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Autore: Rohhh    27/09/2016    1 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 26

 

Ashley si mosse, in stato di dormiveglia, per cercare una posizione più comoda su quel letto che, da un po' di tempo a quella parte, pareva essersi ristretto. Era di fianco, aveva un lato del corpo intorpidito, la sua schiena premeva insofferente contro il muro freddo e quella sensazione opprimente stava diventando insopportabile.

Emise un suono simile a un mugolio di fastidio e provò a ruotarsi per permettere alla sua povera colonna vertebrale di trovare del ristoro sul materasso morbido, ma i suoi movimenti incontrarono subito un ostacolo.

No, non era colpa del letto che, ovviamente, non si era rimpicciolito a causa di chissà quale sortilegio, bensì del ragazzo che dormiva accanto a lei e che ne occupava una porzione abbondante, forse fin troppo. Matt tendeva ad espandersi decisamente tanto durante il sonno, finendo per relegarla in un angolo involontariamente, ma il peggio era che non lo svegliavano nemmeno le bombe, quindi ogni tentativo di Ashley di riconquistare la sua parte di letto non andava mai in porto.

Dopotutto non era colpa di nessuno di loro se erano costretti a dividersi un lettino per una sola persona in due, ma quello c'era e dovevano farselo bastare.

E poi, in fondo, si era quasi abituata a quella scomodità notturna, dopo che lei e Matt facevano l'amore era così bello e rilassante rimanere insieme, abbracciati, che finivano per addormentarsi e se qualche inconveniente di spazio era il prezzo da pagare, Ashley lo faceva più che volentieri. Svegliarsi la mattina dopo, aprire gli occhi e trovarselo lì, adagiato vicino a lei, a guardarla con quegli occhi azzurri meravigliosi le faceva dimenticare qualunque disagio.

Lo spintonò con la spalla per provare a farsi spazio, ma il suo corpo rimase immobile come un macigno e, come previsto, aveva il sonno talmente pesante che quel movimento non lo scosse di una virgola.

Ashley sospirò rassegnata, riuscì a fatica a ritagliarsi uno spazietto e si tirò il lenzuolo fin sopra le spalle, abbandonandosi nuovamente al torpore.

Non era presto, dovevano già essere passate le 10 del mattino, ma la sera prima era stata a dir poco devastante per tutti con l'arrivo del padre di Matt e l'ira di Monica nell'averlo scoperto per caso senza essere stata avvisata. La stanchezza e lo stress accumulato alla fine avevano avuto il sopravvento, Gregory e Monica si erano chiusi in stanza per riprendersi da quel pomeriggio e per accertarsi a vicenda che tutto andasse bene, i due ragazzi non avevano interferito con la loro privacy, avevano mangiato una pizza direttamente in camera di Ashley e poi si erano lasciati andare sul letto, in particolare Matt che, in aggiunta all'ansia, era stremato per il lavoro svolto con suo padre e si era addormentato per primo, tra le braccia di Ashley, cullato dalle sue carezze e dai suoi baci.

Proprio per quel motivo era ancora profondamente immerso nel mondo dei sogni e non intenzionato ad abbandonarlo a breve e anche Ashley non stava disdegnando trattenersi qualche ora in più tra le coperte, di solito era piuttosto mattiniera, ma ogni tanto faceva bene al corpo e alla mente una sana e lunga dormita rigenerante.

Le imposte della finestra erano chiuse quasi interamente, e facevano filtrare solo una minima luminosità, attenuata anche dal clima del giorno, non particolarmente splendido e piuttosto autunnale, col cielo coperto da grossi nuvoloni grigi, che nascondevano il sole per la maggior parte del tempo, salvo qualche timido raggio, che faceva capolino di rado attraverso delle piccole chiazze di cielo terso tra una nube e l'altra. Probabilmente in tarda mattinata o nel pomeriggio avrebbe piovuto.

Il grigiore esterno contribuiva a dare l'illusione che fosse ancora molto presto e a far loro ragionevolmente credere di potersi crogiolare tra le lenzuola ancora per un bel pezzo, a dispetto dell' orario reale.

