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Autore: eugeal    17/10/2016    0 recensioni
I piani di Vaisey sono stati sventati e lo sceriffo è morto.
Ora Robin Hood non è più un fuorilegge e lui e Guy possono affrontare una nuova vita in una Nottingham governata da un altro sceriffo.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allan A Dale, Guy di Gisborne, Marian, Robin Hood, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Ashes'
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Il corridoio era buio e freddo e la poca luce lunare che entrava dalle finestre rendeva tutto ancora più spaventoso. Alle pareti erano appesi arazzi rovinati e polverosi che si muovevano e frusciavano al passaggio di Seth, facendolo sussultare.
Ghislaine era pesante tra le sue braccia e Seth aveva il terrore che potesse iniziare a piangere, facendoli scoprire dal bandito che voleva uccidere entrambi.
- Padre, ti prego padre, vienimi a salvare… - Sussurrò tra le lacrime, ma si morse subito la lingua, spaventato dalle sue stesse parole.
Quell’uomo, quel demone, aveva sconfitto suo padre, lo aveva quasi ucciso davanti ai suoi occhi e Seth aveva il terrore che potesse farlo di nuovo.
Ricordava fin troppo bene il rosso del sangue e il suo calore quando aveva intriso la stoffa dei suoi vestiti. Seth aveva provato a svegliare il padre, a fermare con le mani il sangue che usciva dalla sua gola, ma Guy era rimasto a terra, inerte, tra gli zoccoli del suo cavallo che scalpitava terrorizzato e alla fine il bambino era scappato dalla stalla, sconvolto, e aveva vagato per la strada finché Robin non lo aveva trovato.
Se ora Guy fosse venuto a salvarlo, il bandito avrebbe potuto fargli male di nuovo e Seth non poteva sopportarlo.
Quell’idea era tanto terrificante da spingerlo a proseguire il suo cammino, soffocando il pianto. All’improvviso sentì un calore umido sulla pancia, attraverso la camicia da notte e per un attimo pensò che fosse sangue come quello che era sgorgato dalla gola di suo padre, poi Ghislaine iniziò a piagnucolare e Seth capì che la bambina si era bagnata e che a momenti avrebbe iniziato a gridare.
Si fermò, bilanciandola meglio tra le braccia e provò a farla saltellare come aveva visto fare ad Adeline. La bambina si calmò un po’, ma Seth sapeva che non sarebbe durato a lungo.
Quando la cuginetta era bagnata o aveva fame, non si placava finché qualcuno non la allattava o le cambiava le fasce sporche.
- Ti prego, Ghizzy… Ti prego, non piangere…
Cercò di affrettare il passo, di allontanarsi il più possibile prima che Ghislaine iniziasse a gridare. Lasciarla indietro e correre via sarebbe stato il modo più facile di salvarsi, ma a Seth non venne nemmeno in mente l’idea di poter abbandonare la cugina.
Si fermò per un attimo, in ascolto: erano passi quelli che sentiva in lontananza? Oppure erano solo cigolii di legno vecchio? O lamenti dei fantasmi, come quelli delle storie che gli piaceva tanto ascoltare quando era al caldo e al sicuro nel suo letto, col camino che scoppiettava e le candele che illuminavano la stanza?
Il bambino si lasciò sfuggire un singhiozzo e cominciò a correre, stringendo a sé Ghislaine, ma la sua corsa si fermò di scatto, quando urtò qualcosa di bianco e di soffice.
Seth si ritrovò seduto a terra con Ghislaine tra le braccia e guardò in alto, soffocando un grido nel vedere una figura velata, sicuramente uno spettro.
Aprì la bocca per gridare, dimenticando per un attimo il bandito che lo stava inseguendo, ma poi il fantasma iniziò a cantare una melodia dolce, una ninna nanna malinconica che gli fece ricordare un tempo lontano e ormai quasi dimenticato.
Quando era più piccolo, la sua mamma cantava per lui quella stessa canzone prima di dormire e Seth, stretto nel letto accanto a lei, si sentiva caldo e sicuro.
Alzò gli occhi sulla donna velata, desiderando di poterne vedere il volto. Il viso della madre iniziava a essere un ricordo confuso nella sua mente, ma se avesse potuto rivederlo, l’avrebbe riconosciuta di sicuro.
- Mammina, sei tu? Sei tornata dal cielo per proteggermi?
Lady Elisabeth non rispose, ma gli accarezzò piano i capelli e Seth scoppiò a piangere.
- Quell’uomo vuole ucciderci! Ci sta inseguendo! Aiutaci, ti prego! Adeline ha detto che sei insieme agli angeli, ora… Chiamane uno così ci potrà salvare!
