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Autore: LilyGranger    11/10/2016    0 recensioni
"Avevo un fuoco dentro, Miriam, una forza inarrestabile che mi infiammava l’animo. Non avrei rinunciato a vedere te e Ambra diventare le bellissime giovani donne che siete ora. Non mi sarei arresa all’idea di deluderti. Sotto quel cielo ceruleo giurai che ti avrei regalato un compleanno perfetto."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un eco nel vento
 
Il silenzio nella sala era assordante. Le lancette dell’orologio ticchettavano sentenziose, scandendo i secondi che scivolavano via. Il soggiorno era illuminato dalla fioca luce che filtrava dalle tende e la piccola Miriam si guardava attorno, imbarazzata e leggermente a disagio dall’insolito comportamento dei genitori che, seduti dinanzi a lei, guardavano assorti e taciturni le mani congiunte. Ambra, la sorella maggiore di Miriam, cercava disperatamente un appiglio negli occhi della madre.
-Che significa che stai male?!- sbottò non riuscendo a sopportare ulteriormente quel silenzio pressante. Paola sorrise tristemente, alzandosi per abbracciare le sue bambine.
-Significa che la mamma ha un brutto mostro nel petto e dovrà farsi aiutare a sconfiggerlo. Per farlo diventerò pelata. Voi mi aiuterete vero?  - il tono era dolce e il sorriso era stampato sul volto, ma l’espressione della mamma e lo sguardo assente del papà gettavano Miriam in una profonda confusione. Perché Ambra stava piangendo? Perché il papà stava cercando di nascondere uno sguardo spaventato? Nessuno aveva mai avuto una reazione del genere quando lei si ammalava e non poteva andare a scuola, pensava. Poi una serie di immagini si imposero di fronte agli occhi della bambina: la mamma senza la sua bellissima chioma bionda, i suoi compagni di classe che ridevano e la schernivano all’uscita di scuola.
E Miriam si abbandonò ad un pianto irrefrenabile, una supplica disperata, un capriccio incontentabile.
-Non voglio! Non diventare pelata! Non voglio un mostro come mamma! –
 
Ambra era grande, era forte, lei avrebbe capito. Ma come potevo spiegare a te, una bambina di soli 8 anni, che il cancro al seno mi stava divorando e che avevo paura? Con quale voce potevo dirti che le tue parole, le tue suppliche, il tuo disprezzo, mi stavano uccidendo ancor prima che la malattia potesse farlo?
 
Miriam fissava il cielo limpido, l’erba fresca le solleticava le braccia abbandonate lungo il corpo supino. Erano stati mesi difficili, ma la vita continuava serena. Si era ormai abituata alla testa calva della madre e, addirittura, si divertiva ad usarla come base per il pongo, accompagnata dalle risate della sorella. Ambra per molto tempo trattò male tutti quelli che le si avvicinavano e riservava alla madre sguardi ostili, rifiutando ogni sua più piccola attenzione. Ma una notte Miriam sentì la sorella piangere disperata e spiò dallo spiraglio della porta madre e figlia abbandonate ad un lungo abbraccio, intrusa silenziosa di un momento unico. Da quella notte Ambra cambiò. Ora era lì, nella distesa verde a ridere e a giocare insieme al padre.
Paola si stese vicino a Miriam e si unì a lei nella contemplazione dei colori sgargianti di un aquilone che volava nel cielo.
-Fammi indovinare, per il tuo compleanno vorresti un aquilone vero? – ruppe il silenzio Paola. Miriam rise mentre girava la testa a destra e sinistra, mimando un sonoro “no”.
-Voglio che tu sconfigga il mostro cattivo- rispose con tutto ciò che rende speciale la voce di un bambino: ingenuità, spensieratezza, allegria e quel qualcosa di inafferrabile che sembra rendere la vita più colorata.
Un’ombra oscurò lo sguardo di Paola.
 
Avevo un fuoco dentro, Miriam, una forza inarrestabile che mi infiammava l’animo. Non avrei rinunciato a vedere te e Ambra diventare le bellissime giovani donne che siete ora. Non mi sarei arresa all’idea di deluderti. Sotto quel cielo ceruleo giurai che ti avrei regalato un compleanno perfetto.
 
Il giorno del suo compleanno Miriam non sarebbe potuta essere più radiosa. Non le interessava dei giocattoli o dei vestiti scartati tra nastri colorati e carte decorate o dei dolciumi e delle leccornie che ricoprivano il tavolo. Quel giorno aveva ricevuto il regalo più grande di tutti, quello per cui aveva pregato mesi e mesi e per il quale tutto perdeva importanza: il mostro aveva perso, la mamma aveva vinto.
-Soffia le candeline con me! – disse Miriam mentre strattonava il braccio di Paola e parenti e amici intonavano “tanti auguri a te”.
Quel giorno si festeggiava la vita.
 
Il regalo più bello fu vederti sorridere bambina mia. Piano piano, lo so, ti eri resa conto che la mia malattia era un qualcosa di pericoloso, una minaccia alla tua felicità fanciullesca. E infatti sei cambiata, Miriam. Sei diventata più forte, il tuo sguardo è diventato un abisso inscrutabile. Eppure non era il ciglio serioso a conferirti una precoce maturità, erano i momenti in cui, nonostante tutto, sorridevi e alleggerivi il cuore di tua sorella, di tuo padre, il mio.
 Ho realizzato, forse troppo tardi, che i nostri ricordi sono solo istanti fugaci, attimi cristallini che come l’acqua scorrono via. Mi nutrivo di quei momenti.
Vorrei insegnarti tante cose, la più importante, forse, la imparerai solo vivendo. C’è un’anima meravigliosa che muove il mondo, c’è una bellezza sconfinata che puoi trovare in ogni singola cosa: in un tramonto, un fiore, gli occhi di una persona che ti ama. Ed è questa bellezza, quest’anima, questa meravigliosa essenza che ci fa superare ogni dolore, ogni paura e ogni pianto e per la quale vale la pena vivere. Mi dispiace aver fatto in modo che il mondo per te fosse solo sofferenza
Mi dispiace che le tue risate ora siano solo un eco nel vento.
Mi dispiace averti costretta a crescere prima del tempo.
Mi dispiace averti mentito e regalato un’illusione
Mi dispiace che il mostro abbia vinto.
 
   
 
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