Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |       
Autore: Stephanie86    26/09/2016    1 recensioni
"La Salvatrice nel mio regno."
Emma trasalì. Un’altra coscienza si accostò alla sua. Ma non era come accostarsi alla mente di Lily, non era come guardare attraverso i suoi occhi. Quella coscienza era incredibilmente vasta. Era prepotente. Ed era potente. Sbirciò e frugò nella sua testa senza troppi riguardi.
"Chi sei? Cosa vuoi?", domandò Emma.
"Sono il padrone di casa, Emma." Di nuovo la risata. Una risata maschile, divertita e sprezzante. "Adesso sei nel mio regno. È un piacere. Ci incontreremo presto. Spero che il posto ti piaccia."

[Seguito della fanfiction The Lost Hero | Swan Queen, Swan Star + altri pairing]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1

 

«Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
«Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»

[Lewis Carroll, Alice nel Paese delle Meraviglie]

 

 

 
I ricordi degli Oscuri continuavano a vorticare nella mente di Emma, un delirio di eventi neri ed emozioni travolgenti che non poteva contrastare, mentre precipitava nel turbine e non sapeva dove si trovava. Non era in grado di liberarsi delle presenze estranee che le offuscavano la mente. Eventi sanguinosi, orrori, azioni crudeli compiute dagli Oscuri le esplosero dietro gli occhi.

Vide una pila di cadaveri davanti a lei... uomini e donne, persino bambini... persone innocenti uccise per ordine di qualche Oscuro. Vide villaggi in fiamme, spade che cozzavano contro altre spade, una maschera a forma di teschio, il baluginare del pugnale, sulla cui lama si susseguivano i nomi di coloro che l’avevano preceduta. Tremotino, Zoso, Gorgon, Rothbart, Cornelius... Nimue. Anche Lily. Lilith Page. Il suo nome era impresso su quell’arma perché lei l’aveva voluto, perché aveva deciso di salvarle la vita, riempiendola di oscurità.

Gridò, pregando che ci fosse qualcuno capace di liberarla da quell’incubo, ma nessuno rispose. Era sola.

Poi vecchie memorie si fecero largo in quella nube lugubre. Tutti gli eventi, da quando aveva salvato Regina fino al momento in cui Lily aveva usato la spada per trafiggerla e distruggere l’oscurità, corsero davanti a lei, in rapida successione.

E il film ripartì daccapo. Vide se stessa neonata e messa in una teca da suo padre. Vide Azzurro ferito dai soldati di Regina. La maledizione. Lei che passava da una casa famiglia all’altra. Lily in quel supermercato. Lily che le mentiva e gridava il suo nome sporgendosi dal finestrino dell’auto. Lei che cancellava la stella disegnata sul polso. Vide Ingrid e vide Neal. Vide Henry che bussava alla sua porta.

“Mi chiamo Henry. Sono tuo figlio.”

Regina sulla soglia di casa.

“Lei è la madre biologica?”

“Salve.”

Henry seduto davanti al mare. Un incendio. Graham morto tra le sue braccia. Regina che distruggeva il suo cuore e apriva lentamente il pugno lasciando che la polvere si disperdesse...

Allora udì una risata.

La Salvatrice nel mio regno.

Emma trasalì. Un’altra coscienza si accostò alla sua. Ma non era come accostarsi alla mente di Lily, non era come guardare attraverso i suoi occhi. Quella coscienza era incredibilmente vasta. Era prepotente. Ed era potente. Sbirciò e frugò nella sua testa senza troppi riguardi.

Chi sei? Cosa vuoi?, domandò Emma.

Sono il padrone di casa, Emma. Di nuovo la risata. Una risata maschile, divertita e sprezzante. Adesso sei nel mio regno. È un piacere. Ci incontreremo presto. Spero che il posto ti piaccia.

Le presenze oscure si dileguarono e così anche la voce.

Emma precipitò nel vuoto.

 

 
- Lily.

Si mosse di malavoglia. Non voleva sollevare le palpebre.

- Lily...

- Uhm...

Stava sognando qualcosa che riguardava Emma. Emma, una grande casa in riva al lago, una telecamera... e draghi. Era un bel sogno, non un incubo, per questo si rifiutò di dar retta alla voce che la chiamava. Una parte del suo cervello sapeva che, aprendo gli occhi, avrebbe trovato solo cose spiacevoli.

Una mano la scosse leggermente.

“Lily. Ti voglio bene, Lily.”

Sospirando, Lily sollevò le palpebre e incrociò gli occhi grandi e celesti di Malefica, che la osservava con attenzione.

- Che cosa è successo? – domandò, confusa.

- Sei svenuta. – rispose sua madre.