La donna prese Ghislaine tra le braccia, cullandola con dolcezza, mentre Seth si rialzò in piedi e la abbracciò, affondandole il viso nella gonna.
- Tu sei il bimbo del mio Rowan… Così simile a lui…
Seth alzò il viso verso di lei nel sentire quelle parole e nel vedere che le mani della donna erano raggrinzite e rovinate dal fuoco, le mani di una donna anziana.
- Non sei la mia mamma, vero? Sei uno spettro?
Elisabeth sospirò.
- Forse sì, piccolino. Forse sì, ma non devi avere paura.
- Non ho paura di te, ma di quell’uomo. Lui vuole farci del male.
La donna sistemò meglio Ghislaine, in modo da poterla sostenere con un braccio solo e prese la mano di Seth.
- Allora andiamo via, piccolo mio, dobbiamo nasconderci.
- Troppo tardi. - Rise la voce crudele di Rowan, mentre l’uomo emergeva dalle ombre.
Seth gridò, terrorizzato e strinse la mano di Elisabeth, tirandola.
- Scappiamo! Dobbiamo correre via!
La donna non si mosse e Seth la guardò, disperato: avrebbe potuto lasciarle andare la mano e fuggire, ma non poteva abbandonare Ghislaine, stretta tra le braccia di quella donna misteriosa.
Lady Elisabeth si mise davanti a lui, facendogli scudo col proprio corpo, ma rimase immobile a fissare il figlio che si avvicinava, minaccioso.
- Vai via. - Sussurrò. - Lascia stare questi bambini.
Rowan si fermò, passando un dito sulla lama affilata del pugnale.
- È quello che avete sempre voluto, non è vero? Mandarmi via. Tenermi lontano.

Guy sentì gridare una donna in lontananza e si sforzò di correre ancora più veloce. Al suo fianco, Robin teneva il passo ed entrambi superarono un corridoio dopo l’altro, avvicinandosi sempre di più alla stanza dei bambini.
Quando furono vicini, videro un gruppo di servitori radunati nel corridoio, intenti a guardare con orrore qualcosa all’interno di una delle stanze. Una delle donne continuava a gridare di terrore e finì per accasciarsi tra le braccia di uno degli altri servitori, mentre uno degli uomini aveva le mani e i vestiti sporchi di sangue.
Guy si sentì sprofondare, colto dal terrore di essere arrivato troppo tardi. Il gemito di Robin gli fece capire che l’amico aveva le sue stesse paure.
Superò di corsa i servitori, spingendoli di lato, terrorizzato all’idea di guardare nella stanza e di vedere suo figlio morto, ma il corpo accasciato a terra in una pozza di sangue non era di Seth, ma quello di uno dei servitori del castello.
Il sollievo di vedere che quello non era suo figlio gli fece quasi girare la testa, ma quel sentimento così inopportuno davanti a un cadavere straziato era accompagnato anche dalla paura e da una rabbia profonda.
Senza dire nulla si voltò e riprese a correre verso la camera dei bambini, spalancando la porta con un calcio.
Adeline e la balia erano a letto e Guy pensò che fossero state uccise anche loro perché non era possibile che continuassero a dormire mentre i bambini erano in pericolo.
Si bloccò, incapace di muoversi per controllare. Adeline lo amava come una madre e l’idea che potesse essere morta anche lei lo sconvolgeva e Guy non poteva accettarlo.
Doveva muoversi, lo sapeva, ma era come paralizzato, incapace di distogliere gli occhi dalla figura immobile della donna.
Fu Robin a spingerlo da parte e ad avvicinarsi ai letti, chinandosi sulle due donne.
- Sono vive! - Disse, provando a scuotere Adeline per svegliarla, ma la ex balia si lamentò nel sonno senza aprire gli occhi. - Ma devono averle drogate!
Un servitore si era affacciato sulla porta e Robin gli gridò di chiamare un guaritore, poi afferrò Guy per un braccio e lo tirò verso la camera dei bambini.
Gisborne si riscosse e lo seguì, lanciando un ultimo sguardo ad Adeline, prima di andare via.
Mentre entrava nella stanza dei bambini, Guy si accorse che gli tremavano le mani. Era senza fiato per la corsa, ma era il terrore a mozzargli il respiro e a minacciare di soffocarlo.
Seth non c’era, né vivo, né morto e anche la culla di Ghislaine era vuota.
Guy guardò Robin e vide la sua stessa paura riflessa nello sguardo dell’amico.
