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Autore: Eliatheas    07/05/2009    6 recensioni
La verità è che io ero un girasole. Nient’altro che un debole e fragile girasole, mentre lui era il sole splendente, il mio sole. Seguivo ogni suo movimento, ogni sua azione e, quando lui spariva all’orizzonte, lasciando solo una scia infuocata del suo passaggio, mi chiudevo, la corona di petali si serrava attorno al mio fragile cuore.
Ma lui tornava sempre ed io rifiorivo, seguendo la sua scia bruciante.
Ma lui se ne andava anche. Sempre.
Prima classificata al contest "Ci sono anche io!" indetto da princess of vegeta6.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sunflower ~


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Ero certa che avrei pianto, ne ero più che sicura.
Il pensiero che le mie lacrime fossero state spazzate via secoli fa, come fragili fiori di cristallo, come girasoli appassiti, non mi sfiorò nemmeno. Mi sentii trattenere il respiro e accasciarmi a terra, senza fiato, benché di fiato non ne avessi bisogno. Forse era un puro riflesso umano, quello che mi stava accadendo. Forse era solo questo.
Forse sarebbe passato in fretta.
Illusa.
Ecco cosa ero, un’illusa. Illusa, sempre e comunque. Mi veniva quasi da ridere al suono di quella parola nella mia mente e a questo si mescolava la mia irrefrenabile voglia di piangere e mi sentivo distrutta, dilaniata, spezzata da qualcosa che non riuscivo a fermare.
Mi sedetti sulle scale, appoggiando la schiena al muro, facendo attenzione ad ogni mio gesto.
Sentivo ancora quella melodia, la sentivo dentro e fuori di me e mi ritrovai a trattenere il respiro ancora una volta, scossa da singhiozzi senza lacrime.
Non aveva senso piangere, non aveva senso affliggersi per una cosa così stupida … ma io mi sentivo distrutta e a nulla potevano valere i tentativi di Kate di farmi capire che c’era qualcosa di più importante, qualcos’altro che avrebbe potuto segnare la parola “fine” alla nostra vita. Non m’importava, in quel momento. Non m’importava affatto della mia vita, a dir la verità. Non m’importava neanche della vita di tutti quei vampiri che stavano nel salotto, ad essere sincera.
Egoista. Illusa. Egoista.
Le parole risuonavano intermittenti nella mia testa, assieme ai singhiozzi silenziosi, assieme allo sgretolarsi definitivo di un cuore che non batteva da un millennio.
La musica suonava ancora, i miei sensi di vampira percepivano le note chiaramente. Avrei potuto memorizzarle e suonarle io stessa, se non avessero fatto così male. Sapevo che cosa era quella canzone, sapevo cosa stava a simboleggiare. Sapevo che era irrimediabilmente legata a lei, a quell’umana che aveva fatto innamorare di sé l’unico vampiro che avessi mai amato e che l’aveva convinto a farla diventare una di noi.
Avrei voluto essere al suo posto.
E di me cosa era rimasto? Niente, vuoto assordante, melodia infranta, cuore spezzato.
Per troppo tempo ero stata in disparte, ad osservarlo, ad osservare ogni suo singolo movimento. Kate mi aveva più volte ripetuto che non era il caso di tormentarsi così per qualcosa che sarebbe stato impossibile. Non avevo subito già troppi rifiuti?
La verità è che io ero un girasole. Nient’altro che un debole e fragile girasole, mentre lui era il sole splendente, il mio sole. Seguivo ogni suo movimento, ogni sua azione e, quando lui spariva all’orizzonte, lasciando solo una scia infuocata del suo passaggio, mi chiudevo, la corona di petali si serrava attorno al mio fragile cuore.
