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Autore: franci893    12/10/2016    5 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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17.
 
 
Scozia, dicembre 1067
 
 
Una violenta bufera di neve si era abbattuta sulle terre scozzesi, portando via con sé gli ultimi tepori della stagione autunnale e donando, in cambio, un paesaggio gelido e immobile, spazzato via solo dalle raffiche di vento provenienti dal profondo Nord. Le strade erano deserte e, nei piccoli borghi sparsi qua e là, l’unico segno di vita era dato dal fumo proveniente dai comignoli arroccati sui tetti coperti di neve. A St. Abbs, un minuscolo villaggio di pescatori adagiato sulla costa rocciosa, non vi era anima viva per le strade: i suoi pochi abitanti si erano rintanati nelle loro case alle prime avvisaglie della burrasca e si udiva soltanto lo scroscio assordante delle onde contro gli scogli.
La sera stava calando, e si prospettava un’altra notte in preda alla tempesta di neve.
Uno scalpiccio di zoccoli irruppe con forza in quel paesaggio desolato, provocando un rumore così assordante che diversi occhi si sporsero incuriositi alle finestre, mentre la gente si domandava chi fosse così pazzo da andarsene a spasso con un tempo del genere.
Alcune ombre scure emersero per qualche istante nel turbinio dei fiocchi di neve, prima di scomparire nuovamente lungo la strada che conduceva al vecchio monastero arroccato sulla collina soprastante il villaggio: un tempo era stato un importante centro monastico in cui venivano mandati a studiare i figli delle più  influenti famiglie della zona. Secondo la leggenda, era stato fondato da Aebbe, una principessa della Northumbria che, per sfuggire ad un matrimonio combinato, era entrata in convento, decidendo poi di aprirne uno lei stessa. Tuttavia, i frequenti attacchi dei Vichinghi lo avevano fatto spopolare nel corso degli anni e ora era quasi disabitato, ad eccezione di uno sparuto gruppo di monaci che ancora vi risiedeva.
Quando i cavalieri – erano soltanto tre - arrivarono a destinazione, osservarono per qualche istante i muri austeri e fatiscenti del vecchio edificio; uno di essi scese da cavallo, avvolto in un mantello scuro, e bussò con forza alla porta. Non passò molto tempo prima che un monaco si affacciasse allo spioncino.
- Chi siete? – domandò, cercando di comprendere l’identità dei visitatori.
L’uomo, sempre tenendo il volto coperto, parlò con voce roca.
- Cerco padre Yannis. Dategli questa – gli porse una busta sigillata.
Intimorito, il ragazzo si congedò e corse via. Pochi minuti dopo, altri passi risuonarono all’ingresso, e la porta fu aperta senza indugi. Un uomo piccolo e dai capelli canuti uscì fuori con un lume in mano.
- Pensavo sareste arrivati tra qualche settimana– disse, osservando con attenzione l’uomo che aveva di fronte a sé. Sembrava sospettoso.
Con un gesto improvviso, il cavaliere si scoprì il volto.
- Ora mi riconoscete padre? – chiese, in tono ironico.
L’anziano monaco trasalì, senza però aggiungere nulla.
- Venite dentro, presto – mormorò, guardandosi intorno con attenzione e invitandoli ad entrare.
I tre cavalieri lo seguirono, tirando un sospiro di sollievo nel sentire chiudere la pesante porta alle loro spalle. Erano finalmente al sicuro.
L’abate diede istruzioni affinché fosse preparato un pasto caldo e li fece accomodare in una sala dai soffitti bassi e dalle pareti umide: lo stato di abbandono era evidente, ma il calore promanato dal focolare la rendeva più accogliente.
Fuori, il vento ululava incessantemente, facendo scricchiolare le travi di legno del soffitto.
- Fino a che resterete qui, sarete al sicuro. Raramente riceviamo visite, se non da qualche abitante del villaggio – lanciò un’occhiata all’uomo seduto davanti a lui – quando avete intenzione di ripartire?
