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Autore: Yellow Canadair    14/10/2016    2 recensioni
Sulla piazza era sceso il silenzio, e il sangue che scorreva sul sagrato sembrava avere la stessa voce di un fiume in piena, anche se la scia era lenta e scura.
Fu in quel momento che si fece largo tra la folla un uomo. Uno che non ci avresti scommesso due lire, che zoppicava pure e che chissà per quale ferita non era riuscito a infilarsi nemmeno una delle maniche della giacca.
Quello non era solo un disgraziato appena dimesso: era un agente del CP che aveva parecchia rabbia da smaltire.

Chi l’ha detto che il CP9 è sconfitto? Aspettate poi che metta le mani addosso a Spandam, e vedremo chi ha davvero perso, a Enies Lobby.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kaku, Kalifa, Rob Lucci
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Per rinfrescarsi la memoria: qui le Mini-Avventure del CP9 ("Missioni extra-curriculari del CP9"). 

 

 

La lunga marcia

 

Jabura stava in piedi e fissava Lucci in silenzio, dall’alto.

Non ci era molto abituato. Ma ora che vedeva il suo rivale così, sconfitto e distrutto, poteva dire che a litigare non c’era gusto: sembrava faticasse persino a respirare.

Blueno aveva deposto Rob Lucci su una parete di mattoni crollata, venuta giù per intero senza sfarinarsi, unica superficie relativamente liscia in un’isola devastata. Era stato proprio Lucci a chiedere di essere messo giù, di non essere più trasportato come una bambola di pezza, ma una volta sceso dalle spalle del collega non aveva più avuto la forza di alzarsi.

Califa stava in un angolo, cercava di coprirsi con la sua schiuma ma non si univa ai suoi colleghi. Blueno le portò una cosa: era una tenda sporca e strappata, ma almeno poteva avvolgervisi.

« Questa è una molestia sessuale » soffiò la donna, ma sembrava più un sospiro che un ammonimento.

« Hai assistito Iceburg tante volte » disse Blueno « Vieni a dare un’occhiata a Lucci. »

 

Erano riusciti a metterlo disteso, a convincerlo a non tentare di alzarsi ancora. Il sangue non si fermava, Hattori era disperato, Kaku non gli lasciava il polso.

Califa assisteva Iceburg quando non stava bene, era vero, ma quella di Rob Lucci non era certo un'influenza. Gli pulì il sangue secco dal volto, gli fece sollevare un po' i piedi, ma non aveva nemmeno dell'acqua. Fukuro e Kumadori lo trascinarono all’ombra di una tettoia crollata a metà.

« Non posso farci niente » asserì la donna portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. « Bisogna portarlo da qualcuno »

Il colombino bianco era atterrato vicino al suo amico e piangeva sconsolato. Può sembrare strano che un piccione pianga, eppure era proprio così. Tubava inconsolabile e ogni tanto si alzava in volo per poi riatterrare subito dopo, come se non volesse allontanarsi ma nemmeno riuscisse a rimanere fermo senza sapere che fare.

Non si sentivano suoni, se non lo sciabordio delle onde contro il molo della stazione devastata e il rombo lontano e cupo dell'enorme cascata di Enies Lobby. Le ultime nubi di polvere si andavano depositando, e rivelavano una distesa triste di macerie silenziose. Calcinacci, mattoni, brandelli di stoffa emergevano dai cumuli di mattoni. Ovunque si andasse, bisognava stare attenti a non scivolare sulle tegole rotte, sui cavi tranciati. Si sentiva un cattivo odore, a volte sembrava gas, altre volte sembrava fogna.

In lontananza, oltre una collina di edifici sventrati, si alzava al cielo il fumo di un incendio.

« Yoyoi! Enies Lobby è oramai una landa desolata, senza vita né speranza! Dove sono i lieti rii? Dove sono i prati aulenti? Tutto è perduto! » si disperò Kumadori con un occhio chiuso brandendo il suo bastone.

« Allora bisogna proseguire per Marineford » considerò Califa « È il centro più vicino: serve un medico. »

 

Intanto, Jabura e Blueno scattarono al riparo di alcune macerie. Meno male che non erano andati subito incontro ai Marine! Si guardarono fra loro per alcuni secondi, poi lasciarono perdere quegli stupidi militari e tornarono dagli amici.

Che bella riconoscenza! Spandam non aveva esitato un istante ad addossare a loro sette la responsabilità del Buster Call, la distruzione dell’isola e la mancata cattura di Cappello di Paglia.

« Siamo ricercati! » ringhiò Jabura a conclusione del rapporto una volta tornato dal resto del gruppo.

