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Autore: _Sherazade_    29/09/2016    0 recensioni
Plutone è un Dio che ama i suoi fratelli e le sue sorelle più di qualunque altra cosa al mondo, per questo si sacrifica scegliendo di vivere nel spaventoso mondo sotterraneo.
Un Dio solitario e timido che rifugge la luce del sole e la gioia della superficie, fino a quando...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Incest
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- Re e Regina -




Proserpina piangeva, gridava, invocava il nome dei suoi familiari con quanto fiato aveva in corpo. Ma nessuno rispose a quella disperata richiesta d'aiuto.
La terra si richiuse sopra le loro teste, e la luce del sole non poté più baciare la pelle della giovane Dea che era sempre più terrorizzata: cosa le avrebbe fatto lo zio in quel luogo orribile? Fino a quando avrebbe dovuto rimanere confinata laggiù, lontana dalla madre, dal padre e dalle amiche che tanto le volevano bene?
- Ti prego, - la implorò lui, - non piangere. Non ti voglio far del male. - nonostante i suoi modi fossero estremamente gentili, Proserpina non riusciva a tranquillizzarsi in alcun modo.
Giunti lungo le sponde del fiume infernale, il traghettatore Caronte, l'uomo incaricato di trasportare le anime dei defunti verso la dimora di Plutone, li accolse, facendoli salire sulla sua imbarcazione. Il vecchio guardò quasi con pietà il volto rigato dalle lacrime della povera Proserpina.
Il corpo della Dea non era più scosso dai singhiozzi, ma cominciò a tremare per il freddo che aleggiava nell'aria. Plutone, senza dire una sola parola, dopo che la giovane si sedette, le poggiò sulle spalle il caldo mantello che aveva fatto preparare apposta per lei. Il Dio sapeva bene che nel suo Regno non c'erano i caldi raggi del sole a riscaldare la sua amata, il caldo Scirocco non sarebbe mai entrato nel suo regno portando con sé calore e i profumi del mondo di superficie.
No, nel suo Regno, Proserpina, non avrebbe ritrovato quasi nulla che le ricordasse il suo mondo.
“Forse ho fatto male a sceglierla?”, si chiese il Dio, ma ricordò le parole dei fratelli che tanto lo avevano incoraggiato, in particolare quelle di Giove: - Magari, la mia dolce figliola, sarà reticente in un primo momento, ma vedrai che riuscirai a conquistarla, fratello.
Proserpina si ammutolì, non disse più una sola parola. Non implorò nemmeno di essere riportata in superficie, la ragazza aveva già capito che nessuno sarebbe sceso nel regno dello zio per salvarla da quell'ingiusto destino.
La Dea si era data della sciocca per aver sperato di vedere qualcuno giungere in suo soccorso: la sua stessa madre aveva acconsentito a quell'infausta unione, così come suo padre. Nessuno avrebbe avuto nulla da ridire.
“Che sciocca, che stupida...” pensò amaramente, mordendosi il labbro fino a farne uscire una goccia di sangue.
La barca si arrestò non appena toccò la sponda in pietra, oscillando lievemente.
Plutone allungò la mano verso la giovane, che tuttavia rifiutò l'aiuto, scendendo da sola dall'imbarcazione. In quel momento non c'era paura nel suo cuore, ma solo rabbia, odio e disgusto. Nessuno le aveva chiesto il suo parere, nessuno aveva pensato di chiedere se lei volesse sposarsi con lui, se volesse andare a vivere nel Sottosuolo.
Nessuno aveva voluto farlo.
Proserpina era arrabbiata e delusa da tutti, perché nessuno si era preoccupato per lei.
La Dea si lasciò condurre verso la dimora reale: i corridoi scavati nella pietra erano illuminati da flebili luci bluastre, e dal fondo di essi si sentivano dei versi strazianti e spaventosi.
Proserpina si nascose istintivamente dietro le spalle del futuro marito e più si avvicinavano, più quei versi diventavano forti, simili quasi al ringhiare di un grosso cane o ai potenti ruggiti dei leoni.
