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Autore: Illidan    08/05/2009    2 recensioni
Questo è il finale alternativo del racconto di Virginia Woolf "La vedova e il pappagallo: una storia vera", pubblicato nella raccolta I racconti. Ovviamente i personaggi sono di Virginia Woolf, anche se li ho rimaneggiati un po'.
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una cinquantina di anni fa la signora Gage, una vedova in là con gli anni, se ne stava seduta nella sua casetta in un villaggi

Una cinquantina di anni fa la signora Gage, una vedova in là con gli anni, se ne stava seduta nella sua casetta in un villaggio dello Yorkshire chiamato Spilsby. Benchè fosse zoppa e piuttosto miope, cercava come poteva di aggiustare un paio di zoccoli, perché aveva solo pochi scellini alla settimana per vivere. Mentre era lì che martellava, entrò il postino che le gettò una lettera in grembo.

L’indirizzo del mittente era: Studio legale, Stagg & Beetle, 67 High Street, Lewes, Sussex.

La signora Gage aprì la lettera e lesse:“Gentile signora, ci pregiamo di informarla della morte di suo fratello Joseph Brand.”

-Perdinci!- disse la signora Gage -Il vecchio Joseph se n’è andato finalmente!-

“Il signor Brand ha lasciato a lei tutti i suoi beni” continuava la lettera “consistenti in una casa di abitazione, con annessa stalla, graticci per i cetrioli, mangani, carriole, ecc. ecc., siti nel villaggio di Rodmell, presso Lewes. Il testatore le lascia inoltre la sua intera fortuna; ovverossia: 3000 (tremila) sterline.”

La signora Gage quasi cadde nel fuoco dalla gioia. (Testo di Virginia Woolf)

 

Da parecchi anni non vedeva suo fratello e, dato che non ringraziava neppure per gli auguri di Natale che lei gli mandava ogni anno, aveva sempre pensato che la detestasse per via della sua generosità che lui, avaro fino alle ossa, non poteva soffrire.

L’ultima volta che si erano visti Joseph le aveva gridato che era una stupida a dare i suoi soldi ai poveri orfani del suo vicino di casa. “Ma lui mi ha aiutata prestandomi del denaro quando mio marito aveva perso il raccolto per via della grandine. Non potevo lasciarli senza mangiare, che razza di irriconoscente sarei stata?” aveva protestato di fronte ai rimproveri del fratello. “Beh, ma non sarebbero morti di fame, no? All’orfanotrofio sfamano quelli che non hanno un soldo, o sbaglio?”

“Sbagli, perchè non c’è più nessun orfanotrofio: lo hai fatto chiudere tu l’anno scorso perchè la direzione non era riuscita a pagare gli interessi dei debiti che aveva contratto con te.” aveva ribattuto la signora Gage puntando addosso al fratello un dito accusatore.

Joseph aveva sbuffato. “E una volta che avranno mangiato, tu cosa avrai ottenuto? Degli orfani grassi e viziati, incapaci di badare a se stessi e troppo abituati bene per fare il lavoro che si meritano: scavare in miniera! Non avrei dovuto mandarti quelle cinque sterline a Natale, se avessi saputo il cattivo uso che volevi farne! Mi hai molto deluso, sei una sciocca come sempre! Ora io me ne vado, non so se tornerò a farti visita.” Joseph si era rimesso il cappello logoro e si era avvicinato alla porta. “Prima di andarmene, devo domandarti una cosa: tuo marito mi ha lasciato qualcosa nel testamento?” Ricevuta una risposta negativa, se n’era andato bofonchiando qualcosa come “Che tirchio!”

Da quel giorno non si erano più visti. Lei aveva sempre pregato perchè cambiasse e diventasse un uomo migliore. Ma ogni Natale non riceveva niente da lui. Praticamente non sapeva se suo fratello fosse vivo o morto. Eppure, le aveva lasciato in eredità la sua grande casa e i suoi soldi. Sembrava davvero un fatto inspiegabile.

