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Autore: Dragon gio    30/09/2016    3 recensioni
Batman e Robin persi in una tormenta di neve, la giovane spalla del cavaliere oscuro ferito da un colpo di pistola. Batman rivive il terrore di perdere il suo compagno, di nuovo.
Tim era orgoglioso e si era rifiutato di farsi prendere in braccio, nonostante ne avesse avuto tutti i diritti. Doveva sempre dimostrare di essere forte, all’altezza del prestigioso mantello di Robin. Non voleva sfigurare con la luce scintillante lasciata da Dick, men che meno con l’ombra, sempre in agguato, di Jason.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alfred Pennyworth, Batman, Dick Grayson, Jason Todd, Tim Drake
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Sono molto lieta di poter presentare la mia seconda fiction in questo fandom, ma prima di lasciarvi alla lettura, un paio di precisazioni! ♥
 
Dunque, innanzitutto la voglio dedicare con affetto alla mia amica Mari, perché lei ama Tim Drake almeno quanto la sottoscritta e perché sono felice che abbiamo sempre gli stessi gusti in fatto di fandom e ship! Spero ti possa piacere tesoro!
 
Per quanto riguarda la fiction in sé, non riesco a dargli una collocazione precisa, avendo io come unica “esperienza” le serie a cartoni e relativi film, ho pensato di unire un po’ le cose con gli eventi dei fumetti! Nell’universo DC animato, Tim Drake veniva rappresentato come il secondo Robin anziché il terzo, in questa storia ho seguito la linea canonica invece, perché amo Jason Todd e mi spiace lasciarlo fuori dai giochi, inoltre, la sua figura è importante ai fini della storia!
Non ho mai capito benissimo che età avesse nell’omonima serie animata, ma spulciando Wikipedia pare che il nostro piccolo Tim avesse 13 anni quando ha preso il mantello di Robin, così ho mantenuto tale la sua età in questa fiction!
Infine, una precisione importante: non sono un medico, quindi ammetto di aver usato abbondantemente la cosiddetta “licenza poetica” in questa storia sulla ferita di Robin, mi scuso enormemente per – sicuri – strafalcioni in merito.
 
Detto questo, direi che posso svanire nella mia grotta oscura e attendere nell’ombra qualche commento! XD Consigli, critiche costruttive e quanto altro, saranno sempre i benvenuti!
 
Baci
Giò
 
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Safe & Sound
 
 
Stava andando tutto storto quella sera, tutto. Dalla soffiata errata del suo informatore, al fatto che si trovassero isolati in alta montagna, immersi fino alle ginocchia nella neve. E la banda a cui stavano dando la caccia, alle loro calcagna. Batman aveva sentito dire da un abitante del paesino dove erano passati, di una baita abbandonata, proprio in cima, oltre la valle, isolata dal mondo esterno.  Sarebbe stato un ottimo rifugio per poter riposare e pensare a come contrattaccare. Questo pensava la parte razionale del cavaliere oscuro, ma il suo cuore gli continuava a gridare che tutto questo perdeva d’importanza dinanzi le condizioni critiche di Robin.
 
Un proiettile lo aveva colpito alla gamba, un foro d’entrata ma nessuno d’uscita. Continuava a trascinarsi stancamente su per il pendio, appoggiato a Batman. Tim era orgoglioso e si era rifiutato di farsi prendere in braccio, nonostante ne avesse avuto tutti i diritti. Doveva sempre dimostrare di essere forte, all’altezza del prestigioso mantello di Robin. Non voleva sfigurare con la luce scintillante lasciata da Dick, men che meno con l’ombra, sempre in agguato, di Jason.
 
« Ci siamo quasi, la baita non è lontana. » Affermò Batman, la voce al solito calma e controllata. Robin strinse di più i denti, soffocando l’ennesimo gemito di dolore. La sua giovane mano si aggrappò con forza al fianco di Batman, non poté nascondere un leggero spasmo questa volta.
Senza dire una parola, Batman si chinò verso il ragazzino, tirandolo su di peso. Questa volta non reagì, abbandonandosi contro l’ampio petto del suo mentore, troppo esausto anche solo per lamentarsi.
 
