Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Rohhh    12/10/2016    2 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 30

 

Monica salì le scale con quel fardello mentale che le era stato gentilmente sganciato da suo figlio.

Portava ancora i vestiti dell'ufficio, una camicetta chiara e una gonna nera lunga fino al ginocchio, perchè aveva fatto gli straordinari quella sera ed era rientrata tardi e con l'unica voglia di cenare e crogiolarsi nell'ozio più totale.

Gregory, adorabile come suo solito, le aveva fatto trovare la cena pronta e, approfittando dell'assenza di Matt ed Ashley, fuori per un compleanno, erano riusciti a ritagliarsi quel momento di intimità, seduti a tavola da soli, evento quello alquanto raro nell'ultimo periodo.

Avevano mangiato senza fretta, lentamente, raccontandosi le rispettive giornate, assaporando il silenzio rassicurante della casa, scambiandosi romantiche effusioni senza dover subire gli sguardi di disapprovazione o semi disgusto dei figli che, da che mondo e mondo, parevano incapaci di accettare che l'amore e i suoi gesti non fossero solo un privilegio della gioventù ma che spettassero anche ai loro genitori.

Poi Gregory era salito nel suo studio per terminare degli spartiti per le lezioni del giorno dopo e Monica aveva riassettato la cucina e, una volta terminate le faccende domestiche, si era abbandonata sul divano con la tv accesa sul suo telefilm giallo preferito, le luci soffuse e una tazza di tisana calda fra le mani da sorseggiare.

Ma figurarsi se le era consentito dopo una giornata intensa di lavoro poter spegnere il cervello e non pensare a nulla!

Ovviamente no ed era arrivata la telefonata di suo figlio e tutto ciò che ne era seguito a far collassare miseramente il suo meritato relax.

Ancora immersa nel flashback di quell'infelice serata, si ritrovò in cima alle scale e si affacciò lungo il corridoio buio, allungando in avanti le mani per raggiungere a tastoni l'interruttore del lampadario, ma non ce ne fu bisogno: dallo studio di Gregory proveniva la luce della sua lampada da tavolo ed era sufficiente a consentirle di attraversare il corridoio senza inciampare su qualche mobile e imprecare in sette lingue diverse.

Aveva immaginato di trovarlo già a letto e invece evidentemente stava esagerando col lavoro, come faceva spesso a causa della sua pignoleria e precisione eccessive..

Si incamminò tentennante, col senso di colpa che già la attanagliava, ma cercò di concentrarsi solo sul buon fine della bugia che avrebbe di lì a poco dovuto dirgli.

«Ancora qui? Pensavo fossi già in camera» lo ridestò dalle sue carte, entrando nella stanza e sforzandosi di mantenere il suo tono usuale.

«Ho quasi finito, stavo revisionando l'ultimo foglio e sarei andato» la informò lui, senza sollevare lo sguardo concentrato dagli spartiti ma sorridendole.

Monica intrecciò le mani dietro la schiena e fece qualche passo in avanti verso la scrivania, prendendosi del tempo per elaborare il modo meno traumatico per intraprendere quel discorso.

Dischiuse le labbra ma Gregory non la vide, ancora impegnato a scrivere e così l'anticipò.

«E poi così aspetto di sentire che Ashley sia ritornata» aggiunse infatti, Monica colse subito l'occasione al volo.

«A tal proposito, caro, poco fa mi ha chiamato Matt e mi ha riferito che con i ragazzi hanno deciso di passare l'intera nottata in spiaggia ad aspettare l'alba, sai un po' per chiudere la stagione e per approfittare di questa serata limpida dopo gli ultimi giorni di pioggia» disse, cercando di far risultare la sua voce la meno apprensiva possibile.

Gregory, che fino ad allora era rimasto sempre chino e assorto verso le sue incombenze, stavolta si fermò istantaneamente, corrucciò la fronte e puntò i suoi occhi verdi scuri sulla figura della sua povera compagna.

«Come scusa?» chiese, sperando vivamente di aver capito male per colpa della sua distrazione.

«Insomma, non torneranno prima di domani mattina» liquidò la cosa Monica, augurandosi che quella spiegazione gli bastasse.

«Ma fuori dove? E con chi? Cosa c'è da fare fino all'alba in una spiaggia?» fu invece la serie continua di domande che seguì, la tisana rilassante di prima era già diventata acqua fresca per i nervi tesi di Monica.