« Quindi direi proprio che Marineford è fuori discussione » sorrise stanco Kaku, seduto anche lui all’ombra della tettoia. Era uno di quei sorrisi che si facevano per non piangere.

Del resto, quando sei solo, stanco, ferito e ora anche ricercato nel bel mezzo di un’isola distrutta ci sono solo due cose da fare: piangere o andare avanti.

Le due cose non si escludevano a vicenda, ma il drappello risparmiò sui fazzoletti e decise di prendere il largo; non c’erano navi che potessero occupare senza attirare troppo l’attenzione, e nessuno di loro se la sentiva di affrontare uno scontro, finanche contro delle deboli reclute di Marine.

« Allora cammineremo. » propose ancora Kaku, indicando una strada che riposava appena sotto il pelo dell’acqua.

 

 

Con le macerie di Enies Lobby ancora fumanti, il gruppo si mise lentamente in marcia.

Califa, prendendo la mano di Kumadori, staccò con delicatezza un piede dalla banchina e lo appoggiò sulla traversa di legno delle rotaie. In fretta, tutti gli altri fecero lo stesso, abbandonando la rassicurante terraferma. All’inizio fu difficile e anche un po’ impressionante camminare sull’acqua, specie per tutti coloro che con il mare non avevano tanta dimestichezza.

Era anche necessario mettere i piedi esattamente sulle assi, perché mettere un piede tra l’una e l’altra avrebbe significato uno scivolone dritto in acqua. Nulla di troppo preoccupante, ma nelle loro condizioni era meglio non aggiungere altri problemi a quelli che c’erano già.

Il mare li bagnava attraverso le scarpe zuppe, la lunga strada era appena cominciata, eppure sembrava già che stessero camminando da ore.

Califa si tirò su gli orli della tenda che portava addosso: il vento aveva ne fatto cadere nell’acqua un lembo, e si era inzuppato.

« Lascia perdere » le disse Jabura superandola e porgendole il suo tangzhuang, la giacca nera con gli alamari. « È più comoda, se dovremo difenderci » disse l’uomo a mo’ di spiegazione. La donna lasciò perdere la grande e pesante tenda e s’infilò l’indumento, chiudendo gli alamari sul davanti.

 

« Chapa! » esclamò Fukuro scattando a prendere Kaku quasi al volo. Lo sorresse per un pelo, risparmiandogli una caduta sull’acqua bassa delle rotaie.

« Sto bene, sono solo… » guardò il blu profondo sotto di lui che si intravedeva tra i binari. « Sono solo scivolato. Sto bene »

Ancora una volta fu Jabura a darsi da fare: si issò sulle spalle Kaku, tra mille proteste. Tolti Kaku e Lucci, era lui il più forte, e finalmente poteva dimostrarlo. Del resto, erano almeno sei ore che erano in marcia e quello stupido era in condizioni disperate, come poteva pensare di resistere così fino a San Popula?

 Il carpentiere però rimaneva vigile, e indicava loro la strada. « Allo scambio » diceva «Bisogna andare verso destra »

« A sinistra c’è Water Seven » asserì Blueno.

« Non credo che Iceburg sia disposto a perdonarci così facilmente » continuò Kaku « Ma forse a San Popula potremo stare tranquilli per un po’. »

A notte fonda arrivarono alla biforcazione: continuando, sarebbero arrivati nella cara vecchia Water Seven; virando decisamente a destra, avrebbero proseguito per San Popula.

Lasciandosi Water Seven e tanti laboriosi giorni alle spalle, Jabura spaccò con un gesto rapido la leva che azionava il cambio dei binari, lasciandola fissa in direzione Enies Lobby, e la usò per sostenere meglio Kaku.

Forse sarebbe stato un indizio per eventuali inseguitori, pensò Califa, ma si strinse addosso la giacca del compagno rigida di sporco e non parlò: Kaku rischiava di scivolare, e lei non aveva voglia di litigare.

Stavano vagando nella tenebra più nera, proseguivano lenti e il silenzio della notte era rotto solo dallo sciabordio delle onde e dal vento che s’infilava sotto i loro vestiti. “Meno male” pensava Kaku “Che l’acqua-laguna è passata”. In testa al gruppo c’era Kumadori, che con i lunghi capelli controllava che i binari proseguissero e non deviassero bruscamente, comunicando al gruppo eventuali danni alle rotaie; al centro stavano Califa, Blueno e Fukuro; chiudeva la fila Jabura con Kaku sulle spalle.

« Così controllo io che nessuno rimanga indietro » disse fiero.