- Presto.
Fu l’unica risposta che ottenne.
 
*
Welnfver, dicembre 1067
 
Un borbottio spaventoso svegliò Lynn, quella mattina.
Era partito da lontano, un suono ovattato perso nella mente addormentata della ragazza, per poi farsi sempre più vicino e insistente, al punto che sembrava impossibile sfuggirgli. Lynn, ancora mezza addormentata, si era catapultata giù dal letto alla ricerca di un riparo, riuscendo solamente a rimediare una sonora botta in testa che l’aveva svegliata completamente. Intontita, si era rimessa a letto e solo allora si era resa conto da dove proveniva quel rumore assordante. O meglio, da chi.
Suo marito dormiva, beatamente immerso nel mondo dei sogni al punto che non si era nemmeno accorto che lei si era quasi rotta l’osso del collo pochi minuti prima. Se ne stava disteso a pancia in già, le braccia abbracciate al cuscino e il capo sprofondato in esso. Sembrava un orso addormentato.
Lynn si sarebbe volentieri rimessa a dormire, visto che fuori era ancora buio, ma riuscire a farlo in quelle condizioni era impossibile.
- Tristyn – lo chiamò piano, scuotendogli lievemente una spalla.
Nessuna risposta.
La ragazza riprovò senza successo, per cui decise di passare alle maniere forti. Afferrò il cuscino, sfilandoglielo via da sotto il viso, e finalmente ottenne una reazione.
- Si può sapere cosa c’è? – le chiese, seccato.
- Stavi russando così forte che mi hai svegliato – gli rispose, sempre tenendo il cuscino in ostaggio.
- Bene, ora hai svegliato anche me, sei contenta? Torna a dormire!
- Non ci riesco se fai tutto quel rumore!
Tristyn si mise a sedere, strofinandosi gli occhi.
- Sono mesi che dormiamo insieme e non hai mai fatto storie. Ora, dammi quel cuscino e lasciami in pace.
- Ma io…
- Adesso, Lynn.
Con un borbottio seccato, Tristyn glielo tolse dalle mani e si rimise a dormire, come niente fosse.
Lei rimase seduta, guardandolo in cagnesco.
- Hai intenzione di restare a fissarmi fino a che non spunta l’alba?
- Chi mi assicura che non ti metterai a russare di nuovo?
Un borbottio indistinto le giunse alle orecchie.
- Che cos’hai detto? – chiese, ma in quel momento Tristyn l’afferrò per un braccio e la fece distendere accanto a sé.
- Facciamo un patto: ora tu stai buona e mi lasci dormire, d’accordo? –
- E io in cambio cosa ottengo? Non mi sembra una grande proposta – osservò lei caustica.
- Be’, è la mia unica offerta quindi dovrai fartela bastare. Adesso dormi – le avvolse un braccio attorno alle spalle e l’attirò a sé. Erano così vicini che poteva sentire il calore del suo corpo attraverso la camicia. Tristyn si riaddormentò subito, mentre lei non riuscì subito a prendere sonno. Osservò il suo viso rilassato, le ciocche spettinate che gli cadevano sulla fronte, il petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro. Rimase così per un po’, fino a che anche lei cadde addormentata, in un sonno tranquillo e senza sogni.
 
*
 
Un refolo di aria fredda si infiltrò nelle cucine, facendo rabbrividire Lynn mentre era intenta a fare colazione. Si avvolse il mantello attorno alle spalle e bevve un sorso di latte caldo.
- L’inverno è appena iniziato e sono già stufa di sopportarlo – borbottò Tess, seduta dall’altro lato del tavolo. Di solito non si lamentava di nulla, ma non tollerava il freddo e non ne faceva mistero.