Si avvicinò a lui e da dietro cominciò a fargli dei leggeri massaggi alle spalle, sempre troppo affaticate dalla sua classica postura da pianoforte, con la speranza che potessero servirgli a calmarsi e ad accettare meglio quella notizia.

«Tesoro, rilassati, sono solo un gruppo di ragazzi in spiaggia» sussurrò dolcemente, cercando di tranquillizzarlo, sebbene i suoi muscoli rigidi e tesissimi sotto le sue mani che lo massaggiavano la informarono che stava fallendo in quell'obiettivo.

«E appunto, dei ragazzi, soli, una notte intera! Potrebbero succedere delle cose orribili, potrebbero farla bere e ubriacare, approfittarsi di lei o trovarsi in situazioni poco raccomandabili, non so se mi spiego!» prese ad elencare senza prendere fiato nemmeno una volta, rosso in viso e agitando le braccia in maniera frenetica.

Monica notò che parlava di sua figlia come di un burattino nelle mani degli altri, privo di forza e di capacità di difendersi o, peggio ancora, come fosse una sorta di essere angelico, libera di qualunque istinto o desiderio terreno e continuamente sottoposta a tentazioni oscene da parte di quelle creature mostruose che erano i suoi coetanei.

«Gregory ascoltami – disse Monica esasperata dopo un lungo sospiro, ripetendo più volte a sé stessa di rimanere calma mentre toglieva le mani dalle sue spalle e si sedeva di fronte a lui per guardarlo dritto negli occhi – Ashley è una ragazza intelligente e matura, capace di ragionare con la propria testa e sono sicura che è perfettamente in grado di valutare le situazioni e allontanarsi eventualmente dai pericoli, anche se, se proprio devo essere schietta, sono tra amici e non tra avanzi di galera, credo che tu stia facendo una tragedia per nulla!» ammise infine.

Anche se stava in parte mentendo e sapeva che non erano in spiaggia con altri ragazzi, Monica cominciava a non tollerare il suo atteggiamento eccessivamente protettivo nei confronti della figlia, aveva 21 anni e spesso la trattava come una quindicenne inesperta e ingenua.

Era fastidioso e ridicolo e per quanto potesse comprendere le sue motivazioni, tuttavia non riusciva ad accettarlo. Si era creato un circolo vizioso per cui più lui esagerava con le preoccupazioni, più Ashley avrebbe cominciato a tenergli nascoste le cose, anche quelle più naturali come avere una storia con un ragazzo, che poi era anche il motivo principale per via del quale adesso lei era costretta a raccontargli frottole.

Insomma, quel suo comportamento aveva indirettamente ripercussioni su tutti.

Certo, Monica non poteva considerarsi degna del premio come miglior mamma del decennio e in passato aveva più volte cercato di imporre il suo modo di essere a Matt, ma proprio per quello aveva appurato a sue spese che non si può costringere un figlio a diventare ciò che noi vorremmo o pretendere di controllarlo ed evitargli di fare le proprie esperienze, altrimenti non si otterrebbe altro che provocare l'effetto contrario, scatenare conflitti, silenzi e allontanarsi sempre più. L'unica cosa che un genitore poteva fare era fornire le giuste basi e permettere ai figli di diventare degli individui sempre più autonomi e indipendenti.

Ma questo Gregory pareva far fatica ad accettarlo: per lui non era stato facile stare lontano da sua figlia in tutti quegli anni, vederla solo alcuni momenti dell'anno, non poterla seguire in tutti i suoi progressi e nei traguardi quotidiani, trovarla ogni anno di colpo sempre più cresciuta.

Si portava dentro un gran senso di colpa e il terrore di vederla soffrire o prendere strade sbagliate che compensava con l'impeto di proteggerla, di sentire che stava facendo il possibile per lei.

Adesso però era giunto il tempo di lasciarla andare e doveva capirlo, per il bene di Ashley ma anche per il suo, perchè si meritava di liberarsi di tutta quella responsabilità che portava sulle spalle e che non aveva senso di esistere, era stato un padre esemplare e presente nonostante le ovvie difficoltà, non aveva nulla da recriminarsi ed era ora che si concedesse quella pace.

Monica vide che le pieghe sulla sua fronte non scomparivano, piuttosto aveva tolto gli occhiali e si stava strofinando le palpebre con una mano, come se provasse di colpo una forte stanchezza o bruciore agli occhi.