« Già. Bravo cane da pastore » replicò Kaku.

« Te la fai a piedi! » lo minacciò Jabura in risposta.

Hattori volava basso, in cerchio sopra la testa di Kumadori, che sbraitava e gli prometteva una viaggio laddove riposava la sua amata madre, se avesse osato fare la cacca sulla sua giacca. Se solo Rob Lucci fosse stato sveglio, gli avrebbe fatto ingoiare tutte quelle parole! E comunque, Hattori era un colombo beneducato e non faceva i suoi bisognini sulle persone. Se solo avesse potuto parlare, avrebbe detto a quell’inetto di non portare il suo amico così, come un sacco di patate sulla spalla, quando già stava rischiando la vita di suo!

 

~

 

Un agente del CP è addestrato alla segretezza, al riservare i propri sentimenti, a non mostrare alla gente cos’è veramente. Gli allenamenti sono duri, e gli agenti devono sopportare senza lamentarsi la sete, la fame, la stanchezza, le ferite sanguinanti e le ossa rotte.

In realtà, dopo più di dieci ore di marcia forzata in mezzo al mare, sotto il sole e nella notte, senza cibo, dopo aver sostenuto una serie di lotte da cui erano usciti malmenati e sconfitti, e dopo il colpo di grazia assestato a tutti loro da quell’infame di Spandam, tutti gli addestramenti divennero concime per i campi: vedere San Popula in lontananza nella luce rosata del mattino con i suoi tetti di ardesia blu, i comignoli di terracotta, e persino le sue nubi cariche di pioggia fu un’emozione grandissima, e il sollievo si dipinse sui volti degli agenti ancora coscienti.

« Yoyoi! Siamo dunque giunti all’agognata meta! Quale meravigliosa vista » Kumadori dette voce a ciò che albergava negli animi di tutti.

Fukuro aveva capito che trasportare Lucci su una spalla come l’agnello di Pasqua, alla maniera di Kumadori, non era una mossa furba, ed erano parecchie ore che lo faceva viaggiare in braccio.

« Chapapa… Califa… » chiamò la donna preoccupato.

Il tono angosciato del compagno attirò immediatamente l’attenzione di tutto il gruppo.

L’ex-segretaria della Galley-La fu immediatamente al capezzale dell’uomo. Gli bagnò i capelli con l’acqua, come faceva con tutti durante quella camminata, mentre ascoltava la voce agitata di Fukuro. « Ha tremato tutto, e adesso… non lo so! Sta diventando freddo! »

« “sta diventando freddo”?? » si avvicinò Blueno.

« Respira ancora, vero? » si sporse Kaku dalle spalle di Jabura.

« Ehi! Non fare scherzi, gattaccio! » tuonò il lupo. 

« Mettigli addosso questa! » si offrì Blueno togliendosi la giacca.

Califa coprì il collega e gli accostò due dita davanti al naso, trattenendo il fiato. « Il respiro c’è… » disse infine tirandosi una ciocca dietro l’orecchio. « Ma non sta bene… dobbiamo correre. »

 

~

 

La donna sudava e si contorceva, stringendo convulsamente i braccioli di una sedia a rotelle lanciata a velocità folle lungo i vicoli di San Popula.

« Va tutto bene, Lena, andiamo su e ti fanno l’epidurale, non sentirai niente! »

« VAFFANCULO!!! DOV’È QUELLO STRONZO DI BOLLA?? »

« L’abbiamo chiamato, sta arrivando! Non si perderà mica la nascita del suo bambino! »

La carrozzella a rotelle sfrecciava in salita, dribblava i passanti sotto gli ombrelli, guadava pozzanghere sollevando tsunami e inanellava una serie di slalom su per la strada che portava alla clinica di San Popula, unico ospedale della zona, spinta da una ragazza in tuta bianca e verde alta, atletica e con due treccine bionde che le scendevano sulle spalle.

Era appena andata a prendere a casa sua, nei vicoli più stretti della città, Lena, una “puerpera attempata” come sarebbe stato scritto sulla sua cartella clinica, che stava per mettere alla luce il suo primo bambino. Sudava, era nervosa e aveva i capelli ramati appiccicati alla fronte.

Non aveva scelto una gran giornata per partorire, la pioggia rallentava la corsa e inzuppava la camicia da notte della partoriente.

« Sono gli ultimi cinquecento metri! La grande preparazione della barelliera è sinonimo di garanzia! Il carro del fruttivendolo ci fa passare! Siamo in testa! Signora con il cappellino strano, non passi adesso! Finale incredibile! La città si ferma! Ci sono altri quattrocento metri! Ma ce la facciamo! Lena, resisti! Abbiamo fatto una partenza micidiale! » una radiocronaca gentilmente offerta dalla stessa ragazza che spingeva con foga la carrozzella.