Quella dolce quiete era garantita anche dalla posizione strategica della camera, il cui terrazzo dava su una stradina interna frequentata solo dai pochi residenti e per quel motivo davvero poco trafficata e silenziosa.

D'un tratto quell'atmosfera paradisiaca venne spezzata da un suono, quel suono che, allo stesso modo di quello snervante di una sveglia gracchiante, era capace di buttare giù dal letto o quanto meno di far saltare i nervi e parte della salute mentale anche ai dormitori più incalliti, accendendo istinti omicidi e voglie di spaccare in mille pezzi l'apparecchio origine di quel rumore infernale: la suoneria insistente e acuta di un cellulare, quello di Ashley in tal caso.

La sfortunata proprietaria del telefono sobbalzò e aprì gli occhi in fretta.

Se li stropicciò alla buona mentre il suo cervello analizzava quel suono e lo attribuiva al suo cellulare. Sollevò la testa sbuffando, si aiutò coi gomiti a ruotare il busto goffamente e fece per raggiungere il comodino, ma si accorse di essere troppo lontana, Matt stava proprio in mezzo e le impediva di arrivarci.

Ashley lo guardò, era sdraiato a pancia in giù, non riuscì a capire se fosse sveglio perchè aveva il viso sprofondato nel cuscino e rivolto dalla parte opposta alla sua e tutto ciò che vedeva chiaramente era solo la sua massa di capelli biondi. Cercò di allungarsi più che poteva, facendo attenzione a non finirgli addosso, finchè non lo vide muoversi: quel rumore e tutto il suo contorcersi sul letto dovevano averlo disturbato.

Matt sporse, dunque, il braccio sinistro verso il comodino, la sua schiena nuda si inarcò mentre a tastoni recuperava il suo cellulare senza sollevare la testa dal cuscino e glielo porgeva.

Ashley lo afferrò, poi si mise a sedere e lesse il nome sul display.

«Cazzo!» esclamò.

La sua reazione colorita attirò l'attenzione di Matt, Ashley non era solita usare certi termini con frequenza, voltò finalmente la testa verso di lei e aprì un occhio a fatica per scrutarla.

«Non rispondi?» le chiese con la voce roca, ancora presa dal sonno, sia per curiosità e sia perchè non ne poteva davvero più di quel suono che gli stava fracassando i timpani e non pareva voler cessare. Chi chiamava doveva avere una gran premura di sentirla!

Ashley saltò in aria, aveva gli occhi fissi sul display e Matt ebbe l' impressione di vederle tremare le mani, così sospirò e si sollevò per portarsi alla sua altezza e capire che stesse succedendo.

«É.. è.. Tyler – spiegò, infine, Ashley timorosa, per un attimo ebbe l'impressione di aver scorto del disappunto negli occhi di Matt – io ho paura, insomma, che cosa devo dirgli?» gli chiese in cerca di conforto, era terrorizzata di sentirlo, mentirgli le faceva male e parlare con lui la metteva un po' a disagio, soprattutto adesso, con un ragazzo nel suo letto, il ragazzo che amava.

Matt assunse un'espressione infastidita, non potè negare che sentire quel nome lo avesse ingelosito. «Scusa, stai per caso chiedendo a me un parere su cosa dire al ragazzo che è innamorato di te da anni?» le domandò, piegando le sopracciglia con aria sarcastica, riuscendo perfettamente nell'impresa di far suonare come assurda la sua richiesta di aiuto.

«Già, hai ragione» ammise imbarazzata, dandosi mentalmente dell'idiota per un paio di volte.

Nel frattempo la chiamata si era interrotta, ma il telefono aveva ricominciato a squillare nemmeno un minuto dopo. Caspita, era proprio asfissiante!

«Se non hai intenzione di staccarla, almeno rispondi o metti il silenzioso, quella maledetta suoneria mi sta uccidendo!» la avvertì e si rigettò di peso sul letto, schiacciandosi il cuscino sull'orecchio per enfatizzare il concetto.

Certo che quella chiamata lo aveva messo proprio di cattivo umore, sembrava più acido di una zitella e non faceva altro che far aumentare il nervosismo di Ashley.