«E poi c'è Matt con lei, stai tranquillo» aggiunse quindi, posando una mano sulla sua e stringendola forte per dargli conforto.

Sperava che il pensiero di saperla con qualcuno di cui si fidava e molto vicino a lui lo avrebbe rassicurato in un certo senso, ma la sua risposta la stupì.

«Matt è pur sempre un ragazzo – commentò gelido, Monica sollevò lo sguardo, i suoi occhi marroni rimasero all'erta, per un attimo trattenne il respiro – non sono stupido, credi che non mi sia accorto di come la guarda?»

La sua voce ferma rimbalzò nella piccola stanza, Monica tremò internamente, poi abbassò lo sguardo in silenzio, senza la forza di contrastare quella verità.

Gregory fu investito da una forte delusione.

Aveva sperato fino alla fine in una sua reazione che potesse smentirlo, fargli capire che si era sbagliato, che era stata solo una sua errata impressione, ma quel contegno suonò come una tacita e inequivocabile conferma delle sue parole.

Sentì la stretta della mano di Monica allentarsi e scivolare via dal dorso della sua, spezzando quel tenero contatto. Trasalì e si pentì del tono duro che non era riuscito a evitare.

Si trattava pur sempre del figlio della donna che amava e doveva andarci cauto, non voleva che si creassero attriti tra loro per quel motivo.

Provò tanta confusione e incertezza su come affrontare quella delicata situazione.

«Sai, quando mi hai detto che dovevo provare a ricordare i miei vent'anni e a guardare determinate cose con quegli occhi – riprese poco dopo, addolcendo la voce – beh io l'ho fatto e... - provò a deglutire nonostante la bocca secca – questo è quello che ho notato»

Monica non parlò per una manciata ancora di secondi, ad un tratto le sue sopracciglia si piegarono in un'espressione concentrata, come se stessero riflettendo su qualcosa, mentre Gregory sudava freddo nell'attesa spasmodica che si decidesse finalmente a fare uscire la voce e toglierlo da quella tortura infernale.

Improvvisamente parve riscuotersi, rivolse lo sguardo al compagno in evidente stato confusionale e dischiuse le labbra rosse per parlare. «Capisco, però... non dovresti concentrarti solo su Matt – gli fece notare con estrema serietà – dovresti fare caso anche ad Ashley e a come lei guarda mio figlio, forse allora avresti un quadro più completo» terminò, si rese conto di aver involontariamente calcato su quel 'mio figlio', presa da una sorta di istinto materno di protezione verso di lui che non credeva più di poter possedere.

Si alzò e si diresse verso Gregory, assorto nel decifrare il significato nascosto tra le righe di quella sua frase. Lo amava e soffriva nel vederlo così preoccupato e invischiato in una faccenda che probabilmente lo aveva colto alla sprovvista. Senza esitazione e prima che egli potesse accorgersene, gli afferrò entrambe le mani, giunte sulla scrivania e le tirò verso di sé, esortandolo ad abbandonare quella sedia.

«Sù, adesso andiamo a letto, siamo entrambi molto stanchi e non si ragiona bene quando non si ha la mente lucida, non credi?» gli sorrise.

Gregory si voltò verso di lei, il sorriso di Monica riuscì alla fine dove tutti gli altri metodi avevano fallito, lo rasserenò subito e gli fece dimenticare quella piccola discussione tra loro.

«Sì, hai ragione» si arrese, cancellando dal volto quell'espressione corrucciata che aveva mantenuto fino ad allora e si lasciò guidare da Monica fuori dalla stanza, stringendo forte la sua mano.

 

Ashley giaceva sul petto di Matt, che non aveva smesso nemmeno per un attimo di tenerla stretta sotto quelle coperte sgualcite e ormai piene di sabbia che li riparavano dal freddo della notte e li riscaldavano insieme ai loro respiri.

Sotto l'orecchio avvertiva il dolce rumore del battito del suo cuore, che scandiva il tempo e le infondeva un forte senso di sicurezza. Non stavano controllando l'orario, non ne avevano bisogno, ci avrebbe pensato il colore del cielo sempre più chiaro e il sole a informarli dell' arrivo del nuovo giorno.

Una mano di di Matt le sfiorò i capelli con una carezza, prima di depositarsi nuovamente sulla sua schiena. Ashley sentì un brivido attraversarla a quel tocco e si contrasse appena, il ragazzo percepì quel movimento sopra di lui e lo scambiò per una reazione al calo della temperatura.