Ma lui tornava sempre ed io rifiorivo, seguendo la sua scia bruciante.
Ma lui se ne andava anche. Sempre.
E poi la musica s’interruppe di colpo, quelle note terminarono a metà ed io rimasi in silenzio ad ascoltare il suono delle mie lacrime mai esistite.
«Tanya …» Sentii un sospiro, la sua voce che chiamava il mio nome. Non avrebbe dovuto farlo, Edward. Non avrebbe dovuto chiamare il mio nome con la sua voce. Serrai le labbra per trattenere un singhiozzo senza lacrime.  «Ti va di venire accanto a me?»
No! Non mi andava, non volevo, non volevo sentire il mio cuore sbriciolarsi ancora, tra il suono dei miei singhiozzi di cristallo e le note della melodia.
Edward doveva aver colto quei pensieri, perché lo sentii sobbalzare, un leggero spostamento d’aria attorno a lui, eppure non fu stupito quando gli arrivai vicino, con un sorriso falso e l’espressione calma.
Il vantaggio di essere vampiri era che potevo far finta di nulla, il mio volto di pietra non avrebbe tradito alcuna emozione, non avrebbe rivelato nulla dei miei sentimenti.
I miei pensieri sì, invece. Quelli facevano rumore, quelli li poteva sentire a metri di distanza.
«Edward» mormorai, con un sorriso falso. Lui mi fece posto sul sediolino del pianoforte con il mio stesso sorriso teso. Fissava lo strumento davanti a lui, ma le sue mani non erano sui tasti d’avorio e d’ebano. Le braccia erano abbandonate lungo i fianchi, inerti. «Cosa suoni? » chiesi, benché lo sapessi benissimo.
Sentii qualcosa che, dentro di me, s’incrinava, per l’ennesima volta, ma finsi di non accorgermene. Come sempre, come al solito.
«Non suonavo da quando Alice se n’è andata. Mi fa uno strano effetto toccare questi tasti e non sentire la sua voce» .
Lo fissai, senza parlare. Il suo volto ardeva, era bruciato da una disperazione così profonda che non esitai un attimo prima di prendere la sua mano, abbandonata sul bordo del sediolino, fra le mie. Mi era sembrato un gesto naturale, da amica quale ero.
«Mi dispiace averti inflitto così tanti colpi, Tanya» sussurrò, guardando le nostre mani intrecciate. La sua espressione era addolorata, sinceramente dispiaciuta. Ma con le sue scuse non potevo ricucire il mio cuore. «Ho approfittato della tua gentilezza troppe volte e tu non mi hai mai cacciato via. Non so come tu faccia a trattenerti dal farlo»
Sospirai e sciolsi la stretta delle nostre mani. Non volevo sentirlo parlare così, non mi avrebbe fatto bene. Ammesso che fossi sopravvissuta, certo. Se Edward non mi avesse detto nulla, se lui fosse stato in disparte con la sua famiglia felice, con la sua bellissima moglie e la sua bellissima figlia per cui stavo anche rischiando la vita … forse non mi avrebbe fatto così male. Ma sentirlo chiedere scusa, con quel tono di voce tormentato … era stato troppo.
Probabilmente, se fossi uscita viva da lì, non sarebbe stato facile dimenticare tutto.
Lui ascoltò in silenzio la piega che stavano prendendo i miei pensieri. Mi alzai, lasciai la postazione accanto a lui e lo guardai dal pianoforte, la sua espressione seria e mortificata, i suoi occhi d’ambra che mi fissavano, come fiamme ardenti.
«Mi dispiace. Davvero»
Non so che farmene delle tue scuse, Edward. E lo sai.
Annuì in silenzio e tornò a fissare il pianoforte, come rapito.
«Sei fin troppo comprensiva, Tanya. Non mi stupirei, se tu dicessi che ti sei stufata di me» sorrise, amaro. Non era il sorriso a cui ero abituata, non era il sorriso che amavo.
Potrei anche dirlo, ma non sarebbe la verità.