- Non devi avere paura, - disse Plutone quando giunsero nella grande cavità dove le anime di tutti i regni confluivano. Proserpina era spaventata a tal punto da aver chiuso gli occhi non appena vi erano arrivati. - Cerbero è aggressivo solo con le anime che tentano di fuggire per tornare in superficie. Tu non hai nulla da temere. - la sua voce era calma, con delicatezza prese per mano la giovane e la condusse per mostrarle il grosso cane a tre teste che si era accucciato non appena aveva visto il suo padrone.
La bestia aveva un lungo pelo scuro, la coda irsuta e arricciata, il muso lungo e lo sguardo intelligente e vigile. Per certi versi ricordava un po' un leone a causa del pelo che formava una sorta di criniera sul capo e sul collo.
Plutone alzò la mano verso il cane e lui si avvicinò, abbassando il muso verso di lui, lasciandosi toccare e coccolare.
- Il suo aspetto può intimorire, ma non è cattivo. - Il Dio, che non aveva ancora lasciato la mano della Dea, la esortò ad alzarla e ad appoggiarla sul muso del grosso animale.
Dapprima intimorita, Proserpina scoprì ben presto che quello era solo un grosso cucciolo che, come lei, si era ritrovato a dover svolgere un ruolo difficile. Lui era stato posto a guardia del regno, isolato e temuto da tutti. Plutone però sembrava affezionato al grosso cane, lo coccolava e lo trattava con gentilezza.
“Forse non sarà cattivo con me se tratta così bene anche lui”, pensò lei, dimenticando per un attimo il rancore che stava provando.
- Vieni. - le disse lui, indicandole la via che avrebbero dovuto seguire. Le anime che affollavano il salone si erano fatte da parte per lasciarli passare, inchinandosi al loro passaggio.
Plutone, vedendo che Proserpina non piangeva più e vedendo che si era calmata, riuscì a tirare un sospiro di sollievo. “Sarà forse difficile abituarsi all'inizio... ma poi, ne sono certo, le piacerà stare qui”.
Il Dio, cercando di smorzare la tensione che si stava accumulando, cominciò a raccontarle del suo regno, di ogni luogo, di ogni bellezza celata e di tutto quello che faceva ogni giorno. Le raccontò delle divinità e delle creature che vivevano con lui nel suo mondo, come la divina Ecate, sua fedele consigliera.
Le due divinità giunsero di fronte all'immenso palazzo del Dio, dove ad attenderli c'era proprio la Dea Ecate, che recava in mano un mazzo di fiori meravigliosi, che Proserpina però non riuscì a riconoscere.
- Cominciavamo a temere che non sareste più giunti. - disse la Dea facendo un piccolo cenno col capo. - Questi sono per voi, - disse porgendo il mazzo a Proserpina, - sono dei fiori che non troverete mai in superficie: gli Asfodeli crescono solo nel nostro mondo. - Proserpina ripeté quel nome scandendolo con attenzione.
- Questo fiore rappresenta il Nostro Signore, un fiore che è riuscito a sbocciare anche in un regno privo di sole. Nonostante le difficoltà lui sopravvive, cresce pian piano, schiudendosi solo quando è il momento giusto. Fino al momento in cui non sboccia, il fiore è fragile, per questo si crea una specie di armatura. Ma nel momento in cui si apre... il risultato è meraviglioso e incantevole. - disse la Dea con orgoglio.
Proserpina trovò quasi sciocco il paragone tra quel bel fiore e il Dio dei morti: quel fiore aveva una bellezza tutta sua, ma suo zio non lo era per niente.
Le lunghe dita scheletriche, quel corpo sottile quasi privo di muscolatura, il viso scavato e le occhiaie profonde, i capelli ingrigiti... paragonare la bellezza a quella che ne era la perfetta antitesi fece sorridere la Dea.
“Questa è vera devozione. Nessuno con un minimo di buongusto avrebbe affermato sinceramente una tale eresia” pensò la giovane guardando negli occhi sinceri di Ecate.
- Il banchetto è pronto, e tutti gli invitati sono già arrivati. Vi aspettano nel grande salone, mio Sovrano. - disse lei con deferenza.
- Banchetto? Invitati? - chiese Proserpina con curiosità.
- Sì, mia giovane Signora. Abbiamo preparato il banchetto per le vostre nozze, - risposte Ecate, mentre Proserpina realizzava che lei era scesa negli inferi per sposare Plutone; aveva quasi dimenticato il motivo per il quale lo zio l'aveva portata laggiù con sé.