«Hai freddo?» si preoccupò subito di chiederle, rompendo il silenzio.

Ashley scosse la testa per quel poco che quella posizione le permetteva «No, sto bene, e tu?» domandò a sua volta.

«Benissimo» rispose Matt in un soffio.

La realtà, i problemi, le paranoie, tutto sembrava solo un ricordo lontano in quell'angolo di paradiso che si erano ritagliati e una immensa rilassatezza li aveva sommersi, trasportandoli in una dimensione tutta loro, dove il tempo era immobile e il mondo esterno un luogo a cui non appartenevano. Un'illusione dorata, ma pur sempre un'illusione, destinata a scomparire.

Gli occhi di Ashley si fecero pesanti, ogni tanto le sue palpebre si chiudevano senza che potesse controllarle, ma le riapriva di scatto.

Non voleva addormentarsi, voleva viversi ogni singolo secondo di quella notte, di lui, fino alla fine, senza rimedio.

La stanchezza poteva e doveva aspettare.

«Rimarrei qui per sempre» sussurrò, persa in quella sensazione di benessere.

«Già – rispose Matt, stranamente diventato poco loquace e piuttosto taciturno – ma non si può» concluse con una vena amara nella voce, come se dell'inquietudine fosse riuscita a guastargli l'atmosfera.

Ashley si sollevò per guardarlo e gli accarezzò una guancia.

«Ho paura di tornare a casa» gli confessò, senza timore di mostrarsi vulnerabile a lui.

«Devi promettermi che non ne avrai» le ribattè con dolcezza ma deciso. Quel momento tanto temuto stava arrivando e l'ultima cosa che voleva era che Ashley perdesse di vista i suoi obiettivi e il suo futuro per colpa sua, anche se faceva male da morire.

Ashley sbarrò gli occhi e il sonno l'abbandonò. Come poteva chiedergli di essere tranquilla come se niente fosse dopo che era arrivato lui e le aveva sconvolto tutti i piani?

«Non posso, Matt, sta cambiando tutto troppo velocemente e io... sarò sola» esclamò. Aveva usato il termine 'sola' ma era ovvio per entrambi che con quello intendesse dire senza di lui.

Matt si fece serio, in quel momento aveva la necessità di sentirle dire che sarebbe stata bene, fosse stata anche solo una menzogna, una pura illusione. Aveva bisogno di sentirglielo promettere, rafforzò la stretta delle braccia intorno alla sua vita esile, facendola sussultare.

«Dimmi che lo farai, Ashley, promettimelo!» ripetè fino allo sfinimento.

«Tu lo farai?» gli rigirò abilmente la questione.

«Cosa?» fece finta di non capire, evitando a sua volta di rispondere. Sembrava che si stessero rincorrendo senza mai riuscire a prendersi, eludendo ciascuno le richieste dell'altro.

Ashley sbuffò «Insomma, sei contento di ritornare a casa tua, di riprendere la vita che conducevi prima, di pensare al futuro» spiegò, un po' infastidita dalla piega che aveva preso la discussione e che stava rovinando la serenità conquistata a fatica.

«No, ma di me non devi preoccuparti, io me la caverò in qualche modo, ci ho fatto i calli ormai a essere masticato e sputato da questa vita di merda» disse amaramente, il suo tono era disilluso, come di chi non si aspetta più nessuna svolta positiva e si è rassegnato all'ennesimo schiaffo in faccia.

«E invece non è vero, tu ce la farai, io lo so, io credo in te» lo contraddisse Ashley, prima di cercare le sue labbra e riempirle con un bacio.

Matt provò un'improvviso e piacevole calore dentro di sé, quando lo diceva Ashley sembrava tutto così possibile, semplice e reale che quasi ci credeva davvero di poter combinare qualcosa di buono. Sentì che forse ci poteva riuscire, che se solo ci fosse stata lei al suo fianco a incitarlo ce l'avrebbe fatta, nulla avrebbe più contato e niente l'avrebbe fermato, le paure, la sua poca fiducia nelle sue capacità, il suo scarso impegno nello studio.

Tutto si sarebbe ridotto a nient'altro che un cumulo di stupidaggini paragonato alla forza che avrebbe scovato dentro di sé e alla gioia che avrebbe provato nel poterla vedere e raccontarle la sua giornata e ridere delle sfortune capitate o di qualche ingiustizia subita.

La normalità, era quella che desiderava, quella che non aveva mai avuto e che adesso stava toccando per la prima volta.