Batman sfondò la porta della baita, appariva in evidente stato di decadimento, ma il tetto era integro, i muri idem. Al piano terra non vi era rimasto molto, solo un paio di sedie rotte, qualche lattina di birra vuota e una piccola dispensa semi distrutta nel cucinotto.
Si diresse senza indugio su per le scale, il legno reggeva bene il peso di entrambi, quindi arrivò senza difficoltà al secondo piano, scrutandosi però in giro con circospezione. Delle tre stanze che trovò, fra cui un bagno, c’era quella che doveva essere stata un tempo una confortevole camera da letto matrimoniale.
In mezzo al caos di mobili ammuffiti e rotti, trovò quel che restava di un vecchio e dismesso materasso. Prima di farci coricare Robin, si sfilò il mantello, che usò per riparare il giovane compagno dalla sporcizia.
Ansimava forte, anche se aveva arrestato l’emorragia con un bendaggio di emergenza, quel proiettile era sempre dentro la sua gamba.
 
Batman osservava seriamente la ferita, indeciso sul da farsi. Doveva sperare che Nightwing, fosse giunto per tempo, ma la bufera che si era scatenata rendeva difficoltoso rintracciare la loro posizione. Il loro Batjet era andato distrutto, tutto quello che gli era rimasto per comunicare con il mondo esterno, era la sua ricetrasmittente, connessa con la Batcaverna.
 
« Fa… male… » Balbettò improvvisamente Robin, la voce rotta dal dolore.
« Lo so, ma devi resistere. »
« Toglilo… ti prego… » Supplicò stringendo una mano sulla gamba ferita, il dolore lo stava accecando impedendogli di restare lucido.
« E’ rischioso operarti qui. »
« Ho… fiducia in te… Batman… »
Il viso perennemente marmoreo dell’uomo si incrinò per un istante. L’ultima persona che aveva avuto fiducia in lui era morta, a causa sua.
« Tim, io non… »
« Sono inutile in… questo stato… ti prego, voglio… aiutarti… »
Qualcosa si ruppe nel suo cuore udendo tali parole. Quando Jason era Robin, aveva commesso un infinità di errori e manchevolezze nei suoi confronti, prima fra tutte, non avergli mai confidato di avere fiducia nelle sue capacità.
« Tu non sei mai stato, e mai sarai inutile, chiaro?! » Replicò con decisione, tuttavia, addolcendo il tono di voce stavolta. La sua mano si era mossa automaticamente verso i capelli di Robin, donandogli una piccola carezza.
« Va bene, lo farò. » Sentenziò infine con un profondo sospiro, riacquistando il suo consueto auto controllo.
 
Accese la ricetrasmittente, il segnale era disturbato a causa delle perturbazioni atmosferiche ma, la voce di Alfred dall’altra parte, gli giungeva sufficientemente nitida.
« Signor Wayne, cosa posso fare per lei? »
« Alfred, devo estrarre una pallottola dalla gamba di Robin, avrò bisogno del tuo aiuto. »
« Va bene signore, segua le mie istruzioni alla lettera! »
 
Fortunatamente, il kit di pronto soccorso inserito nella sua cintura era ancora integro. Disponeva di ago, filo, pinzette, un bisturi e una fiala di anestetico. Aveva ultimato però disinfettante e garze, utilizzate in precedenza per bloccare la violenta emorragia subito dopo lo sparo. Così, per sterilizzare adeguatamente la gamba, Batman dovette improvvisare.
La baita doveva essere stato luogo di ritrovo per dei ragazzi, perché in mezzo all’immondizia abbandonata in cucina, trovò alcune bottiglie di liquori ancora intatte. Strappò poi in alcune parti, il mantello di Robin, per usarlo come bendaggio.
Il passo successivo fu preparare Tim per l’operazione, sempre seguendo scrupolosamente i consigli di Alfred. Dopo aver tagliato parte della divisa, fino al di sotto del ginocchio, iniettò l’anestetico vicino alla ferita. Tim sibilò per il male, voltando il capo dal lato opposto.
 