Lily girò la testa verso sinistra e vide il traghettatore dell’Ade. Scorse i cerchi di fiamma che circondavano il suo sguardo. Scorse il labbro inferiore, rovesciato infuori, i denti marci, la barba lunga, le narici che vibravano ed emettevano bianchi vapori.

- Non guardarlo. – le intimò Tremotino. Era in piedi e dava le spalle a Caronte. Guardava avanti, in attesa che l’altra sponda apparisse nella fitta nebbia che li avvolgeva.

Henry, dal canto suo, stringeva il libro in grembo ed evitava accuratamente Caronte. Però avvertiva il peso di quegli occhi. Aveva l’impressione che lo stessero invitando a voltarsi, che stessero cercando di persuaderlo ad immergersi in essi. Era convinto che, se il traghettatore avesse usato tutto il suo potere, avrebbe potuto finirlo con un battito di palpebre. Quindi si concentrò sul lungo bastone che utilizzava per spingere avanti la barca.

- Ci siamo quasi. – disse Tremotino, ad un certo punto.

Qualche metro più in là la nebbia si diradava. Comparve un ponticello di legno sui cui pali erano montate delle fiaccole. L’imbarcazione si accostò ad esso e si incagliò sul fondo. Era impossibile capire che cosa ci fosse oltre il muro di nebbia. Tutto era ancora nascosto, buio e silenzioso.

Lily si alzò in piedi, preparandosi a scendere. Tremotino, intanto, infilò una mano in una tasca interna della giacca e ne estrasse un sacchettino di cuoio. Lo aprì e lasciò cadere sul palmo di Caronte una manciata di monete. Oboli.

Il traghettatore li fece sparire in un secondo.

 

 

Città di Smeraldo. Oz.

 

Il tornado si dissolse e Zelena finì gambe all’aria. Si raggomitolò su se stessa per proteggere la bambina, che cominciò a piangere e ad agitare braccia e gambe.

- Va tutto bene. - sussurrò Zelena, scostandosi i capelli dal viso e guardandosi intorno per assicurarsi di essere nel posto giusto.

C’erano un sacco di cianfrusaglie vicino a lei. Pietre, abiti stracciati, una poltrona, pezzi di legno che erano forse i resti di qualche abitazione che la tromba d’aria aveva sradicato, lenzuola, oggetti di vario genere. Più in alto, oltre le chiome degli alberi, la Città di Smeraldo proiettava i suoi fasci di luce verde contro il cielo scuro.

Zelena sorrise, soddisfatta. - Siamo a casa, fagiolina. E senza quella scocciatrice di mia sorella a metterci i bastoni fra le ruote.

La bambina si acquietò e parve fissarla. Tese una mano minuscola, afferrando un lembo del mantello di sua madre.

- Bene, adesso dobbiamo solo...

Qualcosa l’azzannò alla caviglia. Zelena, istintivamente, scalciò per liberarsene e per tutta risposta ottenne un guaito nervoso. Una palla di pelo grigio atterrò sulle zampe posteriori e si ribaltò di lato, per poi risollevarsi agilmente.

- Ancora tu, maledetta creatura pulciosa!

Toto, il cane di Dorothy Gale, prese ad abbaiare furiosamente contro di lei e a mostrare i denti, piccoli e appuntiti.

- Se sei da queste parti, significa che anche quella seccatrice si trova nei dintorni. - Allungò una mano guantata per acciuffarlo, ma il cane balzò in là, ringhiando. Allora Zelena usò la magia e in un baleno Toto si ritrovò ad agitare le zampe in un comico balletto mentre la strega lo teneva stretto per la collottola. - Vedi, fagiolina? Abbiamo trovato anche il nostro animale da compagnia. Ti piacciono i cani?

Udì delle voci in avvicinamento. Una di esse chiamava Toto.

Zelena vide un cestino ancora intatto tra le cose portate dal tornado, lo prese e ci ficcò dentro l’animale, abbassando il coperchio e zittendo i suoi fastidiosi guaiti. Poi si nascose nell’ombra.

Fagiolina emise un gorgoglio, ma poi tacque, come se avesse capito che la situazione lo richiedeva.

Dorothy Gale sbucò nello spiazzo in cui il tornado aveva gettato la strega, armata di balestra. Con lei c’erano le due ragazze che le avevano già dato fastidio a Dunbroch, quando aveva accompagnato Artù nella ricerca di quell’elmo magico.

- Cercavate me? - disse Zelena. - Vedo che hai raccolto un paio di randagie mentre ero via, Dorothy.

- Attenta, Zelena. - disse Ruby.

- Vuoi metterti ancora contro di noi? - chiese Mulan, dandole man forte. Poi notò il fagotto che stringeva fra le braccia. - Ha una bambina con sé.

- Già. Non sarete mica così brutali da attaccarmi mentre ho una bambina in braccio.

