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Autore: shadowmoses04    07/10/2016    1 recensioni
Amelia, la ragazza nata in una delle poche famiglie rimaste di maghi cacciatori di demoni, e Jared, il ragazzo contro cui per genetica avrebbe dovuto combattere. O forse no. Solo guardandola s'intravede in lei un passato nascosto, per necessità e per amore, ma che non potrà essere tenuto segreto a lungo. E proprio questa sua unicità, più che rarità, potrebbe renderla l'unica chiave per mettere finalmente in ordine i pezzi in cui la vita umana e non umana si va via via disgregando e portare un barlume di pace tra le forze opposte che la reggono.
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando eravamo piccoli avevamo tutti paura dei fantasmi che si nascondevano sotto il letto. Eravamo convinti che un paio di mani pelose sarebbe sbucato dal nulla e ci avrebbe portati in un mondo parallelo trascinandoci per i piedi. Per convincerci di essere al sicuro bastava dormire con la luce accesa e tenerci ben sotto le coperte. A un certo punto iniziamo ad ignorare quei fantasmi perché le ombre che ci fanno paura si trasferiscono nel nostro subconscio. Li chiamiamo demoni, pezzi del nostro passato e delle nostre peggiori paure che si insidiano dentro la nostra mente fino a farci perdere il sonno. Ci sono sprazzi di vita che quasi ignoriamo vivendoli, o comunque ci proviamo perché dobbiamo fingerci forti, ma tornano a farsi vivi nei momenti in cui non siamo padroni di noi stessi. 

Gli psicologi ci convincono gran parte delle volte del fatto che i demoni che pensiamo di portarci dentro in realtà non esistono, e sono solo frutto della nostra immaginazione. Li chiamano traumi o problemi adolescenziali, sminuiscono tutto il nostro pesante fardello in una manciata di parole che ripetono più o meno simili a tutti gli adolescenti che gli si presentano. Guardano i tagli sui polsi e dicono che sono fatti per attirare l'attenzione. Se parli con uno dei ragazzi seduti dall'altra parte della scrivania, invece, ti dirà che si è scavato a fondo la pelle sperando di far uscire tutti i fantasmi che si sono impossessati della sua vita. Però, è evidente che questi psicologi non hanno ben capito cosa succede davvero. La realtà è che i demoni esistono materialmente, e assumono la forma che noi gli facciamo assumere. I nostri "traumi", i nostri "problemi adolescenziali", li nutrono di nuove idee riguardo a come presentarsi ai nostri occhi, e queste sagome scure si tramutano di volta in volta in un leone rabbioso o nello sguardo di tuo padre mentre ti prende a cinghiate. Forse la realtà fa ancora più paura dell'immaginario comune. I demoni arrivano indisturbati, mentre dormi, e diventano parte di te. Ti portano a contorcerti sul letto che ha smesso di prendere la tua forma perché ormai non stai più tutta una notte nella stessa posizione.

Ora come ora, la depressione provocata dai nostri demoni porta alla morte di quasi un milione di persone l'anno. Le forze che li tenevano a bada si stanno estinguendo. Per essere più precisi, non sono forze, ma veri e propri eserciti di esseri viventi. Sono i maghi. Ovviamente non tutti i maghi si occupano di respingere i demoni, ma alcune famiglie sono nate per questo. L'unica difficoltà è che solo i demoni possono vedere altri demoni al di fuori della mente di una persona, quindi la caccia è dura. Per questo molte famiglie si sono estinte tentando di fermarli. E sempre per questo i maghi predestinati venivano istruiti appositamente per combattere le ombre.

Una delle famiglie rimaste era quella dei Parks. L'unica figlia di Arabella e Maximilian si chiamava Amelia. I suoi genitori le avevano inculcato l'idea della caccia ai demoni da quando era nata, tanto che spesso desiderava di non essere venuta al mondo affatto per questo. Il giorno del compimento dei suoi sedici anni, però, si rese conto che il suo destino era stato scritto da qualcun altro con un pennarello indelebile.

-Domani è il gran giorno, tesoro. Sono così fiera di te!

