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Autore: dree    26/09/2016    0 recensioni
Il suono del campanello della porta principale attirò la mia attenzione e sentii due persone entrare quasi di corsa nella caffetteria, molto probabilmente si volevano rifugiare dalla pioggia. Appoggiai il moccio e sfoggiando uno dei tanti sorrisi di cortesia mi girai rivolgendomi al nuovo cliente.
«Buong..» le parole mi morirono in gola ancora prima che io potessi finire la frase.
Genere: Generale, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo più di un anno (forse due) ho deciso di pubblicare un piccolo conitnuo, con la speranza di suscitare curiosità nel lettore ed incoraggarmi a scrivere ancora. So che non è tanto, ma a breve vorrei pubblicarne un altro pezzo che ho già in parte pronto. Scusate l'attesa, spero l'attesa (per alcuni) ne sia valsa la pena. Qualsiasi critica, fincè costruttiva, è ben accetta. 
PS: mi scuso anticipatamente per vari errori di battitura. 

 


Fu un attimo, mi venne persino difficile pensare che l'udienza fosse già finita. Mi guardai intorno e tutti si stavano mobilitando verso l'uscita, tranne me. Rimanevo lì seduta a fissare il vuoto. 

Quando ti svegli la mattina, non pensi che dovrai affrontare una rapina e una sparatoria nello stesso giorno, eppure io le avevo vissute entrambi e, anche se era tutto finito, mi ci sarebbe voluto parecchio tempo prima di dimenticare tutto. 

 

Mi voltai e vidi il ragazzo incamminarsi verso l'uscita, così mi alzai e lo raggiunsi. 

«Grazie..» le parole mi uscirono di bocca quasi fossero un sussurro «Come posso sdebitarmi?»

Doveva provare pietà per me, o un sentimento simile, per compiere un gesto così quando per lui io non ero altro che una sconosciuta, la ragazza della caffetteria

«Non c’è nulla di cui tu ti debba sdebitare, avevi bisogno di aiuto e io potevo dartelo, niente di più niente di meno.» al quale si girò e se ne andò senza proferire altra parola, lasciandomi lì impietrita da quelle parole.

 

Dopo aver ringraziato l'avvocato, presi la macchina e mi diressi verso casa di mia madre, alla quale mi ero scordata di richiamare. 

«Santo cielo Beatrice, si può sapere perché non hai risposto alle mie chiamate?»

«Mamma, ho appena varcato la soglia di casa, mi lasci respirare anche solo per un secondo?» risposi quasi lagnandomi mentre chiudevo la porta. 

«Mi farai morire di crepacuore un giorno di questi!» disse abbracciandomi mentre mi accarezzava con fare affettuoso la schiena, poi mi guardò strabuzzando gli occhi «Hai dormito? E al labbro che ti è successo?» poi cambiò il tono di voce e l'espressione, la quale si tramutò in un misto di preoccupazione e severità «Beatrice, in quali casini ti sei cacciata, signorina?»

«Mamma, non è successo nulla» affermai più per tranquillizzare me che lei «C'è solo stata una rapina alla caffetteria..»

Mia madre si inorridì a quelle parole e quasi si mise le mani nei capelli quando le raccontai tutto ciò che era accaduto la mattina precedente e il giorno stesso. 

«Oh cielo, ma adesso stai bene, vero?» chiese porgendomi una tazza di tè di tiglio e menta. 

Ogni volta che tornavo a casa mi sentivo una bambina, mia madre era talmente premurosa da farmi tornare col pensiero a quando avevo appena otto anni, quando era tutto così semplice e non c'erano preoccupazioni. L'odore del tè invadeva casa ogni sera ed ogni mattina da quando la mia memoria poteva ricordare. Eppure sentivo un vuoto, come se qualcosa o qualcuno mancasse nella mia vita.. mio padre. 


«Sì mamma, va tutto bene, non ti preoccupare.» finii di bere il tè, chiacchierai ancora per un'oretta con mia madre del più e del meno, mi ci volle parecchio per convincerla del fatto che io stessi bene e, anche quando salii in macchina per andare da Diana, lei non ne fu ancora del tutto convinta. 



I sensi di colpa per non aver assistito all'audizione della mia migliore amica mi bruciavano dentro, ma dovevo accettare che la situazione in cui ero accidentalmente andata a finire, non mi avrebbero permesso comunque di andarci.

   
 
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