«Vaffanculo» gli rivolse sottovoce la rossa, completamente senza freni, complice la situazione ma anche la confidenza che ormai era nata tra loro due.

«Ti ho sentito» la ammonì Matt con la voce attutita dal cuscino, che aveva però comunque fatto trasparire un tono divertito.

Ashley lo ignorò, troppo presa dalla preoccupazione, poi decise di togliersi quel pensiero, così, netto e indolore.

«Pronto Tyler» rispose, mostrando sicurezza.

«Ehi Ashley, come stai? Stavo andando agli allenamenti e ho del tempo libero prima di entrare in campo, così avevo pensato di chiamarti visto che non ci sentiamo da un po' – esordì l'amico, col suo solito tono allegro – spero di non averti disturbato, stavi per caso dormendo?» si premurò di chiederle subito, avendo sentito la sua voce un tantino bassa.

«Oh no, no, tranquillo, è che sono un po' raffreddata, sai gli sbalzi di temperatura, e comunque non mi disturbi affatto!» mentì spudoratamente, in effetti alle 10 passate di mattina era più che normale che Tyler la pensasse sveglia e attiva.

Matt accanto a lei alzò la testa leggermente per guardarla e un ghigno beffardo si dipinse sul suo volto. Si beccò un'occhiataccia istantanea di odio da Ashley, ovviamente.

«Ah meno male, allora, sei pronta a riprendere coi ritmi frenetici dell'università? Manca ormai poco al tuo ritorno, no?»

Ashley stentò a rispondere, non era per niente pronta e mai lo sarebbe stata, se avesse potuto arrestare il tempo in qualche modo lo avrebbe di certo fatto. Scivolò di nuovo sdraiata, stringendosi il lenzuolo come volesse proteggersi.

«Ah sì, è vero, beh sì certo, si dovrà ricominciare» rispose vaga, come se lo stesse ripetendo a sé stessa, il suo tono era del tutto cambiato, si era fatto triste e sembrava carico di preoccupazione e rammarico e questo all'orecchio attento di Tyler non sfuggì.

Cambiò argomento e continuarono a chiacchierare del più e del meno, mentre Matt, stanco di fare il terzo incomodo in quella telefonata, che per giunta era colpevole di aver fatto svanire il suo beatissimo sonno, si avvicinò pericolosamente ad Ashley e prese a carezzarla e lasciarle dei languidi baci sul collo e sulle spalle, facendola rabbrividire e balbettare.

La ragazza cercò di minacciarlo usando lo sguardo più cattivo che le riuscisse in quel momento, ma risultò come una caricatura comica per niente spaventosa. Era ormai sempre più difficile portare avanti quella conversazione in quelle condizioni e anche Tyler si rese conto che Ashley faceva fatica a rispondere.

«C'è qualcosa che non va?» le chiese, contraendo la fronte.

«No, è che mio padre mi fa cenno di raggiungerlo e mi sa che devo staccare, ci vediamo presto Tyler, ciao!» lo liquidò alla svelta, riattaccando alla velocità della luce.

Tyler rimase per qualche secondo col rumore del segnale della linea chiusa nell'orecchio, poi allontanò il cellulare dall'orecchio e abbassò lo sguardo.

C'era qualcosa di strano in Ashley quell'estate, era fredda, distaccata, non scherzava con lui come era suo solito. Sì, a fine estate le prendeva sempre un filo di malinconia, ma era una fase che durava poco e che comunque non l aveva mai abbattuta più di tanto, anzi, veniva subito sostituita dall'entusiasmo di riprendere le attività che la facevano sentire realizzata e viva.

Che fosse cambiato ciò che la faceva sentire in quel modo? Che ci fosse altro adesso nella sua esistenza?

Aveva un brutto presentimento in quei giorni, come se si aspettasse una forte delusione, forse perchè, in fondo, dentro di sé lui già la verità la conosceva, solo non voleva accettarla perchè gli procurava troppo dolore.

Udì le voci dei cuoi compagni che lo chiamavano in campo e si ridestò.

«Arrivo!» urlò a gran voce, mentre riponeva il cellulare e si avviava correndo, sempre più consapevole ma convinto di andare ormai oltre, di tentare il tutto e per tutto.