Lynn, invece, amava la stagione invernale: le colline ricoperte di neve, il fiume ghiacciato su cui andare a pattinare, il piacere di ritrovarsi la sera davanti al fuoco scoppiettante dopo aver trascorso tutto il giorno a girovagare per i boschi. Non soffriva particolarmente il freddo, anzi, le piaceva stare fuori e respirare l’aria fresca e frizzante delle giornate invernali.
Finirono di fare colazione e si recarono nel salone principale, dove alcune donne si erano raccolte attorno al camino ed erano intente a ricamare. A quanto pareva non c’era nient’altro da fare per trascorrere il tempo ma Lynn non voleva ancora rassegnarsi a quel tedioso e deprimente svago.
Sbirciò fuori dalle finestre e vide che aveva smesso di nevicare. Era il primo momento di tregua dopo giorni in cui aveva imperversato una violenta bufera di vento e ghiaccio. Se il tempo avesse retto, più tardi sarebbe potuta uscire a prendere un po’ d’aria.
Mentre Tess si dedicava all’arte del ricamo assieme alle altre dame, Lynn salì al piano superiore ed entrò con passo felpato nella stanza di Briain. Con suo grande sollievo e stupore, il bambino era riuscito a sopravvivere e le sue condizioni stavano migliorando, nonostante fosse sempre molto debole; Lynn sapeva di non poter cantare ancora vittoria, ma con il passare dei giorni la speranza che guarisse si faceva sempre più forte.
Sempre attenta a non svegliarlo, rinfocolò le fiamme e si assicurò che ci fosse una scorta di legna sufficiente per la giornata; la più piccola infreddatura avrebbe potuto essergli fatale.
- Lynn, sei tu?
Il viso emaciato e assonnato del piccolo sbucò dalle lenzuola.
- Buongiorno. Come ti senti oggi? – gli chiese, accarezzandogli la fronte. Era fresca, grazie al cielo.
- Ho fame – mormorò.
- E’ un buon segno. Dirò alla signora Godwyn di farti portare subito qualcosa da mangiare.
Il bambino annuì, prima di tossire convulsamente.
Nonostante la febbre fosse scesa e avesse iniziato a riprendere le forze, la tosse sembrava non voler concedere nessuna tregua, e questo impensieriva parecchio Lynn. Il vecchio medico del villaggio, dopo averlo visitato, si era limitato a consigliare gli stessi decotti che lei gli aveva preparato, per cui bisognava solo sperare che alla fine riuscissero a ottenere l’effetto desiderato.
Eppure doveva esserci qualcos’altro da poter fare, lei ne era certa!
- Vado a prepararti una tisana calda, non starò via molto, d’accordo? – gli disse, alzandosi in piedi.
Briain non sembrò molto felice di quella notizia.
- Quella roba fa schifo.
- Sì, però ti fa molto bene.
- Fa schifo lo stesso.
Malato ma testardo. Le ricordava qualcuno.
Scese nuovamente nelle cucine e ordinò di preparargli qualcosa da mangiare, prima di mettere a bollire il decotto. Quando fu pronto, glielo portò lei stessa, ben sapendo quante storie facesse ogni volta per berlo.
- Eccolo qua – disse, in tono allegro.
- Io non bevo quella roba – fu la lapidaria risposta.
- Briain, non cominciare – lo redarguì.
Il bambino nascose il viso sotto le coperte.
L’impresa si prospettava lunga e difficoltosa.
- Se la bevi, dopo ti racconto una storia, che ne dici?
- No.
- Allora potrebbe venire Tess a farti un po’ di compagnia, lei ti piace, giusto?
- Non mi interessa.
Un colpo di tosse risuonò lugubre nella stanza.
Quel bambino stava iniziando a farle esaurire la pazienza.
- Dai, Briain, non fare troppe storie, esci da lì – borbottò Lynn, cercando di tirarlo fuori dalle coperte.
Il piccolo si raggomitolò ancora di più, avviluppandosi tra le lenzuola. Già faceva fatica a respirare, così rischiava di soffocarsi. Che bambino testardo!