- Sei diventata anche una ladra di bambini, adesso? - le chiese Dorothy, tenendola sempre sotto tiro.

- Ladra di bambini? È mia figlia.

- Oh, certo. - Dorothy roteò gli occhi, quasi le avesse appena raccontato la peggiore delle barzellette.

- È vero. - Zelena sfiorò il nasino della bambina, con delicatezza. - Sai, Dorothy, tu puoi anche tenerti l’amore del popolo. Io... ho qualcosa di meglio. Ho mia figlia. E la mia permanenza ad Oz è destinata a prolungarsi nel tempo.

- Vorrà dire che te la vedrai con noi.

- Davvero? E come intendi fare? Vuoi gettarmi addosso una secchiata d’acqua? Mi sto liquefacendo dalla paura. - la schernì. - Ah... un’ultima cosa. Come risarcimento per esserti messa contro di me anni fa... ho deciso di prendermi qualcosa che ti appartiene.

Sollevò il cestino e lo aprì. Toto mise fuori la testa.

Dorothy si sporse per prenderlo, ma Zelena richiuse il coperchio. - Ah, no! Questo lo tengo io. A meno che tu non abbia qualcosa da darmi in cambio... le scarpette, ad esempio.

- A che ti servono le scarpette se vuoi restare qui ad Oz?

- Ad assicurarmi che non le userai contro di me. E poi sono mie! Me le sono guadagnate! - La sua voce era diventata stridula come quella di una ragazzina a cui avevano appena rubato un giocattolo.  Una ragazzina molto invidiosa. - Il mago le ha date a me.

- Il mago era un buffone. - rispose Dorothy. - Un buffone che hai trasformato in una delle tue scimmie volanti!

- Poco importa. Quelle scarpette mi appartengono. E tu me le restituirai. Il cane per le scarpette. È molto semplice. Hai tempo fino a domani al tramonto. - Zelena rise, divertita e infine scomparve in una nuvola verde, portandosi dietro il cestino e la sua bambina.

 

 

Oltretomba.

 

Nessuno di loro sapeva che cosa aspettarsi, se fiamme altissime o un gelo perenne o un luogo buio e pieno di baratri e creature pronte ad azzannarli alla gola. Tremotino ne aveva parlato come di un luogo orribile...

Tuttavia, quando le nebbie si diradarono e il lago fu alle loro spalle, quello che li attendeva era ben lontano dalle aspettative.

- Non è possibile. – commentò Malefica.

- Che cos’è? Uno scherzo? – chiese Uncino, facendo un giro su se stesso.

Il cielo sopra le loro teste era rosso e gettava una luce malsana sulla città.

Su Storybrooke. L’Oltretomba era uguale a Storybrooke, fatta eccezione per alcuni dettagli.

- Nessuno scherzo, capitano. Siamo nel posto giusto. – rispose Tremotino, guidandoli lungo la via principale.

Gli edifici lungo i due lati della strada sembravano più vecchi. Alcuni avevano i vetri rotti o le porte sbarrate da pesanti assi di legno. La torre dell’orologio era crollata e giaceva semisepolta nell’asfalto. Le lancette erano ferme sulle otto e quindici. C’erano auto parcheggiate vicino ai marciapiedi e le persone camminavano, da sole o a gruppetti, come se stessero facendo una semplice passeggiata.

- Perché l’Oltretomba è uguale a Storybrooke? – chiese Regina, costernata.

- Queste sono domande inutili. Quello che conta è che tutte queste persone sono morte e intrappolate, perché hanno delle questioni in sospeso. – spiegò Tremotino.

Nell’aria ristagnava un odore indefinibile. Non era sgradevole, ma nemmeno piacevole.

Lily occhieggiò un uomo davanti alla vetrina di un negozio. Era impegnato a scrivere CHIUSO con la vernice spray. Lei lo vide di profilo e, per un secondo, le sembrò di conoscerlo. Le sembrò di riconoscere il taglio di capelli sotto il berretto che indossava, la giacca di pelle, i jeans un po’ logori, il mento aguzzo.

Murphy?

Quasi lui le avesse letto nel pensiero, voltò la testa di scatto e poi si infilò in un vicolo.

- Va tutto bene? – le chiese sua madre.

- Sì. – si affrettò a rispondere Lily. – Quindi anche Emma è qui.

- Beh, è morta da Oscuro. – le rispose Tremotino. A giudicare dalla sua espressione, Lily avrebbe detto che la stesse fissando come si fissa una persona che sta mettendo a dura prova la sua già precaria pazienza. – Non può che trovarsi qui.

“Perché dovrei fare qualcosa per te?”

“Perché in caso contrario potrei dire a Belle che razza di uomo sei. Ho ancora la magia. L’avevo anche prima di diventare un Oscuro. Potrei farcela ad arrivare da lei prima che tu mi uccida. Potrei anche farle del male personalmente.”

