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Autore: pluie_de_lumieres    17/10/2016    1 recensioni
Se la vita avesse avuto un piano diverso per Aoi?
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aoi, Uruha
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Viene da sé che l'idea per questa storia me l'ha data una persona molto importante per me, ed è dedicata a lei.
Se la vita mi ha insegnato una cosa in questi ultimi mesi è che non importa da quanto una persona sia nella tua vita, può arrivare a farti del bene dal suo primo giorno insieme a te, più bene di quanto abbiano mai potuto persone che sono nella tua vita da anni.
Scusami se ti porto di continuo all'esasperazione, a modo mio ti voglio bene. Mi dispiace.


Colonna sonora: Taylor Swift, Back to December; Elisa, Dancing.

“Sono felice che tu abbia trovato il tempo di venire” disse il più alto.
“Mi ha convinto Daisuke” stirò un sorriso di circostanza.
L’altro rise amaramente “Ho capito. Ce l’hai ancora con me?”
“Potrebbe essere il contrario? Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, dovrebbe essere il minimo. Ci hai mai provato a metterti nei miei panni?
“Si è preso tutto, tutto quello che era mio” aveva i pugni così stretti che le nocche gli erano diventate bianche.
“Ti giustifichi così? Lui si è preso tutto quello che era tuo? Lui non si è preso proprio un cazzo, Kouyou, lui ha rimesso insieme quello che tu hai fatto a pezzi in tre anni di relazione”.
“Ho fatto degli errori, tutti fanno degli errori” Yuu non ne poteva più di sentire quella giustificazione. Aveva perso il conto delle volte che l’altro gliel’avesse appioppata. Si nascondeva continuamente dietro un ‘io sono fatto così’. Era stanco.
“ASPETTA! Dove vai?” lo afferrò per un braccio.
“Non devi toccarmi, hai perso questo diritto molto, molto tempo fa. Togli subito la mano dal mio braccio” disse fermamente e l’altro obbedì.
“Ti ho fatto venire qui per parlare e tu me lo nomini” si lamentò Kouyou.
“Tu non vuoi accettare che tra noi è finita, lui adesso fa parte della mia vita, ne costituisce la parte più importante, lui è la mia vita, adesso”
“Pensavo che chiedere scusa potesse… non riportare le cose indietro, ma sistemarle, in qualche modo”.
“Non dovrei neanche essere qui, ma mi fai così pena che mi sono lasciato convincere. Riesci a immaginare quanto possa essere grande il cuore di Daisuke?”
“Quella è mia figlia”
“Quella era tua figlia, ti sei dimenticato di lei, così come ti eri dimenticato di me. Una relazione basata sul sesso, sulle menzogne, su… il cielo solo sa su cosa”
“Vorrei vederla”
“Lei non vuole vedere te. Sai come lo chiama? Lo chiama Papà Dadda e io ringrazio il cielo che non sia stato troppo tardi. Avrebbe potuto diventare tardi e sarebbe stata una di quelle bambine che chiama il compagno del proprio genitore per nome, e non ‘papà’”
“Ho il diritto di vederla, resterà comunque mia figlia, in qualche modo…”
“Quel diritto ti è stato revocato, Kouyou”
“Che ha più di me? Da quanto state insieme? Due, tre mesi? Mi sembra ridicolo, Yuu, ti stai sbagliando. Hai stravolto tutto per niente, per qualcosa che non durerà affatto, mi hai tolto mia figlia per un…idiota, il primo che ti è capitato a tiro”
“Non ti permetto di parlare così di lui. Tu non ne sai assolutamente niente di quello che ha fatto e non ho bisogno di renderne conto a nessuno, tantomeno a te che te ne sei altamente infischiato di noi per un lunghissimo periodo, arrivando a dimenticare anniversari e compleanni, il compleanno di quella che tu reclami ancora come figlia tua”
“Lei è nostra, è una nostra idea”
“LEI E’ UNA PERSONA! E non è di nessuno, se non di se stessa”
“L’idea dell’adozione è stata mia, tu stavi male e ne avevi bisogno” si difese Uruha, alle strette.
“Perché è così che si decide di avere un figlio, non è vero?” Yuu aveva gli occhi vitrei di lacrime, le braccia strette al petto.
Quella bambina gli era piombata in casa nel periodo più nero della sua vita, nel periodo in cui non sapeva se sarebbe mai uscito dalla depressione e solo il cielo sapeva quanta paura aveva avuto di non potersi prendere cura di lei, con un marito come Kouyou, che un giorno c’era e il giorno dopo non c’era più.

