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Autore: Tigre Rossa    03/10/2016    9 recensioni
“Sono venuto a prendere qualcosa che mi appartiene. O, per meglio dire, qualcuno. Siete voi il tutore della maestra Tigre, no?”
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Non si può fuggire dal proprio passato, per quanto oscuro possa essere. E quando quello di Tigre torna a reclamarla nella figura misteriosa e crudele di Shang Chiang, la giovane maestra è costretta ad abbandonare ogni sua certezza per un lungo viaggio verso l'Est e verso le sue origini. Un viaggio che dovrà affrontare solo con la guida di un paio di occhi di giada e il ricordo evanescente di un sacrificio coraggioso. Un viaggio da cui potrebbe non tornare.
TiPo- Non tiene conto degli avvenimenti di Kfp3
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Po, Shifu, Tigre
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 34 – Cicatrici del cuore

 

 


 

Si narra che l’usignolo amasse la rosa da abbracciarla così tanto che le spine gli trafissero il cuore.

Oscar Wilde

 

 

 

Po era seduto fuori dalla piccola casa, a guardare il sole che, ancora mezzo addormentato, si alzava per illuminare il cielo grigio, quando la piccola, stanca figura di un panda minore comparve tra la neve.

“Shifu!” esclamò, saltando in piedi ed andandogli incontro, felice di rivederlo.

Il piccolo maestro si strinse al suo bastone ed alzò lo sguardo verso l’allievo entusiasta, stanco per la lunga camminata ma deciso a non mostrarlo.

“Po. Com’è andata la nottata?” chiese subito, non volendo pronunciare quelle parole che gli premevano l’anima e gli stringevano il cuore. Come sta Tigre?

Il Guerriero Dragone, notando la preoccupazione riflessa nei suoi occhi freddi, si affrettò a tranquillizzarlo “Bene. Tigre è stata bene. Le sue condizioni sono rimaste stabili per tutto il tempo e, quando Li Shan non la svegliava per visitarla, dormiva come un angioletto.” rispose con un piccolo sorriso mentre ripensava alla felina addormentata accanto a lui, con la zampa intrecciata alla propria.

L’anziano sollevò un sopracciglio, sorpreso “Sei riuscito a farla addormentare?” domandò, certo che una cosa del genere fosse impossibile, conoscendo la sua pupilla.

“Ho usato un po’ di psicologia inversa, credo. E tanta, tanta fortuna.” spiegò il ragazzo, annuendo e grattandosi dietro l’orecchio “Comunque, adesso è dentro. Li Shan la sta visitando di nuovo.” aggiunse, indicando con un cenno della testa la casa ed indurendo senza accorgersene la voce nel nominare suo padre.

Gli occhi di ghiaccio di lui scattarono subito verso la piccola casetta, dove sua figlia, la sua bambina, riposava, finalmente salva e fuori pericolo “D’accordo.” mormorò, esitando un attimo prima di alzare nuovamente lo sguardo verso il suo allievo e mormorare piano ed una sincerità che fece tremare il cuore dell’altro “Grazie di esserti occupato di lei.”

Po trattenne appena il fiato, colpito dal suo tono e dalla luce che gli illuminava gli occhi “Non c’è bisogno di ringraziarmi. Davvero.” fu tutto quello che riuscì a dire, stregato com’era dall’emozione che leggeva sul suo volto “Andate da lei, ora. Io . . . aspetto qui.” aggiunse poi, tormentandosi le dita e guardandosi i piedi con un pizzico di imbarazzo.

Il panda rosso notò la sua esitazione ed inclinò appena la testa, lo sguardo attento e scrutatore “Sicuro che sia tutto a posto, Po?” domandò, studiando il suo volto.

Il giovane annuì, recuperando la sua sicurezza “Certo, maestro.” rispose deciso, per poi sorridergli con dolcezza “Ora entrate. Vi sta aspettando.”.

Shifu esitò appena un momento, certo che qualcosa non fosse a posto nel cuore del suo allievo, ma poi i suoi occhi furono di nuovo rapiti da quella casetta e non poté fare a meno che camminare verso di essa ed entrare, sotto lo sguardo intenerito di Po.

Appena aprì la porta, cercò subito Tigre con gli occhi e là trovò lì dove l’aveva lasciata, seduta nel proprio letto, con al suo fianco Li Shan che finiva di fasciarle nuovamente la spalla.

La felina alzò lo sguardo su di lui e subito il suo volto si illuminò, anche se in modo quasi impercettibile, e gli angoli della sua bocca si sollevarono in un piccolo ma prezioso sorriso “Maestro.” mormorò appena, con tono affaticato ma dolce.

A quel richiamo esitante, il vecchio si precipitò al lato libero del letto, la stanchezza improvvisamente dimenticata  “Come ti senti, Tigre?” chiese, preoccupato di vederla così debole nonostante le rassicurazioni di Po.

“Meglio.” rispose semplicemente la ragazza, stringendosi appena nelle spalle “Avete visto i ragazzi? Stavano tutti bene? Qualcuno era ferito?” domandò subito dopo, con un pizzico di ansia nella voce.

Oh, Tigre . . . sempre a pensare agli altri, e mai a te stessa. pensò il maestro con affettuosa rassegnazione, nel vedere la figlioccia così preoccupata per la sorte dei suoi amici. “Stanno tutti benissimo.” la rassicurò “Erano solo terribilmente preoccupati per te. Avrebbero voluto correre subito qui, ma fortunatamente mi hanno ascoltato. Ti mandano tutti il loro affetto e pregano che tu ti riprenda presto. Erano davvero terrorizzati all’idea di perderti.”

Quell’ultima frase sembrò colpire la guerriera come un pugno nel petto, perché trasalì appena  e strinse le labbra tra loro, prima di mormorare con voce roca “Io . . .”

Li Shan si alzò in piedi, pulendosi le zampe con un panno pulito “Qua ho finito, Shifu.” disse, con voce secca “Passerò a controllarla attorno a mezzogiorno, ma prima di quell’ora dovrete cambiarle la fasciatura.” aggiunse, lanciando uno sguardo alla felina che al panda minore non piacque affatto. Si costrinse, però, ad ignorarlo ed invece ad annuire, come se non avesse letto l’ostilità nei suoi occhi “Va bene. Vi ringrazio ancora, mastro Li Shan.”.

Questi se ne andò silenziosamente, come se le sue parole non l’avessero nemmeno sfiorato, e solo quando fu uscito Shifu si sentì abbastanza sereno da lasciare andare il suo bastone e stringere tra le vecchie mani tremanti quelle fredde di Tigre.

Era con sua figlia, adesso, e non avrebbe permesso più a nessuno di portargliela via.

Nemmeno alla morte.

