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Autore: Drago Rosso Sangue    10/10/2016    2 recensioni
Buonasera!
Protagonista assoluto è il nostro caro traghettatore Caronte, il quale, purtroppo, non è presente tra i personaggi elencati, ma risiede nel mio cuore... È una storia che è un sogno, intrecciato alla normalità di una ragazza come me e come voi.
Spero che vi piaccia...
Buona serata!
Drago :3
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Silenzioso Traghettatore

"Non riesco a vedere niente.
Questa nebbia che mi avvolge è talmente fitta che fatico a muovermi, è talmente nera da sembrare oscurità pura, è talmente pesante da togliermi il respiro dalla bocca, è talmente velenosa da farmi girare la testa.
Non so dove sono, non so dove sto andando.
Eppure, alle mie orecchie giungono strazianti voci e grida lamentose, agghiaccianti e blasfeme.
Un barlume di ragione si accende nella mia testa: dovrei forse ricordarmi dove ho sentito o letto di queste voci?
Probabilmente sì, se la mia mente ha elaborato questa domanda, ma purtroppo, i ricordi mi sono inaccessibili in questo momento, anche se, mentre cammino assai lentamente in questa nebbia oscura, le voci senza nome mi paiono più familiari.
E tra tutte, una sola mi fa tendere l'orecchio, per ascoltarla attentamente: più che una voce, è un'eco possente che si riverbera dentro di me e fuori, strisciando nella nebbia e forse rimbalzando sulle presunte pareti della presunta stanza in cui mi trovo.
Improvvisamente, come per magia, mi ritrovo in un'immensa caverna, frastagliate le pareti e buia la volta; la nebbia aleggia ancora dietro di me, ma finalmente io sono al sicuro dai suoi fumi velenosi.
Rinvigorita da un'aria un pochino più pulita e respirabile, avanzo di qualche passo, ma l'orribile vista che mi trovo dinnanzi mi costringe a fermarmi, incredula, disgustata e anche terrificata.
Migliaia di corpi pallidi e lerci, gementi e lamentosi, uscendo dalla stessa nebbia dalla quale mi sono liberata, si accalcano sulla riva di un fiume melmoso, gorgogliante di marciume e mefitici fumi, dove una leggera nebbia mortifera circonda le acque velenose, inglobando, di tanto in tanto, alcune tristi e rassegnate anime.
E lì, lo vedo, una figura magra e slanciata che sovrasta quei corpi senza identità dall'alto di un'imbarcazione affusolata, rivestita di logoro fasciame, mentre quelle parvenze di esseri umani riempiono, una dopo l'altra quegli squallidi posti ricavati tra le assi appuntite e i chiodi arrugginiti.
Quell'inquietante figura osserva impassibile la scena, tendendo solo una mano scheletrica per ricevere l'obolo, utile per pagare il suo silenzioso servigio.
Senza essermene resa conto, mi sono avvicinata all'imbarcazione, ed ora sono proprio sotto il silenzioso traghettatore, il quale, senza neanche guardarmi, mi tende la sua mano, aspettando il pegno.
Invece di pagare la traversata del fiume, mi fermo a osservarlo: ha una vaga parvenza umana, solo il corpo può ricordarla, ma il suo volto sembra un teschio, si scorgono i lineamenti delle ossa da sotto il cappuccio nero che gli adombra il viso.
I suoi abiti lerci e logori sembrano costituiti da legno, ed è proprio così, perchè il busto e le gambe sono inglobate nel legno e legate alla nave, come fosse l'unico albero superstite in questo luogo di dolore e morte.
Non avvertendo sulla mano il freddo pungente della moneta, la creatura si ridesta da un apparente torpore e, curvando in modo sinistro la schiena, si china verso di me, il suo volto a qualche centimetro dal mio.
Sentendomi come una bambina che è stata colta con le dita nella marmellata, gli mostro le mani vuote, sorridendo appena come per scusarmi.
La reazione non è proprio quella che mi sarei aspettata: la sua figura sembra scossa da profondi sussulti che fanno riverberare l'aria mefitica, e l'acqua melmosa inizia a ribollire di schiuma e fango marcio.
Nessuna moneta... Questo è l'eco che pare rimbombare per la grotta nascosta e lontana da tutto.
Inclinando la testa, o quello che la sua testa possa sembrare, mi indica la nebbia vorticante attorno al fiume, che lo circonda come un sudario.
Ah. Così è questo il destino di chi non può pagare, essere risucchiati dalla nebbia e vagare per questa landa finchè non si abbia espiato la propria colpa.
Sconsolata, mi avvio verso la mia tormentosa eternità, una lacrima mi riga il volto.
Però mi ricordo qualcosa: estraggo dalla mia tunica nera una collana di corda, avvolta attorno al mio collo come una serpe, sulla quale è agganciato un ciondolo particolare.
È un obolo, dorato e luccicante nel buio e nella nebbia.
Il traghettatore sta sollevando lentamente il remo, non voglio che se ne vada e mi lasci qui.
Allora corro verso l'imbarcazione che si è allontanata, anche se di poco, dalla riva melmosa.
Aspetta! sembra dire il mio sguardo speranzoso.
E questa mia silenziosa supplica collide con l'aria pesante della grotta, arrivando alle orecchie della creatura.
L'ho capito che mi ha sentita, perchè si è fermato, ed ora mi guarda incredulo e incuriosito.
Bene, ho acceso il suo interesse.
Mi fermo ansimante davanti a lui, facendogli scivolare la collana con l'obolo nella mano aperta.
Silenzioso, chinandosi ancora verso di me, mi aiuta a salire, e, altrettanto silenziosamente, affonda il remo nel fango, iniziando la terribile traversata del fiume."

Si svegliò di soprassalto, sudata e profondamente turbata, come ogni volta che quell'incubo le tormentava le notti.
Era sempre lo stesso sogno, da quando ne aveva memoria.
E sembrava così reale... Aveva ancora davanti agli occhi il volto scheletrico del traghettatore che la rimproverava per la moneta mancante.
La moneta...
Aprendo un poco il bianco colletto della camicia da notte, la ragazza sfilò la sua collana di corda, dalla quale non si separava mai.
L'obolo sfavillante oscillava pigramente agganciato allo spago che lei stessa aveva intrecciato.
Strinse la moneta per calmarsi e avere sicurezza, osservando circospetta la propria stanza, con lo sguardo nero e profondo come l'oblìo che vagava sui dorsi dei suoi libri, sulla cassettiera intarsiata e sulle ante chiuse che non lasciavano trapelare un possibile indizio sull'approssimata ora del giorno, o, molto più probabile, della notte.
Allora, diede un'occhiata al quandrante della sveglia, appoggiata con cura sul comodino accanto al letto.
7:15 era l'orario che segnava.
Probabilmente non aveva sentito il trillo sonoro dell'orologio, ma sua mamma non si era nemmeno degnata di svegliarla.
Era in ritardo per andare a scuola.
Di nuovo.
  
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