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Autore: Deline    15/10/2016    0 recensioni
“Vuoto di ogni essenza perché possa catturare la vostra”
Recita una incisione sul retro di un antico specchio.
Una ammonizione che la giovane Nere ha voluto ignorare per sfuggire, anche solo per qualche giorno, alla noia della routine.
Così ha inizio il suo viaggio nella Chicago distopica di Divergent alla ricerca del tenebroso Intrepido che le ha rubato il cuore attraverso le pagine della saga scritta da Veronica Roth.
Una ragazza come tante e uno specchio magico che le permette di attraversare il confine tra realtà e fantasia e la trasporta, come solo un libro saprebbe fare, in un mondo nuovo, sognato e temuto allo stesso tempo.
Nere, una ragazza normale, distante anni luce dalle eroine dei libri, una di noi, insicura e fragile ma anche caparbia e fiera, che lotterà per la salvezza del suo amato e della dimensione alla quale ormai sente di appartenere.
*** *** *** *** *** *** *** *** *** ***
Il racconto si basa solo sui primi due libri e film della saga, Divergent e Insurgent.
Età e aspetto dei personaggi sono quelli dei film, per tutto il resto "salto" da libri a film, soprattutto per Divergent. Per quanto riguarda le parti di Insurgent resto fedele al libro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tori
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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      Buio e il battito di un cuore avvolto da un silenzio irreale.
Dove mi trovo e cosa è accaduto? Non lo so, non m’importa. Mi sento tanto stanca. Questo letto è così comodo…voglio dormire ancora un po’ e sognare.
Dormire? Sognare? Io non posso! Devo tornare a casa!
Cerco di aprire gli occhi ma le mie palpebre sono pesanti. Sembrano due elastici tesi, appena provo a sollevarle è come se l’elastico venisse lasciato andare facendo chiudere di colpo i miei occhi.
Mi sforzo ma riesco ad aprire un occhio solo per metà. Vedo Eric addormentato sotto di me. Questo non ha senso, l’ho visto attraversare il portale e poi… poi cosa è successo?
Io non ricordo.
É stato lui. Mi ha fatto qualcosa. La pagherà cara, rivelerò a tutti il suo segreto e… no…sarebbe la fine. Non posso vivere senza Eric.
«Eric… solo ora l’ho capito… ho bisogno del mio Eric…» mormoro.
Sento una mano accarezzarmi la testa e il mio corpo si rilassa.
Mi abbandono al sonno e scivolo lentamente in quel dolce oblio.
Non so dove mi condurrà ma Eric è qui, accanto a me, non ho nulla da temere, ci sveglieremo insieme.
 

«Hey pelandroni! Svegliatevi!» la voce di Martina è fastidiosa come le unghie su una lavagna. Sono stordita e mi gira la testa.
«Nere come accidenti hai fatto a svenire dopo un normale viaggio? Stare con Eric è contagioso?»
Sento Eric muoversi sotto di me. Apro gli occhi e quando incontro i suoi mi sento felice ma non riesco a capirne il motivo. É semplicemente svenuto, non è la prima volta che accade. Allora perché mi sento come se fosse appena tornato da un lungo viaggio, o meglio, come se fosse una sorpresa trovarlo accanto a me? É tutto così assurdo e ho una gran confusione in testa.
«Devo tirarvi una secchiate d’acqua gelata o vi alzate?» domanda Martina appoggiata allo schienale del divano.
Mi alzo ma la mia testa sembra voler scoppiare e la mia vista si annebbia come mi capita spesso d’estate quando mi alzo troppo in fretta. Mi appoggio al divano e aspetto che la pressione si stabilizzi.
Davanti a me ci sono le vetrate delle grandi finestre, fuori è notte fonda e questo li trasforma in specchi. Vedo Eric barcollare dietro di me e finirmi addosso e sento Martina ridere. Lancio un’occhiataccia alla sua immagine riflessa nei vetri ma quello che vedo mi fa trasalire. L’imperfetta figura che il vetro mi mostra è molto più alta di Martina e ha lunghi capelli biondi. Lei ha i capelli neri che le arrivano appena alle spalle.