 

~~~~΅΅~~~~

Il leopardo andava avanti ed indietro, come una bestia in gabbia, i grandi occhi gelidi che scattavano ad ogni singolo rumore, in silente attesa. Non era mai stato bravo ad aspettare, abituato com’era ad avere sempre e subito tutto quello che voleva, e restare lì, rinchiuso in quella locanda vuota e fetida, ad aspettare come una persona qualsiasi era qualcosa che andava contro la sua natura. Ma sapeva di dover stare nascosto ed attendere, almeno fino a quando . . .

La porta si aprì di scatto, con un tonfo che lo fece scattare verso di essa in meno di un battito di ciglia. Sull’uscio stava un bandito con una brutta ferita sanguinante al alto della testa, gli occhi pieni di rabbia e di dolore, e dietro di lui stavano tre o quattro compagni, malconci e coperti di sangue.

Il giovane gli fece segno di entrare, con frettolosa noncuranza. “Perché ci avete messo tanto?” sbottò sdegnato, appena il capo del piccolo gruppo ebbe chiuso la porta alle loro spalle.

Il lupo si tolse la maschera che gli copriva il volto “Abbiamo fatto più in fretta possibile, mio signore.” borbottò in risposta, trattenendo a stento un ringhio.

“Allora?” chiese con urgenza Shen Te, sorvolando solo temporaneamente sul tono arrogante del mercenario.

“Li abbiamo presi alla sprovvista, ma hanno opposto una forte resistenza.” rispose questi dopo un momento di silenzio, misurando bene il tono e facendo attenzione alle proprie parole “Il nostro arciere migliore ha mirato al panda con la freccia avvelenata, ma . . .” si fermò, come se avesse paura di ciò che non riusciva a dire.

Quell’esitazione non piacque al giovane principe, che tirò fuori gli artigli di una zampa e ringhiò “Ma?”

Il lupo si costrinse a continuare, distogliendo lo sguardo “Ma la ragazza, la tigre, si è messa in mezzo. La freccia l’ha colpita al suo posto.”

“Che cosa?!” ruggì il leopardo, furioso. I banditi indietreggiarono appena, spaventati da quella furia e dal gelo mortale dei suoi occhi freddi, ma il loro capo si limitò a guardarlo mentre con una zampata spaccava la finestra dietro di lui. Il ragazzo ritirò la zampa e la vista del suo stesso sangue sembrò calmarlo, seppur di poco, poiché sibilò con voce velenosa e più fredda del ghiaccio “Vi avevo dato un compito molto, molto semplice, e voi mi avete deluso.”

Questo fece infuriare il lupo, che non riuscì più a controllarsi “Semplice? Ci avete mandati ad assalire i Cinque Cicloni ed il Guerriero Dragone!” esclamò con rabbia, allargando le braccia e facendo uscire tutta la sua furia per essere stato ingannato ed aver portato i suoi uomini incontro al massacro “Credete davvero che non ce ne saremmo resi conto? Ci avete pagati per uccidere uno dei più grandi maestri kung fu dell’intera Cina nel modo più doloroso e subdolo possibile! Ho perso metà dei miei uomini, e quelli rimasti sono feriti gravemente. Abbiamo rischiato tutto, tutto, per una manciata di denari. E voi osate definire il vostro ordine semplice, vostra maestà?” pronunciò quell’ultima parola sputando per terra con tutto l’astio e l’odio possibile, la ferita alla tempia che gli pulsava e gli occhi stanchi che bruciavano.

Il giovane gli lanciò uno sguardo gelido e calcolatore, per poi voltarsi verso la sua sacca ed iniziare ad armeggiare con i lacci “Voi avete accettato la mia richiesta e le mie condizione, e non potete farmi una colpa se non siete stati capaci di svolgere a dovere il vostro compito.” fu la sua fredda e vuota replica. Tirò fuori dalla sua borsa un sacchetto colmo di monete e si voltò nuovamente verso il piccolo gruppo, lanciando l’oro al capo “Lì c’è il doppio della somma pattuita, per quanto non ne meritereste nemmeno la metà. Mantenete il silenzio su quello che avete fatto e dimenticherò la vostra arroganza.” ordinò, mentre il mercenario apriva il sacchetto per controllare i soldi “I vostri servigi non mi sono più di alcuna utilità. Andatevene e non fatevi più vedere.”

Il bandito rialzò lo sguardo su di lui, uno sguardo colmo di indignazione e di rabbia, ma non disse nulla e, dopo aver fatto un cenno ai suoi compagni, se ne andò con loro com’era venuto.

Il leopardo si appoggiò contro la finestra rotta e li seguì con lo sguardo fino a quando questi non scomparvero tra le ombre della città, credendo di essersi lasciati anche quel lavoro alle spalle.

Poveri illusi.

Se pensavano davvero che li avrebbe lasciati andare nonostante conoscessero la sua identità e quello che aveva fatto, erano più stupidi del suo vecchio padre. Sembravano spaventati, certo, ma non poteva lasciare che ritrovassero il loro coraggio di fronte alla possibilità di un nuovo guadagno. E, a giudicare dal suo sguardo furioso, il loro capo non avrebbe aspettato molto per ripagarlo dei quel gioco pericoloso costato tante vite. E lui non poteva rischiare uno scandalo del genere, non ora che era ad un passo dal trono. Doveva trovare qualche altro mercenario e chiudergli la bocca per sempre. Ma ci avrebbe pensato poi.

Adesso, tutto quello che riusciva a pensare era Tigre. Tigre, con i suoi occhi ardenti e quel cuore fragile e d’acciaio insieme, che tanto aveva desiderato e tanto a lungo aveva maledetto. Tigre, che non era mai riuscito a conquistare, a rendere sua, ma anzi l’aveva umiliato e piegato come se fosse solo un semplice popolano. Tigre, che aveva preferito il kung fu a lui. Tigre, che era morta a causa sua.

Shen Te si ritrovò a stringere i pugni, mentre fissava il sole salire nel cielo, tinto delle stesse sfumature dei suoi occhi di fuoco. Aveva fatto di tutto per poterla avere al suo fianco, per possedere quella superba dea guerriera e poterla chiamare sua. Si era prestato a maschere, recite e suppliche, ma niente era riuscito a piegare quel cuore di ferro. Lei si era opposta, scegliendo qualcosa che per lui era inconcepibile; una vita di lotta, di sangue, di servizio e di morte. Una vita da combattente, quale lei era, e che non ammetteva nient’altro che onore. Si era negata a lui, aveva osato negarsi a lui, il Principe Ereditario, il futuro Imperatore, il Collezionista di Cuori.

E lui non l’aveva accettato.

Aveva deciso di punirla per la sua impudenza, la sua testardaggine, il suo rifiuto. Era arrivato di corsa in città e comprato alcuni dei migliori mercenari presenti in zona. Aveva chiesto loro di recarsi sulla strada principale e di aspettare un gruppo di otto persone tra cui avrebbero trovato un panda, di attaccarlo e di colpire quest’ultimo con il veleno più doloroso e letale a loro disposizione.

Era stata un’idea crudele, nata da un orgoglio ferito e da un cuore malato e bisognoso di controllo e potere, un’idea che aveva trovato diabolicamente perfetta.

Come poteva far soffrire Tigre nel modo più atroce e doloroso possibile? Come punirla per aver osato dirgli di no? Come poteva vendicarsi di averle negato quello che, lui lo sentiva, gli spettava di diritto?

La morte, per lei, sarebbe stata troppo poco. Qualche flebile, fragile momento di sofferenza, e poi tutto sarebbe svanito. Nessun altro l’avrebbe mai avuta, questo era vero, ma per lei era una pena così breve, una punizione che avrebbe sopportato senza emettere nemmeno un lamento. No, non era la sorte giusta, per lei. La conosceva abbastanza da sapere che non temeva la morte; piuttosto si sarebbe gettata tra le fiamme di sua volontà, se avesse dovuto fare una scelta.

Quindi, cosa poteva darle più dolore? Cosa poteva portarla ad urlare al cielo e maledire gli dei, per poi sciogliersi in lacrime dal sapore amaro? Cosa poteva spezzare il cuore che non era riuscito ad ottenere, distruggendolo per sempre?

Oh, l’aveva studiata così bene, quando erano appena due ragazzini inesperti, che trovare la risposta fu addirittura elementare.

Vedere chi amava soffrire e morire davanti a lei ed a causa sua. Perdere una persona a lei cara senza poter fare nulla per impedirlo. Ecco cosa l’avrebbe uccisa davvero. Ecco che cosa avrebbe distrutto il suo cuore libero ed orgoglioso.

Ma chi colpire?

Forse Scimmia e Gru, che con i loro sospetti e la loro fare protettivo avevano distrutto i suoi piani anni prima? Forse Mantide e Vipera, per lei più vicini di un fratello e di una sorella? Forse Shifu, il caro, vecchio Shifu, che nonostante tutti i suoi sbagli aveva una figlia devota che piangeva lacrime di sangue per la sua freddezza?

Poi, era arrivata l’illuminazione.

Avrebbe ucciso lui. Avrebbe ucciso quello stupido panda che si era intromesso tra di loro, allontanandola per sempre da lui e rubando il suo cuore quasi senza che lei se ne accorgesse, privandolo di quello che avrebbe dovuto essere suo per diritto.

Sì, avrebbe ucciso il panda nel peggiore dei modi. L’avrebbe lasciato, morente e disperato, emettere i suoi ultimi respiri tra le braccia tremanti di Tigre, stretto tra le fiamme ardenti e nere del veleno.

Avrebbe privato la sua Lien del proprio Loto, proprio come nella leggenda. E chissà, dopo sarebbe riuscito comunque a reclamarla come sua, in un modo o nell’altro, una volta salito sul trono.

Ma, nel frattempo, si sarebbe limitato a spezzarle il cuore.

In fondo, glielo aveva promesso, no?

“Dovresti sapere come vanno a finire le cose, per quegli innamorati sventurati. Dubito che tu voglia che anche la vostra, di storia, finisca in quel modo.”

 “Osa anche solo sfiorarlo, e ti farò rimpiangere di non essere morto il giorno dell’assalto.”

“Non lo farò, se tu accetterai di venire con me nella Città Proibita e sedere accanto a me sul trono. Rifiutati, e farò in modo che al tuo panda succeda qualcosa di molto, molto spiacevole. A te la scelta.”

“Vattene. Se tornerai a cercarmi di nuovo o se toccherai anche solo con un dito qualcuno a me caro, ti ucciderò. Sul serio, questa volta.”

“Hai fatto la scelta sbagliata, Tigre. Godetevi questi momenti. Potrebbero essere meno di quanto immaginiate.”

Pagherai per questo, Tigre aveva pensato, prima di lasciarla per l’ultima volta. Ed aveva pagato, seppur non nel modo che lui avrebbe voluto.

“Stupida, stupida, coraggiosa ingenua.” si ritrovò a mormorare, mentre di fronte ai suoi occhi scorrevano, chiari come ricordi, le immagini di Tigre che si lanciava di fronte al suo Po, per proteggerlo da quella freccia che avrebbe segnato la sua sorte, e per sempre. Non doveva andare così pensò, con un pizzico di sconosciuta malinconia Sei stata tu a scegliere questo destino, Tigre. E’ stata solo colpa tua. Tua, e del tuo cuore senza catene, che non ha voluto piegarsi nemmeno a questo.

Si era vendicato, questo era vero, ma non ne modo in cui avrebbe voluto.

Alla fine, lei era riuscita comunque a batterlo, seppur di poco. Era riuscita a sottrarsi a lui ancora una volta.

L’unica cosa che gli rendeva sopportabile il pensiero della sua vendetta sfumata era l’immagine di Tigre morente tra le braccia di quello stupido panda, che si disperava al suo posto e malediva il suo nome, la consapevolezza di aver spezzato quel legame e di aver interrotto il battito di quel cuore che non era riuscito a conquistare.

L’idea di aver comunque potuto sottrarre la ribelle Lien ed il suo Loto l’uno all’abbraccio dell’altra.

Seguì pigramente il lento sorgere del sole con lo sguardo, mentre immagini del passato che aveva provato a dimenticare gli riempievano la mente, soffocandola. Tigre ragazzina che arrossiva nell’incrociare il suo sguardo, Tigre che si batteva contro una banda di malviventi, Tigre che massacrava il suo sacco d’allenamento mentre lui le parlava di suo padre. Tigre che gli sorrideva. Lui che le infilava un fiore di loto dietro l’orecchio. Lui che le sfiorava la coda, e lei che glielo permetteva, seppur tremando. Tigre e il suo viso severo, ma gli occhi da bambina inesperta ed ingenua e quelle labbra, oh, quelle labbra . . .

Con un sospiro, Shen te si lasciò cadere sul materasso del suo letto, fissando il nulla.

L’unico suo rimpianto era non essere mai riuscito a sfiorare quelle labbra e sapere che non avrebbe mai più potuto farlo.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Shifu scosse appena la testa per l’ennesima volta, cercando di tenere gli occhi aperti.

Erano ormai più di due giorni che non riposava e, nonostante fosse abituato ai sacrifici corporali, la paura e gli sforzi che aveva dovuto affrontare fino a quel momento adesso lo chiamavano con le loro voci da sirene, invitandolo al sonno, alla quiete, al riposo, per quanto egli tentasse di combatterli.

Tigre, che aveva ormai notato da un po’ l’eccessiva stanchezza del panda minore, vide in quell’ennesimo gesto la prova che cercava. Il suo maestro aveva bisogno di riposare, lo sapeva bene. Avevano trascorso dei momenti sfiancanti e terribili, e quello che ne aveva sofferto di più era certamente lui. Aveva veramente bisogno di riposare, ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Non l’avrebbe lasciata anche solo per dormire qualche ora, non dopo averla quasi persa per sempre. E, per quanto questo la toccasse profondamente, sapeva di non poter lasciare che si sfiancasse così.

“Maestro, siete distrutto.” mormorò gentilmente ed a bassa voce, con una delicatezza che quasi non ricordava d’aver mai avuto “Andate a dormire.”

Il vecchio si voltò verso di lei, stupito da quella richiesta così improvvisa “Cosa? Sciocchezze, sto benissimo.” ribatté, stringendo appena il suo bastone e cercando di non sbadigliare.

Po, che era seduto dall’altro capo del letto ed avendo notato anch’egli la stanchezza del panda minore, venne in aiuto dell’amica “Davvero, Shifu. Dovreste riposare. Sono secoli che non chiudete occhio. Qui accanto c’è una casetta vuota dove potete stare per quanto vorrete. Vi farà bene dormire un po’.”.

Il panda rosso fulminò l’allievo con lo sguardo “Tu non ti intromettere, panda.” sibilò con voce severa.

“Ma è vero!” esclamò l’altro, un po’ contrariato “Io almeno questa notte ho potuto dormicchiare, tra un controllo e l’altro, ma voi vi siete fatti di nuovo tutto il viaggio di andata e ritorno. Dovete essere stanco!”

La felina continuava a guardare il padre adottivo, con una dolcezza mista ad esasperazione che colse l’anziano del tutto impreparato “Baba, per favore.” mormorò, cercando i suoi occhi con i propri.

Il genitore deglutì nel sentirsi chiamare in quel modo e nel vedere l’affetto riflesso in quegli occhi di fuoco e fu costretto ad abbassare lo sguardo per non farle vedere quanto quella luce, quella preghiera, quella parola l’avessero toccato come da tanto non succedeva.

“Io . . . oh, d’accordo.” cedette,  lasciando sfuggire un sospiro. Si alzò afferrando fermamente il suo bastone e rivolgendosi al guerriero, che li guardava stupito “Li Shan verrà a controllarla per mezzogiorno, ma dovrai cambiarle la fasciatura prima che arrivi. Sai farlo?” intimò, tentando di mantenere il controllo della propria voce.

“Certo.” annuì subito il panda, temendo che potesse cambiare idea di fronte al minimo cenno di esitazione “Andate, ora.”.

Shifu allora si allontanò, ma solo dopo aver sfiorato con le punta delle dita la zampa della figlia adottiva ed aver accennato ad un piccolo sorriso. Tigre lo seguì con lo sguardo fino a quando questi non si chiuse silenziosamente la porta alle spalle, lasciandoli da soli. Solo allora si voltò verso Po, che la guardava intenerito dalla dolcezza nel suo sguardo.

“E da quando tu sapresti cambiare una fasciatura?” chiese, sollevando un sopracciglio in modo critico ed appena un po’ curioso.

Il guerriero si strinse nelle spalle “Dopo lo scontro con Lord Shen ho chiesto a Mantide di insegnarmi qualcosa sul primo soccorso.” spiegò, molto semplicemente, improvvisamente grato alle pazienti lezioni del piccolo insetto “Non so fare ancora molte cose, ma cambiare una fasciatura è stata la prima cosa che mi ha insegnato.”.

Quella risposta parve incuriosire la ragazza, che assottigliò lo sguardo e domandò ancora “Come mai?” .

Po si grattò appena la testa, cercando di recuperare i ricordi di quelle prime, sudate lezioni “Beh, ancora non l’ho capito, ma credo che sia perché . . .” iniziò a borbottare, per poi essere interrotto dalla compagna.

“No, intendevo come mai gli hai chiesto di insegnarti.”

Ah. Ecco. Quella era probabilmente una delle domande a cui il ragazzo non avrebbe mai voluto rispondere. Si ritrovò a mordersi l’interno della guancia, mentre cercava di decidere se ammettere la verità o meno. Ma dopotutto, non poteva mentirle per sempre, no?

“Non volevo trovarmi più nella situazione di avere davanti a me un amico ferito e non sapere come aiutarlo. Mi è bastato già una volta.” mormorò con voce roca, abbassando lo sguardo sulle proprie zampe strette in pugni . Ripensò a quando aveva visto Tigre in mezzo all’acqua, così debole e ferita da sembrare morta, ed il suo cuore si strinse in una morsa d’acciaio e di fiele. Quel giorno aveva giurato a se stesso di non permettere mai più che una cosa del genere accadesse di nuovo, che qualcuno vicino alla sua anima rischiasse la vita per lui. Ma eccolo lì, di fronte all’ennesimo fallimento, l’ennesima ferita, l’ennesimo miracolo che non avrebbe mai dovuto essere necessario.

Tigre sembrò capire, perché allungo una zampa a sfiorare la sua, un gesto d’affetto che mai, prima di quel momento, le aveva visto fare spontaneamente e che ebbe la forza di risollevarlo, anche se solo un pochino.

I due rimasero in silenzio per un po’, le zampe unite ed i cuori vicini, fino a quando la maestra non si costrinse a fare un’altra domanda, che le bruciava nella mente già da un po’ “Perché continui ad uscire dalla stanza ogni volta che entra Li Shan?”.

Quella domanda colse alla sprovvista il panda ancora di più della precedente ed, in uno scatto spontaneo, egli spostò la zampa lontano dalla sua, pentendosene subito. Tentando di non mostrare alcuna emozione e di sembrare eccessivamente bugiardo, si affrettò ad inventare una scusa più o meno passabile.

“Vi lascio la vostra privacy.” fu tutto quello che gli venne in mente, e la felina gli lanciò uno sguardo talmente eloquente che gli fece alzare gli occhi al cielo in un moto di esasperazione “E va bene. Lo sto evitando.” ammise, odiando per un momento la sua abilità di leggergli dentro come se fosse un libro aperto.

“Perché?” insistette, apparentemente per nulla sorpresa dalla sua risposta.

Po scattò, incredulo ed un po’ alterato “Come perché?” esclamò, gli occhi di giada improvvisamente ardenti “Ti ha insultata! Ti ha trattata come se fossi un pericolo, un mostro!”

Tigre non si tirò nemmeno indietro, fronteggiano quello scoppio improvviso con la sua solita calma “Te l’ho già detto. Io sono pericolosa. E poi . . .” abbassò appena lo sguardo, ma non sulle proprie zampe come soleva fare quando era tesa, bensì sul medaglione che portava al collo, quello datole da Shang Chiang e contenente tutto ciò che le restava di sua madre.

Il panda notò il suo sguardo e la sua esitazione, e le braci nei suoi occhi si attenuarono appena “E poi cosa?”

La guerriera si mordicchiò appena il labbro, prima di trovare il coraggio di parlare “Probabilmente non lo sai, ma . . . tigri e panda non sono proprio in rapporti amichevoli, diciamo.”

“Cosa stai dicendo?” insistette lui senza capire, aggrottando la fronte.

Prese un respiro profondo, sfiorando con le dita il medaglione, quasi senza accorgersene “Noi . . . tutti i libri che ho consultato dicono . . . dicono che le nostre due specie sono nemiche.” sussurrò, evitando il suo sguardo “Ci sono stati conflitti, lotte , uccisioni. Storie brutte. Più volte i panda sono stati costretti a scappare dai propri villaggi per non essere uccisi tutti da . . . quelli come me.” Pronunciò ogni singola parola come se le facesse male dentro, e solamente alla fine ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, ma solo di poco “Per cui, come puoi biasimarlo se vuole allontanarmi dalle poche persone che è riuscito a salvare da Shen? Come puoi biasimarlo se vuole allontanarmi da te?”

Il Guerriero Dragone scosse con decisione la testa, cercando con gli occhi di giada quelli spenti di lei “Posso eccome.” ribatté con forza, ma al contempo con dolcezza “Non mi importa cosa è successo tra i nostri popoli in passato, non mi importa se i nostri antenati si sono fatti la guerra. Tu non sei come loro e, come ti ho già detto più di una volta, non ho paura di te. Non posso averne. Per cui, chiunque ti insulti per me è molto più che ‘biasimabile’. Chiunque. Anche mio padre.”

A quelle parole, la felina alzò lo sguardo, gli occhi appena appena illuminati, ma con la stessa decisione della notte prima “Li Shan ha accolto un nemico nel suo villaggio. Mi ha accolta tra la sua gente. Chiunque altro mi avrebbe lasciata a morire in mezzo alla neve. Ma lui mi ha aiutata. Non si merita questo trattamento. Non si merita di perderti di nuovo per una cosa del genere.” disse, senza distogliere lo sguardo dal suo “Mi prometti che gli parlerai?”

Il giovane deglutì, non sapendo cosa dire. Ai suoi occhi, Li Shan non aveva scusanti, nonostante tutto quello che lei gli aveva detto. Nonostante fosse suo padre. Anzi, sopratutto perché era suo padre. “Io...”

Tigre lo interruppe, l’urgenza e la preghiera nella sua voce “Po, è tuo padre. E mi ha salvato la vita.”

Il ragazzo chiuse gli occhi. Non poteva perdonarlo. Non poteva, e basta. Ma . . .

“D’accordo, gli parlerò.” mormorò, cedendo per l’ennesima volta “ Te lo prometto.”

 