Lily non metteva in dubbio che Tremotino la detestasse. Aveva minacciato Belle e nominato suo figlio. E Tremotino era un Oscuro. Di nuovo. Aveva il potere di tutti gli Oscuri dentro di sé. Era certa che prima o poi avrebbe scovato un modo per fargliela pagare.

Ma a Lily questo non importava, ora. – Dividiamoci. Emma non è arrivata da molto. Forse qualcuno l’ha vista.

- Vengo con te. – disse Regina. Si sentiva osservata. Le sembrava che mille occhi la stessero scrutando e non era solo dovuto al fatto che i passanti li stessero effettivamente fissando, forse perché capivano che non erano morti. C’era qualcos’altro. L’opprimente sensazione che ci fossero altri sguardi puntati su di lei e che fossero tutti ostili. Alzò la testa, quasi si aspettasse che il cielo rosso fosse munito d’occhi. - Prima ce ne andiamo da questo posto e meglio sarà.

Lily ne fu sorpresa, ma non commentò. Decise di avviarsi verso la tavola calda.

Ognuno prese una direzione diversa.

 

 

Città di Smeraldo. Oz.

 

Zelena raggiunse il palazzo a cavallo di una scopa, spazzò via la gentaglia che bivaccava intorno ad esso ed irruppe, gettando le sue guardie nel panico. Ognuno riprese la sua posizione e non parlò se non invitato da lei a farlo.

Nella sala in cui un tempo aveva incontrato il Mago di Oz c’erano due uomini con le uniformi stropicciate che dormivano tra due colonne dorate. Zelena li afferrò per il collo e li trasformò in scimmie volanti. Le creature svolazzarono, berciando, per tutta la sala, si scontrarono e cercarono di prendersi a morsi a vicenda.

Il tendone dietro al quale il Mago si era celato per molto tempo era scostato. La strega armeggiò per qualche minuto con la magia e creò una culla. Vi depositò la bambina, avvolgendola accuratamente nella copertina bianca con ricami verdi e poi azionò il giostrino appeso sopra la sua testa. Le minuscole figure sulle scope presero a girare e a tintinnare.

Zelena sorrise e concluse infilando il cagnaccio di Dorothy Gale in una gabbia.

La bambina, tuttavia, sollevò gli occhi, guardando le due scimmie volanti e poi il liquido verde che gorgogliava nelle colonne dorate.

- Casa. – disse Zelena, allargando le braccia. Si tolse il mantello e lo lanciò lontano da sé. Sciolse il nastro che le legava i capelli. - Non c’è posto migliore della propria casa, vero fagiolina? Niente sorelle che cercano di portarti via tutto. Niente ladri impiccioni che credono di sapere cosa sia meglio per te...

Le porte si spalancarono.

Zelena formò una sfera di fuoco e si preparò a scagliarla contro l’intruso. - Che cosa ci fai tu qui? Non ti sei divertita abbastanza in esilio?

- Non sono venuta per combattere.

- Tu non vuoi mai combattere, Glinda. Anche perché se lo facessi, moriresti!

La bambina si agitò nella culla, singhiozzando.

- Non ci hai messo molto a farti viva... - continuò Zelena, chiudendo le dita e spegnendo le fiamme. Scese di un gradino. - Sei venuta per un’altra opera di persuasione? Ci hai già provato una volta. Non ti conviene.

Il vestito bianco e argento di Glinda mandava barbagli luminosi, colpito dalle luci della sala. La Strega Buona del Sud alzò una mano, quasi la stesse zittendo. - Credevo fossi morta, Zelena.

- Ti piacerebbe, vero? Come vedi, sono viva e vegeta. E sono tornata.

- Nessuno di noi vuole combattere. C’è gente innocente, là fuori. Possiamo trovare un accordo?

Una delle cose che detestava di più era proprio il tono benevolo di Glinda. Un tempo l’aveva abbindolata con tutte quelle fandonie sulla possibilità di cambiare, di essere diversa e non costantemente logorata dall’invidia e dal desiderio di vendetta nei confronti di sua sorella. Un tempo Glinda l’aveva fatta sentire accettata, l’aveva accolta, offrendole un posto accanto alle altre Streghe di Oz... posto che poi aveva ceduto a quella maledetta ragazzina venuta dal Kansas!

- Sparisci, Glinda. È passata l’epoca in cui mi sono quasi fidata di te. Non sfidare la mia pazienza. - disse Zelena, rabbiosamente.

- Ho fallito molto tempo fa. - ammise lei, avvicinandosi di qualche passo. Sbirciò la culla oltre la sua spalla. - Ho sbagliato e me ne pento, ma tu non puoi continuare a terrorizzare questa gente. Hai una figlia, adesso. Devi pensare a lei.