La testa cominciò a vorticarle velocemente, si sentiva mancare e il corpo non riusciva più a sorreggerla. Vedendola vacillare, Plutone cercò di supportarla, chiamò le ancelle e ordinò loro di scortare Proserpina nelle sue stanze, in modo che potesse distendersi e rilassarsi per qualche minuto. Chiese a Ecate di occuparsi di lei, lui doveva intrattenere gli ospiti nel salone che li avevano attesi con tanta pazienza.
- Non metterle troppa fretta, mi raccomando. - le disse lui apprensivo. Conosceva la devozione della sua consigliera, e sapeva bene quanto lei tenesse a lui e alla sua felicità. Dal momento della sua discesa nel mondo Infero, Ecate si era presa cura di lui come una madre. Lo aveva guidato e aiutato in ogni istante, e da sempre lo aveva spinto a cercare una compagna con cui condividere il suo regno.
- Non lo farò, Plutone. - disse lei raggiungendo le ancelle che stavano aiutando Proserpina.


Raggiunta la camera da letto, Proserpina si sentì meglio, prese un sorso d'acqua e si distese sul morbido giaciglio. Le ancelle uscirono dalla stanza, lasciandola sola... con Ecate.
- Mia giovane Signora...
- Non chiamatemi così, ve ne prego. Mi fate sentire a disagio mostrandomi un tale riguardo. Io sono solo una semplice Dea della Superficie. - Ecate rise di fronte a quelle parole. - Cosa c'è di tanto buffo in ciò che ho detto?
- Voi vi sottovalutate, mia cara. Plutone vi ha scelto come sua consorte, come Regina di questo regno: credete che avrebbe scelto una Dea qualunque per ricoprire un ruolo così importante?
- Cosa c'è di tanto importante da chiedere proprio a me, fra tutte, di discendere in questo Mondo? Cosa ho fatto di male per attirare la sua attenzione? - la Dea degli inferi parve risentirsi di fronte a una tale mancanza di rispetto nei confronti della sua stessa casa e del Dio che ella stessa amava teneramente come un figlio. - Perdonatemi, - si scusò subito Proserpina capendo di averla offesa, - non intendevo ferirvi o essere maleducata. Io... io vorrei solo tornare a casa.
- E non potrebbe essere questa la vostra nuova casa? - la giovane Dea non sapeva come risponderle: temeva di offenderla dicendole chiaramente il suo pensiero.
Il Regno di Plutone non sarebbe mai stato la sua casa.
Non c'era il Sole, non c'erano le verdi colline o i prati fioriti; il vento non soffiava in quel mondo oscuro e non c'erano neppure i dolci e teneri animali che lei amava tanto accudire.
In quel regno si sentiva un'estranea, sentiva che non apparteneva a quel mondo e sapeva che non sarebbe mai riuscita ad inserirsi: lei vi era stata trascinata contro la sua stessa volontà, come mai avrebbe potuto amare la sua prigione? Se Ecate pensava che lei avrebbe potuto affezionarsi a quei luoghi, si sbagliava.
- Il Sovrano vi avrà certamente parlato delle ricchezze del nostro mondo, e di alcuni luoghi meravigliosi celati ai più. - la Dea cercò di solleticare l'interesse della Dea parlandole delle Isole Fortunate, il luogo dove le anime pie potevano godere di un'eternità serena. Un luogo paradisiaco dove cresceva una rigogliosa vegetazione, vi erano torrenti e fiumiciattoli in abbondanza, il sole brillava alto in cielo e la calda brezza estiva riscaldava il dolce clima dell'isola. - Come Regina potrete visitare le Isole Fortunate ogni volta che lo vorrete.
- Davvero? - chiese Proserpina tradendo l'eccitazione per la sola idea di poter scoprire un luogo così meraviglioso nascosto in un regno così desolato.
- Certo. Sono certa che il Re sarà ben lieto di mostrarvele, lui ama intensamente il nostro regno e potervelo mostrare lo renderà di certo felicissimo.
Proserpina sentì di nuovo un groppo alla gola: sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto sposarlo, ma non riusciva proprio a immaginare quel gracile Dio come suo sposo.