~~~~΅΅~~~~

 

Vipera uscì piano dalla sua stanza, cercando di non fare rumore. Il gruppo aveva trovato ospitalità in una piccola e sporca locanda pressappoco deserta ed aveva affittato tre stanze –una per lei, una per Shang Chiang ed una per i ragazzi- ma, nonostante la stanchezza, la ragazza non riusciva proprio a dormire. Così, aveva pensato di scendere di sotto e vedere se la locandiera aveva già iniziato a cucinare qualcosa per la colazione, per quanto dubitasse che in quel posto ci fosse qualcosa di commestibile.

Ebbe un piccolo moto di sorpresa nello scorgere a pochi passi dalle scale un figurina verde dall’aria più che familiare.

“Mantide?” chiamò l’amico, facendolo sobbalzare e girare verso di lei. L’insetto aveva l’aria stupita tanto quanto lei, ma si riprese in fretta e gli fece un segno di saluto.

“Anche tu sveglia, eh?” chiese, quando gli fu abbastanza vicina.

La ragazza annuì appena “Non riuscirei mai a dormire, dopo tutto quello che è successo.” rispose, mentre le mente volava a Tigre, Tigre che cadeva a terra con una freccia nella spalla, Tigre ferita, Tigre sospesa tra la vita e la morte. Tigre, che gli Dei avevano avuto la clemenza di salvare. Tigre, la sorella che aveva rischiato di perdere. Si costrinse a strapparsi via da quei pensieri e, con forzato entusiasmo, aggiunse “Scimmia e Gru invece stanno ancora ronfando immagino, alla faccia nostra.”.

Mantide fece una smorfia “No, invece. Quando siamo arrivati ho provato a dormicchiare un po’, e mentre cercavo di addormentarmi li ho sentiti uscire parlottando tra loro. Ho pensato che forse stavano scendendo di sotto, anche se mi sembrava strano, e quando il sonno non è arrivato ho pensato di andarli a cercare.”.

La guerriera aggrottò la fronte, confusa “Non è da loro comportarsi così . . .” commentò, pensierosa “E’ da un po’ che cercano di stare alla larga da tutti e restano da soli a parlare animatamente ed a guardare il resto di noi come se facessimo tutti parte di una grande cospirazione segreta. È strano.”

“L’ho notato anche io.” concordò il compagno, iniziando a scendere le scale mentre l’altra lo seguiva “Non è un atteggiamento che mi sarei mai aspettato da loro, lo ammetto. E’ . . .” si bloccò a metà frase ed i suoi occhi scattarono verso la sala in basso dove, seduti ad un tavolo, Scimmia e Gru stavano discutendo, a bassa voce me con un’intensità non indifferente.

“Due settimane. Da soli. Loro due, da soli.” stava borbottando Scimmia, con un tono di voce talmente preoccupato da mettere i brividi.

“Non accadrà niente, vedrai.” cercò di rassicurarlo l’amico, seppur nemmeno la sua voce suonasse tanto tranquilla “Ha appena rischiato di morire e . . .”

“Sì, di morire per lui. Per lui ed al posto suo. L’abbiamo visto tutti, no? Si è lanciata di fronte a lui per proteggerlo da quella dannata freccia! Ha rischiato di morire per salvare lui!” sbottò con ardore il primate, gli occhi che lanciavano lampi “E tu pensi ancora che non ci sia niente dietro?”

“Shh, abbassa la voce! Vuoi che ti senta tutta la locanda?” lo zittì l’altro, allarmato, per poi lanciare nervosi sguardi alle sue spalle. Quando vide i due compagni fermi sulle scale si voltò di scatto verso di loro, inorridito, e l’amico, seguendo il suo sguardo, si congelò letteralmente sul posto.