-Dobbiamo per forza passare il giorno del mio compleanno comprando le cose che mi serviranno per andare in un scuola in cui non voglio andare?

-Ma certo! Mancano ancora tantissime cose.

-La bacchetta che mi avete regalato non basta per imparare a fare gli incantesimi?

-Oh, tesoro, magari fosse così semplice.

Così Arabelle e Amelia passarono tutto quel venerdì 17 settembre a comprare libri di incantesimi, ampolle per le pozioni e piantine strane. I genitori di Amelia erano tanto superstiziosi che non avevano nemmeno organizzato una festa perché era venerdì ed era il 17, quindi sarebbe potuto accadere qualcosa di male. Lei, da parte sua, semplicemente non vedeva l'ora di agitare quella bacchetta per far impazzire gente a caso. Era molto diversa da quella di legno dei suoi genitori. Era metallica, molto leggera e aveva un dispositivo di controllo incantesimi. In pratica, se il suo potere le sfuggiva di mano, la bacchetta riusciva ad evitare grossi danni. Le bacchette frastagliate e legnose erano per gli adulti, più potenti e senza controllo incantesimi. Ma lei, né nessun altro mago alle prime armi, poteva averne una, se no chissà che fine avrebbe fatto il mondo. 

Amelia incontrò Katy fuori dal negozio di cappelli che le piaceva tanto. In realtà, travestirsi da strega era l'unica cosa che apprezzava dell'esserne una. Katy non era sua amica, era solo una ragazzina viziata che abitava di fianco ai Parks e che era appena tornata dal primo anno alla scuola di magia.

-Amy! Non hai idea di cosa ti aspetta là! È davvero da suicidio.

-Grazie per l'incoraggiamento, Katy.

-No, parlo sul serio. Stasera esci con me e i miei amici. Ti facciamo passare bene la tua ultima serata tranquilla.

Ad Amelia non piaceva uscire con quella gente, perché la fissavano troppo e si sentivano al centro del mondo. Però i suoi la obbligavano sempre ad andare quando veniva invitata, perché ritenevano che non avesse una buona vita sociale e loro alla sua età sarebbero stati tipi da re e reginetta del ballo, se fossero andati ad una scuola normale. La figlia invece era mascherata da un segreto, e questo segreto l'aveva resa una tipa punk con i capelli rossi tinti e un piercing al labbro che illuminava gli occhi grigi e penetranti che chissà da chi aveva preso. Ma, quando usciva con gli altri cercava di essere meno sé stessa, anche se questo le causava un dolore tale che un paio di volte Maximilian pensò fossero entrati in lei dei demoni, e aveva provato a scacciarli. 

Dopo l'incontro con Katy, Amelia e sua madre fecero una breve fermata davanti alla casa di una famiglia di maghi molto amici dei Parks. Sotto una delle finestre c'era Johanna, la madre di famiglia in quella casa, e sotto di lei c'era il suo figlio più piccolo. Amelia non ricordava il suo nome, ma sapeva che non doveva avere più di sei anni, ed era là, per terra, inerme. "Si sarà buttato dalla finestra per colpa dei demoni", pensò subito, perché davanti a quelle tragedie è la prima cosa che ti passa per la testa quando nasci in una famiglia di maghi cacciatori. La madre del bambino si disperava, si tirava letteralmente i capelli ogni volta che si chinava per guardare più da vicino suo figlio, gelido e inerme come la morte da cui si era lasciato divorare. Ma Arabella si era fermata in quella zona solo  per prendere da mangiare, e quando notò Amelia che era rimasta a guardare la scena dall'altro lato della strada la trascinò subito via. Lei era abituata, ormai, a resistere alla vista di quelle morti atroci e che non risparmiavano nemmeno i bambini, ma sua figlia ancora non lo era. Si diressero direttamente verso casa, senza nemmeno accennare alla questione su quello che Amelia avesse visto o meno sotto quella finestra. Arabella non ne parlava per paura di cedere, nonostante l'esperienza, al sentimentalismo, e Amelia non parlava perché pensava che per sua madre fosse ordinario assistere a quelle ingiustizie.