 

«Sei proprio uno stronzo! - esclamò Ashley, facendo la finta offesa e divincolandosi dalla stretta di Matt - ma ti pareva il momento di comportarti in quel modo?» lo accusò, ripensando alle sue effusioni che le avevano annebbiato la lucidità mentre parlava con Tyler.

«Andiamo, so che ti è piaciuto – la provocò - altrimenti non avresti avuto difficoltà a continuare la chiamata!»

Ashley arrossì, sbuffò e distolse lo sguardo. Matt ci aveva preso, ma non poteva mica ammetterlo!

Il biondo scoppiò a ridere, poi avvicinò il viso al suo e fece scontrare i loro nasi.

«Visto, ci ho azzeccato, ormai ti conosco troppo bene!» disse d'impeto, rendendosi conto troppo tardi del peso e dell'importanza di quelle parole.

Restarono a fissarsi senza dire nulla, mentre Matt aveva perso la sua aria irriverente per assumerne una più seria e insicura. Aveva paura di aver osato troppo con quell'affermazione così intima, che dava per scontato quanto ormai loro due fosse entrati in connessione, senza sapere però se anche per Ashley fosse lo stesso. I suoi timori furono spazzati via perchè la vide sorridere e finchè lei sorrideva per lui andava tutto bene.

«La verità è che eri geloso» lo punzecchiò.

Matt fece un verso di dissenso «Ma figuriamoci, geloso di quel Tyler, che ti salta in mente?» si affrettò a negare, ruppe il contatto tra loro e si alzò, cominciando a rivestirsi e dandole le spalle per evitare che Ashley lo vedesse in viso e scoprisse che invece era proprio così. Quel sentimento era nuovo per lui e lo confondeva, prima d'ora non aveva mai tenuto così tanto a qualcuno da soffrire o infastidirsi al pensiero di vederselo portato via.

«Parlerò a Tyler di sicuro, appena sarò a casa – ritenne di informarlo Ashley, come se la questione riguardasse anche lui – è giusto che sappia che non provo niente di più che amicizia, ricordi? Sei stato tu a dirmi che anche le cose spiacevoli vanno dette»

«Già» rispose mestamente Matt.

Se lo ricordava benissimo, ma lui era il classico esempio di chi predicava bene e razzolava male, o quanto meno, nella sua vita era solito essere diretto e spiattellare ciò che pensava in faccia, ma quando si trattava delle persone che amava, lì diventava tutto più difficile e si teneva un magone dentro.

Anche adesso, anche con lei, c'erano tante di quelle cose che avrebbe dovuto dirle, che avrebbe voluto urlarle e invece non ci riusciva, per paura, per codardia, per insicurezza. Come tutti anche lui aveva una parte debole, un tallone d'Achille e nel suo caso erano i sentimenti, capirli, esprimerli, comunicarli.

Forse perchè non ci era stato abituato o forse perchè aveva subito troppe delusioni, o forse entrambi i motivi, ma dei progressi c'erano stati e chissà che un giorno sarebbe stato in grado di aprirsi anche lui e di esternare appieno ciò che provava.

«Io vado, a dopo!» la salutò, poi poggiò l'orecchio sulla porta per accertarsi che non ci fosse nessuno in corridoio e uscì.

Peccato che nello stesso istante anche sua madre stesse uscendo dalla sua camera e lo colse in flagrante. Fortuna che Matt era abituato a uscire da situazioni imbarazzanti da una vita intera, senza scomporsi o perdersi d'animo infilò la testa nella stanza di Ashley, che lo guardò sbigottita e parlò «Ah, grazie ancora per quei chiarimenti, adesso posso continuare a studiare!» disse, sgranando gli occhi verso la ragazza e rivolgendole un cenno con la testa per farle intuire che vi era un pericolo nel corridoio e che doveva stare al gioco.

«Tranquillo, è stato un piacere!» esclamò lei a voce alta, fingendo una tranquillità che faceva a pugni con l'espressione atterrita del viso.