- Non lasciatevi ingannare dal suo aspetto, non sottovalutatelo. Non dovete mai giudicare una persona dalla mera apparenza, perché potreste ingannarvi, mia giovane Signora. - Ecate le porse il diadema che avrebbe dovuto indossare per la cerimonia nuziale. - Io posso dirlo con certezza: sarete felici insieme, ma voi dovete dargli una possibilità, o sarete infelici entrambi per tutta l'eternità.
Quelle parole, dette in maniera così solenne, fecero trasalire la povera Proserpina.
- Ma... non voglio offendervi ancora, mia Signora, ma io non... lui non è proprio il genere d'uomo che mi aspettavo. Voglio dire... - Proserpina balbettava e si stringeva freneticamente le mani, - io non sono attratta da lui. Come può un matrimonio essere felice se nemmeno mi piace il consorte con cui dovrò unirmi?
- Lui vi aspetterà... - disse Ecate, prendendo le mani della Dea fra le proprie, - la cerimonia è solo una formalità, lui desidera conoscervi e farsi conoscere. Non vuole mettervi fretta, vuole che anche voi vi abituiate al nostro regno, al vostro ruolo e anche a lui. Non pretende che voi lo amiate dal primo momento, ma spera con tutto il cuore che almeno ci proviate. - la Dea sorrise. - Quando mi ha parlato di voi gli occhi gli brillavano: si è innamorato da subito di voi, e ha chiesto quasi immediatamente la vostra mano.
- Ma non l'ha chiesta a me. - rispose Proserpina sciogliendo la stretta. Ecate però continuava a sorridere, anche se quel sorriso era davvero amaro.
- Mia giovane Signora, se lui ve lo avesse chiesto, voi avreste senza dubbio rifiutato. - la giovane Dea fece per rispondere, ma non un singolo suono uscì dalle sue labbra: Ecate aveva ragione.
Del resto, chi avrebbe mai rinunciato alle bellezze di superficie per discendere nell'oscurità? Chi lo avrebbe fatto in piena coscienza?
- Ve la sentite di alzarvi? - chiese Ecate distogliendo la giovane dai suoi pensieri. - Ci attendono nel salone. - Proserpina la guardò con il panico negli occhi, e la Dea la tranquillizzò. - Vi assicuro sul mio onore, che Plutone non farà mai nulla che possa offendervi o ferirvi. Lui attenderà con pazienza il momento in cui sarete pronta ad aprirgli il vostro cuore.
- Posso davvero fidarmi di voi? In fondo vi ho appena conosciuta.
- Voi state per diventare la mia Regina... se non mi dimostrassi degna della vostra fiducia, che razza di consigliera sarei?
Proserpina annuì, e si fece condurre nel grande salone del palazzo, riccamente ornato per le loro nozze. Plutone, non appena le vide arrivare, si alzò dal tavolo dove stava parlando e bevendo con altre divinità. Nell'alzarsi, però, fece cadere il bicchiere ricolmo di vino e si macchiò la veste.
Proserpina lo trovò molto impacciato, e scoppiò a ridere. Non rideva per schernirlo, lo trovava semplicemente goffo, e meno minaccioso. In quel momento non si trovava più di fronte allo spaventoso zio emaciato il cui solo nome faceva rabbrividire anche il più temerario degli eroi.
Dopo che si fu ripulito, Plutone si avvicinò a loro e chiese immediatamente a Proserpina se si sentisse meglio: era stato in ansia fino a quel momento.
Le due Dee lo rassicurarono e il Dio accompagnò la sua promessa sposa all'altare in pietra, dove Ecate celebrò il rito propiziatorio.
Entrambi gli sposi erano tesi. Proserpina, nonostante le parole di Ecate, non riusciva ancora ad accettare la sua situazione, mentre Plutone temeva di non riuscire a rendere felice la sua sposa.
Quando la cerimonia ebbe fine, i due sposi andarono a sedersi al grande tavolo, dove erano state servite le migliori pietanze, piatti gustosi e prelibati.
- Nettuno ci ha inviato i pesci migliori, Diana la selvaggina più prelibata e tua madre ci ha inviato la frutta più fresca e gustosa. - disse Plutone prendendo un generoso sorso di vino. Sentendo nominare la madre, Proserpina pensò a quanto tempo fosse passato da quando era stata condotta negli inferi.
