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Autore: AngelsOnMyHeart    30/09/2016    2 recensioni
Piccolo racconto che si pone tra la fanfiction "Il Dominio del Caos" ed il suo sequel, attualmente in lavorazione.
Quando il cambiamento giunge, c'è ben poco che si possa fare per fermare la sua inesorabile avanzata. Spesso, la scelta migliore è quella di lasciarsi andare ad esso, cosicché la vita possa riprendere il suo corso verso una nuova direzione.
Ed è proprio da un cambiamento che questa breve storia vuole tracciare il suo inizio.
Due gemelli, Will ed Abigail, stanno affrontando il primo grande viaggio che la vita gli ha posto dinanzi. Il che li condurrà non solo verso un nuovo stato, in una nuova casa, ma anche incontro ad un percorso irto di tanti piccoli segreti tornati a galla, impazienti di essere ripescati, mentre un vecchio rancore a lungo sopito, riemerge dal calmo mare dei ricordi. Questo rancore trascinerà con se una potente tempesta e quando il viaggio sarà giunto al suo termine, nulla resterà più come prima.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Meanwhile, a tale of summer's end- Capitolo 1

Capitolo I

Home, sweet home.







Il bambino osservava, con sguardo particolarmente annoiato, i viali delle villette a schiera scorrere dinanzi ai suoi occhi dal finestrino della macchina; prestando giusto particolare attenzione a far saltare, con lo sguardo, tutte le cassette della posta che incontrava lungo la strada. 
Salta- pensava -se non salti sei perduto” 
Non sapeva esattamente chi o cosa dovesse saltare, specialmente il motivo per cui quell'azione fosse così necessaria, l'importante comunque era che continuasse a farlo. 
:-Quanto silenzio in questa macchina. Ravviviamo un po' quest'atmosfera cose ne dici, eh Will? Sei emozionato?-. 
Will distolse lo sguardo dalla strada, incrociando i suoi occhi verdi con quelli neri del padre, attento alla guida, nello specchietto retrovisore. 
:-All'idea di sdraiarmi nuovamente su di un letto? Sì-. Rispose il piccolo, dopo ormai due giorni di viaggio, nonostante avessero sostato in un paio di motel lungo la strada, cosa che sinceramente preferiva non ricordare. 
:-E' già un inizio-. Rise l'uomo, volgendo rapidamente lo sguardo al secondo passeggero che occupava i sedili posteriori. 
:-E tu, piccola volpe?-. 
La bambina alzò gli occhi verdi, i riccioli rossi le ricaddero capricciosi sulle guance rosee tempestate di lentiggini, e sbuffando abbassò nuovamente lo sguardo sulle proprie gambe, intenta nel costruirsi una piccola fionda. 
:-Bene, vedo che siamo tutti su di giri- Scherzò la madre dal sedile anteriore, scoppiando a ridere -Anche qualcun altro qui sembrerebbe eccitato pronto a far festa-. Aggiunse, portandosi una mano ad accarezzarsi il ventre gonfio che risaltava dal maglioncino beige. 
Will si avvicinò alla sorella, bussandole sulla spalla e costringendola a voltarsi. 
Si poteva dire che fossero l'uno il riflesso dell'altro: stesso naso fino ed all'insù, stessi occhi verdi, stesse lentiggini e stesse orecchie a sventola, labbra sottili; l'unica cosa che differenziava i due gemelli erano i capelli: se lei aveva una cascata di ricci ribelli, come quelli della madre, il piccolo Will aveva un taglio più corto, proprio come quello del padre, solo più composto. 
E chissà, a chi sarebbe somigliato il nuovo arrivato? 
:-Cosa vuoi?-. Gli domandò Abigail, senza mascherare la propria scocciatura. 
:-Smettila di mettere il muso- le disse a bassa voce, cercando di non farsi sentire dai genitori -lo sai che la mamma ha bisogno di stare tranquilla-. 
:-Ma lasciami stare-. Rispose burberamente la bambina, buttando la fionda incompleta al suo fianco e dandogli le spalle, iniziando anche lei a contemplare il mondo al di là del finestrino. 