- Ed è quello che intendo fare, se non mi metterete i bastoni fra le ruote! - gridò Zelena.

- Dov’è il padre di quella bambina?

- Il padre non è affar tuo.

- Gliel’hai portata via, vero?

Zelena strinse i denti, fissando Glinda con gli occhi sgranati. Solo allora si accorse che non era sola. C’era un uomo, con lei, ma era rimasto sul fondo, come un’ombra, una guardia silenziosa che lasciava il lavoro alla donna dotata di poteri magici e si limitava a studiare la situazione. Era un uomo alto, con la pelle nera e le braccia e il collo ricoperti di tatuaggi a forma di diamante. Indossava una giubba di un rosso sgargiante e i pantaloni neri infilati negli stivali muniti di speroni. Portava una faretra piena di frecce a tracolla e stringeva l’arco nella mano sinistra.

Zelena sollevò un sopracciglio. - Ti sei trovata una guardia del corpo, Glinda? Non una gran scelta, lascia che te lo dica...

- Lui è Fiyero, il principe dei Winkie. Il suo popolo e Oz sono alleati da molto tempo.

- Sono tuoi alleati, vorrai dire. Adesso fuori, tutti e due. Non osate mai più mettere piede nel mio palazzo! Dì pure alla tua protetta che il nostro accordo è ancora valido. O si presenta qui domani al tramonto con le scarpette o userò il suo orribile cane come pelliccia personale!

Toto prese ad abbaiare. Azzannò una sbarra e tirò, come se ciò potesse essere in qualche modo utile.

Glinda disparve in una nuvola bianca, portandosi dietro Fiyero.

 

 

Oltretomba. Oggi.

 

Il Granny’s era inondato della medesima luce rossastra che opprimeva il mondo esterno e filtrava attraverso le persiane abbassate. Alcune persone sedevano ai tavoli, bevendo cappuccini e caffè o leggendo giornali. L’orologio appeso alla parete segnava le otto e quindici, proprio come la Torre crollata.

Henry, che aveva seguito Lily e Regina, si diresse subito in fondo, imboccando la porta che conduceva ai piani superiori. Era pensieroso e molto concentrato. Fece tutto come se avesse avuto un piano in mente.

Lily, intanto, si approssimò al bancone. Dietro di esso, la Strega Cieca vigilava sul locale, annusando chiunque vi mettesse piede. Annusò anche lei e Regina, mentre i suoi occhi velati fissavano il nulla e gli stopposi capelli biondo platino le ricadevano sul viso in un’acconciatura molto discutibile.

- Questo odore lo conosco! – esclamò, sporgendosi in avanti, verso Regina. – La Regina Cattiva! Io sono morta per colpa tua e di quei maledetti bambini! Hai portato con te anche Hansel e Gretel? Il forno sul retro è pronto!

Più di una testa si voltò di scatto nella loro direzione.

- Dall’odore non sembri affatto morta, il che è un vero peccato. E con te... beh, non sono quei ragazzini. – Qualche altra annusata in direzione di Lily. - È un odore nuovo. Carne fresca. Giovane.

- Non siamo morte. – precisò Regina. La sensazione di essere osservata si era fatta ancora più pressante. – Stiamo cercando una persona.

- Oh, una persona! E chi? – chiese la Strega Cieca.

- Si chiama Emma. – disse Lily, in fretta. – È arrivata da poco. Lei è...

- La Salvatrice! – esclamò la Strega, sbattendo lo straccio sul bancone.

- L’hai vista? – domandò Lily. – Sai dirci dov’è?

Regina sentì che il cuore balzava in avanti.

- Beh, no! Ma quel nome è molto famoso da queste parti. Crudelia non ha fatto altro che lamentarsi del modo in cui la Salvatrice l’ha uccisa. – Rise, come se avesse appena fatto una battuta molto spiritosa. – Che cosa ti porto, intanto, Lily? Pan di zenzero? Dei bambini?

Lily aggrottò la fronte.

- Scherzo. – precisò la Strega. – In ogni caso, non posso aiutarvi. Non è passata di qui. Non ancora. Però il pan di zenzero non è male, te lo assicuro. Per te niente, Regina Cattiva, sia chiaro!

Il campanello del Granny’s trillò. Un uomo si fermò davanti alla porta, sistemandosi il colletto della giacca e puntando gli occhi argentei su di loro.

Non si era affatto sbagliata.

- Murphy. – disse Lily, mentre avvertiva tutti i muscoli del suo corpo irrigidirsi. Nella sua testa passarono una serie di immagini poco piacevoli: lui che sparava in testa al proprietario della casa che avevano svaligiato. Lui che si sporgeva verso di lei davanti alle pompe di benzina, sussurrandole quanto fossero una bella squadra. Lei che gli sfilava la pistola dai calzoni e calava il calcio con forza sulla sua fronte. Sangue. La punta dello stivale che colpiva la sua testa.

