Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: AlchiMimesIstantanea    27/09/2016    0 recensioni
Lo vidi per caso, voltando distrattamente lo sguardo verso le mansuete acque di un canale addormentato.
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~~Umidi marciapiedi si lasciavano accarezzare dai nostri mantelli, l’eco di passi abbandonati imprimeva  schegge di vita lungo strade impregnate e calpestate dal tempo. Ponti, canali e riflessi erano ormai parte di un enorme ed infinito labirinto,così estraneo alla mia mente ed incredibilmente familiare alle mie gambe.
Chino a fissare i numerosi ciottoli opachi appena sfiorati dai tacchi del Conte ,a me antecedente , quasi non mi resi conto che la nostra meta era stata raggiunta.

A darci il benvenuto fu il soffice profumo fuoriuscito da una porta leggermente socchiusa. Un ottimo stratagemma per una “dolce trappola” e con l’olfatto ormai soggiogato entrammo in quella piccola bottega ricca di fragranze.
Un grazioso salottino in miniatura provvisto di  sedie e tavolini mise alla prova la mia mente. Quel posto era brillantemente riuscito a mantenere la sua forma originale. Pareti,suppellettili ed infissi non ancora baciati dal tempo dimoravano lì da sempre. Malgrado l’assenza di un grammofono,una luce finalmente priva di fiamma, quale la lampadina ed un tocco di modernità, quel salotto di profumi  mi faceva sentire a “casa”.
 
Nonostante tutti quei soavi aromi il locale era ancora vuoto come lo era il bancone principale a pochi metri da noi. Non vedendo nessuno io e Filippo eravamo sul punto di andar via finché,dirigendosi verso le scale del piano di sopra ,dove vi era una specie laboratorio dolciario, il Marchesino non urlò a gran voce determinati nomi.

-BICE!...BERTA!-

Non dovette aggiungere altro che dal piano superiore si sentiva già il cigolio degli scalini ,misto a degli incomprensibili ed acuti gridolini, che gradino dopo gradino iniziavano a farsi sempre più irritanti.
Rammentate ciò che precedentemente vi dissi riguardo alla scelta di quel locale da parte di Anastasio?
Be eccovi la motivazione, anzi oserei dire la “doppia motivazione del perché quel rubacuori ci aveva condotti proprio a “El Baxìn”.
 Ebbi solo il tempo per sbattere le palpebre che una rosea immagine a specchio mi si proiettò davanti.
Due ragazze perfettamente identiche,dimostravano vent’anni circa, stessa chioma corvina,stesso sguardo turchino,stesso sorriso. Oltre ad abiti di diversa tinta , uno tendente al lilla e l’altro leggermente azzurrino,una sola cosa  permetteva  ad occhi estranei di non far confusione tra le due,il colore dell’iride.
Osservandole più attentamente potei notare una lievissima eterocromia presente nell’occhio sinistro di una delle ragazze. Uno sguardo baciato sia dal cielo che dalla terra.

Alla mia mente quel raro particolare cromatico non era nuovo,anzi. Difatti, nella mia vera epoca, ogni volta che avevo la possibilità di fermarmi a El Baxìn per bere qualcosa,la mia attenzione si concentrava sempre sul curioso sguardo bicolore della padrona di bottega, la cara Siora Iole, madre di ben otto figli tra cui,ironia della sorte, una coppia di gemelli.
Me li ricordavo bene. Due piccole pesti. Gote rosee,pelle candida e fulvi riccioli.
Riflettendoci, potevano perfettamente essere due “Anastasio in miniatura”.
Ed ecco che, dentro di me, questo mio assurdo pensiero stava già assumendo la forma di un’ipotesi abbastanza sensata: stesso aspetto,stesso temperamento e magari…stesso sangue?

Era un ragionamento piuttosto logico e conoscendo le astute ed infallibili imboscate di quel maestro di seduzione,non mi sarei affatto stupito se quei due piccoli “argento vivo” fossero stati suoi discendenti.
Forse ,durante una sua avventura con una di quelle due signorine, il Marchesino non prese in considerazione la possibilità del ben noto“piccolo imprevisto”,trasformando involontariamente una delle ragazze in madre.  Avrei potuto metterci la mano sul fuoco.
Durante quel mio fulmineo collegamento di elementi, Anastasio era già intento a corteggiare e vezzeggiare le sue belle colombe, concentrate a disputarsi le attenzioni del Marchesino.

-Vi prego “signore”,contegno. Il Marchese De rosa è qui appositamente per assaporare ogni vostro singolo sospiro .

Affermò il dongiovanni cingendo i fianchi ad entrambe, stringendosele al suo petto e, notando subito dopo Conte leggermente infastidito, perfezionò le sue parole.