In realtà Abigail non aveva alcuna riluttanza all'idea di trasferirsi dal micro appartamento, della rumorosa e caotica metropoli, ad una grande casa in una tranquilla cittadina di periferia dove, sembrava, nevicasse da Natale sino a Pasqua. Non si trattava nemmeno dell'idea di dover abbandonare i vecchi compagni di classe, sebbene sapesse che le sarebbero mancati, le avevano promesso che si sarebbero presto sentiti tramite Skype ed aveva grande fiducia in questo, inoltre non avrebbe di certo avuto problemi a farsi delle nuove amicizie e poi c'era Will, nonostante il suo essere perfettino alle volte lo rendesse insopportabile. 
Quel che proprio non riusciva ad andarle giù era l'idea di così tanti cambiamenti avvenuti così, nel giro di pochissime settimane, praticamente senza il minimo preavviso: l'arrivo di un nanerettolo e quel trasferimento fatto in fretta e furia, come se qualcosa stesse loro alle calcagna. 
Ma qualcuno si era per caso degnato di chiedere loro niente? 
Le avevano forse chiesto se le sarebbe piaciuta l'idea di cambiare casa da un giorno all'altro? O, che so, se avesse gradito la presenza di un nuovo fratellino o sorellina? No, nessuno si era preoccupato di chiedere nulla, dando per scontato che loro dovessero subire le decisioni dei genitori senza battere ciglio. 
Proprio non riusciva a comprendere come Will potesse prendere tutto così serenamente. 
Stupidi genitori, pensano che non possiamo prendere alcuna decisione, solo perché siamo dei bambini” 
:-O-oh! Eccola lì, la nostra nuova casa-. 
Abigail tentò di dimostrare il maggior disinteresse possibile, anche se la vastità della casa, seppure fosse perfettamente nella media e, forse, neppure una delle più grandi del quartiere, la colpì visibilmente. 
:-E' davvero questa?- esclamò stupita la donna, rivolgendosi al marito che annuì -Vorrai scherzare? Non mi avevi detto che fosse così grande!-. 
L'uomo scoppiò a ridere mentre si fermava nel vialetto, tirando il freno a mano :-Questo perché sei abituata ai 40 mq di quegli asfissianti appartamenti di Orlando, mia cara-. 
:-Spiritoso, molto spiritoso-.Gli fece il verso lei, aprendo la portiera per scendere. 
I gemelli, nemmeno a dirlo, l'avevano già anticipata, precipitandosi nel giardino e correndo attorno al perimetro della casa, per studiarla attentamente. L'edificio era ricoperto da assi di legno orizzontali, verniciate di bianco, circondato da un piccolo portico dalla tettoia verde, così come il portone d'ingresso, e posto su tre piani: il piano terra, dove sicuramente si trovavano la cucina e la sala da pranzo; il primo piano, dove i bagni e le camere da letto li attendevano a braccia aperte e per ultima, ma assolutamente non meno importante per le due volpi curiose, la soffitta, scrigno di chissà quanti tesori. 
Molte delle finestre erano state sbarrate con delle assi di legno ma alcune erano cadute a terra, così che Will ed Abigail, una volta saliti i pochi gradini del portico, poterono avvicinarsi per curiosare all'interno non riuscendo però a vedere granché, esclusi gli scatoloni lasciati dalla ditta di traslochi, arrivata un giorno di anticipo rispetto a loro. 
:-Spero per loro che non abbiano rotto o disperso nulla, specie quel servizio di piatti che ci regalò mia madre lo scorso Natale-. Commentò la donna, avvicinandosi al marito intento a trovare la giusta chiave per aprire la porta. 
:-In caso fosse puoi sempre punirli mandandola a fare reclamo-. 
Ovviamente l'uomo non sfuggì dal ricevere uno scappellotto dritto sulla nuca, al quale però rispose con un'altra risata, seguita da quella della moglie che non riuscì a mantenere a lungo un'espressione seria. 