- Odile... anzi, sarebbe meglio dire... Lilith. Non mi aspettavo di trovarti qui. Che sorpresa. – Sorrise, soddisfatto. – Qualcuno ti ha dato la pedata che ti meritavi?

- Sono viva. – sentenziò, fissandolo in cagnesco. – E tu invece... sei morto e intrappolato.

- Per colpa tua.

Regina seguiva la discussione, perplessa, muovendo la testa da Lily a Murphy e viceversa. Scosse il capo. – Non siamo qui per rivangare il passato. Abbiamo da fare.

- Anch’io ho da fare. Al momento non sono venuto per Lilith... purtroppo. – Murphy si scostò ciuffi di capelli castani dalla fronte. – Sono qui per voi, Maestà. Benvenuta nell’Oltretomba.

Henry tornò in quel momento. Nella mano destra stringeva una chiave. Vide l’uomo che stava parlando con sua madre e si fermò dietro di lei. Regina si spostò, in modo da mettersi tra il figlio e Murphy.

- Per me? Perché? – chiese, guardinga.

- Ci hai seguiti da quando siamo arrivati, vero? – chiese Lily.

- Oh, certo. – rispose Murphy. Tornò a rivolgersi a Regina. – Ovviamente. So che la Regina ha amato molto quando era solo una ragazza innocente... ha amato molto ed ora il suo primo grande amore vorrebbe vederla.

Regina avvertì il gelo nelle ossa. Improvvisamente la sua salivazione era azzerata. Quando parlò di nuovo, a stento riconobbe la sua voce. - Daniel?

Murphy indicò la porta. – Andiamo. Venite con me. E... portate pure il ragazzo e Lilith. Niente scherzi o ve ne pentirete.

 

 
Poco lontano dal Granny’s, Azzurro e Uncino si aggiravano per il desolato cimitero di Underbrooke e studiavano le tombe. Il posto era deserto, soffocato dalla luce malata e molto più grande della sua controparte, nel mondo dei vivi. Alcune lapidi erano dritte, intonse, con i nomi delle persone bloccate in quel limbo incisi sulla pietra. Altre, pur essendo dritte, erano solcate da crepe inquietanti. Altre ancora erano rovesciate.

Tremotino aveva detto che ogni anima intrappolata lì aveva una sua lapide al cimitero. Quindi se Emma si trovava davvero nell’Oltretomba, doveva esserci anche la sua.

Killian era seccato. Dopo un lungo vagare, colpì una tomba con la punta del proprio uncino e il contraccolpo gli riverberò nel braccio. Avvertì una leggera scarica elettrica, che lo costrinse a ritrarsi.

- Ehi, sta attento! – disse David, raggiungendolo.

- Che senso ha tutto questo? – chiese Killian. – Tutte queste tombe... ce ne saranno centinaia! Come troviamo quella di Emma?

- La troveremo. – affermò David. – Sarà qui da qualche parte. Non dobbiamo darci per vinti.

Il vento scompigliò i capelli di Killian. Lui alzò la testa, scrutando il cielo rosso. Vide Malefica, in forma di drago, solcare le nuvole e dirigersi verso i boschi, a sud. – Ci siamo fidati di Tremotino, ma lui non ci ha detto che cosa ha in mente. E noi? A noi cos’è saltato in mente, per tutti i diavoli? È il Coccodrillo che ci ha detto di venire in questo cimitero!

- Credo che Tremotino sappia quello che fa. – David vide delle sagome in lontananza. Persone che si muovevano fra le tombe. Erano distanti, ma decise che le avrebbe tenute d’occhio comunque. – Continuiamo a cercare. E non metterti nei guai. Abbiamo già abbastanza problemi.

- Oh, quindi ti preoccupi per me. – disse Killian, sollevando un sopracciglio. – Non sapevo che ci tenessi.

- Lo faccio per Emma. – rispose. Tacque qualche momento. Parve rifletterci, mentre occhieggiava la tomba su cui il pirata si era accanito. Su di essa capeggiava il nome di un uomo: MURPHY LOGAN. C’era una parte di lui che non aveva la minima voglia di vedere il nome della figlia su una lapide. C’era una parte di lui che ancora si ribellava all’idea che Emma fosse ingabbiata in quel posto. E si sentiva impotente, perché non aveva idea di come trovarla, né di come avrebbero fatto tutti loro a portarla via.

- Lo so. Ma ammetterai che tutto questo fascino ha un potere anche su di te.

David roteò gli occhi. – Sono un uomo impegnato. Come te, del resto.