- Il sole sarà già calato a quest'ora? - chiese più a sé stessa che al Dio.
- Sta calando proprio ora, Proserpina... Volevi forse vederlo? - chiese lui balbettando. A quella domanda, la Dea sorrise, dicendole che le avrebbe fatto molto piacere.
Plutone le spiegò che non potevano risalire, ma esisteva un luogo che gli permetteva di vedere qualsiasi luogo della superficie.
Il Dio la condusse in una delle sale interne del grande palazzo, al centro della quale vi era una piccola pozza dall'acqua cristallina. Lui si sedette per terra, e invitò la Dea a fare altrettanto.
- Pensa alla superficie, al sole, al cielo... a ciò che tu desideri vedere. Questo specchio d'acqua te lo mostrerà.
Proserpina seguì le sue istruzioni; desiderava con tutto il cuore rivedere i luoghi dai quali era stata strappata. Anche se solo per pochi istanti, lei voleva poter rivedere quelle terre che aveva tanto amato, e che mai più avrebbe potuto rivedere.
Quando la giovane aprì gli occhi rimase sbalordita, Plutone aveva ragione: quella pozza le stava mostrando davvero la sua terra, e il sole stava per sparire dietro le alte colline.
- È meraviglioso! - esclamò lei mentre osservava estasiate le scene che le venivano mostrate. - Mi permetterai di tornare ancora qui? - chiese sperando che lui non le rifiutasse quell'unico desiderio.
- Ma certo, ogni volta che lo vorrete! Questa è anche la tua casa adesso, sei padrona del palazzo e di tutto il regno; puoi fare ciò che più desideri, mia cara.
Proserpina si alzò e gli chiese di tornare al salone dove c'erano tutti i loro invitati.
- È molto bella la stanza. - disse lei mentre passeggiavano lungo i corridoi, - Ecate mi ha riferito che hai scelto personalmente ogni singolo elemento. Ricorda molto la mia vecchia stanza.
- Immaginavo che i primi tempi avresti sentito molto la mancanza di casa, a me è successo lo stesso quando diventai Signore dell'Averno... So che non posso alleviare del tutto il vuoto che senti, ma ti prometto che farò del mio meglio per essere il tuo degno sposo. - disse volgendo il capo verso di lei. Proserpina riuscì, per la prima volta, a vedere di più dietro a quel Dio dall'aspetto poco attraente: quegli occhi esprimevano tristezza, solitudine, ma anche un profondo affetto.
Per Plutone era stato amore a prima vista; l'aveva cercata più e più volte, avventurandosi nella superficie, anche se ciò gli causava grossi patimenti, e scrutando lo specchio d'acqua del suo palazzo. Si era innamorato della sua freschezza, della sua cristallina risata e della sua dolcezza... e scrutando quegli occhi infossati, Proserpina intravide tutto questo.
In quell'istante, mosso dallo stesso desiderio che l'aveva portato a trascinarla con la forza nel suo Regno, Plutone chinò il capo per poterla baciare, e lei, inspiegabilmente, non si scostò, accogliendolo con inaspettata dolcezza.
Proserpina non capiva perché, ma dentro di sé sentiva di desiderare quel bacio, aveva desiderato lei stessa baciarlo. Non riusciva a spiegarsi quella nuova sensazione che stava provando, era felice e spaventata al tempo stesso.
- Credo che...
- … dovremmo tornare. Sì. - disse lui più imbarazzato di lei.


Tornati nel salone, dove stavano proseguendo i festeggiamenti, Plutone e Proserpina tornarono al loro tavolo, conversando e mangiando assieme agli altri invitati.
Il loro matrimonio sembrava essere cominciato nel migliore dei modi, ed Ecate sorrise soddisfatta: lei aveva visto i due baciarsi ed era oltremodo felice per il suo Sovrano e per la sua nuova Regina.
Al momento di coricarsi, Proserpina venne scortata nella sua camera da letto: Plutone aveva deciso di concederle del tempo per abituarsi alla nuova situazione, così le aveva fatto preparare una camera solo per lei.
- Quando sarai pronta, non dovrai fare altro che dirmelo. - disse lui baciandole la fronte, sotto lo sguardo sognante delle ancelle. - Non c'è fretta, mia adorata.