« Jodieeee, il bambino vuole uscire!!! » piangeva Lena.

« No Lena, non abituarlo a ottenere subito tutto! »

In quel momento, sotto la pioggia battente, gli agenti del CP9 a un passo dal panico stavano chiedendo alle persone sotto la pioggia dove fosse l’ospedale cittadino.

« Dunque, come spiegarvi… » cominciò il farmacista con tutta la calma del mondo, come se davanti a lui non ci fosse Rob Lucci in fin di vita, Kaku con evidenti traumi interni e Jabura distrutto dal trasportarlo sui binari diverse ore. « Avete presente la chiesa di St. Biagi? ecco, non andate da quella parte, ma facendo una lieve curvatura a nord-ovest di… »

« …è un percorso molto difficile per la coppia Jodie/Lena che rimonta! Rimonta! Guardate la falcata perfetta della spinta che detta la differenza in questa… »

« Seguite lei. » indicò l’uomo, e una carrozzella a rotelle passò sfrecciando sui piedi di Blueno.

« …incidente sfiorato signori, incidente sfiorato, ma non perdiamo velocità e continua, continua, la salita! Altri duecentocinquanta metri! Sempre in testa! Il nuovo record… »

« Sono altri duecentocinquanta metri in quella direzione. » sorrise il farmacista.

Il gruppo si affrettò a seguire la carrozzella e la voce della folle radiocronaca.

 

~

 

« E all’attacco con gli ultimi cinquanta metri Jodie aumenta l’andatura, che show signori! La pioggia aumenta la sua intensità ma ormai Jodie è inarrestabile! È inarrestabile! Attenzione al gruppo  di paramedici che occupa il cortile! Grande slalom! Grande slalom! Ultimi dieci metri! Jodie reagisce negli ultimi cinque metri! E vince! Vince! »

« Tenetela lontana da me… » diceva Lena a due medici che la scortavano dentro l’ospedale.

Il gruppo del CP arrivò sul piazzale dell’ospedale poco dopo. Essendo un ospedale piccolino, molti medici erano all’interno a occuparsi della partoriente, e sul piazzale c’era solo la barelliera Jodie che stava sistemando in una rimessa la sedia a rotelle appena utilizzata.

Gli agenti la ignorarono e stavano per entrare nell’ospedale.

« Ehi! Ehi, voi! » chiamò Jodie.

Tutti si voltarono. Erano a pezzi, affamati, stanchi, chi osava disturbarli quando erano a un passo dalla meta?

Jodie squadrò il gruppo, facendo una rapida conta dei danni. Voleva dar loro una mano ma non sarebbe bastata una sedia a rotelle.

« Cerco aiuto » sussurrò, intrufolandosi nell’ospedale di corsa.

 

Entrarono da una porta a vetri che dava su una sala d’aspetto vuota; sulla destra c’era il bancone bianco e verde dell’accettazione con una donna che aprì la bocca per chieder loro qualcosa, ma fu preceduta dall’arrivo di Jodie, che entrò da una porta antipanico sul fondo della sala spingendo una barella, seguita da due corpulente infermiere dai capelli rosa, la faccia rugosa e le autoreggenti a rete.

« Presto, presto, mettilo qui! » ordinò una di loro a Fukuro, che reggeva Rob Lucci.

Le infermiere immediatamente cominciarono a osservare il ferito, a infilargli lo sfigmomanometro e a parlare concitate tra di loro.

« Infermiera Barbara, infermiera Ann! » esortò Jodie « Allora? »

« Frequenza cardiaca? » chiese Barbara.

« Brachicardico! » rispose concitata Ann.

« Frequenza respiratoria? »

« Bradipnoico »

« Trauma celebrale, al torace e all’addome, alta probabilità di fratture composte! » completò Jodie facendo diventare pallidissimi gli agenti del CP9. Se quelle di prima erano parole poco o per niente note, quelle invece le capivano benissimo.

« Fratture esposte? »

« Nessuna! »

« Ha avuto uno shock emorragico! » questa forse non avrebbero saputo dire esattamente in che consisteva, ma sapevano che era grave.

« È un codice rosso! Accesso immediato alla sala! » urlò imperiosa l’infermiera più alta verso Jodie, che subito cominciò a spingere il lettino.

« Partenza difficile per il lettino, che scatta dai blocchi… » mormorò la ragazza cominciando la sua corsa.