Mentre ancora attendevano di entrare, Will volse distrattamente lo sguardo aldilà dell'alta staccionata bianca che divideva il loro giardino con quello dei vicini notando così, sulla sua sommità, due grandi occhi magenta che fissavano incuriositi la nuova famigliola del quartiere. La cosa che lo colpì di più, però, fu l'acconciatura che quella strana figura portava, sembravano quasi delle piume multicolori. 
Il piccolo alzò dapprima la mano, poco convinto, agitandola appena per salutare ma non fece in tempo a voltarsi, per richiamare l'attenzione della sorella, che quando tornò a guardare sulla staccionata, non vide altro che la casa dei vicini. 
:-L'hai vista anche tu?-. Chiese il piccolo alla sorella, indicando il punto preciso in cui aveva visto quella figura pochi istanti prima. 
Abigail scrutò attentamente la staccionata e si strinse nelle magre spalle :-Non vedo nulla- sentenziò infine, dirigendosi all'interno della loro nuova casa -siamo qui da nemmeno 5 minuti, non siamo nemmeno entrati e tu già vedi i fantasmi. Un ottimo inizio-. 
Will sbuffò e, seguendo anche lui la sorella, volse un'ultima occhiata alla staccionata, chiedendosi se la stanchezza del viaggio non stesse cominciando a tirargli dei tiri mancini. 

Come ovviamente avevano già appreso al loro arrivo, la casa era molto più grande dell'appartamento in cui erano cresciuti e, senza indugiare troppo, i due fratelli vollero subito assicurarsi che la loro camera rispettasse quegli standard a cui si stavano facilmente abituando. I genitori non si opposero granché, immaginavano la loro stanchezza, un poco di svago era proprio quel che gli ci voleva dopo tutte quelle ore di viaggio. Inoltre non averli tra i piedi mentre scorrazzavano da una stanza ad un'altra, mentre loro erano impegnati nel sistemare i primi scatoloni, non poteva che essere gradito. 
Il primo piano, che si raggiungeva dalle scale poste proprio dinanzi all'ingresso, era attraversato da un corridoio la cui moquette grigia aveva cominciato a consumarsi, massacrata dalle tarme. 
Quattro erano le stanze che si trovavano su quel piano: due camere da letto grandi, una camera più piccola ed il bagno. 
Ovviamente una delle camere grandi era loro, e questa per la precisione si trovava in fondo a sinistra. 
I loro genitori, gli avevano fatto presente che, nonostante le dimensioni della casa, sarebbero stati costretti a dividere ancora la camera, mentre la stanzetta più piccola sarebbe andata al bebè in arrivo. 
Abigail e Will non si opposero minimamente a questa decisione, troppo abituati a condividere la propria stanza, avrebbero trovato strano il contrario. Inoltre, la mamma ed il papà, avevano promesso loro che, in futuro e se le cose fossero andate bene, avrebbero potuto fare dei lavori in modo da dividere la loro stanza ma, per il momento, la cosa non li toccava minimamente. 
La camera, ancora spoglia della mobilia, se non per due reti posizionate al centro una vicina all'altra, era di forma rettangolare. Il lato lungo ne prendeva le profondità e, la parete opposta alla porta, aveva una singola finestra che si affacciava sul vialetto di casa. 
:-Qui andrà il mio letto-. Esclamò con entusiasmo Abigail dopo aver squadrato attentamente la stanza, quindi si diresse nel punto da lei indicato, ossia nell'angolo a sinistra della finestra, ed iniziò a saltare sul parquet, quasi a testarne la resistenza. 
:-Quasi non riesco a credere che non dovremo più dormire in un letto a castello-. Disse al fratello, il quale stava squadrando con attenzione la porta semi aperta dell'armadio a muro. 
:-Vuoi dormire lì dentro?-. Gli chiese allora con un gran sorriso sornione. 
Will la guardò un breve istante, per poi infine indietreggiare scuotendo il capo :-Non entrerei lì dentro nemmeno se fossi costretto-. 