Ed Ashley era quello per lui, la sua oasi di salvezza, una ventata di aria fresca in mezzo all'inferno, la pace che pensava di non poter mai trovare nella sua anima travagliata.

Era la vita ed era lì, a due passi da lui, e voleva amarla con tutto sé stesso.

La strinse a sé, con forza pressò di più le labbra contro le sue, facendole quasi male, con disperazione e così intensamente che Ashley riuscì a cogliere il suo dolore come se lo provasse direttamente, come se le loro anime fossero collegate.

In passato, quando sentiva le sue amiche parlare dell'anima gemella e di quanto sognassero di poterla trovare, aveva sempre considerato quei discorsi delle stucchevoli smancerie prive di senso e degne al massimo del più scadente e poco realistico film romantico. Era un tipo poco incline a pensieri sdolcinati e zuccherosi e l'idea dell'esistenza nel mondo di qualcuno di quasi 'predestinato', la propria metà smarrita chissà dove e a cui appartenere per sempre, non poteva fare a meno di reputarla una grossa cretinata.

Buffo che invece adesso anima gemella fosse l'unica espressione che avesse giudicato adatta a descrivere ciò che sentiva per lui.

Matt la completava, la arricchiva con le sue differenze e allo stesso tempo per lui provava empatia, vicinanza, appartenenza. D'improvviso pensarlo la sua anima gemella non parve più la fantasia di una ragazzina troppo sognatrice, ma una realtà, la sua.

Rise sulle sue labbra, Matt si stupì di quel cambiamento di umore ma, come contagiato inevitabilmente, anche gli angoli delle sue labbra si piegarono in sù.

Si staccò da lei intenzionato a soddisfare la sua curiosità «Che ti prende?» le chiese.

Ashley si nascose nell'incavo del suo collo, poi prese a passare il palmo della sua mano sul suo torace.

«Niente, è che pensavo a quando ti ho conosciuto un mese fa e a dove siamo adesso e che probabilmente eri l'ultima delle persone con cui avrei mai immaginato di trovarmi – iniziò, lievemente imbarazzata nel dover confessargli i propri vaneggiamenti – eppure siamo qua, l'avresti mai detto? Non è incredibile?» la spontaneità e freschezza con cui lo disse furono l'antidoto istantaneo all'oscurità che si era impossessata di lui prima.

«Già, è pazzesco – ammise sereno, sentì l'intero corpo di Ashley rilassato a contatto col suo e bastò quello per cancellare ogni tristezza o brutto pensiero dal suo cuore – e sentiamo, come mai ti sembrava così strano poter finire con me? Cosa hai pensato la prima volta che mi hai visto, sono curioso!» la esortò, con la sua solita aria scanzonata.

«Beh, la prima volta mi eri sembrato un tizio a caso che aveva trovato le chiavi di casa davanti alla porta» confessò candidamente, Matt aggrottò le sopracciglia a quell' affermazione bizzarra.

«Eh? E perchè mai?» le domandò.

«Perchè non somigliavi per niente all'idea che mi ero fatta sull'aspetto e i modi di fare del figlio di Monica» disse Ashley. Ricordava benissimo lo stupore che aveva provato quando Matt era sbucato in cucina quella mattina.

«Ti aspettavi di trovare un damerino tutto in tiro e ordinato, dai modi raffinati e che ti facesse il baciamano?» le domandò Matt, ironico.

«Sì, più o meno – rise Ashley – e poi i tuoi occhi – continuò teatralmente – i tuoi occhi mi mettevano i brividi, mi impressionavano!» affermò con veemenza, come se stesse parlando di un mostro terrificante.

«Di solito mi dicono che sono il mio punto forte, ma lo prendo comunque come un complimento?» commentò divertito per via di quell'insolita opinione sul suo sguardo. Era consapevole di avere degli occhi magnetici, da bambino tutti rimanevano incantati dai suoi occhioni azzurri e crescendo parecchie ragazze avevano sospirato, perse a guardare quel pezzo di cielo che si ritrovava al posto dell'iride, ma nessuno mai li aveva definiti 'da brividi'.

Senza dubbio era stato il commento più originale e strambo che avesse mai ricevuto.