« Purtroppo non è molto potente come anestesia, sentirai dolore. Pensi di farcela? »
« Certo… »
« Va bene, cominciamo. »
Batman versò una generosa dose di vodka dritta sulla gamba di Tim che, per reazione, inarcò la schiena. Una delle mani del suo mentore, era saldamente ancorata sulla sua coscia, per tenerlo il più possibile fermo.
 
Incise rapidamente la carne, di pochi centimetri, quanto bastava. Con la medesima velocità, individuò il proiettile, ma c’era un problema: ad ogni minimo movimento, si insinuava sempre più in profondità. Anche se lo vedeva chiaramente, estrarlo non sarebbe stato comunque semplice. Tim iniziava ad agitarsi, la sua soglia del dolore aveva superato il limite e tentò di sottrarsi alle mani di Batman, complicando l’intera operazione.
 
« Tim, stai fermo! » Ordinò perentorio l’uomo, spostando il peso del suo corpo per bloccare meglio il ragazzino. Non aveva più tempo, posizionò le pinzette facendo attenzione, afferrando la pallottola e iniziando ad estrarla.
« Aaah!! Basta…! B… basta, ti prego…!! » Gridò così forte che i polmoni gli dolsero, tutto il dolore che aveva trattenuto senza fiatare, si liberò in quel singolo urlo straziante.
« Ce l’ho fatta, l’ho tolta! »
Il corpo di Robin giaceva inerme, era svenuto, come constatò Batman premendo un paio di dita sul suo collo. Questo gli diede modo di ricucirlo con calma, senza infliggere un ulteriore agonia al suo compagno. Finita l’operazione, fasciò ben stretta la gamba e decise di lasciarlo riposare un po’.
Lo avvolse per bene nel suo mantello, per tenerlo al caldo, ormai fuori era calata la notte e la temperatura si era abbassata notevolmente. Senza contare, che l’unica finestra della stanza era priva di vetri, per cui l’aria gelida soffiava dentro senza pietà.
Decise di uscire fuori per raccogliere della neve, avevano esaurito le scorte d’acqua e, al suo risveglio, Tim avrebbe avuto bisogno di berne molta.
 
 
Quando, più tardi Tim riaprì gli occhi, constatò con sollievo che la gamba non gli doleva più come prima. Spostando lo sguardo, notò la figura di Batman al suo fianco.
« Ehi… » Sorrise debolmente all’adulto che, immediatamente, gli porse una fiala, portandola alle sue labbra.
« E’ acqua, bevila tutta, sei disidratato. »
Il ragazzino deglutì lentamente l’acqua, era molto fresca e lo saziò in qualche modo. Si strinse maggiormente nel mantello di Batman, sorridendo scioccamente perché gli era tornata in mente una cosa che gli disse tempo fa Grayson.
 
« Dick, aveva ragione… »
« Su cosa? »
« C’è veramente un bel calduccio sotto il tuo mantello! » Esclamò divertito, lasciando basito Batman, perché non rammentava che Dick gli avesse mai confessato una simile sciocchezza. Ma veder di nuovo sorridere Tim, era più importante di qualunque altra cosa. Si concesse quindi di scoccargli un sorriso, spettinando la chioma ribelle del giovane.
 