:-Vuoi scherzare?- rise spavalda Abigail, avvicinandosi alla porta ed afferrandone il pomello -cosa vuoi che si nasconda qui dentro? L'uomo nero per caso?-. 
:-Dico solo che non mi piace-. Insistette Will, allontanandosi mentre la sorella spalancava lentamente la porta dell'armadio. 
:-Mamma te lo dice sempre, non dovresti vedere i film dell'orrore se poi ti spaventi-. Ed aprì la porta con un sol colpo. 
Potrete immaginare la sua espressione terrorizzata, quando dall'armadio le ruzzolarono addosso due grosse scatole, colme di vecchie cianfrusaglie che si riversarono sul pavimento, facendola cadere a terra con un grido di paura. Di certo Will, all'inizio preso anche lui alla sprovvista, non se ne sarebbe mai dimenticato. E, dopo essersi accertato che non si fosse fatta male o sbattuto la testa, si chinò su di lei con stampato in faccia lo stesso sorriso che la sorella gli aveva rivolto solo pochi istanti prima. 
:-Non dire una sola parola-. Lo ammonì lei, prima ancora che il fratello potesse aprir bocca. 
Questo bastò al piccolo per prendersi la sua piccola rivincita dalle burle subite poco prima. 
Ovviamente i passi pesanti del padre, che risaliva velocemente le scale scricchiolanti, non tardarono a farsi sentire e presto apparve sulla soglia della porta, col fiatone e lo sguardo preoccupato. 
Senza nemmeno chiedere cosa fosse accaduto, si avvicinò alla figlia, ancora sdraiata a terra :-Ti sei fatta male?-. Le chiese chinandosi ed aiutandola a mettersi a sedere, mentre gli oggetti fuoriusciti dalla scatola le scivolavano di dosso. 
:-Non è niente papà, ho solamente aperto la porta dell'armadio e quelle due scatole mi sono cadute addosso da uno degli scaffali in alto- spiegò Abigail -spiegavo a Will che non c'era nessun Uomo Nero, lì dentro-. Aggiunse infine, con tono quasi innocente, guardando di sottecchi il fratello con sguardo furbo. 
Brava...molto brava” le sorrise il fratello, iniziando ad escogitare la sua vendetta. Senza malizia, sia chiaro. 
L'uomo sorrise, anche tranquillizzato dal fatto che la sua piccola non si fosse fatta alcun male e, una volta che si fu rimessa in piedi, si rivolse ad entrambi :-Ascoltatemi attentamente- iniziò a dir loro -questa casa è grande ed ha anche qualche anno alle spalle, molto probabilmente potrà capitarvi di sentire qualche strano rumore venire dalle pareti, scricchiolii negli armadi, rimbombi dalle tubature, ma ricordatevi sempre questo: non vi è nulla, assolutamente nulla, in questa casa, che potrà mai farvi del male. Siamo intesi?-. 
Will abbassò lo sguardo sul pavimento, iniziando a sentirsi un poco imbarazzato per essersi fatto intimorire da un semplice armadio a muro; Abigail invece si strinse nelle spalle con noncuranza :-Io non temo niente-. Rispose spavalda dando poi un pugno amichevole sulla spalla del fratello :-Ci penso io a proteggerti-. 
Il bambino le sorrise. 
Se da fuori potevano dirsi due gocce d'acqua, caratterialmente erano agli antipodi. 
Abigail era proprio così, come si mostrava: allegra e socievole; spavalda e particolarmente testarda, se si convinceva di avere ragione di qualcosa era impossibile farle cambiare idea e, se anche aveva le prove in suo sfavore sotto gli occhi, cercava comunque un modo di uscirne vittoriosa. 
Questa era sua sorella...e poi c'era lui. 
Will era un bambino molto dolce ma anche introverso e, molto spesso, in pubblico aveva la tendenza a starsene in silenzio. Solamente tra le mura di casa o comunque con sua sorella, riusciva a tirar fuori quel suo lato solare che, altrimenti, non era in grado di far trasparire con nessun altro. 