- C’è qualche problema? – chiese una voce alle sue spalle.
La ragazza si voltò e vide Stefan appoggiato contro lo stipite della porta.
- Che cosa ci fai qui? – gli chiese.
- Ero da queste parti e ho pensato di passare per un saluto – rispose.
Fin dall’arrivo del piccolo, sia lui che Tess avevano trascorso diverso tempo insieme a lui, con grande riconoscenza di Lynn. Non se ne era mai accorta prima ma prendersi cura costantemente di un bambino richiedeva forze ed energie inesauribili.
Udendo la sua voce, Briain sbucò fuori dal suo nascondiglio.
- Stefan! – esclamò, eccitato.
- Buongiorno, come stai oggi? – gli chiese, avvicinandosi.
- Sto bene – affermò il piccolo, ma si smentì un istante dopo iniziando a tossire.
L’uomo gli lanciò un’occhiata preoccupata.
- Non puoi dargli nulla per farlo respirare meglio? – chiese, rivolgendosi a Lynn.
La ragazza come risposta sollevò la tazza bollente, chiedendogli silenziosamente aiuto.
- Staresti meglio se bevessi quella tisana calda – disse al bambino.
- Non mi piace.
Oh signore, dammi la pazienza!
- In effetti non è molto buona – osservò l’uomo, sedendosi accanto a lui.
La ragazza lo fulminò con un’occhiata.
- ….anzi, diciamo pure che è disgustosa, però se vuoi guarire presto, devi berla per forza, temo.
Il bambino mugugnò qualcosa.
- E quando sarai guarito e avrai di nuovo ripreso le forze, ti insegnerò a usare la spada. Che ne dici? – gli propose.
Briain lo guardò assorto, ponderando la sua decisione.
- Quella spada? – gli chiese, indicando l’arma che portava al suo fianco.
- Magari una più piccola per cominciare ma, quando avrai imparato, potrai usare anche la mia – gli assicurò.
- D’accordo – mormorò il piccolo. Prese la tazza fumante e bevve tutta la tisana, senza fare storie.
Stefan gli scompigliò i capelli e fece un occhiolino complice a Lynn.
- Grazie – mimò lei con le labbra.
Lui scosse le spalle.
Vedendoli così, insieme, Lynn si sentì assalire dalla tenerezza. In fondo, quel bambino era davvero dolce e adorabile.
- Stefan, raccontami di quando hai ucciso quei briganti tagliando loro la testa! –
Come non detto.
Lasciandoli soli, la ragazza andò nella sua stanza e si mise a rovistare nel baule in cui teneva tutti gli unguenti e le erbe medicinali raccolte durante la bella stagione: non sapeva esattamente cosa stesse cercando, ma aveva la sensazione che esistesse un’altra cura adatta al male che affliggeva Briain. Passò in rassegna il contenuto della cassa con grande attenzione, tuttavia nulla sembrava aiutarla nella sua ricerca. Alla fine, con un sospiro, ripose tutto al suo posto.
Evidentemente la sua memoria l’aveva ingannata.
Abbattuta, decise di andare a trovare sua zia Audrey: per quanto fosse convinta che le mancasse qualche rotella, c’erano delle volte in cui era l’unica persona in grado di darle il consiglio di cui aveva bisogno. Di solito si rivolgeva a Tess, la sua saggia e ragionevole cognata, eppure questa volta sapeva già che cosa le avrebbe detto: “ Porta pazienza e vedrai che tutto si sistemerà”.
Ma Lynn non voleva aspettare, voleva rendersi utile, ed era convinta che le stesse continuando a sfuggire qualcosa.
- Buongiorno zia – mormorò, facendo capolino dalla porta.
- Lynn! Che cosa ci fai qui? – le chiese la donna, vedendola entrare nella sua stanza.