“Vipera, Mantide.” balbettò Gru, non sapendo bene cosa dire “Pensavamo che stesse dormendo.”

La maestra scosse la testa, scendendo velocemente gli ultimi gradini rimasti. “No, invece.” rispose, con voce dura, mentre l’insetto la seguiva, silenziosamente ma con la stessa ansia nel cuore “Di cosa stavate parlando?”

“Niente.” fu la secca risposta di Scimmia, deciso a non pronunciare più nemmeno una parola.

Il volatile gli lanciò uno sguardo cauto e bisbigliò, con un pizzico di esitazione “Scimmia, forse è il caso . . .”

“No.”

“Ragazzi, mi state facendo preoccupare.” intervenne Mantide, scempiando uno sguardo con la compagna “Ci state facendo preoccupare. Diteci tutto, ora.”.

Gru boccheggiò, incerto su cosa dire “Noi . . .” cercò gli occhi dell’altro, alla ricerca di aiuto e sostegno.

“Che cosa succede?” insistette Vipera, con un tono e una preoccupazione negli occhi ai quali non si poteva non rispondere.

Scimmia si voltò verso l’amico, cercando sicurezza nel suo volto, e dopo qualche secondo di esitazione e di lotta chiuse gli occhi, sospirò e cedette.

“Si tratta di Po e Tigre.”

 

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Po scrutò con attenzione il cielo dalla piccola finestra della casetta, per poi tirarsi dietro e richiuderla in modo che non entrasse aria fredda.

“È quasi mezzogiorno, a giudicare dal sole.” disse piano alla felina, che era a metà tra il sonno e la veglia “Forse è meglio iniziare a cambiare la fasciatura.”.

Tigre, riscossa dalla voce dell’amico, si tirò su, cercando di non sbadigliare. Era stanca, e molto, ma non voleva darlo a vedere per non farlo preoccupare più del dovuto. “Sei sicuro di volerlo fare tu? Possiamo chiamare il maestro, in caso.” propose, gentilmente, sbattendo piano gli occhi.

Il panda finse si offendersi ed incrociò le braccia, mettendo il broncio “Forse non vi fidate di me, maestra Tigre?” insinuò, seppur con un piccolo sorriso trattenuto nella voce.

“Io mi fido di voi, Guerriero Dragone.” rispose pronta la ragazza, senza alcuna esitazione, per quando ancora intontita dall’abbraccio gentile della sonnolenza “Ma non so quanto possa fare affidamento sulle vostre abilità mediche.”.

Le labbra del giovane si piegarono in un sorrisetto involontario “Allora scoprirete che potete farci più che affidamento.” ribatté, prendendo da un piccolo tavolino le fasce pulite, una bacinella d’acqua e il resto del materiale “Non vorrete mai più altro guaritore all’infuori di me.”.

“Uhm, com’è che non ne sono convinta?” fu la replica scherzosa della felina, terminata con un incontrollato sbadiglio che fece sorridere il guerriero ancora di più.

“Se la smettete di opporre tante obbiezioni, farò in fretta e potrete tornare a dormire fino all’arrivo di Li Shan, micina. “ la prese in giro, perché mai, prima di quel momento, con gli occhi pieni di sonno e l’espressione serena, la fiera tigre era somigliata ad una docile gattina e, doveva ammetterlo, questo lo inteneriva ed intrigava allo stesso tempo.

La guerriera gli lanciò un’occhiata assassina, per niente divertita da quel nomignolo “Chiamami di nuovo in quel modo e ti renderai conto che gli artigli di una ‘micina’ sono più affilati dell’acciaio.” lo minacciò, gelida.

“Sarà, ma io non temo né l’uno né gli altri.” ribatté, per poi sedersi accanto a lei. “Allora, vogliamo iniziare?”

La maestra si mise dritta con un leggero sbruffo e gli porse la spalla ferita, trattenendo una smorfia di dolore. Per medicarla senza doverla spogliare, Shifu e Li Shan avevano tagliato una manica della sua camicia, in modo che la spalla ferita fosse nuda e libera dal tessuto. Le bende che l’avvolgevano erano strette, sporche di sangue e pus bianco e pizzicavano fastidiosamente, ma sopportava quello ed il dolore senza dire nulla. Era viva, dopotutto. Aveva protetto Po. Non poteva pretendere di più.

Il Guerriero Dragone iniziò a rimuovere le bende macchiate, con un’attenzione ed una delicatezza che colsero la felina di sorpresa. Le sue zampe nere si muovevano agili e silenziose, come se non avessero fatto altro per tutta la vita, e lei le seguiva incantata, attenta ad ogni movimento e trattenendo appena il fiato ogni volta che le sue dita la sfioravano.

All’inizio, concentrato com’era sul suo compito, il panda non si accorse nemmeno che c’era qualcosa di strano, ma poi, quando lo strato di fasce andava diminuendo sempre di più, si rese conto che  poteva avvertire sotto la pelliccia sottili increspature della pelle, irregolari ed infinite, ma inconfondibili.

Per un attimo, trattenne il fiato.

Cicatrici.

La pelle di Tigre era attraversata da cicatrici, tante, veramente tante cicatrici. Cicatrici nascoste dal folto pelo arancio, ma presenti e reali, troppo reali. Sapeva che doveva averne, era una guerriera dopotutto e più volte lui stesso l’aveva vista ferita dopo un combattimento, ma non aveva mai pensato che fossero così tante.

Un oscuro pensiero gli strinse il cuore Quante di queste cicatrici avrebbero potuto portarti via, Tigre?

La felina sembrò notare il suo sgomento, perché inclinò appena la testa “Po, che cosa c’è?” domandò, preoccupata.

“Niente” mormorò Po, cercando di non incontrare gli occhi di lei “È c-che . . . hai davvero moltissime cicatrici.”

La ragazza annuì, molto semplicemente “Lo so. Di solito, dopo una battaglia, lascio che siano gli altri a farsi medicare per primi. Non ho mai prestato troppa attenzione alle mie ferite, nemmeno quando ero una bambina. Anche prima di iniziare a combattere veramente, mi facevo male ogni giorno, durante gli allenamenti, e rifiutavo di farmi medicare. Potevo stare ore a tirare pugni ai manichini, con le zampe tagliate e sanguinanti, mentre Shifu con le braccia piene di bende mi gridava di smetterla e di lasciarmi curare.”

Po, nonostante tutto, ridacchiò nell’immaginare la scena “Tipico di te. Immagino quanto fossi spericolata, da piccola.”.

La felina accennò ad un sorriso “Anche troppo, e non solo da piccola. Sono la disperazione di Vipera. ‘Devi avere più cura di te. A nessuno piace una donna col corpo coperto di cicatrici.’ ” esclamò, imitando la compagna quasi alla perfezione, per poi stringersi nelle spalle “E’ quello che mi ripete ogni volta, ma a me non è mai importato.’.

Forse era vero, ma in quelle parole pronunciate quasi con noncuranza c’era una nota di arrendevolezza, di quieta tristezza, che fece  tremare il cuore del panda.

“A me piacciono.” ribatté  d’istinto, prima di realizzare cosa stesse dicendo “Ogni cicatrice è un segno che hai lottato, lottato e lottato ancora, e ne sei uscita vincitrice. Sono una prova del tuo coraggio, della tua decisione e della tua forza. Non vedo come a qualcuno non potrebbero piacere. Ti rendono quella che sei.”.

Tigre alzò gli occhi verso di lui, stupita e senza parole. Nessuno, prima di quel momento, le aveva detto qualcosa di così bello e di così profondo, e ciò la toccava più di quanto riuscisse ad ammettere anche a se stessa.

Il panda, sentendo i suoi occhi fissi ed ardenti sul proprio volto ed incapace di incrociarli per paura che potessero leggergli dentro, si affrettò a finire di togliere le vecchie fasce, e quello che vide gli fece male all’anima.

La ferita era nera, orribile a vedersi. La carne era distrutta come se l’avessero strappata appena un momento prima dal fuoco ardente e il punto in cui si era conficcata la freccia era intriso di sangue e pus ed odorava ancora di veleno. La pelle che non era stata contaminata era fragile come cristallo e attraversata da sottili ma evidenti nervature viola, rosse e nere che si diramavano per tutta la spalla.

Dovrei essere io, ad avere questa ferita.

Con questo pensiero, Po mise un panno pulito nell’acqua, lo strizzò e poi iniziò a pulire con movimenti delicati la ferita, cercando di non essere brusco. Nonostante tutte le sue accortezze, però, Tigre sobbalzò e per non gemere si morse il labbro inferiore, ma poi mantenne il maggior controllo di sé possibile anche quando lui iniziò ad applicare nuovamente l’antidoto, con movimenti lenti e leggeri.

Dovrei essere io, a soffrire.

Stringendo le labbra, il panda prese le fasce pulite ed iniziò ad avvolgergliele attorno alla spalla, sentendo un piccolo pezzetto di sé spezzarsi ogni volta che scorgeva un lampo di dolore negli occhi dell’altra. Si mosse con attenzione ma rapidità, per evitare che soffrisse più del necessario, e nel giro di poco aveva finito. La ragazza si lasciò cadere indietro sul cuscino con un sospiro quasi impercettibile, ma che perforò l’animo del giovane come se fosse fatto di acciaio e fuoco puro.

Lentamente, si alzò e rimise tutto il materiale al posto, per poi restare fermo di fronte al tavolino, a fissarsi le zampe appena macchiate del sangue di lei. Sangue che lui aveva contribuito a far versare.

Con voce strozzata, senza voltarsi, si costrinse a parlare. “Devo chiederti scusa per tutto questo. “ mormorò, gli occhi di giada ancora fissi sulle sue zampe macchiate “La freccia che ti ha colpito era destinata a me. Avrei dovuto rischiare di morire io, e non tu. È stata tutta colpa mia.”.

Tigre alzò lo sguardo su di lui, presa alla sprovvista da quelle parole piene di rimorso e di senso di colpa. Avrebbe voluto alzarsi, raggiungerlo e costringerlo a guardarla, a leggerle negli occhi che no, lui non aveva nessuna colpa, ma era troppo debole per riuscirci. “No, Po.” si limitò a negare, scuotendo la testa “È stata solamente colpa mia. Ti ho coinvolto, seppur non volendo, in una faccenda che non ti riguardava, e ti ho messo in pericolo.”. Ripensò a quando aveva visto l’arciere puntare su di lui ed a come il suo corpo avesse reagito d’istinto, frapponendola tra la freccia e lui e salvandola da qualcosa che temeva molto di più della morte. Perderlo. “Sono io a doverti chiedere scusa.”.

Po si voltò di scatto verso di lei, quasi offeso da quelle parole “Non dirlo neanche per scherzo.” ribatté con forza, gli occhi di giada che brillavano come le pietre preziose a cui avevano rubato il colore “Mi hai salvato per l’ennesima volta ed io mi sono comportato come un perfetto idiota, al mio solito. Anzi, peggio del mio solito.”.