Però non così tanto, pensò la signora Gage. Forse Joseph, sentendo la morte avvicinarsi, era cambiato e le aveva lasciato tutti i suoi beni nella speranza che lei li usasse per i poveri e per la carità. Rilesse l’ammontare della fortuna del fratello. Tremila sterline, strano. Pensava che fosse molto più ricco. Così tirchio e avaro, era vissuto risparmiando sempre su ogni minima cosa, sebbene con i suoi affari avesse dei guadagni formidabili.

Mentre tornava a sistemare i suoi zoccoli, la signora Gage immaginò che magari suo fratello aveva devoluto in beneficenza la maggior parte delle ricchezze, eccetto una piccola parte tenuta per la sorella. Se lo figurò: un anziano signore con la tuba e la giacca logore che girava per strada dando soldi ai mendicanti sotto gli sguardi increduli di tutti gli abitanti di Rodmell. Poi entrava nell’orfanotrofio e gettava denaro a destra e a manca, abbracciava i bambini e dichiarava che d’ora in avanti avrebbero tutti mangiato cibo sano e nutriente ogni giorno a sue spese. Infine andava dai suoi debitori e prometteva che non avrebbe più voluto nulla da loro.

Persa in questi dolci sogni, la signora Gage passò tutto il pomeriggio a fantasticare mentre aggiustava gli zoccoli e alla fine decise che sarebbe andata quanto prima a Rodmell per assistere al funerale del fratello e per stipulare un atto notarile con cui lasciava tutte le sue proprietà e i suoi beni ai poveri, come pensava che lui avesse desiderato.

Quando la sorella di Joseph arrivò a Rodmell fu felicissima di constatare che le sue fantasie erano vere. Infatti era già in attuazione il progetto di costruire una statua nella piazza centrale in onore del signor Joseph Brand, grande filantropo e benefattore dei poveri e degli indigenti, come recitava la targa in bronzo.

La signora Gage allora donò la casa e le tremila sterline alle opere di carità, in modo da fare la sua parte nel migliorare le condizioni di vita dei più sfortunati.

“Proprio come avrebbe voluto Joseph!” dichiarò pubblicamente il giorno della donazione.

Se solo avesse saputo la verità!

In realtà, suo fratello Joseph non si era affatto pentito della sua vita, nè tantomeno aveva mai pensato di fare la carità. Anzi, non aveva neanche pensato al fatto che ormai era molto vecchio fino a qualche settimana prima di morire.

Infatti un giorno si era presentato il parroco a casa sua e aveva cominciato a fargli una predica, consigliandogli di pensare alla morte e al destino della sua anima immortale, data la sua età. “Signor Brand,” aveva detto “Lei per molti anni non si è fatto vedere in chiesa, ha condotto una vita dedicata solo al denaro, ripudiando completamente la carità cristiana. Ma non è ancora troppo tardi: se Lei si pente della sua vita e decide di fare un buon uso delle sue ricchezze terrene, può sperare che Iddio misericordioso la perdoni e non costringa la sua anima ai tormenti dell’Inferno.”

Per nulla colpito da queste parole, ma molto infastidito, Joseph lo aveva cacciato via in malo modo. Gli aveva urlato dietro di andare a cercare elemosine da un’altra parte e di vergognarsi di approfittare della sua età per spillargli denaro con minacce di eterne sofferenze.

La religione non lo aveva mai interessato, la considerava solo un modo per cercare di strappare agli onesti lavoratori i profitti delle loro fatiche. Ciò che veramente cominciò a preoccupare Joseph era a chi avrebbe lasciato tutto il suo patrimonio. In effetti quel menagramo del parroco aveva ragione: tra qualche mese o anno sarebbe morto. Doveva assolutamente trovare una persona che ereditasse le sue ricchezze.

Sua sorella non era neanche tra i possibili candidati: lo avrebbe di certo dato tutto in beneficenza sprecandolo. Purtroppo però era lei l’unica beneficiaria, stando al testamento che suo padre lo aveva costretto a scrivere quando era sul letto di morte. Quindi sarebbe andato dal notaio e lo avrebbe fatto cambiare, ma prima bisognava scegliere chi la avrebbe sostituita. Così si mise a cercare la persona adatta ad accogliere il suo denaro.

Per prima cosa provò con i suoi due assistenti in borsa, ma quando li interrogò separatamente per decidere chi fosse il migliore secondo i suoi criteri, dissero ciascuno tutto il male che potevano dell’altro. Perciò decise che nessuno dei due era degno e cercò un’altra persona col senso degli affari e parsimoniosa.