Proserpina sentì il suo cuore accelerare, le guance imporporarsi, e uno strano senso di vuoto allo stomaco. Aveva apprezzato la delicatezza di suo marito; un altro Dio o un altro uomo avrebbe preteso di consumare il matrimonio quella sera stessa. Ma lui no.
Lui era stato gentile con lei, le aveva riservato ogni premura, ogni riguardo... Nessun altro l'avrebbe trattata così bene. La Dea, anche se sentiva continuamente la mancanza del suo vecchio regno, si sentì un po' meno persa, un po' meno sola.
Dopo quel primo giorno un po' turbolento, la permanenza della Dea fu molto più piacevole.
Plutone era molto impegnato, ma si era premurato di trovarle compagnia, e, ogni volta che gli era possibile, cercava di ritagliarsi del tempo per poterlo passare insieme.
Per lei, il Dio aveva fatto confezionare degli abiti con le sete più pregiate, dal suo regno aveva fatto lavorare le pietre più splendenti per poterle creare i gioielli più belli di tutti i reami.
Dopo qualche giorno, Proserpina stessa chiese di poter stare con lui nel grande salone, dove le anime venivano giudicate, per potergli essere d'aiuto e per poter svolgere il suo ruolo.
Si era stancata in fretta di non fare nulla, e voleva essere davvero una Regina, come le sue zie Salacia e Giunone.
Ogni sera, Plutone e Proserpina si recavano nelle Isole Fortunate per ammirare il meraviglioso tramonto incantato che quei luoghi donavano, e, durante una di quelle sere, consumarono il loro amore appena sbocciato.
Fianco a fianco, il Re e la Regina erano amati e riveriti da tutti; i due sovrani erano felici, ma ancora non sapevano ciò che stava accadendo in superficie.
Un giorno Mercurio, una delle poche divinità cui era concesso di scendere nell'Averno, portò gravi notizie: Cerere era gravemente malata, la lontananza dalla figlia l'aveva fatta deperire, e la terra stava lentamente morendo.
- Dobbiamo fare qualcosa! - disse Plutone preoccupato.
- Giove suggerisce che Proserpina torni per un breve periodo in superficie, - vedendo i due sposi lanciarsi uno sguardo preoccupato, Mercurio si affrettò a tranquillizzarli, - è solo una situazione temporanea.
- Non voglio lasciarti, amore mio. - disse Proserpina con le lacrime agli occhi. - Non adesso che siamo felici insieme, non voglio lasciarti solo. - Plutone abbracciò la moglie, rassicurandola, e dicendole che dovevano aiutare Cerere. Era pur sempre sua sorella, e madre di lei.
Mentre Plutone chiamava a raccolta i suoi fedeli adepti, incaricando Ecate di mantenere l'ordine durante la sua assenza, Proserpina chiese loro qualche ora. Doveva fare assolutamente una cosa:
recuperare un oggetto prezioso nelle Isole Fortunate.
- Tornerai dopo, vero? - chiese Plutone preoccupato. La Dea gli sorrise, dicendogli che non poteva venire meno ai suoi doveri di figlia. Anche se non era più la formale Dea della Primavera, una parte di lei lo sarebbe stata per sempre.


Dopo qualche ora, Proserpina fece ritorno, reggendo in braccio un fagottino, dal quale provenne un vagito. Sotto gli sguardi attoniti dei presenti, la Regina salì sul cocchio di Plutone.
- Facci strada, Mercurio. - disse sfoderando un dolcissimo sorriso, esortando il marito a prendere posto al suo fianco.


 
L'angolo di Shera♥


Buonpomeriggio a tutti! Finalmente son riuscita a completare anche questo penultimo capitolo, e sono pure soddisfatta.
Comincio subito col ringraziare Lady Devonne Isabel, che ha aggiunto la storia fra le preferite, e only_one che l'ha aggiunta sia nelle seguite che nelle ricordate.
Questa mia fiaba è quasi giunta al termine, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, nel bene e nel male.
Se avete tempo e voglia, lasciatemi pure un commento :D, sarò ben lieta di rispondere.

Un abbraccio, e grazie per avermi seguita.

Shera♥
  
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