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Autore: Sakura Hikari    28/09/2016    1 recensioni
Clarke accetta di fare un ritratto a Bellamy.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come ti vedo io 




The 100,  Bellarke: Bellamy le aveva chiesto di fargli un ritratto e lei non sapeva come comportarsi.
Parole: 521



 
“Perché no?”, le aveva chiesto Bellamy, un sopracciglio inarcato ed il solito sorriso scaltro disegnato sulle labbra, solo gli occhi che tradivano il suo lieve disappunto.
Clarke rimase in silenzio. Non sapeva da dove cominciare a spiegare – forse perché non c’era niente da spiegare: non aveva stretto in mano una matita da mesi, assorbita com’era dallo scongiurare emergenze globali e lotte tra il suo popolo e quello dei Terrestri. In cuor suo sapeva, però, che le difficoltà che tutti loro avevano affrontato nell’ultimo anno erano solo una parte delle motivazioni che l’avevano spinta a smettere di disegnare: aveva perso l’ispirazione. Anche rinchiusa in una cella dell’Arkadia e con pochi attrezzi da disegno, e ancora meno soggetti da ritrarre, riusciva a riempire le ore e le pareti spoglie di paesaggi, complicati intrecci floreali e creature nate dalla sua fantasia; oggi, invece, la fantasia e la voglia di creare si erano spente, come una candela che, consumata tutta la cera, svanisce con un leggero soffio d’aria.
L’ultima ragione, più personale e dolorosa, era rappresentata dall’ultimo disegno che aveva fatto, che ritraeva Lexa, ancora viva, addormentata sul divano nelle sue stanze. Ben poche cose positive erano accadute da allora nella vita di Clarke – e per fortuna, la sua relazione con Bellamy era una di queste, quasi sicuramente la migliore. Lo stesso Bellamy che adesso la scrutava in viso, cercando di carpire la verità che si celava dietro la sua espressione incerta. Clarke conosceva quello sguardo, che il ragazzo le aveva rivolto tante volte e che sembrava scavarle l’anima alla ricerca dei suoi segreti più nascosti.
Forse avrebbe potuto fare un tentativo. Come le aveva detto Bellamy poco prima, era pur sempre un modo per ritornare ad una parvenza di normalità dopo che ne avevano passate di cotte e di crude, e per non sprecare il suo talento. Inoltre, conoscendo Bellamy, probabilmente avrebbe continuato ad insistere nei giorni successivi, trovando nuove strategie e scuse per convincerla.
“Va bene Bellamy, hai vinto”, sospirò Clarke. “Ti prometto che lo farò”.
 
***
 
Il primo disegno non la soddisfò. Né il secondo, né il terzo, né i successivi che fece. Agli occhi critici di Clarke nessuno dei ritratti era minimamente somigliante al suo ragazzo: per quanto ci lavorasse duramente c’era sempre qualcosa che non andava, questa volta gli occhi, quella volta la bocca, quell’altra le braccia.
Bellamy, invece, era entusiasta di ogni disegno che lei produceva e li conservava tutti come se fossero opere di inestimabile valore, nonostante Clarke insistesse nel dire che si trattava solo di bozze, che poteva fare meglio. “Ne dubito, sono già bellissimi così. Se ti impegnassi ancora un po’ potrei credere che tu mi stia prendendo in giro e rendendo più bello di quanto sia in realtà”.
“Ma cosa dici, Bellamy? Tu sei il ragazzo più bello che conosca”, aveva detto Clarke prima che potesse pensarci su, e a quel punto era ormai troppo tardi, le parole le erano sfuggite di bocca e lei non poteva fare altro che arrossire come un peperone, mentre la sua mente le suggeriva altre frasi ancora più imbarazzanti come “se solo fossi capace di ritrarti come ti vedo io”.




 
  
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