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Autore: PawsOfFire    30/09/2016    6 recensioni
Russia, Gennaio 1943
Non è facile essere i migliori.
il Capitano Bastian Faust lo sa bene: diventare un asso del Tiger richiede un enorme sforzo fisico (e morale) soprattutto a centinaia di chilometri da casa, in inverno e circondato da nemici che vogliono la sua testa.
Una sciocchezza, per un capocarro immaginifico (e narcisista) come lui! ad aggravare la situazione già difficoltosa, però, saranno i suoi quattro sottoposti folli e lamentosi che metteranno sempre in discussione gli ordini, rendendo ogni sua fantastica tattica fallimentare...
Riuscirà il nostro eroe ad entrare nella storia?
[ In revisione ]
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Furia nera, stella rossa, orso bianco'
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“Così ho fatto saltare in aria un’intera divisione di russi come fossero fuochi d’artificio!
Ecco...questo è il mio carro armato che avanza...bruumm…ratatatatata! Quando i crucchi fan la guerra tutti i russi sotto terra!"
 Mi hanno rispedito a casa con calcio in culo e due medaglie al valore.
Ho cercato in tutti i modi di dimostrare il mio perfetto stato di salute ma, ad un certo punto, la stampella ha ceduto ed io sono caduto rovinosamente a terra.
Nonostante tutto mi fa piacere essere andato in licenza. Monaco è ancora una città vivace, nonostante la guerra. Appena tornato nel mio quartiere ho incontrato un sacco di bambini di età compresa tre ed i cinque anni. Stavano tirando i calci ad una palla di cuoio quando uno si è voltato, additandomi come “soldato, un soldato!”
Ho dovuto correggerlo: sono un capitano, io. Gli ho fatto vedere colletto e mostrine, spiegandogli quietamente e con tono bonario i loro significati, senza escludere gli importanti seppur truci aneddoti di guerra.
 “Ha mai visto un carro armato esplodere, recluta? Ci sono rottami ovunque. E brandelli di carne carbonizzati. Una volta è rotolata una testa accanto al mio piede. È stato disgustoso”
 Il piccolo, sei anni e poche parole, sgranò gli occhi per optare infine in una vile ritirata.
Ah, i giovani d’oggi.
Ho cercato di spiegare loro i fondamenti dell’arte della guerra, soffermandomi sulle mie formidabili conquiste ed i miei valorosi piani strategici...invano.
In compenso mi rubarono la stampella di legno per usarla come fucile.
La Germania è davvero persa se questo è il futuro.  Ai miei tempi – e non sono affatto vecchio – era appena finita la grande guerra. C’era tanta povertà ma anche voglia di riscatto. Le città brulicavano di luci opulente e gioiose che io faticavo a capire, essendo in tenera età. Adesso versa tutto in stato di abbandono, come se la gente vivesse in una bolla di rassegnazione.
 
 
Sono tornato a casa dai miei familiari, dopo mesi, forse anni...
Avevo ventitré anni quando sono partito...i miei fratelli erano poco più giovani.
Ricordo ancora le lacrime in famiglia il giorno della nostra partenza. Questo è lo scotto da pagare quando il destino ti affida una discendenza totalmente maschile.
Fummo presto divisi. Io venni spedito all’est, Alfred in Nord africa e Stefan in Francia.
Oh, Stefan...
Quel piccolo cencio presuntuoso e terribilmente sagace.
A soli sei anni era riuscito a costruire una specie di aereo con qualche chiodo ed assi di legno. Non so come ma riuscì a procurarsi della lacca per tingere la sua scatoletta completamente di rosso, prima di buttarsi giù da un melo con la speranza di volare.
Diceva che sarebbe diventato un grande aviatore, un giorno. Io ed Alfred lo schernivamo, dicendo che non avrebbe osato così tanto. Che era piccolo e destinato a fallire. Eh, sì, eravamo ottimi fratelli maggiori...
Esplose in una limpida giornata di settembre. * Lo venni a sapere giorni più tardi, mentre facevo ancora la gavetta nella campagna boema.
Stavo sistemando il vecchio carro leggero quando arrivò la lettera. Era in servizio da poco più di nove mesi e si era spinto talmente in alto fino a toccare il sole, sciogliendosi come Icaro sotto i raggi cocenti della contraerea inglese.
È sempre stato il più coraggioso. Io ed Alfred siamo sempre stati simili, bravi a parole e pessimi a fatti...lui era speciale, era diverso.
Non ci rimaneva altro che il ricordo, dopotutto. E la sua gigantografia inquietante in bianco e nero dove, stretto nella sua magnifica divisa, ci fissava con gli occhi vacui e spenti di presto sarebbe partito per il fronte.
 