Matt richiuse la porta, Monica era ferma nel corridoio con un sopracciglio già ben inarcato e le braccia conserte in atteggiamento di forte sospetto. Certe volte si domandava perchè non potesse essere tonta come Gregory invece di avere fiuto per le situazioni losche. Certo si sarebbe risparmiata un bel po' di seccature.

«Buongiorno, mamma!» la salutò suo figlio, sfoggiando un sorriso smagliante.

«Non ti ho visto prima, dove sei stato?» gli chiese Monica, squadrandolo dalla testa ai piedi.

«A studiare in camera, non sono uscito da lì da quando mi sono svegliato, ho chiesto ad Ashley dell'aiuto, quella ragazza è un fottuto genio, capisce anche le mie materie!» le raccontò con una convinzione tale che in effetti risultava credibile.

Poi si diresse in camera sua senza aggiungere altro, Monica restò un attimo immobile, lo osservò attenta finchè non lo vide sparire oltre la porta. Sentiva puzza di bruciato, decisamente, e pensò che urgeva al più presto un bel discorsetto da fare a quei due.

 

«Odio la burocrazia!» sbottò Dorothy, mentre armeggiava con un cumulo di carte e documenti che non ne volevano sapere di starsene ordinati nella sua cartelletta.

«Benvenuta nel club» la schernì annoiata la sorella, Ashley soffocò una risata coprendosi le labbra con la mano.

Ashley aveva deciso di dedicare quel pomeriggio alle cugine, le aveva trascurate in quei giorni e visto che tra poco sarebbe andata via e le avrebbe riviste forse solo per Natale, aveva conservato del tempo libero per loro. Erano state ad accompagnare Dorothy nella sede della sua futura Accademia per sbrigare tutte le incombenze sull'iscrizione e l'enorme quantità di fogli e documenti da produrre aveva già disorientato la novellina dell'ambiente, mentre aveva lasciato perfettamente indifferenti le altre due, già avvezze a quel tipo di rogne.

«Basta, adesso catapultiamoci a farci una passeggiata, ho bisogno di sgranchirmi!» propose Dorothy, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli ramati.

Sul lungomare il selciato era bagnaticcio e umido a causa della pioggia che era caduta intorno a ora di pranzo, come preannunciato dal cielo uggioso della mattina. L'aria si era di conseguenza rinfrescata e il mare si infrangeva sulla sabbia violentemente, ribollendo di spuma e scoraggiando chiunque avesse anche solo avuto l'infelice idea di provare a farci un tuffo. Mancavano solo un paio di giorni e Agosto avrebbe chiuso il sipario di quell'estate.

Annie si strinse tra le spalle, pentendosi amaramente di aver indossato quel misero vestitino a maniche corte, nella speranza che dopo la pioggia il sole avesse di nuovo fatto la sua comparsa.

«Brrr, fa freddo, maledizione!» imprecò per l'ennesima volta, invidiando la sorella e la cugina, che previdentemente aveva indossato rispettivamente una felpa e un maglioncino di cotone leggero.

«Conviene andare, o ti prenderai un malanno» le consigliò Ashley premurosa.

«Ma no, posso resistere e poi non voglio rovinare la passeggiata a voi!» si ostinò, cercando di sistemare i capelli ricci, ingarbugliati dal venticello con una mano e con l'altra di tenersi la gonna che si gonfiava, rischiando di farle fare una figuraccia.

Ashley e Dorothy si guardarono negli occhi. «Dai su, andiamo a casa, siamo già state fuori abbastanza e poi con questo tempo è così bello stare al chiuso, lo adoro!» cinguettò Dorothy entusiasta, lei all'estate preferiva il tempo uggioso, una bella coperta e un film o un libro da leggere.

Alla fine riuscirono a convincere la testarda Annie a rincasare e nemmeno mezzora dopo erano spaparanzate sul divano, al calduccio. La temperatura si era davvero abbassata.

«Non posso crederci che stiamo bevendo della cioccolata calda!» si lamentò Annie, osservando con perplessità la sua tazza fumante e sentendosi in pieno Gennaio.

«Smettila di rovinare l'atmosfera Annie, ci stava proprio, mi sento così rilassata!» disse tutta esaltata Dorothy, soffiandoci sopra, mentre Annie faceva un gesto inequivocabile ad Ashley per indicare che la sorella doveva avere qualche rotella fuori posto.