« Dove state andando? »

Dalla porta antipanico spalancata che avrebbe condotto Lucci, Jodie e le infermiere nella sala delle emergenze comparve un uomo.

Non era né alto né basso, né giovane né vecchio, i capelli erano radi e color ferro ma in ordine e ben pettinati, gli occhiali da lettura pendevano dal collo sulla camicia con una catenella dorata; aveva il camice bianco dei medici, e dallo scollo si notava che aveva non solo una camicia di sartoria azzurra, ma anche un panciotto dello stesso tono di colore. La sua voce era pacata e calma, e tradiva una sicurezza ben salda sui pilastri della morigeratezza e del rispetto letterale delle regole: era costui un burocrate.

« Signor direttore, è un codice rosso, devo- » cominciò l’infermiera.

« Al tempo, infermiera Barbara. Infermiera Ann, » disse il direttore calmissimo, rivolgendosi all’altra infermiera. « È già stato saldato il conto per questo… baldo giovanotto? »

Le infermiere Barbara e Ann si guardarono tra loro sbigottite, poi la più bassa disse: « I suoi amici stanno consegnando ora i suoi dati. Se non ci sbrighiamo… »

Kaku colse il messaggio e andò subito al bancone dell’accettazione, lasciando una serie di credenziali false su Rob Lucci. Dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie, la donna dietro la scrivania staccò un foglio e lo consegnò al carpentiere, che lesse la cifra in fondo e trasecolò.

« Potete anche pagare anche rate: una adesso e una a metà terapia. » sorrise il direttore, che ancora sbarrava il passo al lettino.

Jabura scattò in avanti rabbioso, ma Califa e Blueno lo afferrarono prima che potesse ridurre il direttore a un paté.

« Pagheranno! » promise Jodie. « Ci faccia passare, per favore! Non vede che è grave? »

Il direttore guardò Rob Lucci con bonarietà. « Non sottovaluti le mie capacità di giudizio, signorina Jodie. O io potrei sottovalutare la sua domanda per entrare nel corpo dei paramedici. »

« Ma… » la voce di Jodie arrivò quasi rotta, alle orecchie degli agenti. « Ma… lui sta morendo… » 

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Ciao a tutti! Grazie per aver letto il primo capitolo della mia nuova long! La storia ripercorre le Miniavventure del CP9 (pubblicate sui volumi dal 50 al 54), quindi cosa è capitato loro dopo che Rufy li ha sconfitti ad Enies Lobby. 

Ringrazio tantissimo mlegasy, il cui cazziatone è stato assolutamente necessario per scuotermi dal torpore e spingermi a tornare a scrivere seriamente. E lo ringrazio anche per essersi sorbito tonnellate di vaneggiamenti su Rob Lucci. 

Grazie anche a Eneri_Mess per l'infinita pazienza: non ne può più di sentirmi parlare di Rob Lucci e Jabura. Sì, ho proprio sfrantumato i cachiucchi alla gente con questi due bellissimi ragazzoni. Ma andiamo, non sono un amore? <3 

Ringrazio ancora una volta Sherry21 per gli appunti sul ricovero ospedaliero; è da un po' che non si vede qui su EFP ma, Sherry21, se stai leggendo, sappi che quegli appunti li uso ancora e te ne sono molto molto grata!

Non mi sarei mai e poi mai aspettata di scrivere del CP9 e di affezionarmi così tanto a loro. A cominciare da Lucci (che caratterizzare è un'impresa, e sono contentissima che sia in coma per mezza storia), ma soprattutto scrivere di Kumadori e delle scaramucce tra Jabura e Fukuro è stato veramente bello e veramente liberatorio. Poi oh, magari a voi mica piace come mi è riuscito il tutto, però sappiate che mi sono divertita a scrivere i loro dialoghi. 

Tra i personaggi originali di questa storia spicca la barelliera Jodie, la cui fluentissima e sportiva parlantina è ispirata alle appassionate telecronache di Giampiero Galeazzi, in particolare quella del Canottaggio alle Olimpiadi di Seul del 1988 (vittoria dei fratelli Abbagnale).

Grazie ancora a tutti i lettori per aver letto fin qui (eroici!!!), sarei contenta se lasciaste una recensione anche perché mi rendo conto che i protagonisti sono molto... discutibili, e mi rendo conto che nella loro saga hanno fatto davvero di tutto per farsi tifare contro! Cosa pensate di questo gruppo? Io personalmente, tolti Kaku e Lucci, mi ricordavo poco di tutti gli altri, e ho dovuto rileggere mezza Water Seven e tutta Enies Lobby!

Yellow Canadair

 

  
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