 
Cenammo in silenzio. Erano mesi che non mangiavo un vero pasto.
Da quando Maik scambiò un russo per un coniglio, centrandolo con un solo proiettile mentre saltava. Cotto a puntino, divenne uno dei migliori pasti della campagna di Russia.
Le razioni sono piuttosto disgustose, ammetto. Un Capitano necessita di meglio che misere lattine dal gusto scialbo.
Desideroso di sporgere reclamo, lasciai perdere pur rimanendone terribilmente deluso.
Esattamente come quando, per scarsità di tabacco, riempirono le sigarette con un surrogato dall’odore disgustosamente pungente ed acre. Ci dissero che questa nuova miscela era meno nociva della vecchia ma, da quel giorno, smisi di fumare. Ricevetti perfino una razione extra di cioccolata tarocca per la mia buona azione. Divenni il simbolo della campagna anti-tabacco, un modello da seguire e da eguagliare. ***
 
 
Quando tornai in servizio era oramai primavera, anche nella gelida Russia.
Avevo preso un po’ di peso riposando e, sinceramente, mi sembrava di essere davvero in ottima forma. Non capirò mai perché tutte quelle dolci fanciulle di Monaco rifiutarono le mie avances.
Sono un ottimo partito, io! Ne ho conosciuta una, una certa Julia, che lavorava come cameriera in un piccolo bar. Era piccolina ed aveva delle tette enormi. Dopo tre boccali da litro le dissi che ero la migliore birra che il Reich potesse desiderare. Le suggerii un assaggio e suo padre – un armadio senza una gamba, maggiore durante la Grande Guerra – mi prese di peso cacciandomi dal locale con un calcio in culo, senza dimenticarsi di tirarmi dietro la stampella.
Non capisco, però...sono davvero la migliore birra della cantina del Reich. Il cavaliere delle favole a cavallo di un panzer, praticamente.
Non mi dilungherò oltre: la patria prima di tutto! Al prossimo rientro cadranno letteralmente ai miei piedi.
Un po’ come i miei sottoposti. Sembravano felici di vedermi.
 “Buongiorno, soldati. Possiamo ritornare a fare sul serio, ora” Li incitai avvicinandomi a loro.
Tom sussultò appena, abbassandosi il cappello. Stava dormendo all’ombra di un vecchio pozzo semidistrutto, tenendo una spiga ancora verde tra i denti. Martin e Klaus giocavano a carte, scommettendo un’intera bottiglia di un alcolico poco definito.
 Maik era sdraiato sul tetto di un vecchio capanno, intento a scrutare l’orizzonte alla ricerca del nemico russo.
“Buongiorno, Herr.” Mi salutarono con indifferenza, continuando a dilettarsi nei loro passatempi.
“Dobbiamo tornare attivi ed operativi. Abbiamo un traditore a piede libero”
“Herr Faust...” Klaus si voltò verso di me, lanciandomi un’occhiata preoccupata.
"È passato quasi un mese, oramai...sarà sicuramente morto...o forse è scappato...insomma-”
“Negativo, Achen.  Domani mattina alle sei dobbiamo già essere in marcia. Riposatevi, abbiamo tanta strada da percorrere” Dissi, congedandomi con un cenno di capo.
Allontanandomi udì un borbottio di dissenso.
Li avrei fatti ricredere, oh sì. Avremmo catturato il fuggiasco e fucilato per diserzione prima dell’ora di pranzo. Avevo giusto un certo languore…
 