Sorrise leggermente, gli angoli della bocca si curvarono verso l’alto. Mi si scaldò il cuore, a questa visione. Il suo sorriso. Debole, esitante, un pallido riflesso del vero sorriso … eppure era lì, a far capolino da quelle labbra cadaveriche.
«Dove è Bella? » chiesi, interessata. Tanto valeva parlare, ormai. Non sarebbe servito a niente rinchiudersi in quel mutismo doloroso.
«Da suo padre, con Renesmee e Jacob» rispose, guardando fuori dalla finestra. «Mi stupisce come lei possa condurre la sua normale esistenza umana come se non fosse successo nulla» Portò il suo sguardo dorato su di me e mi fissò, con quell’espressione d’adorazione che avevo visto molte volte sul suo viso da quando ero arrivata in quella casa. «Credevamo che avrebbe dovuto rinunciare a tutto … eppure, eccola, a vivere la sua vita come se nulla fosse cambiato. Mi stupisce».
Abbozzai un sorriso rassegnato.
«Lei ti stupisce sempre» mormorai. Non era una domanda, sapevo la verità, la leggevo nel fondo dei suoi occhi ardenti. E faceva male, sì, certo che faceva male.
«Già» soffiò lui, in risposta, sorridendo intenerito. Se il mi cuore non fosse stato già sbriciolato, dubitai che sarebbe sopravvissuto a quel sorriso. «La amo proprio per questo, per la sua capacità di stupirmi»
Trattenni il fiato.
Illusa. Illusa. Illusa.
Sentii il solito dolore familiare all’altezza di un cuore che non batteva da secoli. Stupida, stupida Tanya.
Cosa credevi di fare? Maledizione, si è sposato, sua moglie è diventata una meravigliosa vampira ed hanno una figlia speciale per cui stai anche rischiando la vita. Davvero ti sei illusa fino a questo punto? Non hai capito la verità? Sarai sempre e solo il girasole. Niente più.
«Mi dispiace, Tanya» sentii la sua voce, un sussurro impercettibile tra i pensieri che mi affollavano la mente. Scossi la testa, trattenendo ancora il respiro senza sapere per quale ragione, e sorrisi, amara.
«E’ colpa mia, Edward» mormorai, un sussurro così basso che mi chiesi se mi avesse sentito. Sapevo che potevo semplicemente pensare e lui avrebbe capito lo stesso, ma sentivo che erano parole che dovevo dire a voce, che dovevo sentire pronunciate dalle mie labbra. «Non sono capace di farmene una ragione. Sono stupida»
«Non sei obbligata a rimanere»
Non aveva idea di quanto avrei voluto fuggire via, scappare nella notte, correre lontano da quella casa per non tornarvi più, ma non potevo. Dovevo seguire la sua scia.
«Mi sono presa una responsabilità, Edward. Ho dato la mia parola. Non me ne andrò per un motivo tanto stupido» risposi, irrigidendomi. Lo fissai, gli occhi che bruciavano di lacrime mai esistite.
«Lo so. Ti conosco» abbozzò un sorriso, uno di quei sorriso indecifrabili così tipici di Edward. Lo amavo, per quei sorrisi indecifrabili, ma dovevo farmene una ragione.
«Ci sarò, rimarrò qui fino a quando non finirà la battaglia. E poi non mi vedrai più, non ti condannerò ad ascoltare ancora i miei pensieri, non dovrai più sentirti a disagio per colpa mia» sussurrai, fissando il pianoforte con sguardo rassegnato, ma la mia voce era dura, inflessibile. Sembrava che non fosse minimamente incrinata dai singhiozzi che mi squarciavano il petto. «Sarà come se non fosse mai successo nulla. Lo prometto».
Sobbalzò a quelle parole, mi guardò con gli occhi d’oro impenetrabili e sospirò, rassegnato.
«Grazie. Non te lo avrei chiesto, Tanya, lo sai» mi disse, guardandomi serio. Annuii, trattenendo il respiro che non mi serviva a nulla.
«Lo so. Ti conosco» ripetei la sua frase di qualche minuto prima e lui sorrise, si lasciò andare, la tensione si sciolse un po’. Ne fui sollevata, non sarei riuscita ad andare avanti, se fosse rimasto teso con me.
Si alzò lentamente dal suo sediolino. Ogni gesto mi pareva che durasse secoli,ogni movimento era un’attesa snervante, che faceva male. Ed io lo seguivo. Sempre, come  al solito. Il mio sole.
Mi venne incontro e mi sorrise, a metà tra il rassegnato e l’amaro. Un sorriso che non conoscevo.
Era poco più alto di me e mi guardava con gli occhi d’oro colmi di tristezza. Mi prese le mani e sospirò; il suo odore mi fece rabbrividire e mi costrinsi a non respirare per un paio di minuti, per riprendere il controllo.
«Meriti una persona migliore di me, Tanya. Sei la vampira più incredibile che io abbia mai conosciuto e meriti qualcuno che sappia amarti davvero, qualcuno che non ti illuda»
Mi venne quasi da ridere. Quella che si illudeva, tra noi due, ero io, non lui.
«Perdonami»
Il suo sguardo bruciava di tutte le parole che non riusciva a dire, forse perché non esistevano.
Annuii, mordendomi le labbra per trattenere i singhiozzi. Il suo viso era preoccupato, forse in risposta alla mia espressione, ma non disse niente e si limitò a sospirare.
Fece un passo avanti e tese le braccia. Le sue dita sfiorarono la pelle scoperta del mio collo e indietreggiai, trattenendo a stento le lacrime che non avevo. Non volevo essere abbracciata, non volevo quel contatto.
Ammesso che fossi sopravvissuta all’indomani, avrei ricordato quell’abbraccio come qualcosa che non avevo mai avuto. E io gli avevo promesso che tutto sarebbe stato come se io non avessi provato mai nulla nei suoi confronti. Avrei dovuto smetterla di essere il girasole, avrei dovuto provare a dimenticare.
Il mio sole sarebbe tramontato. Per sempre.
E non sapevo cosa sarebbe rimasto di me
Edward mi sorrise, comprensivo e capii che sapeva ciò che stavo provando in quel momento. Restituii il sorriso, riconoscente. Sapevo che non ci sarebbe stato bisogno di parole, che lui avrebbe capito tutto.
Un sospiro e scappai via, velocissima. Non volevo sentire altro. Non volevo vedere altro. Mi fiondai sulle scale, come prima, e mi rannicchiai contro il muro, il cuore squarciato da singhiozzi.
Mi dispiace, Edward.
Dal salotto, la musica riprese.

Angolo Autrice


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Non riesco a credere che sia arrivata prima ad un contest, è incredibile. Specie poi con questa storia, che, sebbene mi fosse piaciuta scriverla, non immaginavo abbastanza buona per un primo posto ^^
Ringrazio di nuovo princess of vegeta6, che ha giudicato la mia storia – ora non ho il tempo per riportare i giudizi, ma lo farò successivamente.
Spero che vi piaccia ^^

   
 
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