Ashley scoppiò a ridere, poi si premurò di specificare ciò che intendeva, prima di ledere il suo lato vanitoso «Non ho mica detto che sono brutti, anzi, però era il modo in cui fissavi la gente che mi inquietava, sembravi trafiggere tutti con quello sguardo, come una spada. Era così gelido e pungente e pareva non voler permettere a nessuno di decifrarlo, di leggerti dentro, mentre tu con quegli stessi occhi scavavi, ferivi, mettevi a nudo senza pietà – Ashley fece una pausa, mentre Matt ascoltava attento quell'accurata descrizione di come appariva dall'esterno il suo sguardo – non volevo guardare dentro ai tuoi occhi, non riuscivo a sostenerli quando per caso capitava che li incrociassi coi miei. Avevo paura che tu potessi scrutare dentro di me, mi facevano sentire esposta, ecco, fragile.» pronunciò quell'ultima parte a voce bassa, quasi non volesse perchè era qualcosa che apparteneva al passato, ormai e in cui non si rivedeva più.

Matt rimase per un po' pensieroso, la verità era che Ashley ci aveva proprio preso su tutto.

«E cos'è cambiato, poi?» continuò a chiederle, deciso a sapere cosa l'avesse spinta verso di lui.

«Non so dirlo di preciso ma, quella sera quando suonavi ho provato qualcosa di strano, può sembrare stupido e forse lo è, ma è stato come se vederti accarezzare i tasti nello stesso modo in cui facevo io, stare chinato sul pianoforte con la stessa concentrazione, osservare compiere tutti quei gesti che facevano così parte del mio essere, del mio mondo provenire da qualcuno che reputavo talmente distante da me, diverso, quasi all'opposto direi, ha fatto crollare in un secondo ogni mia più ferma convinzione. Mi sono chiesta come fosse possibile una cosa del genere e se non mi fossi sbagliata tante volte a tenere fuori dalla mia vita cose o persone a me vicine ma che ritenevo lontane. Avevo già dei dubbi a tal proposito prima di partire, delle crisi d'identità se così le vogliamo chiamare, ma quell'episodio è stato come illuminante, una rivelazione e da lì è stato tutto un fiume inarrestabile che mi ha travolta fino a qui, fino a te» concluse, poggiando la fronte sul suo petto, il suo rifugio.

Il cuore di Matt fece un balzo. Fu come guardarsi a uno specchio ascoltare la descrizione di Ashley. Lui era freddo, non badava ai sentimenti e raramente ne sentiva, non si preoccupava degli altri e spesso li guardava con quella che poteva sembrare arroganza o presunzione ma era solo autodifesa e indifferenza. Cercava di scrutarli per capire se avrebbero potuto fargli del male, partendo già prevenuto.

Ma Ashley era andata oltre quella sua barriera. La sua purezza, la sua voglia di scoprire il mondo, di dargli fiducia l'avevano intrigato e colpito al cuore quasi subito. Poi si era aggiunta la sua dolcezza e quella delicatezza mai intraviste in nessuna delle persone che frequentava e che gli avevano scaldato il cuore e fatto scoprire quanto anche solo un abbraccio può dare quando proviene dalla persona che ami, quanto si può vivere tramite un bacio o una carezza o semplicemente una parola, quanta cura doveva usare nel pensare anche ai sentimenti e alle emozioni degli altri nel suo agire, tutte cose che non aveva mai considerato.

«Sarò sincero con te Ashley e non userò mezzi termini, la prima volta che ti ho vista mi sei stata subito sul cazzo – le raccontò diretto, lei trasalì a sentire quella verità anche se apparteneva a un passato non troppo lontano ma che ormai appariva remoto per l'elevato numero di cambiamenti ed eventi che erano successi in quell'arco di tempo – tutti parlavano di te come di un essere eccelso in qualunque campo, ti lodavano, decantavano i tuoi successi. E poi ti ho vista, sembravi esageratamente perfetta, con quel bel visino, così composta, intelligente e brava nello studio, il classico tipo snob che ti guarda dall'alto in basso. E tu non mi guardavi nemmeno, anche se solo adesso probabilmente ne capisco il motivo, ma ai tempi sbagliando pensai che fosse perchè mi schifavi, perchè quelle come te trovavano ripugnanti quelli come me e io avevo deciso di ripagarti come facevo di solito, con la mia indifferenza. Poi quella sera ti sei presentata lì, non ti sentivi superiore, al contrario eri impacciata ma curiosa, interessata a me e a quello che facevo, non eri spocchiosa ma gentile e non eri così perfetta come pensavo. Ho percepito della sofferenza in te, un tormento che ti affliggeva e che ancora non capivo cosa fosse, per qualche strano motivo mi ha ricordato me stesso. Non c'era traccia in te di niente di tutto ciò che ti avevo affibbiato e mi hai fatto sentire un perfetto stronzo. Ti ho guardata per la prima volta attentamente solo quella sera al pianoforte, mi sono accorto allora di quanto eri bella anche fuori, ti ho desiderata subito e tanto perchè ero abituato in quel modo con le altre ragazze, ma tu eri diversa e non era così che doveva andare. Ti ho messa alla prova la sera del concerto, per vedere se avresti accettato, se l'impressione che avevo era giusta e da lì è stato tutto un crescendo e siamo qui, adesso» terminò quel monologo così come aveva fatto lei, ripercorrendo quel mese e arrivando a quella notte. Ashley ascoltò ogni singola parola con un nodo in gola per l'emozione. Era la prima volta che si rivelavano le rispettive prime impressioni e ora che ci pensava era avvenuto nel momento giusto, in quella notte così intima e intensa e non poteva essere più perfetto di così.