«Che tristezza che tra dieci giorni te ne vai, Ashley» continuò Dorothy, rigirandosi la tazza calda tra le mani.

Ashley si scurì in viso.

«Già – si accodò Annie – ci mancherai, lo sai»

«Anche voi mi mancherete, ma sapete benissimo che potete venirmi a trovare quando volete, anzi lo esigo – le minacciò sorridendo – adesso che mia sorella Phoebe si trasferisce ho un sacco di spazio in più in camera e posso ospitarvi tranquillamente» le invitò, dopotutto le avrebbe fatto tanto piacere stare con loro e sua madre e July sarebbero state più che felici di ospitarle, a loro piaceva avere gente attorno e confusione in casa, soprattutto adesso che la mancanza di Phoebe avrebbe pesato.

«Oh magari – esclamò raggiante Dorothy – ricordo che tua madre è troppo simpatica, ci organizzeremo di sicuro, magari verso Novembre, così poi tu tornerai un po' qui per Natale e sembrerà di non essere state distanti troppo a lungo!»

Le promesse di rivedersi erano belle, erano rassicuranti, facevano sembrare tutto meno difficile e i distacchi meno pesanti da sopportare.

Era una vita che Ashley viveva di promesse, di arrivederci, di partenze e di ritorni infiniti, di saluti con la mano dal finestrino della macchina o sulla soglia di casa a persone a lei care. Le aveva affrontate fin dalla tenera età, e ai pianti disperati di una bambina troppo piccola per capire, si era sostituita mano mano una sensazione di vuoto e spaesamento, tipica di quando si lascia indietro qualcuno. Avrebbe dovuto ormai esserne immune, eppure ogni volta le si formava sempre lo stesso groppo in gola, non ci si abituava mai.

«Sai che ho conosciuto il batterista del tuo Matt? Si chiama Michael, è carino e ci siamo parlati per caso grazie a te!» la informò poco dopo Annie, passando ad argomenti più frivoli, al suo fianco Dorothy roteò gli occhi con aria di sufficienza.

«Eh? Grazie a me? Non capisco!» fece dubbiosa Ashley, aggrottando le sopracciglia.

«Ma sì, mi ha incontrata fuori e si è ricordato di avermi vista più volte insieme a te e così mi ha fermato per chiedermi se sapessi qualcosa in più su come andassero le cose tra te e Matt. Diceva che lo vedono tutti cambiato, con la testa fra le nuvole, insomma innamorato perso!» confessò candidamente.

Ashley si strozzò con la cioccolata e per poco non ruzzolò giù dal divano, Dorothy andò in suo soccorso ridendo, dandole dei colpetti sulla schiena.

«Che cavolo dici? Ma sei seria?» le domandò quando fu di nuovo in grado di proferire parola.

«Serissima, ormai penso sia evidente a tutti – le buttò un'occhiata distratta mentre sorseggiava con gusto la bevanda che prima aveva fortemente disprezzato – comunque è carino, ci siamo scambiati il numero e ci parliamo ogni tanto, ha degli occhi verdi stupendi! Magari chi lo sa, finiremo a fare delle uscite in quattro!» scherzò Annie, come se fosse la cosa più normale della terra.

Ashley rischiò di strozzarsi per la seconda volta, mentre Dorothy scuoteva la testa rassegnata.

«Ma non avevi detto che i 'rockettari' o come li chiami tu, non ti piacciono?» le chiese la rossa, sempre più shockata.

«Ho detto che non sono il mio tipo, ma non ho mai detto che non possa interessarmi qualcuno che non sia il mio tipo standard!» affermò con naturalezza Annie, fissandosi le unghie della mano destra.

Ashley tentò di aprire bocca più volte nel tentativo arduo di esprimersi su quel ragionamento contorto che davvero non riusciva cogliere, ma Dorothy le poggiò una mano sulla spalla.

«Tranquilla, ti capisco, io ci ho rinunciato da un pezzo a capirla e ci sono nata assieme!» la confortò.