Ma per quanto si sforzasse, i suoi tentativi andavano sempre a vuoto.

Il proprietario della miniera di carbone dove lavoravano bambini sfruttati e sottopagati non era adatto: spendeva troppi soldi per comprare quadri e opere d’arte che Joseph trovava un inutile spreco di denaro.

Il politico corrotto e nepotista era un Don Giovanni impenitente e buttava via migliaia di sterline per le sue cocottes.

Il proprietario terriero dispotico e schiavista pareva andare bene, ma Joseph considerava un pessimo affare investire nelle proprietà agricole.

Insomma, non era ancora riuscito a trovare nessuno che fosse degno di ereditare i suoi soldi. In più, era andato a trovare tutta questa gente rigorosamente a piedi, perchè ovviamente non voleva sprecare denaro usando una carrozza. Come risultato, mentre camminava per una delle vie di Rodmell gli venne un infarto. Subito tutti i passanti e i bottegai abbandonarono le loro attività per soccorlerlo e portarlo all’ospedale, nella speranza di ottenere una ricompensa dal moribondo. Anche i medici, coltivando la stessa idea di un premio, fecero di tutto per salvare il vecchio e ci riuscirono. Nonostante questo, Joseph non fu per nulla riconoscente e anzi si lamentò del fatto che nessuno avesse raccolto il suo cappello e che lo avessero lasciato in strada.

Comunque, ciò che era successo era una chiara e lampante prova del fatto che non gli restava molto da vivere. Allora decise che, pur di non lasciarli a sua sorella, si sarebbe portato i suoi soldi nella tomba. Il giorno dopo andò in banca di mattino presto in modo che nessuno lo vedesse e ritirò tutte le sue sostanze. Mise tutti i suoi averi in un enorme borsone che si caricò in spalla e uscì per tornare a casa sua. Arrivato lì, li avrebbe seppelliti da qualche parte insieme alle tremila sterline che teneva nella sua cassaforte.

Durante il percorso però si sentì male ancora. Sia per l’orario sia per il fatto che era domenica, in strada non passava anima viva. Per fortuna o per caso, Joseph era stato colpito da un altro attacco proprio davanti all’ospizio dei poveri. Arrancò dentro e cadde a terra insieme al borsone. Tre suore infermiere lo videro subito e mentre una correva a chiamare il dottore, le altre due cominciarono a prestargli soccorso. Gli inumidirono la fronte e gli tennero la testa con le mani, sempre più atterrite dai suoi spasmi. A un certo punto le convulsioni di Joseph si fermarono e lui subito cercò di afferrare il suo borsone. Solo allora le due suore se ne accorsero e, visto che nel cadere si era aperto in parte, videro che era stracolmo di sterline.

“I... m-miei... s-soldi…” biascicò Joseph, mentre sentiva il dolore ritornare.

“Oh, signor Brand non si sforzi!” disse una delle due suore “Ho capito tutto: vuole donarli ai poveri, giusto?”

“S... si... si...” rantolò il signor Brand.

“Grazie! Grazie! Tutti i poveri e gli indigenti sapranno della vostra generosità! Il Signore vi renderà merito per questo grandissimo atto di carità!” esclamarono entrambe le suore. Ma Joseph non aveva ancora finito di parlare, infatti lui avrebbe voluto dire:“Siete pazza! Non lo farei mai! Giù le mani dai miei soldi!”, purtroppo però gli spasmi che lo tormentavano gli impedirono di finire la frase. Perdipiù, quando sentì l’esclamazione delle suore, al solo pensiero che tutto il suo denaro fosse dato via, gli venne un secondo infarto e morì, proprio nello stesso istante in cui entrava il dottore con l’altra suora. Così i suoi soldi furono tutti devoluti in benficienza e nè il notaio nè i due agenti di borsa poterono impedirlo, visto che c’erano stati ben quattro testimoni della sua donazione in punto di morte. Ciò che restava dei suoi averi, cioè la casa e le tremila sterline nella cassaforte, per testamento andò invece alla signora Gage, come si è già detto sopra.

 

   
 
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