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Autore: Daleko    05/10/2016    1 recensioni
Alla fine mi sono trasferito in Francia, a Montpellier. I sensi di colpa mi attanagliano ogni volta che quei ricordi mi sovvengono alla mente e forse mi riterrete un pazzo per essere venuto qui; probabilmente la pazzia mi muove sin da quando ho cominciato a scrivere questi diari, più di due anni fa, ma non riesco a liberarmi dei miei demoni attribuendoli a qualche tipo d’insanità mentale; no, quelle sono faccende da arcaico simbolismo russo e di certo non tangono me, stupido venticinquenne di provincia troppo impegnato a crogiolarsi in realtà passate per agire nel presente. Se voglio confessare tutta la verità, mio malgrado, devo ammettere d’agire in modo insensato più che disattento: e così, nella mia giovanile noncuranza verso il rischio e la stoltezza che mi muovono, m’è d’uso ormai farmi chiamare John.
Attenzione, Questo racconto è il seguito di "Queste non sono le mie memorie". Non dovrebbe comunque essere difficile comprendere la storia in quanto ci sono dettagliate ricapitolazioni riguardo i precedenti avvenimenti, tuttavia questo racconto risulta essere, ovviamente, molto più gradevole se letto in seguito al primo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari'
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Meglio per l'uomo peccare con fervore anziché compiere buone azioni senza entusiasmo.
I.B. Singer

*
 
Le sue gambette sottili e d'un biancore niveo confuse nella luce del mattino, dondolate lentamente come anni addietro, dalle ginocchia ossute mostrate grazie all'assenza dell'abito nuovo. I piedi nudi arricciati, distesi e nuovamente arricciati in un muto invito a rosicchiarli con lo sguardo, con i denti, con il corpo acceso dal suo accanto al mio. La guardo, mi guarda: il bacino stretto e dai fianchi da bambina, il petto quasi inesistente, i capelli confusi tra le lenzuola. Bacio la sua pelle candida, lei sussurra il mio nome, stringe le sue piccole mani sui miei fianchi, intreccia le dita affusolate dietro la mia nuca ispida. La desidero, la mia mente vuole possederla, il mio corpo pure. Sono spento e acceso allo stesso tempo e i suoi occhi scintillanti di vita scavano nei miei, spogliano la mia anima per costringermi ad amarla più di quanto non faccia già. È un angelico demone quello che spinge il suo corpo fresco contro i miei bollori da giovane uomo, questa ninfetta che sussurra ancora il mio nome. La sua voce è scossa da un sospiro, poi da un altro; miagola ai miei lobi, bacia le mie gote mentre muoio sul suo collo di porcellana. Ninfetta crudele che afferri il lenzuolo con un piedino arricciato, lo afferri con una mano peccaminosa e lo stendi sui nostri corpi tremanti: cerchi di nascondere al mondo la nostra follia mentre premi con forza le tue labbra sulle mie, prima che io ricambi con la stessa forza e la stessa paura. Labbra umide, labbra morsicchiate, labbra inesperte come le ricordavo. Labbra che posseggo, posseggo, posseggo con ardore. La sua lingua scivola a lambire la mia e non posso che emettere un sospiro roco nell'assaggiarla, nel ricambiare questo bacio atteso per tutta la vita. Le mie braccia tremano, puntellate sul materasso testimone del nostro segreto. Mi stringe ancora a sé, distruggendo la mia fragile forza di volontà e trascinandomi in un ballo dannato. Le mie labbra scendono sul suo corpo, saggiano il sapore del suo corpo, delle sue forme. Geme, assatanata; forse finge, desidera ch'io le tenga la mano mentre attraversa la soglia per diventare donna. Sono una vittima! Una vittima schiava del suo angelico carnefice. Stringo i suoi lombi, li posseggo con delicatezza: non cessa mai di scrutare la mia anima, gli occhi fissi nei miei nonostante le labbra schiuse e il sospiro leggero, cadenzato dalla passione. È mia, è sempre stata mia e mi costringo a crederci anche conoscendo la verità: è lei, scheggia d'una luccicante stella conficcata nella mia mente, ad avermi posseduto sin dal primo giorno.
 

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