“E io mi sono chiusa in un’armatura di ghiaccio e ti ho escluso dai mie pensieri e dalla mia vita, di nuovo. “ rispose con lo stesso tono l’altra, senza cedere e quasi sfidando gli occhi di lui a bruciare tanto quanto i propri.

Qualcosa, in quella risposta, in quella reazione, in quello sguardo, strappò il panda dal suo senso di colpa e fece nascere sul suo volto l’accenno di un sorriso, come solo lei riusciva a fargli fare “Direi che siamo pari, allora?” commentò, senza staccare gli occhi dai suoi.

La ragazza sollevò appena l’angolo delle labbra in un guido divertito e soddisfatto insieme “Decisamente.” fu la sua pacata risposta, per poi rifarsi scivolare più in giù nel suo letto, sollevata di rivedere un po’ di luce sul volto di lui.

Il guerriero riprese il suo posto accanto a lei, apparentemente più sereno, ma non ancora del tutto. Qualcos’altro, nel vedere la ferita di lei e parlare del momento che quasi gliela aveva strappata via, si era risvegliato in lui, qualcosa a cui non aveva voluto dare ascolto, almeno per un po’, ma che adesso iniziava a pretendere la sua attenzione, scalciando, mordendo e mettendogli il dito nel cuore, proprio in quella ferita aperta che non aveva avuto ancora modo di rimarginarsi e che ora pulsava più che mai.

Rimase in silenzio per un po’ a guardarla, approfittando del fatto che avesse di nuovo chiuso gli occhi, cercando di scacciare quella domanda, quel tormento che, lo sapeva, non gli avrebbe portato nulla di buono. Ma il qualcosa continuava ad urlare nella sua testa, ed a stringergli lo stomaco, ed ad allargare la sua ferita, ed alla fine lui non ebbe altra scelta.

“Posso chiederti una cosa?” domandò a bassa voce con un po’ di esitazione, sperando quasi che si fosse addormentata e che non gli avrebbe dato la risposta che bramava e temeva allo stesso tempo.

La felina, però, riaprì lentamente gli occhi e gli lanciò uno sguardo circospetto, un po’ sorpresa dal suo tono, per poi annuire appena.

Lui si morse le labbra, prima di dare voce alla domanda che nelle ultime ore lo stava tormentando. Avrebbe quasi voluto tirarsi indietro, ma sapeva di non poterlo più fare, non adesso almeno. Così, prese fiato e si buttò “Perché Shen Te ha fatto questo? “.

La felina per un attimo sussultò, presa alla sprovvista, anche se non del tutto. Si aspettava quella domanda, prima o poi, anche se avrebbe voluto non dovergli mai rispondere.

Strinse tra le dita il tessuto caldo della coperta, cercando di raccogliere la forza necessaria per parlare. “Ha tentato di punirmi per non essermi piegata ad una sua . . . richiesta.” rispose, incerta su quale parola usare. Ordine, forse, sarebbe stata molto più adatta. Perché sì, il suo era stato un ordine, velato e travestito da preghiera, ma pur sempre un ordine. E quando si era rifiutata di ubbidire ancora una volta, lui non l’aveva accettato. Era questa la pura e semplice verità.

Il ragazzo aggrottò la fronte, confuso da quel tono reticente e da quelle parole, così inusuali sulla bocca di lei  “Cosa voleva da te? “ domandò, il tono che si faceva sempre più attento e serio.

Per un momento, Tigre esitò. Non avrebbe voluto dirglielo. Non voleva dirglielo. Non sapeva nemmeno lei perché, eppure non voleva. Ma dopo tutto quello che avevano passato, glielo doveva. Dopo quella notte, dopo averla strappata alle tenebre, gli doveva tutto.

“Che lo sposassi.”

Po sobbalzò, gli occhi verdi che scattarono verso quelli di fuoco della ragazza, mentre il suo cuore perdeva un battito “Che cosa?” esclamò, pregando di aver capito male.

Lei abbassò lo sguardo. Vederlo guardarla in quel modo, i grandi occhi di giada spalancati e pieni di fiducia spezzata, come se l’avessero appena pugnalato a morte, le faceva male dentro più di quanto il veleno non avesse fatto nelle ore precedenti. Il suo cuore stava crollando in mille pezzi davanti ai propri occhi, e non riusciva a sopportarlo.

“Devi sapere che io . . . che lui . . che c’è stato qualcosa tra me e lui, quasi cinque anni fa. “ mormorò, senza avere la forza di sostenere il suo sguardo, mentre si costringeva a pronunciare quelle parole. Avrebbe voluto chiuderla lì, rifugiarsi nella sua armatura di ghiaccio, ma adesso non poteva più tirarsi indietro. Gli doveva la verità. Tutta la verità. “N-non si è trattato di un noi o qualcosa del genere. È stato più un forse, un magari, un avrebbe potuto essere. Un gioco finito male, dal suo punto di vista. Una lezione, dal mio.”

La zampa di Po si strinse attorno alla sua, improvvisa, calda e confortevole, un inaspettato scoglio a cui aggrapparsi mentre la marea iniziava a salire; lei la strinse con gratitudine, per quanto fosse ancora macchiata di sangue fresco, ma non osò cercare quelle iridi chiare che tante altre volte l’aveva salvata dalle acque impetuose del passato e del presente.

“Non sei obbligata a parlarne.” la rassicurò il panda, la voce calma e controllata “So che te l’ho già detto, ma sono serio, questa volta. Non sei costretta a dirmi nulla e io non cercherò più di ottenere informazioni dagli altri. Te lo prometto.”.

Era sincero; lo sapeva, lo sentiva. Avrebbe mantenuto la parola, quella volta, se lei gli avesse chiesto di rispettare il suo desiderio di silenzio.

Ma, per quanto avrebbe voluto solamente prendere i suoi ricordi, stracciarli e buttarli nel baratro, non poteva farlo. Non poteva fingere di aver dimenticato, come se nulla fosse mai successo. Il passato, ormai lo sapeva fin troppo bene, torna sempre a reclamarti, presto o tardi. Cercare di ignorarlo è impossibile, oltre che folle. Bisognava accettare quello che era stato, per aver quello che sarà. Bisogna scendere a patti con gli sbagli, ciò che avremmo voluto cambiare ma non siamo stati in grado di farlo, ed accettarne gli spettri. E lei doveva farlo. Doveva accettare i suoi fantasmi, e permettere agli altri di vederli. Permettere a lui di vederli.

Doveva mostrargli anche quella cicatrice. La più segreta, la più dolorosa, la più orribile di tutte.

La felina scosse con decisione la testa “No.” mormorò, con voce fragile eppure decisa. “Te lo devo. E non voglio più nasconderti nulla, per quanto, dopo che ti avrò detto tutto, probabilmente non riuscirai più a vedermi nello stesso modo.”.

Po allungò anche l’altra zampa per stringere con forza quelle fredde di lei “Potresti aver fatto le cose più terribili e io non smetterei mai di vederti come ho sempre fatto, ovvero come una mitica e cazzutissima guerriera dal cuore d’oro. “ scherzò, ma solo in parte. Sapeva che, qualunque cosa lei avesse mai fatto, lui avrebbe continuato a guardarla come il miracolo vivente che era, l’unica ragione che permetteva al suo cuore di battere. Come poteva essere altrimenti, dopotutto?

A Tigre scappò una risatina stentata e soffocata, il cuore lievemente alleggerito, ma poi, mordendosi le labbra, scivolò via da quel contatto affettuoso che non credeva di meritare, non in quel momento almeno. Si poggiò contro il suo cuscino, fissando le proprie zampe, lievemente macchiate del suo stesso sangue. “Allora è meglio che inizi. Si tratta di una lunga storia.” disse, senza avere la forza di incontrare il suo sguardo.

Il panda, un po’ ferito dal suo scostarsi, ma capendo quanto profonda fosse la prova di fiducia che stava per ricevere, non protestò. Si appoggiò contro lo schienale della sedia, intrecciando le zampe sulle ginocchia per non cedere all’istinto di cercare nuovamente quelle di lei, ed aspettò in silenzio.

La maestra chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e, dopo un momento di esitazione, incominciò a parlare.

“L’estate dei mie 13 anni, il maestro Oogway ricevette una lettera insolita.” mormorò, con tono freddo e controllato “Proveniva dalla Città Proibita ed era da parte di suo fratello, maestro personale dell’erede dell’imperatore. Chiedeva di poter portare il suo allievo lì in segreto per alcuni mesi, nella speranza che un allenamento prolungato lontano da casa ed in compagnia di altri coetanei gli giovasse. Oogway accettò e noi ci preparammo per accogliere il giovane principe al Palazzo di Giada. Eravamo tesi per quell’insolito onore e le grandi responsabilità che ciò avrebbe portato, ma ci sentivamo pronti. Eravamo una squadra da un bel pezzo ormai, e desideravamo solo una possibilità per mettere alla prova le nostre abilità.”.

Il guerriero poteva quasi vederli; cinque ragazzini eccitati e pronti a dimostrare le proprie abilità, desiderosi di fare anche solamente un passetto verso il proprio sogno ed il riconoscimento che ognuno di loro desiderava sopra ogni cosa. Annuì, per quanto lei non potesse vederlo.

“Dopo poco tempo, il principe e il suo maestro arrivarono al Palazzo. Restammo subito tutti molto colpiti da lui, perché come aspiranti monaci guerrieri non ci era permesso frequentare nostri coetanei e lui era diverso da chiunque altro.”

Tigre aprì lentamente gli occhi, tormentandosi le labbra, ignorando le piccole gocce di sangue che iniziavano a spuntare. “Lui . . . Shen Te . . . era diverso da qualsiasi altra persona avessimo mai conosciuto prima d’allora. Avevamo sentito parlare di lui e del fascino con cui era capace di stregare chiunque, ma non eravamo preparati a . . . quello.” sussurrò senza guardarlo e con fatica, come se ogni singola parola le facesse male “Aveva l’aspetto di un ragazzo sul punto di trasformarsi in uomo e quel mutamento si leggeva già nei suoi occhi chiari e mozzafiato. Con quella pelliccia dorata e quel sorriso luminoso abbagliava chiunque fosse in sua presenza, senza alcuna eccezione. Era bello, non lo nego, ma nel suo volto, nella sua espressione, nel suo sguardo, c’era qualcosa di celato, di controllato, di illeggibile. Qualcosa che mi attirava più di quanto facessero i suoi modi o il suo aspetto.”.

Po, quasi senza accorgersene, strinse con forza i pugni, tentando di cacciare indietro una fitta di ... qualcosa, ecco, nel sentire l’amica parlare ancora così di quell’essere spregevole che tanto l’aveva ferita, come se fosse ancora un mistero affascinante, qualcosa di prezioso e di unico, difficile da dimenticare. Lei parve non accorgersene e continuò, tentando di recuperare il controllo della propria voce.