Il rombo di un motore mise in allerta entrambi, Batman si avvicinò di soppiatto alla finestra, sbirciando fuori. Una jeep si era appena fermata all’ingresso, cinque uomini, armati fino ai denti, scesero e subito si divisero, per circondare la baita.
« Ci hanno trovati, infine. Tu resta qui. » Ordinò severo, non ammise repliche da parte di Robin, che suo malgrado dovette obbedire. I successivi minuti, furono di pura ansia per la giovane spalla del cavaliere oscuro. Non temeva per la propria incolumità, ma per quella del suo mentore. Con fatica, si tirò a sedere e infilò di nuovo il suo stivale, sebbene, il contatto con la fasciatura gli facesse un male del diavolo.
Saltellò, letteralmente, sulla gamba sana, avvicinandosi alla finestra, osservando Batman che stava lottando contro tre uomini contemporaneamente.
Erano molto ben addestrati e armati fino ai denti, al contrario di Batman, che iniziava ad accusare la stanchezza delle ultime ventiquattrore di intense battaglie con il resto della banda.
Quando vide Batman venire colpito duramente alla testa e, finire a faccia in giù nella neve, Robin decise di agire.
 
Recuperò il suo lancia rampino e lo puntò fuori. Una fune venne scoccata, andando ad ancorarsi al ramo dell’albero che distava meno dalla stanza in cui si trovava.
Salì sul davanzale, stringendo i denti, per poi lanciarsi nel vuoto e andare a calciare il sicario che stava per sparare a Batman.
Dimenticandosi di avere una gamba malconcia, fece un pessimo atterraggio, rotolando nella coltre di neve. Inutile dire che uno dei sicari ne approfittò immediatamente ma, Robin, si difese lanciando il suo ultimo Batarang, disarmando l’uomo che gli stava correndo incontro. Ora ne restavano un paio ma, anche se Batman si era ripreso, non ce l’avrebbero mai fatta da soli. Questa consapevolezza, si insinuò con orrore nella sua mente.
Vuoi per la tempesta di neve che infuriava,  per la stanchezza di entrambi, o per il semplice motivo che Robin si sentiva di intralcio per il compagno, nelle condizioni pietose in cui versava.
 
Come una manna dal cielo, Nightwing venne in loro soccorso, a bordo di un elicottero. Fece fuoco sistemando i restanti malviventi, per poi atterrare poco distante e scendere ad aiutare i due compagni.
« Occupati di Robin, è ferito. » Disse a Nightwing, mentre Batman faceva dietrofront, per occuparsi di ammanettare il gruppo di criminali.
« Va bene! »
Nightwing corse verso il ragazzino, chinandosi verso lui e posando gentilmente le mani sulle sue piccole spalle tremanti.
« Tutto ok? Dai vieni, ti prendo in braccio! »
« Sto bene, non ho bisogno di aiuto! » Ringhiò Robin, allontanando con una mano Nightwing che, per tutta risposta, incrociò le braccia al petto, osservando i suoi goffi tentativi di rimettersi in piedi da solo.
Alla terza volta che finiva con il sedere per terra, scosse il capo sconsolato e se lo mise in spalla, di peso, nonostante le vivaci proteste del più piccolo.
« Ce la facevo… » Brontolò offeso, suscitando le risate di Nightwing.
« Lo so, lo so! Ma ora torniamo a casa, Alfred non vede l’ora di visitarti! »
 
 
Il viaggio di rientro durò qualche ora e, una volta giunti a villa Wayne, Tim fu affidato alle cure del fidato maggiordomo.
« Allora, come sta? » Chiese un preoccupato Bruce non appena Alfred uscì dalla stanza del giovane. L’anziano uomo sorrise intenerito nell’udire una nota colma d’ansia che incrinava la voce roca del suo padrone.
« Meglio di quanto non sperassi, signor Wayne! Ha fatto un ottimo lavoro con la sutura, non ho motivo di credere che la ferita si sia infettata, ma lo terrò sotto osservazione per i prossimi giorni. »
« Bene, grazie Alfred. »
 