-Per assaporare ogni vostro sospiro ed anche uno di quei dolci manicaretti nati dalle vostre morbide e soffici mani.-

Era davvero incredibile. Aveva la spaventosa capacità d’inserire un elogio aggraziato anche nella più futile delle frasi. Intanto le giovani si distaccarono dal marchesino iniziando ad avviarsi verso le scale.
 
-Aspettate. Prima di tornare da vostra madre vorrei presentarvi una persona -

Il marchesino,volgendo il braccio in mia direzione,diede iniziò alle presentazioni.

-“Madamigelle”avete davanti a voi un giovane ed affascinate veronese, il Sior Ludovico Mainardi,
   giunto fin qui a bella posta per contemplare gli splendori di Venezia.-

Naturalmente con “splendori”non alludeva certo al luccichio della laguna.

-Ludovico,lasciate che vi illustri le signorine Beatrice ed Alberta Zaffin.-

Le due fanciulle fecero un lieve inchino pizzicando i lati della veste e con gentil sorriso risposero,quasi all’unisono, semplicemente :

-Serva -

-Queste incantevoli signorine sono le figlie della padrona di bottega, la Siora Màlia.-

 aggiunse il marchesino sfiorando le loro guance.

-E del Sior Giacinto Zaffin,che ,come ben sapete, non considera la finezza parte dei suoi pregi.
Cercate di tenerlo a mente Anastasio-

Intervenne Filippo quasi a labbra serrate, rammentando al marchesino di dar spazio più alla mente che a quel cuore affamato. Il giovane fece finta di non aver sentito continuando a gongolarsi fra i sinuosi corpi delle sue “rondinelle”.

-Perdonate Anastasio, eravamo venuti qui per ben altro-

Continuò il conte, stufo dell’atteggiamento puerile del ragazzo.

-Conte,avete ragione. Berta,Bice andate e portateci le vostre migliori delizie. Solo quelle della bottega,per adesso-

disse il Casanova lasciando le ragazze libere di andare, senza mai abbandonare la sua indole da predatore passionale.
 Mi divertiva vedere la buffa e rassegnata espressione sul volto del conte, sicuramente Filippo aveva assistito a quel romantico teatrino innumerevoli volte. Prima Ci dirigemmo ed accomodammo ad uno di quei tavolini, tricorni adagiati sul banco,mantelli sullo schienale di sedie in legno e mani conserte in attesa del pasto. A far stranamente  eccezione del posto a sedere fu proprio il marchesino, che a tre quarti ,quasi non curante di noi,fissava contemporaneamente sia le scale del piano superiore sia la porta d’ingresso.

Notai un’ espressione divertita sul viso del conte, il quale, accortosi della mia aria confusa, mi chiarì la situazione.

-Non badateci, vuole semplicemente esser certo da quale dei due possibili sbocchi possa spuntare il Sior Giacinto.
Quell’uomo è un iracondo di prima categoria e la presenza di Anastasio non è molto tollerata qui perciò in questi rari casi il marchesino deve agire con prudenza-

Prudenza ed Anastasio nella medesima frase,mi sembrava impossibile .
Approfittando dell’apparente assenza di Anastasio,decisi di riaprire il discorso interrotto dal “casanova” a San Marco.
 
-Conte,forse vi sembrerò irriverente ma vorrei riprendere la nostra conversazione riguardo ai crimini del  Marchese
Pesaro.Se non erro mi era parso di capire che forse vi era qualche possibilità di smascherarlo e far finalmente giustizia.-

Filippo aveva lo sguardo fisso su di me dalla prima parola che proferii. Non sembrava per niente entusiasta.
A volto teso e mani madide di sudore,il conte non disse che poche parole.

-No, non c’è niente che io possa fare,niente. La giustizia è morta da un bel pezzo qui ed illudersi di poter creare un luogo dove venga rispettata è e resterà sempre un’utopia. Mi dispiace Ludovico.-

Stava mentendo e ne era consapevole. Ma per quale motivo? Paura? Onore? Qualunque fosse stata  la ragione la mia caparbietà avrebbe vinto, ma sapevo che la risposta a tutte le mie teorie incomplete non l’avrei ricevuta da Filippo.

In quell’istante arrivarono le nostre fragranti ordinazioni accompagnate da dell’ottimo caffè, Bice e Berta si erano sistemate dietro al bancone nel caso arrivasse un nuovo cliente ma avevo potuto notare che nonostante gli ottimi prodotti ,solamente  qualche rumor di teglia ed i  nostri respiri animavano la bottega. Strano direi.

-Non c’è anima viva qui. E’ un vero peccato che un posto come questo non sia molto frequentato-

-Questa è solamente un’umile bottega nascosta tra i canali. Se desiderate conoscere volti nuovi e conversare del più e del meno vi consiglio di fare un salto in uno dei saloni per eccellenza,“Alla Venezia Trionfante”-

Fu il marchesino a rispondermi ,gustando una fetta di dolce ancora intento ad osservare l’ingresso per garantire la propria incolumità.