“Fin da quando mise piede nel Palazzo, dal momento preciso in cui ci vide per la prima volta, non mi levò mai lo sguardo di dosso. Continuò a fissarmi, lasciandomi perplessa ed un po’ imbarazzata, e quando Shifu mi presentò a lui e mi inchinai, egli fece lo stesso. ‘Sono io ad dovermi inchinare a voi, che avete dedicato più di metà della vostra vita alle arti marziali. Sono davvero onorato di conoscervi.’ disse, togliendomi il fiato per un momento. Nessuno si era rivolto mai in quel modo a me e questo mi lasciava senza parole, ma mi affrettai a rispondere a tono. Non era un atteggiamento adeguato alla situazione, ne ero consapevole, ed in più egli era l’erede al trono ed io una semplice ragazza del popolo. Un’orfana accolta per pietà da dei monaci guerrieri, e che si apprestava a seguirne le orme per tutta la vita. Non potevo permettere che si prendesse certe libertà.” aggiunse con forza, come se solo il ricordo di quel momento la irritasse ancora adesso, e quella durezza rasserenerò un poco il panda, ma appena un poco.

“Ci rimase male, credo, nel vedermi reagire gentilmente ma freddamente, eppure non lo diede a vedere. Il giorno stesso iniziarono gli allenamenti, e tutti ci rendemmo conto che il giovane principe era realmente un disastro. Non era capace nemmeno di tirare un pugno decente, o almeno è quello che dimostrò di fronte a noi. Shifu ne fu così infastidito che decise di assegnargli degli allenamenti supplementari con uno di noi, e la sua scelta cadde su di me. Fui colpita dalla sua decisone, ma anche molto innervosita. Volevo frequentarlo il meno possibile, ma non potevo sottrarmi a quel compito. Così, inizia ad addestrarlo personalmente e nonostante le grandi difficoltà e lacune mi resi conto che in realtà non fosse così incapace come sembrava.” iniziò a torturarsi le dita affusolate, sempre senza guardare il compagno, che ad ogni sua parola diventava più nervoso ed agitato.

“Da subito, lui fece di tutto per conquistare la mia simpatia e la mia fiducia. Provò a fare il brillante, ma non funzionò.  Tentò col suo fascino, ma fu lo stesso. Io lo vedevo sempre e solo come un ragazzino strano ed egocentrico, ma una sera cambiò tutto. Litigai con Shifu a causa di una missione andata male e scappai a rifugiarmi nella sala degli allenamenti. Poco dopo mi raggiunse Shen Te, ma invece di fare battute stupide, si sedette accanto a me ed iniziò a parlarmi di suo padre. Non il padre biologico, ma l’Imperatore in persona. Mi raccontò la forte gratitudine che provava per lui ed il suo desiderio di non deluderlo mai, di essere all’altezza delle sue aspettative e dei suoi continui fallimenti. Delle mille volte che non era stato abbastanza bravo, abbastanza intelligente, abbastanza raffinato, abbastanza nobile per essere il figlio che voleva e meritava. Raccontò del suo dolore e della sua incapacità di essere il principe perfetto, l’erede perfetto. Mi disse che mi capiva, perché le nostre cicatrici erano simili, e sapeva bene cosa significasse tentare di soddisfare qualcuno costantemente insoddisfatto.” Chiuse per un secondo gli occhi, tornando a quel dolore che aveva tenuto dentro di sé per così tanti anni, quella delusione, quel rancore che da poco, troppo poco era riuscita ad abbandonare, e che nonostante tutto le faceva ancora male.

“Rimasi molto colpita dalle sue parole e da quella sera iniziai a vederlo sotto una luce diversa.” aggiunse riaprendo gli occhi, dopo aver richiamato il ricordo delle parole e dell’abbraccio di Shifu ed esserseli stretti al cuore. “Cominciammo a parlare ed a scherzare insieme e lui prese a passare tutto il suo tempo con me. Sapevo che non era il caso, sapevo di star sbagliando, ma non riuscivo a sottrarmi. Era la prima persona, estranea al mio piccolo mondo, a mostrare del reale interesse per me, per quello che sentissi nel profondo. Tra noi nacque un legame, e poi qualcos’altro.” esitò, come se si vergognasse, le guance che si coloravano appena di rosso. “Chimica.” sbottò infine, sputando quella parola come se fosse veleno “Shen Te non perdeva occasione per farsi un po’ più vicino a me, psicologicamente e fisicamente. Iniziò ad entrare nella mia stanza senza permesso, accarezzarmi la guancia, abbracciarmi, tirarmi scherzosamente la coda ed io, seppur con qualche remota, glielo permettevo.”

Abbassò ancora di più lo sguardo, lottando contro se stessa per pronunciare quelle parole, quella confessione a cui non avrebbe mai voluto dare voce “Ero . . . attratta da lui.” sussurrò, con voce strozzata. “Era più grande di me, seducente, e non esitava a dimostrarmi in tutti i modi quanto quell’attrazione fosse reciproca. Cercava di trovare sempre un modo per stare da soli, parlava d’amore e di sentimenti, mi adulava in ogni modo possibile ed immaginabile. Mi affascinava, senza ombra di dubbio.”.

Il Guerriero Dragone strinse, se era possibile, ancora di più i pugni, mentre immagini spontanee e non volute gli affollavano la mente, riempiendogli il cuore di bile. Tigre ragazzina che scherzava con un bellissimo, giovane leopardo, Shen Te che le faceva gli occhi dolci, giocava con la sua coda, le sfiorava il volto, cercava le sue labbra . . . la sua anima prese ad urlare, agonizzante, e solo facendo uno sforzo enorme riuscì a concentrarsi su quello che la ragazza stava ancora dicendo, seppur a fatica.

“Sapevo che mi stavo immischiando in qualcosa di troppo grande per me, ma continuai ad addentrarmi nella sua ragnatela, seppur molto, molto piano. Ero consapevole della situazione, a livello razionale.” mormorò la maestra, quasi con disprezzo “Io ero una ragazza del popolo e, seppur non avessi ancora pronunciato i mie giuramenti, presto avrei scelto di intraprendere a vita la strada del kung fu. Lui era l’erede al trono, libero ed allo stesso tempo imprigionato da vincoli più stretti dei miei. Non poteva esserci niente più di un semplice flirt da ragazzini, qualcosa che o sarebbe caduta nel dimenticatoio o mi avrebbe ferita per tutta la vita.  Non potevo avvicinarmi in quel modo a lui. Non potevo aspettarmi un coinvolgimento a livello emotivo, per quanto sembrasse che lui lo volesse, infischiandosene delle conseguenze. Eppure mi stavo facendo comunque coinvolgere sempre di più, fino a pensare di essermi  . . .” esitò, incapace di rivelare quella verità che ancora adesso la uccideva dentro “ innamorata di lui.”.

A quelle parole Po alzò di scatto lo sguardo verso il suo viso, il suo cuore che sanguinava, ferito a morte. Ricordava quando, una notte che sembrava lontana diecimila vite, lei gli aveva rivelato di aver creduto di amare qualcuno, ma sentirlo dire in quel modo, così tangibile, così crudo, gli fece più male di quanto avrebbe mai potuto credere. Pensare che Tigre, la sua Tigre, era stata sul punto di amare qualcuno, aveva addirittura creduto di essere innamorata di qualcuno .. . qualcuno che non era . . . che non era lui . . .

Tigre non si accorse dell’urlo silenzioso proveniente dal cuore di lui e continuò a parlare, tentando di recuperare il suo tono freddo e senza mai staccare gli occhi dalle proprie zampe “Ma ero consapevole dei mie limiti e non gli permisi mai di avvicinarsi a me in quel modo.” affermò con decisione, quasi come se stesse cercando anche di convincere se stessa. “Sapevo che mi sarei rovinata la vita, se mi fossi lasciata andare. Avrei perso il mio posto al Palazzo di Giada, la possibilità di diventare una maestra, Shifu, i ragazzi, la mia casa, ogni cosa. Io aveva tutto da perdere e lui nulla. Eravamo amici e non gli permettevo di pretendere altro, ma si vedeva che lui volesse qualcosa di più, dal modo in cui mi guardava, in cui mi toccava . . .” la sua voce si spezzò, mentre le guance si coloravano nuovamente per l’imbarazzo, e si affrettò ad andare avanti.

“Tanto che anche gli altri se ne accorsero. I ragazzi, intendo. Vipera, che all’inizio aveva incoraggiato il nostro legame, iniziò a chiedermi di allontanarmi da lui, almeno finché le sue intenzioni non fossero state chiare. Mantide iniziò a dire che forse aveva inscenato tutta quella inabilità con le arti marziali solo per avvicinarsi a me. Scimmia e Gru erano i peggiori. Lo odiavano ed erano certi che nascondesse qualcosa. Che volesse solo farmi del male. Non gli davo eccessivamente ascolto, ma anche io sentivo che qualcosa non andava. Vedevo come ogni volta che mi sottraevo ad un suo tentativo di bacio e gli dicevo di non farlo mai più, il suo volto si tramutava per un breve, quasi inafferrabile momento. Vedevo come stesse iniziando ad innervosirsi per la mia prudenza e il mio desiderio di non andare oltre e, soprattutto, vedevo quella freddezza illeggibile nei suoi occhi, che come all’inizio mi aveva affascinato, adesso mi teneva in guardia più di qualsiasi cosa.”

Strinse con forza i pugni, mentre si faceva coraggio per andare avanti “Così una sera, mentre Shen Te era fuori, Scimmia e Gru si intrufolarono nella sua stanza e iniziarono a frugare tra le sue cose. Non avrei voluto né dovuto essere con loro, ma temevo che combinassero qualche casino, e così lì seguì e cercai di distoglierli dalle loro ricerche. Ma prima che riuscissi a convincerli trovarono una lettera non ancora finita, indirizzata ad un suo amico rimasto nella città proibita. Una sorta di paggio, forse, dalle nobili origini. Era scritta in maniera arrogante e parlava delle sue giornate al Palazzo. Parlava dei maestri, dei ragazzi, e soprattutto parlava di me. Ricordo ancora ogni singola parola. Da quel giorno sono incise a fuoco nella mia mente. ”.

Chiuse gli occhi ed iniziò a mormorare in tono piatto e freddo, come se avesse davanti a sé la lettera e la stesse semplicemente leggendo “ ‘Le storie che si raccontano su di lei sono molto lontane dalla realtà. E’ bellissima, ma ingenua. Di un’ingenuità diversa da quella delle altre ragazze, ma comunque molto grande. È stato facile raggirarla. Sono divenuto il suo confidente, la sua ombra. Ancora si rifiuta di baciarmi, ma tempo qualche altro giorno e sono certo che riuscirò a farle cambiare idea. Prepara il resto dei soldi, anzi, la somma completa, perché sono certo che presto riuscirò a strapparle qualcosa in più di un semplice bacio . . .’ “.

Si fermò e si obbligò a riaprire gli occhi “Shen Te aveva sentito parlare di me nella capitale ed aveva fatto una scommessa con un suo amico. Trovammo nella brutta di un’altra lettera le loro condizioni.” respirò a fondo, prima di continuare “Dieci monete se riusciva a farsi allenare da solo con me. Venti se diventava mio amico. Trenta se riusciva ad ottenere qualche mia confidenza. Quaranta se riusciva a strapparmi un bacio. Sessanta se mi rubava una promessa d’amore eterno. Cento se . . . se riusciva a portarmi a letto.”