Bruce bussò delicatamente alla porta della camera, la voce gioviale di Tim gli disse di entrare. Stava seduto nel grande letto, la schiena pigramente poggiata su un paio di soffici cuscini, la gamba malata che riposava sotto il piumino, il dolore messo a tacere definitivamente dalla morfina. Fra le mani stringeva una tazza di cioccolata calda, che sorseggiava felicemente.
« Allora, come stai? »
« Meglio! » Replicò entusiasta il ragazzino, leccandosi i baffi di cioccolata che si era fatto venire. L’immagine di quel visino tutto sporco della bevanda dolce, andava in netto contrasto con quella sofferente di poche ore prima, mentre lottava per non scoppiare in lacrime nonostante il dolore devastante provocato dal proiettile conficcato nella carne.
« Tim… »
« Mh? »
« Sono fiero di te. »
Quattro semplici parole, ma che ebbero il medesimo effetto di un caloroso abbraccio per Tim. Non era uno sciocco e, sapeva, quanto Bruce si sentisse a disagio con i gesti affettuosi, quello era il massimo che potesse aspettarsi da un tipo come lui. Perciò gli sorrise ugualmente, pieno di gratitudine.
« Ora riposa, ne hai bisogno. »
« No aspetta! Volevo bere un'altra tazza di cioccolata! »
Bastò l’occhiataccia intimidatoria da parte dell’adulto, perché Tim si mise giù, non senza una buona dose di sbuffi malcelati. Lo vide esitare, lo sguardo che vagava da lui al letto, come se stesse raccogliendo il coraggio per fare qualcosa.
Rimase piacevolmente sorpreso, quando, Bruce si sporse verso lui, donandogli un piccolo bacio sulla fronte.
« Buona notte, Tim. »
« Notte, Bruce! » Squittì il piccolo, terribilmente emozionato da quell’inaspettato slancio d’affetto. Ma non per questo meno gradito.
 
La porta si richiuse alle sue spalle, un sospiro liberatorio prese vita in Bruce, lasciando scivolare via tutta la tensione e la paura provata per Tim. Ancora una volta, uno dei suoi uccellini aveva rischiato di morire a causa della sua folle crociata personale.
Tanti, troppi, sgradevoli ricordi riemersero violentemente in superficie. Lui che correva come un pazzo sulla moto, il caseggiato che esplodeva, il corpo inerme di Jason fra le sue braccia…
Aveva rivissuto quell’orrore ad occhi aperti anche in quell’occasione, quando, vide Tim venire colpito dal proiettile e finire a terra. Lo aveva subito stretto fra le sue braccia, ringraziando il cielo che fosse stato preso alla gamba e non a qualche organo vitale. Ma ciò non gli aveva impedito di rimanere senza fiato, dinanzi la copiosa perdita di sangue, le sue mani si erano tinte di rosso nel giro di pochi secondi. E Robin, no, Tim, che tremava e gemeva nel tentativo di controllare il dolore. Il suo piccolo Tim, così esile e basso di statura eppure, così intelligente e scaltro, per la sua giovane età.
 
Aveva rischiato di perderlo…
 
Quasi come se volesse farsi beffe di lui, l’immagine di Jason, nel suo costume da Robin, gli apparve nelle mente. Con la sua solita arroganza, lo scherniva per essersi lasciato andare così tanto alle emozioni, proprio lui che tanto si impuntava nell’addestrarti al rimanere sempre freddo e controllato.
 
In fondo, questa volta lo hai salvato, no?
 
Gli ripeteva quella voce nella sua testa, una voce che aveva il corpo e il viso di un Jason Todd bambino. Bruce non comprese se era frutto della sua immaginazione o, solo un elaborazione mentale delle ultime ventiquattrore.
Tutto quello che doveva sapere, era di essere riuscito a proteggere il suo Robin. Non avrebbe mai e poi mai potuto perdonarsi per la morte di Jason, ma almeno il sapere che Tim ora giaceva nel suo letto, al sicuro, in qualche modo donava un minimo di conforto al cuore stanco di Bruce Wayne.
 
Per ora, questo semplice pensiero gli bastava e, sapeva, di poter tirare avanti un altro giorno ancora con la sua missione.
 
 
END
  
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