Era anche piuttosto fifone ed Abigail non si perdeva mai l'occasione di ricordarglielo ma, nonostante questo, una sua qualche forma di masochismo lo spingeva ogni venerdì sera a ritrovarsi sul divano a mangiare pop corn con Abigail mentre in tv partiva la maratona horror. Quante notti aveva passato insonni, eppure non avrebbe mai rinunciato a quella tradizione che lo legava a sua sorella e, sapeva, anche lei avrebbe sicuramente fatto lo stesso per lui. 
:-Così mi piacete-. Concluse il padre, abbassando infine lo sguardo sul pavimento, dove incontrò un orsacchiotto di pezza che parve rubare la sua attenzione. Si chinò quindi per raccoglierlo e, dopo averlo guardato alcuni istanti, volse un'occhiata veloce agli altri oggetti sparsi sul pavimento. 
:-Quegli idioti, avevo specificatamente detto loro di svuotare tutte le stanze prima del nostro arrivo!-. Borbottò, visibilmente infastidito, mentre si chinava a raccogliere velocemente tutto il contenuto delle due scatole, buttandolo al loro interno, quasi senza guardare. 
I due gemelli si scambiarono un'occhiata, non erano altro che le vecchie cianfrusaglie probabilmente appartenute ai vecchi proprietari, perché preoccuparsi tanto? Sarebbe semplicemente bastato buttarle via. 
:-Lascia stare papà- disse Will, chinandosi per raccogliere una cornice, la cui foto era rivolta verso il pavimento -possiamo pensarci noi qui, tu torna dalla mamma-. 
Il bambino però non fece in tempo a sollevarla che il padre gliela aveva già strappata di mano, lanciandola nella scatola che teneva sotto braccio. 
:-Faccio io, non voglio che tocchiate queste vecchie cose, non sappiamo chi fossero i precedenti proprietari e non vorrei che vi faceste male-. Disse frettolosamente. 
:-Voi genitori siete così iper protettivi- sbuffò Abigail, sollevando il solito ciuffo che le si piantava in mezzo al viso -ci togliete ogni divertimento. E se tra tutte queste cose ci fosse nascosta la mappa di un tesoro nascosto da qualche parte tra le mura della casa? Noi non lo verremo mai a sapere perché tu avrai già buttato tutto!-. 
Una volta che ebbe raccolto una piccola lampada per il comodino, l'ultimo oggetto rimasto sul pavimento, il padre si tirò su e tornò a sorridergli, quasi dimentico della preoccupazione che gli aveva stravolto il viso in quei pochi istanti :-I tesori si sotterrano in isole lontane dove solo i pirati possono arrivare, non lo sapevi questo, piccola volpe?-. 
:-Sì ma..-. 
:-Niente ma- la interruppe pacatamente il padre -voi fate attenzione ed io e la mamma potremo dormire sonni tranquilli. Non fatemi preoccupare, chiaro?-. 
I gemelli si guardarono l'un l'altro ed infine annuirono. 
:-Promesso?-. 
:-Promesso, papà-. Risposero entrambi all'unisono. 
:-Perfetto- esclamò con soddisfazione l'uomo avviandosi alla porta, per poi voltarsi di nuovo verso di loro -la mamma sta per ordinare la pizza, vi consiglio di correre a dirle quella che volete, prima che ordini nuovamente per tutti un hawaiana-. Detto questo sparì dalla loro vista. 
Alcuni istanti di silenzio susseguirono quel momento e, quando i due fratelli furono certi che il padre si trovasse ormai al piano inferiore, si volsero una veloce occhiata l'un l'altro e, ridacchiando, portarono entrambe le mani, fino a quel momento nascoste dietro alle loro schiene, davanti al viso: rivelando un totale di otto dita incrociate. 
E così, una volta accertati -secondo le leggi dell'infanzia- che la promessa non fosse valida e che, quindi, non si sarebbe potuta infrangere in alcun modo, si precipitarono al piano inferiore, sperando di non essere in ritardo per una delle scelte più importanti che la vita aveva posto loro di fronte, sino a quel momento: ossia quale pizza mangiare per cena.
   
 
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