apparentemente ci rendono felici possono essere la causa del nostro dolore. Una riflessione che prima o poi siamo tutti costretti a fare.