Rimasero stretti per un po', poi Matt si staccò leggermente per guardarla in viso.

«Ti fanno ancora paura i miei occhi?» le chiese.

Ashley li fissò, il loro colore era falsato dal buio e dalla luce lunare ma li avrebbe riconosciuti tra milioni. Non la spaventavano più, adesso non poteva vivere senza. Più ci si specchiava e più si sentiva viva, protetta e quasi privilegiata nel poterlo fare. Non aveva timore che potesse leggerle dentro perchè voleva che lo facesse, voleva che conoscesse tutto di lei, che fosse solo sua. E il pensiero di non poterli più guardare così lucidi e vicini la distruggeva.

«No, adesso non posso più farne a meno – gli confessò – mi danno serenità, gioia, a volte ho come l' impressione di conoscerli da sempre, sembra una cretinata, lo so» si scusò per quel pensiero forse un po' troppo infantile.

«Non lo è invece, forse è davvero così, ti stavano aspettando Ashley, forse era proprio con i tuoi occhi che dovevano incrociarsi» sussurrò a un passo dal suo viso, prima di annullare completamente la distanza tra loro.

Non solo i loro occhi, ma anche le loro vite si erano incrociate e si erano cambiate, migliorate, confrontate e ne erano uscite persone migliori sotto vari aspetti. Perchè quando la diversità non blocca, quando si va oltre quell'apparenza, quella distanza, ecco che arricchisce, completa e ci si scopre spesso più simili di quanto si pensava all'inizio.

 

La notte trascorse serena, e pian piano il cielo passò dal nero al blu scuro e via via sempre più chiaro, finchè il sole non esplose in una bellissima alba. E fu allora che Matt ed Ashley decisero di porre fine a quel meraviglioso e lungo momento e tornare a casa.

Ashley, stanca e non abituata a stare sveglia per così tante ore, crollò poco dopo in un sonno profondo sul sedile, durante il viaggio di ritorno.

Giunti a casa Matt provò a svegliarla, scuotendola dolcemente ma l'unico effetto che sortì fu qualche mugolio indistinto e dei piccoli movimenti.

Decise allora di caricarsela in braccio, e così la estrasse dall'auto, richiudendo lo sportello con un calcio.

Trafficò parecchio davanti alla porta per riuscire ad aprirla con la ragazza in braccio, poi finalmente riuscì nell'impresa e si avviò all'interno, sperando di non incrociare sua madre o peggio ancora Gregory. Ma si sa, la sfiga ci vede benissimo ed eccoli entrambi ben svegli e schierati lì come se li stessero aspettando.

Matt si fermò subito, un rumore assordante di sedie che stridevano gli squarciò il timpano ma parve non avere alcun effetto sulla bella addormentata tra le sue braccia, che proseguiva ignara nel suo beato sonno.

Il rumore era stato provocato da Gregory e Monica, che si erano precipitati verso di loro alla vista di Ashley priva di sensi, Gregory preoccupatissimo per la figlia, Monica probabilmente per ammazzarlo, pensò Matt.

«Ashley! Che le è successo?» urlò Gregory, ma prima che potesse andare oltre in quella crisi isterica da genitore apprensivo Matt lo arrestò.