Killian gli sferrò una pacca sulla spalla.

- Va bene. Forse hai ragione. – ammise David. – Diciamo che mi sono... affezionato a te. Non sei così male.

- Ehi! – Biancaneve arrivò, correndo. – Trovato qualcosa?

- No. Non c’è traccia di lei. – rispose Killian.

- Nemmeno al parco. E neanche in biblioteca. – disse Biancaneve, sistemandosi meglio la faretra con le frecce in spalla. - Sembra che nessuno l’abbia vista.

 

 

Città di Smeraldo. Oz.

 

Ruby e Mulan camminavano dietro a Dorothy nei boschi di Oz. La ragazza procedeva con la balestra in pugno, senza rivolgere loro la parola. Ogni tanto si girava per accertarsi che la stessero ancora seguendo.

- Ho combinato un bel pasticcio. - disse Ruby, parlando a bassa voce.

- È soltanto un cane. E conosco un modo per recuperarlo. Mi serve solo qualche ingrediente. - rispose Mulan.

- Non è soltanto un cane. Io credo che... per Dorothy sia molto più di questo.

- Ti stai fidando del tuo fiuto? Lo recupereremo. Dorothy non avrà bisogno di cedere quelle scarpette.

- Lo spero. Tutto questo è successo per colpa mia.

- Quando non hai un’idea migliore, dai sempre la colpa a te stessa?

Ruby stava per risponderle, ma poi mise il piede su una parte morbida del terreno e immediatamente una rete si chiuse su di lei, trascinandola verso l’alto. Lanciò un grido, mentre il mantello rosso le si aggrovigliava intorno alla testa. Annaspò e afferrò le corde con entrambe le mani.

Mulan estrasse la spada e compì un giro su se stessa, aspettandosi di vedere una banda di soldati mandati da Zelena sbucare dal folto della boscaglia.

Ma Dorothy non era altrettanto allarmata.

- Credevo che i lupi guardassero dove mettono i piedi. – osservò la paladina di Oz, agganciandosi la balestra alla cintura e incrociando le braccia al petto.

- Ce l’hai messa tu, questa trappola? - chiese Mulan.

- Mi sembra ovvio. Ce ne sono altre lungo il sentiero.

- Avresti anche potuto avvisarci. - disse Ruby, infilando la testa in uno spazio fra le corde.

- Che trappole sarebbero, se avvisassi i viandanti della loro presenza?

Ruby sospirò. - Va bene. Come vuoi. Puoi farmi scendere, adesso?

- Perché non ti trasformi? Scenderai prima.

- Perché... potresti avere paura di me.

Dorothy sembrò infischiarsene bellamente. - Io non ho paura di niente.

Mulan aveva sentito abbastanza. Notò una radice che sporgeva e la usò come trampolino per spiccare un balzo. Roteò la spada, tagliando la rete. Ruby piombò in mezzo all’erba e alle foglie, grugnendo. Mulan le tese una mano e l’aiutò a rialzarsi.

Ruby incrociò lo sguardo di Dorothy, aspettandosi qualche altra frecciatina.

Non ce ne furono. La faccia di Dorothy parve cambiare. O meglio, non cambiò affatto, però Ruby vide due volti; quello della protettrice del popolo di Oz, duro e accigliato... e un’altra, poco sotto la superficie. Durò pochi secondi, ma non prima che lei si rendesse conto di averla già vista da qualche parte. E non poteva essere, perché non aveva mai incontrato Dorothy in vita sua.

Poi l’impressione disparve. Dorothy riprese a camminare, voltandole seccamente le spalle.

 

 
Zelena ne aveva abbastanza di visite non programmate. Quella di Glinda l’aveva oltremodo irritata e i guaiti di quel maledetto cagnaccio le facevano venire una gran voglia di tirargli il collo.

Quindi se la prese con alcune delle sue guardie, torturandole quel tanto che bastò per costringerle a supplicarla.

Poi scese nelle prigioni. Era da quando Regina e i due idioti diventati i suoi alleati preferiti avevano lanciato l’ultima maledizione, quella che aveva portata anche lei a Storybrooke, che non vi metteva piede.

Le mattonelle dorate cedettero il posto alla pietra nera e fredda. Gli stretti cunicoli la portarono dritta alle celle. Alcune erano vuote. In altre c’erano dei prigionieri, che la osservarono passare, alcuni timorosi, altri terrorizzati dalla sua presenza, altri ancora troppo affamati o privi di forze per poter reagire.

- La Strega dell’Ovest. - disse un uomo, afferrandosi alle sbarre. Il suo volto era leggermente scavato. Aveva i capelli lunghi e in disordine, la barba folta e gli abiti laceri. La faccia scura rivelava tutta la stanchezza derivante dalla lunga prigionia, ma era anche un volto irridente. - Allora era vero quello che blateravano tutti. Siete viva. Vorrei dirvi che sono lieto di vedervi, ma... ecco, credo di non esserlo.