Quella sera, dato che era il suo compleanno, ritenne che gli altri si aspettavano si vestisse un minimo elegante. Quindi, non appena arrivate a casa, Amelia si mise a frugare in un angolo dell'armadio poco esplorato e prese un vestito che non aveva mai messo, né lo avrebbe mai fatto se fosse rimasto com'era, e andò da sua madre per farselo sistemare, anche se in quel momento aveva meno voglia che mai di andare in giro per i locali del quartiere.

-Lo voglio bianco, e col corpetto stretto perché sono ingrassata.

Non era vero, perché la bilancia non aveva mai segnato più di 45 kg. Ma Arabella l'accontentò ugualmente. La bacchetta di mogano mandò appena una piccola scia di luce abbagliante, e quel vestito sciatto si trasformò in uno candido, senza spalline, la scollatura a cuore. Il tulle dello strato esterno della gonna brillava di diamanti. Non appena quel piccolo miracolo fu fatto, si dispersero anche le ultime scintille che si erano formate all'urto con il tessuto del vestito. In queste situazioni Amelia sembrava Cenerentola al cospetto della fata Turchina. Ma non avrebbe messo scarpe di cristallo, e nemmeno qualunque altro tipo di scarpe alte. Lucidò le Vans rosse e mise quelle, come ogni volta che non sapeva che scarpe mettere, perché comunque erano abbinate ai capelli. Si truccò con del trucco pesante, per non essere troppo poco sé stessa, e mise in testa una rosa nera come lo strato spesso di matita negli occhi. Sembrava tanto, paradossalmente e inconsapevolmente, un angelo delle tenebre.

Il locale dove Katy l'aveva portata era squallido e angusto, ma d'altra parte non si aspettava molto da quella serata. Alle 11 era già ubriaca la metà della gente, mentre Amelia continuava a gettare per terra di nascosto tutti gli shottini che le porgevano, così che continuavano a porgergliene per sfida, per vedere quando si sarebbe accasciata al suolo vomitando anche l'anima. Toby, il ragazzo di Katy, faceva il preso di sé con qualche incantesimo base che probabilmente aveva imparato a controllare appena la settimana prima. Che poi, Toby non è nemmeno un nome che faccia pensare a qualcuno di importante; piuttosto, rifletteva perfettamente il cervello di gallina di quell'individuo. 

A un certo punto ballavano tutti tranne lei, che si decise a mandare giù il suo unico sorso d'alcool della serata. Poi si mise ad osservare intorno a sé, che era il suo passatempo preferito. E all'altro capo del bancone c'era un ragazzo con i capelli biondi ma non troppo, di quelli che si vedono i riflessi chiari solo se gli punti addosso una luce al neon. Il viso di porcellana coperto da un'ombra di barba di pochi giorni nascondeva gli occhi incavati, che però non erano scuri e rientrati per la stanchezza, ma in un modo che dava un'aria misteriosa e soprattutto attraente.  C'era ancora un caldo torrido nell'aria ma lui sembrava non soffrirne, chiuso nel suo giubbotto di pelle e nei suoi jeans trasandati. La maglietta bianca era giusto un po' imperlata di sudore, quanto bastava per renderlo ancora più suggestivo e simile a un personaggio del film preferito dalle adolescenti. Il barista lo ignorava, come si ignora una zingara troppo in carne per essere davvero povera. Il ragazzo si prese da bere per conto suo; si versò qualcosa di azzurro, poi uscì dimenandosi tra la folla scatenata. Dietro al bancone nessuno gli disse di tornare indietro o di pagare. Amelia, nel nome dell'amore per la giustizia che le era stato insegnato fin da piccola, uscì dal locale per intimargli di tornare indietro. Si fece largo a spintoni per superare la gente che ballava in pista, e non appena uscì dalla porta del locale fu colpita da una ventata gelida, di una temperatura innaturale per quel periodo, e una scia di profumo forte e indefinito la fece voltare verso delle scale che davano su un vicolo cieco, verso quel ragazzo più indefinibile del suo profumo. Gli corse dietro, e voltato l'angolo sparì dietro di lui.
   
 
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