Se ne stava in un angolo, raggomitolata nella sua poltrona, ad osservare il panorama fuori dalla finestra. Da anni le sue condizioni di salute le impedivano di uscire dal castello e per questo aveva preso l’abitudine di trascorrere ore intere a guardare il mondo esterno dalla sua stanza in cima alla torre. Aveva fatto il diavolo a quattro quando le avevano proposto di trasferirsi in una camera più calda e accogliente, e tutti davano per scontato che un giorno o l’altro l’avrebbero trovata morta chiusa lì dentro. Non che queste dicerie la infastidissero, anzi, era stata lei stessa a metterle in giro.
- Sono passata a salutarti – le disse, sedendosi per terra accanto a lei.
- Mmmm – sua zia le lanciò un’occhiata inquisitoria – lasciami indovinare, hai qualche problema con quel bel normanno che ti hanno appioppato come marito?
Lynn scosse la testa. A dire il vero lei aveva sempre problemi con Tristyn, ma stavolta aveva altro per la mente.
- Se pensi che intenda mettermi a farti domande per sapere cosa ti affligge, sappi che non ho tempo da perdere – l’ammonì.
- Zia, stai chiusa qua dentro tutto il giorno, onestamente dubito tu sia così impegnata – osservò Lynn, in tono ironico.
- Ragazza insolente. E’ una fortuna che ti abbiano trovato un marito, altrimenti nessuno ti avrebbe preso in moglie. Agli uomini non piacciono le donne con la lingua lunga – disse, con un sorrisetto sulle labbra. Faceva la scontrosa ma in realtà sua nipote le piaceva: era l’unica della famiglia che le assomigliasse un po’ e questo la rendeva orgogliosa.
- Allora, si può sapere che cosa succede? – la interrogò.
- Non è un vero e proprio problema, è solo che ho come l’impressione di stare dimenticando qualcosa di importante eppure non riesco a ricordare. Ci ho provato e forse me lo sono solo immaginata, ma non riesco a non pensarci. Capisci cosa intendo?
L’anziana ci pensò su.
- No. Ma sei sempre stata un po’ strana…-
Da che pulpito!
- ….comunque, quando ero giovane e avevo l’impressione di stare dimenticando qualcosa di importante e non riuscivo a ricordare, ebbene, ricorrevo sempre a un metodo immediato ed efficace: mi distendevo a testa in giù e me ne stavo così per un po’. Non c’è un tempo preciso, restavo lì fino a che non mi tornava in mente la cosa che avevo dimenticato.
Lynn la guardò perplessa. Questo era di gran lunga il consiglio più strambo che sua zia le avesse mai dato, e dire che ne aveva già sentite delle belle!
Rimase con lei ancora un po’, a chiacchierare del più e del meno, e poi se ne tornò in camera sua.
Briain stava dormendo e non aveva nulla da fare, se non andare a ricamare con Tess e le altre dame.
Rabbrividì al solo pensiero.
Mentre se ne stava distesa a letto, il consiglio di sua zia le attraversò la mente, facendola sorridere: era davvero assurdo, solo quella vecchia matta poteva pensare che un rimedio del genere potesse funzionare! Tuttavia…
Pensierosa, la ragazza studiò l’altezza del letto: non era molto alto e il rischio di spaccarsi la testa era minimo, perché non provare? Era disposta a tutto pur di non essere costretta a ricamare!
Stando attenta a non cadere si distese in modo tale che la testa ciondolasse giù dal bordo del letto. Era una posizione scomoda e subito si sentì girare lievemente il capo: altro che rimedio, l’unico risultato che avrebbe ottenuto sarebbe stata una dolorosa emicrania!
Stava per rimettersi a sedere quando un guizzo illuminò i meandri oscuri della sua mente, rischiarandole sempre più i ricordi confusi che la popolavano. Briain. Tosse. Decotti. Erbe. Boschi. Druidi e…
- Ho trovato! – esclamò, esultante.