Po sussultò, spalancando gli occhi e guardandola incredulo e scioccato “Che cosa?” gridò, più forte di quanto avrebbe voluto.

Tigre abbassò lo sguardo, incapace di guardarlo “Aveva giocato con me per tutto quel tempo, solo per vincere quella crudele scommessa. Ero stata la sua bambolina, il suo passatempo, il suo giocattolo. “ spiegò, la voce fredda ma comunque colma di fuoco “Quando lessi quelle parole, rimasi scioccata. Ero stata usata ed aggirata e mi sentivo stupida, ingenua e sporca. La mia fiducia era stata tradita ed umiliata, come se valesse meno di niente. Scimmia e Gru andarono su tutte le furie e sarebbe andati ad affrontarlo, se non glielo avessi impedito. Io ero stata usata come un giocattolo, raggirata ed umiliata. Io, non loro. Dovevo essere io ad affrontarlo, ed io soltanto.” aggiunse con forza, gli occhi che prendevano improvvisamente a bruciare come il più intenso degli incendi “Andai a cercarlo e gli rivelai che sapevo tutto. Lui all’inizio fece finta di non capire e poi iniziò a negare ogni cosa, tentando di toccarmi e chiamandomi piccola. Fu troppo. Lo attaccai ed immobilizzai. Lo minacciai. Avrebbe dovuto lasciare il Palazzo domani stesso e starmi lontano per il resto delle nostre vite, senza mai mettere piede nella Valle della Pace, senza mia più cercarmi, senza mai più contattarmi. Lui tentò di opporre resistenza, ma dovette cedere. Era un vile ed un codardo, e per quanto il suo orgoglio fosse stato ferito, reputò più saggio non sfidarmi ancora. Se ne andò il giorno dopo, senza più degnarmi di uno sguardo, e dentro di me pensai davvero che non l’avrei mai più rivisto e giurai a me stessa di non essere più così debole, di non farmi ingannare un’altra volta.” terminò, stringendo con tanta forza i pugni da conficcarsi gli artigli nelle carni.

Il panda era semplicemente senza parole. Non sapeva cosa dire, cosa fare. Quello. . . tutto quello . . . era molto peggio di quanto avesse immaginato. Non poteva credere che al mondo esistesse qualcuno di così crudele, di così meschino come quell’essere. Come aveva osato? Come aveva potuto prendersi gioco di Tigre, ingannarla, usarla, violarla, tradirla in quel modo? Come?

“Deve averti fatto molto male.” sussurrò con voce soffocata, riuscendo solo lontanamente ad immaginare la rabbia ed il dolore di Tigre e comprendendo finalmente perché avesse voluto tenerglielo nascosto per tutto quel tempo.

La felina si limitò ad annuire “All’inizio sì, più di quanto mi piaccia ammettere. Ma adesso, la cosa che mi fa più dolore è il fatto che quel dannato abbiamo coinvolto anche te nella sua rivincita.” rispose, alzando finalmente lo sguardo di fuoco, schietto ed ardente, per incontrare il suo.

Questi occhi . . . come ha fatto a guardare in questi occhi ed osare mentirle?

“Ma perché è tornato a cercarti? Perché ti ha chiesto di sposarlo?” chiese, sputando quell’ultima parola come se fosse veleno, e forse, in cuore suo, lo era.

Lei si strinse appena nelle spalle “Ha detto che l’Imperatore stava morendo e lui si stava preparando per l’ascesa al trono, ed al suo fianco voleva una moglie, una donna che legittimasse la sua casata e garantisse la sua discendenza. Ha detto che mi voleva come sua compagna. Ha detto che era pentito delle sue azioni, ma che i suoi sentimenti adesso erano sinceri ed era pronto a dimostrarmelo.” spiegò, con tono piatto e gelido.

Al guerriero si fermò il respiro “E tu credi davvero . . . ?” si bloccò, incapace di continuare.

“No, non sono così stupida.” ribatté decisa, scuotendo la testa con forza “Mi ha ingannata una volta, non gli avrei mai permesso di riuscirci una seconda. Voleva solo vincere una partita mai finita, conquistare l’unica persona che non era riuscito a far cedere. Collezionare un ultimo cuore con una mossa assoluta.”

“Ma addirittura costringerti a sposarlo per una semplice rivincita?” insistette, incapace di concepire una cosa del genere.

Lo sguardo di Tigre si indurì ed al contempo si infiammò “Per lui non era semplicemente una rivincita.” chiarì, respirando a fondo per mantenere il controllo “Avrebbe ottenuto la vittoria che tempo prima gli avevo sottratto e che ancora adesso desidera fortemente. Avrebbe ottenuto l’unica donna che non era riuscita a conquistare, e per sempre. Avrebbe avuto potere su di me, che avevo osato oppormi a lui. Io l’ho umiliato, ed una volta sposati lui avrebbe umiliato me, privandomi del kung fu, costringendomi ad una vita che non mi apparteneva, controllando la mia esistenza, dirigendo le mie giornate e le mie scelte. Sposare qualcuno è un gesto di potere e possesso, Po. E quelli come lui amano il possesso, soprattutto quando riesco ad ottenerlo nei confronti di persone più forti di loro.” esitò appena, prima di continuare con tono duro “Ed all’epoca lui era veramente attratto da me, almeno a livello fisico. Non ha mai recitato, sotto quel punto di vista. Per cui, un matrimonio gli sarebbe stato più che gradito. Sarebbe stato il solo a poter avere pretese su di me. Sarei stata sua, in tutti i sensi, per sempre. Quando si sarebbe stancato di me, avrebbe avuto le sue concubine, e ogni tanto sarebbe tornato a reclamare i suoi diritti nel talamo. Un affare più che vantaggioso, per lui e quelli come lui.”

“È . . . orrendo.” fu tutto quello che riuscì a dire Po, il cuore stretto dall’odio e dalla rabbia e la mente piena di immagini orribili che non riusciva a scacciare.

La ragazza si limitò ad annuire, i pugni che si stringevano con ancora più forza “Lo so. Quando mi sono rifiutata, ha provato a ricattarmi. Ma non con la mia vita o la mia sicurezza, no. È stato molto più fine, molto più delicato. Lui mi conosce. Sa che le cose a cui tengo di più sono la vita e la sicurezza di chi amo. Sa che per avermi in pugno basta prendere di mira le persone che mi porto nel cuore. E ha voluto colpire te.” mormorò, lo sguardo oscurato e lontano, come se solo pensare quanto avesse rischiato di perderlo per sempre la uccidesse dentro.

“Perché proprio me?” domandò, un dubbio inspiegabile che lo tormentava ormai da ore “Perché ha puntato me? Nemmeno mi conosceva, prima di quel momento.”

Tigre si morse appena le labbra, ripensando a ciò che Shen Te aveva detto, alle sue accuse inaudite, a quelle parole che, nonostante tutto, non era riuscita a scacciare dalla mente nemmeno per un momento .

‘Ti ho osservata attentamente, in questi due giorni. Ti ho vista, con quel panda che fate passare per un guerriero. Ho notato il modo in cui vi guardate, in cui vi toccate. Ho osservato come tremi impercettibilmente quando le vostre zampe si sfiorano o lui ti stringe tra le sue braccia. Ho visto il modo in cui riesce a farti ridere, come ti fa illuminare, e come ammira incantato la tua luce. Il vostro è un sentimento bello, eppure così fragile, come tutte le cose proibite. ‘

Come poteva dirgli che lui credeva . . . credeva che loro due . . .

 ‘La ribelle Lien alla fine ha trovato il suo Loto, non è così?’

La maestra si costrinse a scuotere la testa, rinchiudendo quei sussurri gelidi ed ardenti insieme dentro di sé, più in profondità e lontani dal suo cuore possibile “Non è importante.” Si limitò a dire, facendo uno sforzo immane per apparire fredda e controllata come sempre “Fatto sta che ha puntato te e, prima che potessi fare qualcosa, sei arrivato tu, servendoti su un piatto di argento.”

Il giovane impallidì, portandosi una zampa dietro l’orecchio e grattandosi, teso. “Ops.“ Fu tutto quello che riuscì a dire.

“Sì, ops.” ripeté lei, molto semplicemente e con un pizzico di amarezza.

“Mi dispiace, davvero.” si affrettò ad aggiungere, il cuore che gli faceva male alla consapevolezza di quello che aveva fatto, seppur inconsapevolmente “Se avessi saputo . . .”

Tigre notò il suo dolore, e le fece male più del ricordo di quella sofferenza mai del tutto scomparsa. “Non è stata colpa tua.” negò, decisa e lanciandogli uno sguardo sincero che valeva più di mille parole “Sei salvo e lontano da lui, ed è questo tutto quello che conta.”. Si rabbui nuovamente,  abbassando gli occhi sulle sue zampe strette a pugno “Se tutto questo in qualche modo ti ha . . . deluso, ti chiedo scusa. Ero giovane, e sono stata stupida e debole.”

Po aggrottò la fronte, per poi affrettarsi a ribattere “Perché mai avrebbe dovuto deludermi? Un ragazzo crudele ha provato a giocare con te e con i tuoi sentimenti, e tu non solo sei riuscita a tirarti via in tempo dalle sue grinfie, ma sei anche riuscita a tenergli testa e a metterlo in riga. Semmai, adesso ti ammiro più di prima. Insomma, hai minacciato il principe ereditario dell’intera Cina!” esclamò, con un piccolo sorriso “Dubito che un’altra, al tuo posto, sarebbe riuscita a comportarsi allo stesso modo.”

La felina quasi non sentì nemmeno le sue parole e strinse con più forza le zampe, cercando di scacciare l’amarezza “Ero una ragazzina che credeva ancora in stupidaggini come l’amore. Una stupida che credeva di essersi innamorata.” sbottò, la voce piena di rimprovero per se stessa.

Sentirla parlare in quel modo lo ferì ancora di più, e le parole gli uscirono dalle labbra senza che potesse fare nulla per controllarle “Eri una ragazzina, è vero, e tutti facciamo delle stupidaggini, da ragazzini. Ma credere nell’amore non è una stupidaggine. È tutto, tranne che una stupidaggine per ragazzini. Sperare di trovare qualcuno che ci accetti per quello che siamo, che scelga i nostri demoni così come i nostri giorni di sole è qualcosa di grande, di importante, e di speciale. Hai avuto la sfortuna di incontrare un bastardo che ha provato a fingere tutto questo, senza crederlo davvero, ma sei stata capace di riconoscerlo e di ribellarti, e questo è tutt’altro che il comportamento di una ragazzina stupida e debole. Piuttosto, è la prova di quello che sarebbe diventata la ragazzina da grande, ovvero una giovane donna intelligente, onorevole e forte, più forte di qualsiasi cosa.” disse con decisione, per poi prendere delicatamente le zampe chiuse di lei e stringerle con dolcezza tra le sue “La giovane donna che ho davanti e che dovrebbe andare fiera delle sue cicatrici, anche e soprattutto di questa, perché l’hanno resa ciò che è ora.” sussurrò, sfiorandole le dita serrate con i pollici, in un movimento lento e rassicurante.