Forse Rowan aveva preso i bambini, li aveva portati via come aveva fatto con Marian e loro avrebbero dovuto convivere con l’angoscia di non sapere cosa ne fosse stato di loro. La ragazza era riuscita a sopravvivere, ma sia Robin che Guy sapevano benissimo che non potevano sperare che un tale miracolo si ripetesse.
Se Rowan fosse riuscito a rapire Seth e Ghislaine, loro non li avrebbero mai più rivisti.
- Dove sono? - Sussurrò Robin, angosciato. - Dove li hanno portati?!
Guy indicò la porta in fondo alla stanza, di solito sempre chiusa, ma ora spalancata su un corridoio oscuro.
- Di là. Quella è l’unica possibilità.
Robin si chiese per un momento se avrebbero dovuto fermarsi a prendere una torcia, ma correndo si sarebbe spenta e avrebbe finito solo per intralciarli.
Insieme si slanciarono nel corridoio, riprendendo la loro corsa disperata.
Mai prima di allora Robin aveva avuto così tanta paura per qualcuno e solo in quel momento si rese conto di quanto Ghislaine fosse diventata parte del suo cuore. Quella bambina così piccola aveva preso possesso della sua stessa anima ed era diventata la persona più importante per lui, nonostante tutti i timori che aveva avuto al pensiero di diventare padre.
Il solo pensiero di poterla perdere lo straziava.
Guy si fermò di colpo e Robin gli finì addosso, rischiando di farlo cadere.
- Cosa c’è? Perché ti sei fermato? - Chiese, rendendosi conto di aver fatto una domanda inutile quando si accorse che il corridoio terminava in un altro passaggio perpendicolare al primo.
- Da che parte andiamo?
Per un attimo rimasero in ascolto, ma non sentirono il minimo rumore.
- Dobbiamo dividerci. - Disse Guy e Robin annuì.
- Fai attenzione.
Gisborne estrasse la spada.
- Anche tu, Hood. Lascia stare i tuoi discorsi di giustizia e buoni sentimenti, uccidilo e basta prima che sia lui ad averne l’occasione.
- Puoi contarci.
Si separarono, allontanandosi di corsa in direzioni opposte.

Marian e Isabella guardarono con orrore il corpo del servitore morto e si fermarono per un solo momento ad aspettare che lo sceriffo le raggiungesse. L’uomo aveva il fiato corto, ma nessuna intenzione di fermarsi.
Guardò il cadavere per un attimo, pensando che quella era un’altra vittima della sua debolezza, poi Marian e Isabella si mossero verso la stanza dei bambini e lo sceriffo le seguì.
Isabella scoppiò in singhiozzi nel vedere la culla vuota e Marian le prese una mano.
- Guy e Robin li salveranno. Dobbiamo fidarci di loro.
Sir Arthur si attardò per qualche attimo a controllare le condizioni di Adeline e della balia, poi staccò una torcia dalla parete e si inoltrò nel corridoio buio a passo svelto, facendo strada a Marian e Isabella.
Le due donne camminavano fianco a fianco tenendosi per mano. Ognuna delle due stringeva una spada nella mano libera ed entrambe avevano l’espressione determinata di chi è disposta a tutto per salvare un figlio amato, anche Marian che non era nemmeno la vera madre di Seth.
Sir Arthur invece aveva il cuore pesante perché sapeva che comunque fossero andate le cose lui avrebbe dovuto sopportare un dolore enorme: se avessero fallito, avrebbe avuto sulla coscienza la morte di altre due anime innocenti, in caso contrario avrebbe visto morire il suo unico figlio.

Seth si aggrappò alla gonna della donna velata con la disperazione di chi ormai non poteva fare altro. Il bandito mascherato era alto e robusto, tanto quanto suo padre e Seth sapeva che anche se avesse deciso di fuggire, quell’uomo lo avrebbe raggiunto in un attimo, ma, al termine dell’inseguimento, non lo avrebbe lanciato in aria per poi riprenderlo al volo e abbracciarlo come faceva Guy quando facevano quel tipo di giochi, ma lo avrebbe ucciso senza pietà.
Il bambino affondò il viso nella stoffa del vestito di lady Elisabeth, singhiozzando disperatamente.
Non voleva vedere l’uomo che si avvicinava, voleva solo tornare a casa insieme al suo papà, a Marian e ad Adeline, lontano da ogni pericolo.
La donna velata lo strinse a sé, circondandolo con il braccio libero. Tra le sue braccia, Ghislaine, bagnata, affamata e spaventata per i singhiozzi del cugino, iniziò a piangere disperatamente.