 
L’Indomani ci alzammo di buon’ora. Come stabilito alle sei eravamo già in marcia. Purtroppo, questo bestione ha un’autonomia piuttosto limitata, quindi non potevamo allontanarci troppo.
Non che dovessimo averne bisogno, si intende. Il nemico è infido e sbuca sempre quando meno te lo aspetti.
...Così successe. Durante una sosta Maik trovò dei mozziconi di sigaretta su una chiazza d’erba fresca, che portò al naso annusandoli come un segugio.
“Sono passati di qua” Grugnì, annusando la cartina umidiccia.
“Puzza d’alcool, è sicuramente uno di quei bastardi, senta”  Mi porse la sigaretta, ma non sentii alcun odore.
Finsi di crederci, annuendo.
 “Herr, dovremmo proseguire in quella direzione. Guardi l’erba, è schiacciata laggiù. Devono essere passati per forza da quella parte”
 “Possibile. Ma io sono il capitano. Ergo, dobbiamo andare a sinistra” Conclusi, facendo svanire ogni dubbio.
Incitandoli a riprendere la marcia nessuno si mosse.
 “Maik ha ragione. Dovremmo...seguire la traccia” Azzardò Klaus.
In qualità di leader carismatico e democratico presi in considerazione la sua proposta, la confrontai con la mia e decisi infine che, indubbiamente, avevo ragione io.
“Ottimo punto, Achen. Ma sono quasi sicuro che procedendo alcune ore verso sinistra troveremo un intero campo russo.”
“Mi scusi, Herr, ma abbiamo delle prove, potremmo provare a seguirle”
“Negativo, soldato. Andremo nella direzione che reputo più opportuna...”
“Un cecchino all’orizzonte!”
Questa volta fu Maik a parlare.
“Un cecchino in campo aperto, impossibile” Affermai, abbassandomi il cappell-
 Il proiettile rimbalzò a pochi centimetri dai miei stivali.
“Una trappola geniale, devo ammettere, in postazione!” urlai, risalendo nel carro prima che il cecchino ricaricasse il fucile.
Snocciolando ordini andammo in direzione dello sparo, veloci come razzi, dimenticandoci di avere a disposizione un carro armato capace di centrare obiettivi a chilometri di distanza.
E, quando lo raggiungemmo, ci trovammo di fronte ad una spiacevole sorpresa.
“Ma quello è uno dei nostri!”
“Herr, è una trappola questa! È lui l’uomo che stiamo cercando”
Rannicchiato a terra con lo sguardo ancora fisso nel binocolo, l’uomo dalla nostra stessa divisa si alzò in piedi, facendo ampi gesti con le mani.
Sono quasi sicuro che sperasse di farsi notare e chiarire l’equivoco. Così, scendendo...bang!
Dovevamo portarlo vivo al campo, affinché potesse essere riconosciuto e giustiziato.
Ma...
“Capitano...”
“Abbiamo preso un fosso? Un sasso? guardi dove mette i cingoli, Weisz!”
“Lo abbiamo schiacciato, temo. Non sono riuscito a spostarmi...”
Scendendo assistemmo ad uno spettacolo decisamente macabro. Brandelli di carne e stoffa ovunque. Incastrato nei cingoli un braccio continuava a girare piano, fino a fermarsi cadendo a terra con un tonfo umidiccio.
“Ed anche oggi abbiamo concluso coraggiosamente la nostra missione. Ottimo lavoro, soldati” mi congratulai, sistemandomi il cappello.
“E se fosse stato semplicemente un disperso? Poteva essere chiunque anche senza essere un traditore...”
“Guardi, Jager. La testa è ancora miracolosamente intatta. La porteremo al campo e la processeremo. In fondo sarebbe stato giustiziato. Nemmeno uno spreco di proiettili, davvero un ottimo lavoro...”  Dissi, raccogliendo il capo sanguinolento del vile disertore.
 I miei sottoposti mi guardarono con occhi colmi di apprensione e capii che, ancora una volta, avrebbero voluto obiettare...se solo non fossi stato il loro diretto superiore.
   
 
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