Mi volto verso di lei ed è la solita Martina, un tappo con i capelli corvini. Riporto lo sguardo sul vetro e l’immagine riflessa è cambiata, tornando ad essere la sua.
Io non capisco, sono abituata ad attraversare lo Specchio Vuoto, non dovrei più subirne gli effetti indesiderati. Invece, eccomi qui, mezza rimbambita e con le allucinazioni.
«Cosa è successo?» le domando.
«Sei collassata insieme alla tua acida metà»
«Fanculo Tini» esclama Eric mostrandole il dito medio alzato.
«Questo l’avevo capito. Mi sfugge il motivo» dico mentre Eric mi fa sedere sul divano.
«Non lo so, può capitare se si è molto stanchi o… a me è capitato una volta, avevo le mestruazioni, magari è stato quello.»
«No. Sono finite qualche giorno fa.»
«E ovviamente il nostro stallone ha approfittato della classica scusa del periodo sicuro per darci dentro il più possibile senza preservativo» lancia uno sguardo di disapprovazione ad Eric «Voi uomini siete disgustosi.»
«Vorrei vedere voi con una affare di lattice che non vi fa sentire quasi niente e che stringe»
«Già le mestruazioni non sono una festa, se poi ci tocca viverle per metà con uno che ci stressa l’anima con frasi tipo “ormai il grosso è finito” o “non vuoi sentirti più sicura e tranquilla?”. Tranquille una cavolo! Già non siamo al massimo e in più ci tocca pensare allo schifo che troveremo sull’asciugamano che, ovviamente, laveremo noi.»
Vorrei prenderli tutti e due a sediate ma non ne ho la forza. É possibile che non riescano ad andare d’accordo per più di dieci minuti?
«Per favore, smettetela, mi scoppia la testa e sono stanca, non ho voglia di sentire le vostre assurde discussioni. Riprenderete domani a punzecchiarvi» dico alzandomi dal divano.
Voglio andare a casa, infilarmi nel letto e dormire.
«Morale della favola: tu eri debole per il ciclo e lui ha peggiorato le cose. Il caso è chiuso, come al solito è colpa di Eric» sentenzia Martina lanciando la frecciatina finale.
Eric mugugna qualcosa di incomprensibile e mi raggiunge vicino alla porta.
«Notte Tini. Avviserò l’uomo nero di stare attento.»
Tiro per un braccio Eric prima che la discussione ricominci.
Sono capaci di andare avanti in eterno e non so dove lui trova tutta questa lucidità. Ha perso i sensi come me, ma sembra stare benissimo. Però se ci penso, c’è una logica.
Quando io ho attraversato lo Specchio Vuoto per venire qui, mi sono svegliata nello studio di Nere con Tori che mi guardava preoccupata, ma quando sono tornata nella mia dimensione non è successo niente. Eric è svenuto venendo nel mio mondo ma… no, non ha logica, era svenuto sotto di me. Però si è ripreso in fretta…
Basta pensare, ho bisogno di riposare.
«Hai visto anche tu il tizio biondo riflesso nel vetro?» mi domanda Eric.
«Allora non era un’allucinazione.»
«No, se l’abbiamo visto tutti e due era reale.»
«Un momento. Hai detto tizio. Come fai a dire che era un maschio?»
«Perché era nudo.»
Cerco di visualizzare l’immagine che ho visto solo per pochi secondi.
Ricordo i capelli biondo chiaro, lunghi e vaporosi, gli arrivavano a metà schiena, forse un po’ più in basso, ma il resto è sfocato, ricordo solo una macchia chiara ed è possibile che fosse la sua pelle.
«L’ho visto solo per pochi secondi e la mia vista era annebbiata. Sai chi fosse?»
«No, non l’ho mai visto ma mi era familiare. É come se lo conoscessi ma non ricordassi niente di lui» si massaggia la fronte con una mano «Non è la prima volta che vedo cose strane e provo la stessa sensazione.»
«Cosa hai visto?» gli domando incuriosita e un pochino preoccupata.
«Non me lo ricordo. Erano sogni e il ricordo svaniva completamente pochi minuti dopo essermi svegliato lasciandomi solo una sensazione strana, come se ci fosse qualcosa che mi sfugge, qualcosa d’importante.»