- Lynn! Si può sapere cosa diavolo stai facendo? –
*
 
Dopo giorni in preda alla bufera, Welnfver si era risvegliata avvolta da una coltre candida e soffice e, passato il primo momento di stupore nel vedere il paesaggio così cambiato, Tristyn si era subito preoccupato di andare a controllare le condizioni del villaggio. Spesso i tetti, sottoposti ad un peso troppo grande, finivano per cedere travolgendo animali e persone. Fortunatamente gli edifici sembravano aver retto meglio del previsto e nel giro di una mattinata tutte le abitazioni danneggiate erano state messe in sicurezza. Lui stesso aveva dato una mano, contento di poter sfogare un po’ di energie e di dare un aiuto concreto a quelle persone che, nonostante tutto, ormai erano sotto la sua protezione e responsabilità. Stanco ma soddisfatto, una volta tornato al castello Tristyn andò nella sua stanza per rinfrescarsi e cambiarsi d’abito: il continuo movimento lo aveva fatto sudare e la camicia gli si era attaccata al corpo come una seconda pelle, facendolo sentire a disagio.
Mentre percorreva il corridoio di pietra, sentì un urlo soffocato provenire dalla sua stanza.
Era Lynn.
Coprendo gli ultimi metri rimasti, entrò dentro e vide sua moglie distesa a testa in giù che agitava le braccia in segno di vittoria.
- Lynn! Si può sapere cosa diavolo stai facendo? – chiese, esasperato.
Non fu una buona idea.
In men che non si dica, la vide scivolare giù e cadere a terra come un sacco di patate.
- Mio dio, ti sei fatta male? – le chiese, aiutandola a mettersi seduta.
- Mi hai spaventato – disse lei - potevi bussare.
- La porta era aperta.
- Nessuno ti impedisce di bussare comunque.
Tristyn sapeva che, a questo punto della loro relazione, avrebbe dovuto essere abituato a conversazioni del genere, ma sua moglie riusciva sempre a lasciarlo senza parole. Era come se percepisse il mondo in modo diverso da lui, e questo complicava decisamente il loro rapporto.
- Mi spieghi perché te ne stavi a testa in giù?
- Stavo pensando.
- E da quando, per pensare, devi rischiare di romperti l’osso del collo?
- Me l’ha suggerito mia zia.
Perfetto. Ci mancava la vecchia matta che viveva chiusa nella torre.
- Va be’, non voglio sapere altro. Piuttosto, stai bene? – le tastò la testa alla ricerca di eventuali bernoccoli.
- Sto bene. Benissimo – lei balzò in piedi, eccitata – ora mi ricordo!
- Cosa? – le chiese, confuso.
- Quello che non ricordavo. La cura per Briain. Oh, come ho potuto non pensarci prima?
- Si può sapere di cosa stai parlando? Briain è peggiorato? Come sta?
Tristyn iniziava a non capirci più nulla.
- Fa progressi, ma non riesco a fargli passare quella maledetta tosse. Pensavo che l’unico modo per curarlo fossero i decotti che abbiamo preparato, e invece un altro rimedio c’è! – quasi saltava dalla contentezza – I licheni!
Tristyn decise di gettare la spugna.
Si sedette con un sospiro, mentre sua moglie lo illuminava sulle proprietà curative di qualcosa di cui lui non aveva mai sentito parlare. Lei, invece, a quanto pare sì, e ora glielo stava spiegando per filo e per segno.
- …il decotto preparato con il lichene di betulla è molto più efficace, e in questo modo Briain si riprenderà più in fretta. Però…-
Tristyn alzò il capo e la vide mordicchiarsi un labbro. Ebbe la strana sensazione che quello che sarebbe seguito non gli sarebbe piaciuto per niente.