Rowan la guardò, lo sguardo gelido dietro la maschera.
- È un peccato che Gisborne non sia qui a sentirli piangere. Ma fra poco resteranno in silenzio per sempre.
Fece un passo verso Elisabeth, per strapparle la bambina dalle braccia, ma la donna arretrò, gemendo, fino a ritrovarsi con le spalle al muro.
- No, no, non li toccare! Sono innocenti! Poveri piccoli senza alcuna colpa!
- Innocenti come agnelli sacrificali. E faranno la stessa fine. - Disse Rowan, con sprezzante derisione nel tono della sua voce.
Seth alzò lo sguardo appena in tempo per vedere il bandito che allungava una mano ad afferrare Ghislaine, sollevando verso l’alto quella che stringeva il coltello e gli sembrò di rivivere la scena della stalla, con l’uomo malvagio che faceva del male a suo padre. Solo che stavolta insieme al terrore, nel cuore del bambino si accese una scintilla di rabbia feroce: quell’uomo era capace solo di fare del male alla gente e lui lo odiava!
Rowan spinse Elisabeth contro il muro e fece scattare il coltello per colpire Ghislaine, ma Seth fu più veloce di lui e saltò in avanti, mordendogli la mano che stringeva il pugnale, prima che potesse toccare la bambina.
Colto di sorpresa, Rowan lasciò cadere a terra il coltello, ma si riprese subito e colpì Seth con un manrovescio che lo fece volare a terra. Lady Elisabeth si lasciò sfuggire un gemito di terrore e strisciò di lato, lungo la parete del corridoio, cercando di allontanarsi dal figlio, ma incapace di voltarsi e fuggire.
- No! No! Lascialo stare! - Mugolò la donna, dondolando avanti e indietro e stringendosi Ghislaine al cuore. - Guardalo, ha gli stessi riccioli del mio piccolo Rowan!
Rowan la fissò per un lungo attimo mentre raccoglieva il pugnale, poi si avvicinò a Seth e lo afferrò per i capelli, tirandolo in piedi con uno strattone. Il bambino gridò di terrore e il bandito mosse il pugnale, recidendo le ciocche di capelli che stringeva in mano.
- Ho sempre odiato quei riccioli! Guardalo! Se glieli taglio lo difenderai ancora?! Oppure getterai via anche lui?! - Parlando Rowan continuava ad agitare il coltello, tagliando via altre ciocche di capelli. Seth, ormai completamente in preda al panico, urlava e piangeva, terrorizzato e Rowan fece per abbassare il coltello per avvicinarlo al collo del bambino. - Oppure ti piacerà di più con la gola tagliata?
Prima che il bandito potesse sfiorare Seth, Guy piombò su di lui come un lupo inferocito e lo trascinò a terra insieme a lui, cercando di sgozzarlo col proprio pugnale.
Rowan si difese con altrettanta furia, facendo balenare la sua lama.
Guy rotolò di lato per evitarlo e il pugnale di Rowan si limitò a scalfirgli la guancia. Si rialzò in piedi, pronto a combattere.
- Hai fatto un errore enorme a minacciare mio figlio. - Ringhiò. - Morirai per questo.
Rowan studiò i suoi movimenti, attento e in guardia. Si passò una mano sul viso, indicando il punto dove lo aveva ferito.
- Intanto sei tu quello che sanguina! - Disse con disprezzo.
- Anche tu.
Rowan si sfiorò il volto e guardò con rabbia le dita sporche di sangue.
- Ti ammazzerò, usurpatore.
Guy sorrise, un sorriso lento e spietato.
- Ti disturba, vero? Ho preso il tuo posto, gli onori che avrebbero potuto essere tuoi, l’affetto di tua madre e di tuo padre, il tuo stesso nome… Ho preso la tua vita e tu non puoi farci niente! Niente! Non meriti nulla e non avrai nulla, perché tutto ciò che potrebbe appartenerti lo prenderò io! E lo sai perché? - Guy lo fissò negli occhi, provocandolo. - Perché tu non sei nessuno!
Rowan lo guardò con odio e Guy non si lasciò intimorire perché aveva ottenuto esattamente ciò che voleva: far perdere la calma all’avversario e distogliere la sua attenzione da lady Elisabeth e dai bambini.
Ora dipendeva tutto da lui: per salvarli doveva vincere oppure Rowan li avrebbe uccisi senza pietà. Guy strinse meglio la presa sul pugnale e si preparò a combattere.
Un attimo dopo i due uomini si avventarono l’uno contro l’altro.
   
 
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