«Non ti ricordi proprio nulla, neanche un’immagine?»
Scuote il capo e poi si blocca e sgrana gli occhi come se avesse afferrato quel qualcosa che continuava a sfuggirgli.
«I fiori!» esclama.
Lo guardo perplessa. Non è una rivelazione tanto eclatante, a meno che, non siano fiori giganti e canterini.
«Quando eravamo alla Baita e aspettavo che tu finissi di prepararti, ho sentito la tua voce nella mia testa dire che non ero partito nel migliore dei modi ma che ero migliorato e che mi aspettava un importante test. Dovevo regalati dei fiori e dirti il perché della mia scelta.»
«Se lo Specchio ha usato me è probabile che Nere avesse usato il mio test dei fiori per vedere se potevi essere il suo tipo.»
«No, perché non è un ricordo legato a Nere ma a te. Io e lei non abbiamo mai parlato di queste cose. Te l’ho detto, non eravamo così intimi. Parlavamo di lavoro e di banalità e lei non si è mai interessata a me come un possibile fidanzato» dice guardandosi la punta degli stivali.
«Se non te l’ha detto lei e non te l’ho detto io, come facevi a saperlo?» domando, ma in me affiora un particolare di quella sera che mi era sembrano strano, come fuori posto.
«Eric, dopo aver fatto l’amore, tu mi hai chiesto se stavo bene. Perché?»
Eric riflette a lungo. Forse cerca di rievocare il ricordo o di trovare una risposta alla mia domanda, una risposta che pare essere sfuggente come i sogni che ha fatto o la sensazione che ci sia qualcosa d’importante che non riesce a ricordare.
«Non lo so, mi è venuto spontaneo, come se…»
«Come se?»
«Come se fosse una cosa che faccio normalmente. É un’altra di quelle sensazioni»
In effetti anche io ho provato una strana sensazione quando me l’ha chiesto e ora mi è più chiaro perché sono stata nervosa per quasi tutta la sera.
Desideravo e, allo stesso tempo, temevo quel momento. Non riesco a capire perché avrei dovuto temerlo? Non era la mia prima volta e, in più, ero arrivata al limite, avevo un disperato bisogno di sentirlo dentro di me.
É tutto così assurdo e il mio cervello sembra in avaria, più mi sforzo di capire o ricordare e più mi allontano da quello che cerco.
Nella mia testa c’è il caos, realtà e immaginazione si stanno fondendo e mi chiedo se sono sveglia o sto sognando. Ho bisogno di un po’ di aria fresca.
Guardo la mia immagine riflessa sul vetro della portafinestra e lo tocco con la mano destra, come se stessi cercando di provare a me stessa che sono realmente io e che tutto quello che mi circonda è reale.
Appoggio la mano sinistra sulla maniglia e qualcosa esce dall’oscurità e sbatte contro il vetro. Grido mentre faccio qualche passo indietro e cado a pochi passi dal letto.
Oltre il vetro c’è un gufo che sbatte furiosamente le ali e con le unghie delle zampe lo graffia come se volesse entrare.
La luce delle abat-jour inizia a tremolare, come se tutte e due le lampadine stessero per fulminarsi nel medesimo istante.
Fuori dalla finestra il gufo emette un verso innaturale, come un grido che si trasforma in un fischio. Mi tappo le orecchie ma quel suono inquietante, invece di sparire, diventa più forte e non proviene più dal rapace, è dentro di me.
Le luci si spengono e quel fischio insopportabile svanisce all’istante.
Quando le abat-jour riprendono a funzionare. il gufo è sparito ed io mi sento così stanca da non riuscire a stare in piedi. Guardo Eric e credo sia nelle mie stesse condizioni.
Mi tolgo i pantaloni e il maglioncino e mi infilo nel letto barcollando. Appena appoggio la testa sul cuscino mi addormento con la strana sensazione che sia accaduto qualcosa di strano ma, stranamente, non riesco a ricordare cosa.
Non ha importanza, se l’ho dimenticato probabilmente era una delle solite assurdità che hanno accompagnato i miei viaggi attraverso lo Specchio Vuoto.

 

   
 
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