- Però cosa? –
- Non ne ho nemmeno un po’ qui con me per cui dovrò andare a raccoglierlo– gli lanciò un’occhiata titubante – ma conosco un posto qui vicino dove è facile trovarlo. Certo, ora che ha nevicato bisognerà cercare un po’ di più ma non penso che avrò troppa difficoltà.
Bene, ora ne aveva avuto abbastanza.
- Tu non andrai da nessuna parte – le disse, perentorio, alzandosi in piedi e voltandosi verso di lei.
Sua moglie si irrigidì e strinse i pugni.
- Non è una questione su cui intendo negoziare. Ne va della salute di Briain – ribatté, la voce tremante di rabbia.
- Se pensi che ti lasci andare a zonzo per i boschi ti stai sbagliando di grosso! Ci saranno almeno tre piedi di neve e probabilmente nevicherà di nuovo. Cristo, solo tu puoi uscire con un tempo del genere!
- Ho già deciso, ti sto solo informando. Non ho bisogno del tuo permesso!
Tristyn iniziò a vedere rosso. Si avvicinò a lei fino a farla rannicchiare contro la parete eppure, nonostante la disparità fisica tra loro, Lynn non si lasciò intimidire. Non troppo almeno.
- Sai una cosa, Lynn? Penso di essere stato troppo permissivo con te. Mi sono lasciato convincere da Stefan che avevi bisogno di tempo, che eri traumatizzata da tutto quello che era successo, ma sai cos’ho capito, invece? Che sei solo una ragazzina arrogante che crede di poter fare tutto quello che vuole. E sono stufo di lasciarmi trattare in questo modo, quindi d’ora in avanti tu farai quello che ti dirò io, sono stato chiaro?
- Tristyn…-
- Hai idea di quanto mi faccia arrabbiare il pensiero che tu te ne vada in giro da sola? Ci hai provato lontanamente a pensare?
- Ma io…-
- No, figuriamoci, perché in fondo a te non importa niente di me, giusto? Non ti importa di avermi fatto passare le pene dell’inferno quando sei scappata da sola nel cuore della notte! O di come mi sono sentito quando sei tornata a casa, con un ragazzino trovato chissà dove, prossima al congelamento e ricoperta di graffi! Eh, ci hai mai pensato?
Le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi.
Dio, era così arrabbiato con lei, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di stringerla a sé per cercare il suo conforto. Che razza di uomo stava diventando?
- Mi dispiace se ti ho deluso – mormorò lei, ricambiando il suo sguardo.
Lui non disse nulla. Non si aspettava delle scuse.
E ora, passato quel momento di rabbia, non pensava nemmeno di meritarsele, più di tanto.
- Ti prometto che d’ora in poi cercherò di fare del mio meglio per essere la moglie che desideri. Farò tutto quello che vuoi – la vide arrossire fino alla punta delle orecchie – tutto.
Tristyn iniziò a sentirsi accaldato. Dannazione, era solo un uomo, accidenti!
- Però ti voglio chiedere un’ultima concessione, e poi non sentirai altre richieste da me. Lasciami uscire a cercare quei licheni. Non farlo per me, ma per Brain. So che anche tu tieni a lui. Ho bisogno di quegli ingredienti per curarlo, altrimenti potrebbe peggiorare di nuovo e stavolta…- lasciò cadere la frase, ma l’allusione era chiara.
Maledizione. Aveva toccato un tasto dolente.
- D’accordo – le disse.
Gli occhi di lei si illuminarono di sollievo.
- Ma ad una condizione: verrò con te.



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Ciao a tutti!
Stavolta ho cercato di non far passare troppo tempo per cui ecco il nuovo capitolo :) 
Spero che questa lunga macrosezione su Lynn e Tristyn non vi annoi troppo, però è necessaria per arrivare all'ultima parte della storia in cui, promesso, ci sarà molta più azione! Grazie come sempre a chi legge, segue e recensisce, sapere che ci siete mi sprona a continuare e a dare il massimo.
Alla prossima!

Un bacione
Francesca
   
 
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