“Non è un tipo presente?” gli aveva chiesto Daisuke, durante una delle loro uscite amichevoli.
“Kouyou è più il tipo che esce di casa e non torna più” aveva risposto, scoppiando in lacrime, quella sera.
E gli aveva distrutto il cuore. Perché solo Daisuke sapeva quanto, in cuor suo, voleva Yuu. Nessun altro. Se l’era tenuto per sé, per anni e aveva lottato per starsene al proprio posto, zitto. A reprimere quel sentimento che tanto avrebbe potuto. Sapeva, in qualche modo, che quel dolore lui avrebbe potuto curarlo.
Ma aveva aspettato e si era limitato a stargli accanto.
Poi il momento era arrivato.
Si era liberato, quel posto.
E Yuu, da persona corretta qual era, aveva aspettato Kouyou per mesi, soffrendo in silenzio. E si era chiuso.
E per quanto Daisuke in quel momento lo volesse, e ci provasse, alla fine aveva dubitato che mai sarebbe stato suo.
Poi qualcosa era scattato dentro Aoi. Lui se lo meritava, e si meritava di stare bene. Quella prospettiva di felicità che la vita gli aveva offerto a trentasette anni suonati, non sarebbe tornata più e gli stava svanendo dalle mani, perché? Per una cieca e muta fedeltà nei confronti di suo marito, ormai ex, che per lui non aveva mai avuto un occhi di riguardo.
“Hai davvero una figlia?” domandò Daisuke con gli occhi che brillavano. Lui, da bravo fratello maggiore qual era stato, poteva non amare la figlia del suo più grande amore?
E un altro avrebbe mollato perché, si sa, i figli vengono prima di qualsiasi altra cosa al mondo, nella vita di un neo-genitore.
Ed era stato una delle preoccupazioni di Yuu. Poteva Daisuke davvero amare una figlia che non era la sua? Che non aveva neanche voluto?
La risposta gli si era parata davanti agli occhi la prima volta che i due si erano visti.
La piccola aveva aperto la porta e Daisuke si era accovacciato alla sua altezza, per potersi presentare e le aveva porto il pacchetto regalo, contenente il peluche di Korilakkuma che si era preoccupato di scegliere giorni prima di andare a trovarli a casa loro, l’appartamento che una volta era stato anche di Kouyou.
Non c’era stato spazio per altre domande.
La piccola, dal canto suo, aveva trovato tra le braccia di Daisuke il posto più sicuro e più alto in cui potesse trovarsi. Reclamava le sue attenzioni, incontro dopo incontro, aggrappandosi alla gamba magra del suo nuovo papà: gli tirava i jeans e pretendeva di essere presa in braccio.
Daisuke mancava solo quando il lavoro lo teneva lontano. Ma Yuu si era innamorato anche di quello, della sua passione, dedizione per la musica. Un altro, probabilmente, neanche avrebbe potuto prendere quel posto vuoto nella sua vita, se non avesse potuto condividere con lui la passione per la musica, che più di ogni altra cosa li accomunava.
E si erano promessi che, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe trovato il tempo di vedersi. Così uno si ritrovava ai live dell’altro, nei giorni liberi e la piccola telefonava a Yuu per chiedere se Daisuke fosse lì con lui.
“Sono arrabbiata con voi, siete cattivi” diceva per telefono, in compagnia dei nonni. E Yuu e Daisuke ridevano, immaginandosela imbronciata, le braccia strette al petto.
E per farsi perdonare, quando si vedevano, Daisuke era abituato ormai a soddisfare ogni suo capriccio e spesso, stanco, era uscito solo per comprarle le donuts colorate, quelle con la faccia da gattino… o le patatine fritte, delle quali era tanto golosa.
Come poteva solo immaginare di spiegare a Kouyou che Daisuke non aveva preso il suo posto, bensì, solo il posto che gli era sempre spettato? Quel vuoto aspettava solo lui per essere colmato, e non era l’unico vuoto che era andato a riempire. Daisuke era ben lontano dall’essere una sola presenza fisica.

“Non voglio più vederti, per favore. Lasciami essere felice, Kouyou” era l’ultima richiesta.
E quando si voltò per uscire dal parco, la vita gli riconfermò per l’ennesima volta che aveva fatto la scelta giusta perché Daisuke era lì. Avrebbe riconosciuto la sua chioma biondo ramata tra mille.
Era rimasto a debita distanza, rispettando il diritto di Kouyou di parlare con Yuu. Ma era lì, vigile, pronto ad intervenire.
Yuu sorrise tra le lacrime, riconoscendo la sua figura. Si portò le mani al viso, scoppiando in un pianto disperato.
Aveva così sofferto, negli anni addietro, che ora non gli sembrava vero poter essere così felice.
Se c’era una cosa che aveva imparato, però, era l’impossibilità del singolo di fronte ai piani che la vita ha per tutti, per ognuno di noi.
Daisuke era la prova di quel piano sconsiderato, inaspettato, ma così caro.
  
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