La guerriera alzò appena lo sguardo, rassicurata da quel tocco leggero e già familiare e dalle parole sicure di lui, parole che non credeva del tutto di meritare, ma che in quel momento facevano bene al suo cuore ferito più di qualsiasi medicina.

Po sfiorò i suoi occhi color del fuoco e poi le loro zampe unite, mentre la sua anima si stringeva nel ricordare quella zampa, colpevole di aver aperto una ferita inguaribile nell’anima di lei, attendere la sua come se le appartenesse e le sarebbe appartenuta per sempre. Si morse l’interno della guancia, prima di mormorare, con voce incerta e piena di un timore che non riusciva a tenere segreto “Tu . .  tu non  l’amavi davvero, no?”

Tigre aggrottò la fronte, presa alla sprovvista da quella domanda posta in tono terrorizzato e speranzoso insieme, e dopo qualche secondo di silenzio che parve un’eternità si ritrovò a sussurrare piano, come se avesse paura di fare un passo falso “No.” negò, molto semplicemente, e nel vedere la luce negli occhi di giada di lui riaccendersi continuò a parlare, guidata da un istinto misterioso “Credevo di amarlo, come ti ho già detto, ma non era così. Quello che provavo per lui era semplice attrazione, una cotta stupida ed insensata. Con lui non mi sono mai sentita come dovrebbe sentirsi un innamorato. Non mi sono mai sentita accettata in ogni mio aspetto, speciale nonostante ogni mio sbaglio ed al sicuro solo quando i suoi occhi incontravano i miei. Non mi sono mai sentita come . . .” si bloccò, imprigionando nella gola parole di cui non conosceva l’origine né il suono, ma che sapeva di non poter pronunciare. “Ma questo prova solo quanto io sia stata un’ingenua a credere che potessi davvero piacergli senza secondi fini.” si affrettò a dire con tono freddo, cambiando argomento così rapidamente da lasciare l’altro spiazzato.

“Non è vero.” ribatté in fretta  “A tutti piace piacere. È una cosa naturale. Non che io abbia qualche esperienza in merito, comunque.” aggiunse, lanciando uno sguardo critico alla sua pancia “Sono sempre stato troppo grasso per piacere a qualcuno.”

“È per questo che ti sei messo a dieta?” domandò schietta la felina, prendendolo alla sprovvista.

Il panda sobbalzò, alzando gli occhi di colpo su di lei  “Cosa? C-come lo sai?” borbottò, incredulo. Non pensava che l’avesse notato. Pensava che nessuno l’avesse notato, in tutto quel tempo.

La ragazza alzò appena un sopracciglio, come a chiedergli in silenzio se pensava veramente di poterle tenere nascosto qualcosa “Pensavi davvero che non me ne fossi accorta?”.

“Beh, sì..?” borbottò, arrossendo appena e sentendosi improvvisamente allo scoperto e nudo di fronte a lei.

La giovane si limitò ad alzare gli occhi al cielo, come se solo l’idea di non poter notare una cosa del cenere le suonasse ridicola “Tuo padre lo sa?” chiese poi, con un pizzico di gentilezza in più nel notare il suo imbarazzo.

“Come potrebbe? Ci siamo rincontrati da nemmeno due giorni!” esclamò, stringendosi nelle spalle.

Alla maestra sfuggì una risata mista ad un sospiro “Po, sto parlando del signor Ping. Tuo papà l’oca, hai presente? Basso, ansioso, ossessionato dal cibo e terrorizzato dal pensiero che tu possa non magiare abbastanza quanto da quello che tu possa ferirti in combattimento.” gli spiegò, con l’accenno di un sorriso.

“Ah, ecco.” fece l’altro, mordendosi un labbro nel rendersi conto di aver pensato automaticamente a Li Shan e non a Ping  “Sì, e dice che è una cosa stupida.”.

“Ha ragione.” concordò la guerriera, cogliendolo ancora una volta alla sprovvista “Tu non devi cambiare per piacere a qualcuno, Po. Tu sei tu e non devi permettere a niente e a nessuno di cambiarti. Le persone che davvero ti meritano ti vogliono bene per quello che sei, per il tuo cuore, il tuo sorriso, il tuo coraggio e la tua gioia di vivere. È questo a renderti affascinante agli occhi di chi ti ama, non il tuo aspetto fisico.” sussurrò, con gli occhi di fuoco che bruciavano.

Quelle parole gli tolsero il fiato, ma dopo tutto quello che aveva passato a causa del suo aspetto fisico e del pregiudizio altrui gli sembravano solo belle e vuote consolazioni, meravigliose quanto irreali “Facile dirlo, per te.” borbottò, senza quasi rendersi conto di quello che stava dicendo “Tu non hai bisogno di cambiare. Sei bellissima.”

Dei, sei perfetta.

Tigre sbatté appena le palpebre, presa alla sprovvista da quel complimento inaspettato e dal tono in cui era stato pronunciato. Ma anche lei aveva le sue ferite e, esattamente come Po, quella parola che così poche volte era stata attribuita a lei, e mai con buone intenzioni, le parve priva di senso.

“Nessuno la pensa così, io per prima.” si limitò a commentare, non senza un pizzico di malinconia di cui nemmeno lei era consapevole.

“Shen Te lo pensava eccome e lo pensa ancora, a giudicare da come ti divorava con lo sguardo.” ribatté senza esitare il Guerriero Dragone “E lo penso anche io.”.

Po, ma sei impazzito?

Le guance della combattente si colorarono appena di rosso, mentre lei abbassava appena lo sguardo confuso sulle loro zampe, ancora unite “Io . . .” sussurrò, senza sapere cosa dire.

Il panda si rese finalmente conto di quello che aveva detto e, in preda al panico, si alzò di scatto e si sottrasse a quel tocco, che in quel momento gli bruciava sulla pelle come fuoco puro.

“C-credo che lo aspetterò fuori.” borbottò, cercando una scusa qualunque per allontanarsi “Li Shan, intendo. È quasi ora. Gli parlerò. “

La ragazza si limitò ad annuire, incapace di parlare, le guance ancora rosse, ed il ragazzo indietreggiò un po’, per poi bloccarsi quasi contro la sua volontà. “P-Posso chiederti un’ultima cosa?” mormorò, tormentandosi le dita.

“Dimmi.” rispose lei, con la voce appena un po’ strozzata.

Il guerriero prese un profondo respiro, prima di parlare “Quindi voi due non vi siete mai, insomma. . .b-baciati?”

Tigre parve sorpresa da quella domanda e ci mise un po’ per rispondere, lasciandolo sospeso sul baratro “No.”.

A quella negazione, per un attimo, Po sembrò emettere, suo malgrado, un sospiro di sollievo, e quasi si perse il resto dalla sua risposta.

“Ha provato a rubarmi un bacio tante volte, ma io mi sono sempre tirata indietro, come ti ho detto. Ne sono felice, ora. Probabilmente, se avessi ceduto, non me lo sarei mai perdonata.” sussurrò la felina, il volto che si scuriva ogni parola di più.

“Per quel fatto del bacio che rende vincolante un fidanzamento . . .?” chiese piano il panda, ricordando quello che le aveva raccontano sulle tradizioni delle Tigri dell’Est.

La maestra annuì “Sì, a causa del valore che gli diamo un bacio può corrispondere ad una promessa di matrimonio. Se gli avessi permesso di baciarmi ed avessi risposto, lo avrei legato per sempre a me. Avrebbe potuto fare pretese sulla mia vita e le mie scelte. Sarei stata costretta ad accettare la sua ‘proposta’. Ma non è solo questo.” Si fermò, come a cercare le parole più giuste per esprimere quello che voleva dire “Per noi tigri, un bacio è più di un semplice contatto fisico. Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre. Quando viene ricambiato, due anime vengono unite per l’eternità. È un legame sacro, che non può essere creato alla leggera. Non per noi. E, soprattutto, non per me. Pensare che avrei potuto legarmi a lui in quel modo mi fa semplicemente venire i brividi.” chiuse gli occhi, come a voler scacciare un’orribile immagine dalla testa, ma il panda quasi non se ne accorse, perso com’era dietro le sue parole e dai movimenti delle sue labbra.

“I-io . . . capisco.” borbottò, mordendosi le sue, di labbra “Sono contento, allora, che tu non l’abbia mai . . . mai  . . .” si bloccò, incapace di continuare “Ora vado. Io . . . aspetto Li . . . Li Shan qua fuori . . .”

Prima che la felina potesse riaprire gli occhi od anche solo rispondere qualcosa, Po corse fuori.

Chiuse la porta di botto dietro di sé e continuò a correre ed a correre, senza aspettare Li Shan. Non gli avrebbe parlato; non in quel momento, almeno.

Corse in mezzo alla neve, cercando di cancellare dalla propria mente il sollievo che aveva provato quando Tigre gli aveva confessato di non amare Shen Te, di non averlo mai nemmeno baciato.

‘Credevo di amarlo, come ti ho già detto, ma non era così. Quello che provavo per lui era semplice attrazione, una cotta stupida ed insensata. Con lui non mi sono mai sentita come dovrebbe sentirsi un innamorato. Non mi sono mai sentita accettata in ogni mio aspetto, speciale nonostante ogni mio sbaglio ed al sicuro solo quando i suoi occhi incontravano i miei. Non mi sono mai sentita come . . .’

Corse per dimenticare le sue parole sul significato di un bacio, il modo in cui l’aveva paragonato ad un giuramento, giuramento che avrebbe voluto pronunciare con tutto se stesso, almeno una volta.

‘Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre.’

Corse per ricordare a se stesso il giuramento silenzioso che le aveva già fatto una volta, giuramento ben diverso da quello, giuramento che lo stava uccidendo dentro.

‘Adesso ho capito, Tigre, e sappi che non mi tirerò indietro. Non ti lascerò sola a lottare contro i fantasmi del tuo passato. Io non ti lascio. Sappilo. Non ti libererai di me, perché io . . .’

Corse per convincersi che no, lui non avrebbe mai voluto sostituirlo con un’altro, un giuramento fatto di labbra che si sfioravano e di problemi dimenticati e di emozioni finalmente non più nascoste.

‘Io. . . io ti amo.’

Corse per scacciare dalla propria mente l’immagine di Tigre tra le sue braccia, le loro bocce che si sfioravano, timide ed esitanti, la sensazione delle proprie labbra che assaggiavano le sue, tesoro proibito del paradiso.

Ti amo, ma tu non dovrai mai saperlo. Non potrai mai saperlo.

Cadde in mezzo alla neve, con il cuore in mille pezzi, tenendosi il volto e trattenendo singhiozzi misti a gemiti, il linguaggio di un cuore innamorato trafitto dall’impossibilità del proprio sentimento.

 “Io non posso, non posso!” urlò al cielo con voce strozzata, mentre la sua anima sanguinava per ferite aperte che non riusciva a far diventare cicatrici “Non posso . . .”

Tigre . . .

 

 

 

  
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