«Dai Ashley, non fare quella faccia, sinceramente neanche io ti avrei mai immaginata innamorata di uno che va in giro scapigliato e con magliette nere con scritte improponibili sopra, eppure guardatevi, è capitato, siete perfetti insieme, la vita è bella per questo, quando meno te l'aspetti ti sorprende e capovolge tutto quello in cui hai sempre creduto e che pensavi fosse l' unico modo che avevi di vedere il mondo! Sì, a volte fa paura per questo, ci si sente disorientati, senza certezze e punti fermi, ma è terribilmente emozionante quando alla fine ci si lascia andare!» affermò Annie, rivelando una saggezza inaspettata.

Ashley ci pensò sù e dovette riconoscere che non aveva tutti i torti: tante cose stavano cambiando nella sua vita e ne aveva una paura folle, ma forse era così che doveva andare, per crescere e diventare migliore, più forte. Avrebbe dovuto affrontare tanti cambiamenti e chissà quante altre prove l'aspettavano nel corso della sua vita e quante volte avrebbe dovuto mettere in discussione sé stessa, come aveva cominciato a fare quell'estate per la prima volta, ma la sfida era proprio quella, riuscire a cavare il buono dalle novità, diventare flessibile, aperta ai cambiamenti e solo così non si sarebbe spezzata.

«Mi stupisci Annie, non ti facevo così sensibile! - la prese in giro, poi si fece di nuovo seria e un po' impacciata – io e Matt, sapete, alla fine è successo» confessò a bassa voce, stringendosi nelle spalle, le cugine capirono subito a cosa si riferiva. Ashley aveva preferito aspettare del tempo, ma adesso le era sembrato il momento adatto per condividerlo con loro.

La attorniarono, circondandole le spalle con affetto e rischiando di farle rovesciare il resto della cioccolata sul divano, con buona collera di sua zia Lavinia.

«Oh tesoro, e come ti senti ora?» le chiese Dorothy, stringendole una mano.

«Meravigliosamente, sai è stato tutto così naturale e mi sono lasciata trascinare dalle emozioni, come avevi detto anche tu, bisogna saper capire quando qualcosa vale la pena di essere vissuta» le sorrise, ricevendo un abbraccio da Dorothy.

«E alla fine che avete deciso di fare?» domandò Annie, posando la tazza sul tavolo e raggomitolandosi sul divano.

«Abbiamo intenzione di viverci questi ultimi giorni che ci rimangono, senza stabilire se stiamo insieme o no, così separarci sarà meno doloroso, almeno non dovremo essere costretti a dire che ci stiamo 'lasciando' - le tremò per un attimo la voce, ma se la schiarì e andò avanti - credo sia giusto così ed è la cosa migliore per tutti e due, sono anni troppo cruciali per entrambi ed é difficile gestire una relazione a distanza, almeno in questo modo ci porteremo dentro dei ricordi positivi, invece che una storia che lentamente sfiorisce.» spiegò.

Dorothy le carezzò i capelli. «Se ne sei convinta va bene così» cercò di incoraggiarla, la sua voce era dolce e lo stesso i suoi occhi nocciola.

«Sì, certo, ne sono convinta» confermò Ashley ma le sue stesse parole le risuonarono come false e di circostanza, non riuscì a percepirle come totalmente sincere.

'Come sarà l'ultimo giorno che passeremo insieme? Sarò abbastanza forte da non crollare?' pensò, all'improvviso una strana ansia la pervase, deglutì nervosamente e con la scusa di portare le tazze in cucina rimase da sola per qualche minuto. La stanza sembró cominciare a girare, si appoggiò d' istinto al tavolo con le braccia e abbassò la testa, sotto i suoi occhi la tovaglia a scacchi rossi e bianchi e qualche post it vecchio dimenticato dalle gemelle, ma lei non vedeva nulla.

Ansimò sempre più forte, come preda di un attacco di panico.

«Io ce la farò – mormorò - ti dimenticherò, mi dimenticherai, va tutto bene, va tutto bene» continuò a ripetere.

Si calmò, il respiro ritornò regolare, il battito normale e i muscoli distesi.

«Andrà tutto bene, deve farlo» disse un'ultima volta a sé stessa, sicura.

 

  
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