 -“Alla Venezia Trionfante”?- ripetei confuso.

-E’ un Caffè letterario. Si discute,si chiacchiera ,si progetta, si partoriscono idee per una Venezia ancora non nata e molto spesso ci s’illude. A me piace definire quel posto  una roulette russa, a volte si vince altre si perde. I più assidui frequentatori ,quali artisti, intellettuali e curiosi, per me  potrebbero assumere un unico appellativo, sognatori, ed è esattamente grazie alla loro mente utopica se quel luogo ,a distanza di circa settant’anni, respira ancora.-

Le parole del Conte erano ricche di una malinconica ironia. Quale servitor di giustizia ,i suoi occhi dovevano essere  sempre stati muti testimoni di atti che avrebbero condannato la Serenissima a restare, in eterno, un diamante allo stato  grezzo. Era certo che le fantasie di quei “visionari” appartenevano ad una Venezia Perfetta, una Venezia che non esisteva e che mai sarebbe esistita.

-Non dovete assolutamente farvi influenzare dalle miei opinioni a riguardo,Ludovico. Siete comunque libero di fare ciò che volete.-

Questa volta la voce del conte era meno grigia. Vidi Anastasio accostarsi a me e aprir nuovamente bocca.

-Perché non andarci sotto le vesti di visitatore ,quale siete. Che ne pensate Ludovico? D’altronde non aver mai messo piede lì sarebbe come non esser mai salito su una gondola. Per favore pensateci. Se avrete difficoltà a rintracciare il locale chiedete in giro del Sior Florian, vi saranno date le giuste indicazioni,il Caffè è proprio affianco al campanile,a San Marco. Ora sono desolato signori ma debbo andare,”faccende importanti”, sapete a cosa alludo. Servo vostro-

Quindi si trattava del “Caffè Florian” o almeno nella mia epoca lo avevo sempre conosciuto con questo nome. Conoscevo quel posto. Quando ero bambino ,durante il periodo autunnale ,osservavo sempre le diverse signore distinte sorseggiare della cioccolata calda accompagnata da biscotti o altri dolciumi. Erano lì,al riparo dal freddo,sotto l'accogliente porticato del locale mentre i rispettivi consorti,appoggiati alle diverse colonne dell’edifico ,parlavano d’affari,fumando un sigaro e contemplando i grigi ed umidi cieli di San Marco.

 Dopo avermi rivelato l’esistenza di un luogo già scrutato dal mio sguardo,il marchesino si rimise il tabarro sulle spalle ed il tricorno sul capo, posò qualche moneta sul bancone per pagare il servizio, donò un bacio fluttuante ad entrambe le fanciulle , si diresse verso l’ingresso e prima di disperdersi per i canali, dalla soglia, fece un ennesimo cenno di saluto verso di noi.

Terminato velocemente il pasto, anche io ed il conte lasciammo la bottega per poi raggiungere la pensione che ci ospitava. Per tutto il percorso non vi era stato dialogo tra noi, non una parola, solamente passi.
Eravamo a pochi metri dai gradini d’ingresso, sentivo le campane di San Marco echeggiare le dodici, il vento donava alla corrente un flusso regolare che cullava le poche gondole presenti su quel manto d’acqua.

Sulla soglia il Sior Simon ,pronto ad accoglierci, ci comunicò che il salone della pensione stava già preparando i coperti.

-Oggi desinerò nel mio appartamento, Sior Simon.-

disse Filippo ,lasciando un lieve malcontento sul volto del proprietario. Poi si volse verso di me.

-Perdonate se non potrò unirmi a voi per il pranzo Ludovico, ma ho molto lavoro e non posso permettermi troppe distrazioni. Spero che ciò non vi sia d’incomodo. Servo vostro.-

E scomparve oltre l’ingresso,seguito dall’eco dei suoi passi.
Scuse, solamente scuse.
Ecco cosa uscì dalle sue labbra.
Era evidente che Filippo voleva nascondersi. Stava tentando in tutti i modi di resistere .Voleva convivere con quel segreto in eterno,condannandosi ad una falsa esistenza.
Quale suo discendente anch’io ero inevitabilmente coinvolto in quella faccenda.
Volevo aiutarlo, dovevo aiutarlo. 
Magari una passeggiata al chiar di luna nei pressi di San Marco sarebbe stata un’ottima occasione per vistare il gran salone dell’ancor denominato Caffè  “Alla Venezia Trionfante”.
Un luogo talmente apprezzato da esser colmo anche superata la mezzanotte.
Avrei scoperto la verità dalle labbra di qualcun’altro e già sapevo chi sarebbe stato il mio uomo.
Tra poeti, musicisti e maestri,con un po’di fortuna, forse sarei riuscito a scorgere anche dei nastri scarlatti ed  una bauta bianca.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: AlchiMimesIstantanea