Calò il silenzio. Nessuno osò fiatare, sapendo che il tono del prigioniero l’avrebbe certamente condotto ad una morte orribile.

Zelena rise, divertita. Nel buio, i grandi occhi azzurri della Strega brillavano come gemme. Non aveva più la pelle verde, né il consueto cappello a punta, ma sprizzava perfidia da ogni poro. - Io, invece, sono molto lieta di vedervi, generale Shang. Spero non vi siate sentito troppo solo quaggiù, per tutto questo tempo. I vostri uomini sono scimmie volanti molto affidabili. Vi ringrazio.

Shang arricciò il naso. Gli occhi a mandorla sotto le sopracciglia cespugliose continuarono a fissare Zelena. - Uomini leali. Un giorno saranno di nuovo uomini veri.

- Un giorno? Quando? Prima dovrete uccidermi. E sapete benissimo che non potete farlo. Non avete più nemmeno una spada.

- Là fuori c’è qualcuno che ha a cuore la gente di questo posto. Se è coraggiosa come dicono, allora... quel giorno verrà presto.

- Oh, sì. Non vedo l’ora! Così vedrete che l’eroina in cui tutti ripongono le proprie speranze non è altro che una povera sciocca!

La risata della Strega riecheggiò per gli stretti corridoi delle segrete, anche dopo che se ne fu andata, richiudendosi la porta alle spalle.

 

 

Oltretomba.

 

Lily ed Henry furono costretti ad aspettare fuori dal luogo in cui Murphy aveva voluto condurre Regina.

Non le piaceva averlo intorno. Doveva guardarsi le spalle tutto il tempo e questo la rendeva nervosa. Non poteva permetterselo, perché doveva rimanere concentrata sull’obiettivo principale, cioè salvare Emma. E andarsene da lì alla svelta.

Henry estrasse l’I-Pod dalla tasca della giacca. Provò ad accenderlo. Dato che dovevano aspettare, si domandò se quell’affare funzionasse anche lì.

L’I-Pod si accese e lui sorrise, soddisfatto. Almeno una cosa andava per il verso giusto...

Offrì una cuffia anche a Lily.

- Non sei preoccupato per tua madre? – domandò lei.

- Sì. Lo sono. Ma Daniel non le farebbe mai del male. È stato il suo primo amore. – In realtà non era semplicemente preoccupato. Il cuore gli batteva un po’ troppo forte. Temeva che fosse una trappola, ma Regina l’aveva rassicurato, dicendogli di aspettare lì. Tese di più la mano, continuando ad offrire la cuffia.

- Non credo di poter ascoltare musica, adesso.

- Sono i Rammstein. So che ti piacciono. Quando siamo venuti a cercarti per la bacchetta... li stavi ascoltando.

Lily ci pensò su qualche istante, poi sedette accanto al ragazzino. – Non immaginavo che fossi il tipo da Rammstein.

- Non lo sono. Diciamo che... preferisco altre cose. Però non sono così male.

Lily mise la cuffia nell’orecchio sinistro ed Henry schiacciò play.

 

 
Murphy portò Regina in fondo al corridoio. Bussò alla porta e poi l’aprì, spingendola dentro.

Sulle prime non aveva capito per quale motivo l’avesse condotta proprio lì. Non aveva capito per quale motivo Daniel si trovasse... nel suo ufficio.

Poi...

- L’ho portata, Maestà. Così come mi avete chiesto. – disse Murphy.

Il fuoco scoppiettava nel camino. Le tende rosse erano tirate, lasciando la stanza in penombra. Su un mobile era stato disposto un cesto pieno di mele rosse. Ogni quadro, ogni mobile, ogni suppellettile era sistemato così come nel suo vero ufficio a Storybrooke. Solo che i dipinti erano diversi. Ce n’era uno, accanto al camino, che non aveva mai visto, un quadro che raffigurava una donna vestita di blu che stringeva un frutto, che inizialmente le parve una mela a cui mancava uno spicchio.

- Sono felice di vederti, Regina.

- Madre... – biascicò lei, fissando Cora con gli occhi sgranati. - Sei qui...

 

_________________________

 

 

Angolo autrice:

 
Ciao a tutti e ben ritrovati.

Questa fan fiction, come precisato nell’introduzione, è il seguito di “The Lost Hero” e fa parte di una serie.

Si riparte da dove avevamo concluso e la storia si dividerà spesso in due parti (una ambientata ad Oz ed una nell’Oltretomba).

Buona lettura e grazie a tutti quelli che leggeranno.


   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Stephanie86