«Tranquillo, sta solo dormendo, giuro che non ha assunto nulla né è ubriaca, si è solo addormentata in macchina per la stanchezza» disse Matt a voce bassa, l'unico che si preoccupava di adottare quella misura per non disturbare Ashley, buttò un'occhiata di intesa a sua madre per tranquillizzarla che fosse tutto ok e la vide sospirare di sollievo sommessamente.

Gregory spostò velocemente lo sguardo dal viso rilassato di Ashley a quello di Matt con sospetto e agitazione, ma il ragazzo, intuendo la persistenza delle sue perplessità e dei dubbi sullo stato di salute della figlia provò a rassicurarlo nuovamente.

«Fidati di me, sta solo dormendo, se fosse ubriaca te ne accorgeresti dall'alito, si sentirebbe»

Gregory parve finalmente credergli, ma poi fu attirato dall'immagine di sua figlia tra le braccia di Matt, il ragazzo se la teneva stretta al petto con naturalezza, la testa rossa di Ashley poggiava sulla sua spalla delicatamente e il vestito nero della festa, già piuttosto corto, gli aveva scoperto di più le gambe per via della posizione in cui si trovava e gli occhi di Gregory si soffermarono sulla mano di Matt che poggiava proprio sulla sua coscia nuda per reggerla. Ripensò al discorso della notte prima con Monica e ai suoi sospetti che parevano essere stati confermati, la sua solita gelosia si impadronì di lui.

«Beh, allora la porto a letto» disse Matt, rendendosi conto troppo tardi di quell'infelice scelta di parole, imprecò mentalmente mentre vide Gregory assumere un'espressione sconcertata e sua madre, dietro di lui, pronunciare qualcosa come 'sei un cretino' col labiale.

«Non ti preoccupare Matt, la porto io nella sua camera» disse serio Gregory, poi si avvicinò e, fissandolo severamente negli occhi, le strappò via Ashley di dosso, lasciandolo lì, impalato e senza riuscire a dire nulla.

Aspettò di vederlo sparire sù per le scale, poi si gettò di peso su una sedia accanto a sua madre, sospirò sonoramente e si accasciò sopra il tavolo, poggiando la fronte sulla tovaglia di plastica coi girasoli, immobile e distrutto.

«I tuoi capelli sono davvero diventati lunghi – osservò placidamente Monica – dovresti tagliarli» continuò sorseggiando un thè e divertendosi a sbeffeggiare il figlio, un po' per vendicarsi della serata da incubo che le aveva riservato.

Matt sollevò la testa sconvolto «Ma ti pare il momento di pensare ai miei capelli? Non hai visto come mi ha guardato Gregory? Stavolta mi sa che ha capito qualcosa» piagnucolò.

Monica non negò né annuì a quell'affermazione. Vide il figlio portarsi le mani sul viso e strapazzarselo per cercare di riprendersi, doveva essere molto stanco anche lui e magari non era il caso di prendere quell'argomento.

«Vi siete divertiti stanotte, almeno?» gli chiese.

«Sì, è andato tutto bene» rispose Matt, un sorriso gli si dipinse sul volto nonostante tutto.

«Immagino» commentò maliziosa Monica, Matt la fulminò con lo sguardo, troppo esausto per rispondere, poi si alzò dalla sedia, intenzionato a buttarsi sul letto e recuperare un po' di sonno. Era umano anche lui e aveva bisogno di dormire come tutti.

«Vaffanculo mamma – si congedò da lei cordialmente – io vado a a dormire» e sgattaiolò subito con l'eleganza e l'agilità di uno zombie.

 

Gregory era salito con Ashley in braccio e si era accertato che stesse bene: il respiro era regolare, il viso disteso, l'espressione rilassata.

Matt doveva avere ragione, si era solo addormentata per la stanchezza. Facendo attenzione a non prendere scossoni sulle scale si diresse verso la sua camera.

Mentre camminava sentì Ashley muoversi leggermente, si fermò e la sentì parlare nel sonno e il nome che pronunciò lo fece rabbrividire: era quello di Matt.

La depositò sul letto, la coprì amorevolmente con il lenzuolo e si soffermò a guardare pensieroso il suo viso. Sembrava quello di una bambina, adesso che dormiva tranquilla eppure aveva già 21 anni anche se a Gregory piaceva dimenticarlo spesso. Si chiese perchè quel nome fosse uscito dalle sue labbra durante il sonno, che significato avesse per lei e che ruolo stesse giocando Matt nella sua vita. Tante, troppe domande che lo assillavano e aveva quasi paura di scoprire le risposte.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rohhh