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Autore: itsrigel    19/10/2016    0 recensioni
Ilista è un mondo diviso da un antico rancore: da una parte il popolo magico, dall'altra il più numeroso popolo terreno. È dalla parte dei Maghi che Yera e Neil sono sempre vissuti, finché un lutto inaspettato non li costringere a prendere posizioni nettamente diverse nei confronti dei non magici. Yera è una ribelle, non vuole arrendersi alle evidenze: la vita da nobile le va stretta, ed è proprio per questo che non cede alle pressioni.
Non sa cosa il Destino e gli Dei abbiano in serbo per lei.
Genere: Avventura, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi iniettati di sangue di Thennefrim si spostarono orgogliosi sull'apparente infinità di corpi inerti, immersi in luride pozze di sangue vermiglio ancora fresco, che occupavano il terreno della valle. Il puzzo dei corpi morti misto a quello del fumo gli riempivano le narici, facendolo tossire alle volte. Il profumo della vittoria, continuava a ripetersi. Alle sue spalle, i suoi uomini stavano finendi gli ultimi disperati che erano sopravvissuti alla battaglia di poco prima. Quelli ancora chiedevano pietà. Erano solo poveri illusi, se pensavano che li avrebbe risparmiati.

Nessun sopravvissuto, aveva detto. Nessun ripensamento.

La battaglia di quel giorno era stata particolarmente cruenta: uomini, elfi, ninfe e traditori avevano lottato fino allo stremo delle loro forze per proteggere l'ultima roccaforte del Regno Verde. I tentativi di guerriglia che continuavano a progettare e mettere in atto erano a dir poco patetici, anche se Thennefrim doveva ammettere che ammirava il coraggio di quegli esseri, seppur alimentato solo da stupidità e ignoranza. 

Ovviamente, tutti i loro sforzi si erano rivelati inutili, esattamente come Thennefrim voleva e aveva programmato. Nemmeno i draghi, da sempre conosciuti come portatori di paura e distruzione, erano riusciti a sottomettere i loro grifoni, che, nonostante la differenza di grandezza, li avevano distrutti senza pietà.

Thennefrim inspirò a pieni polmoni l'aria satura dell'odore ferroso del sangue versato. Un odore dolce, meglio di quello delle donne che aveva avuto, meglio di quello di tutte le monete d'oro che aveva mai posseduto.

Lanciò una rapida occhiata verso il basso. Tra quei corpi mutilati c'erano anche alcuni dei Maghi che avevano combattuto al suo fianco. Uomini e donne, di tutte le età, destinati ad un destino talmente crudele solo per aver creduto in un folle ideale di grandezza.

Il loro sacrificio non sarebbe stato inutile. Le loro gesta sarebbero state cantate da bardi e poeti, lodate dal Popolo Puro che sarebbe sopravvissuto a quello sterminio fino alla fine dei tempi.

Perché l'idea, per il Generale e i suoi seguaci, era quella. Solo la razza superiore dei Maghi meritava di vivere in quel mondo. Solo coloro che sapevano utilizzare la magia, beninteso. Gli altri... loro semplicemente avrebbero fatto meglio a non nascere, se non volevano soffrire le pene degli inferi.

Un movimento inaspettato alla sua destra lo distolse dai suoi pensieri di vanagloria. Senza rifletterci, si avviò verso un edificio mezzo crollato. Non estrasse lo spadone a due mani dal fodero: nessuno a quell'ora sarebbe stato in grado anche solo di difendersi, figurarsi di ucciderlo.

Nessuno poteva ucciderlo.

Fu difficile far passare le spalle larghe per la porta distrutta, ma alla fine fu dentro, al buio quasi completo. Accese una piccola sfera di fuoco fatuo, che andò a fluttuare sopra la sua testa. I suoi passi risuonarono forti e chiari tra le pareti in pietra rossa, quando cominciò ad avanzare.

Passò qualche minuto di ispezione prima che riuscisse a percepire nuovamente qualcosa: un fruscio di vesti, passetti che strisciavano leggeri sopra di lui. Lasciò trascorrere ancora pochi istanti prima di lanciare un incantesimo verso la fonte del suono e far crollare buona parte del soffitto.

Un gemito emesso da qualcuno attirò la sua attenzione. Riconobbe all'istante il tono caldo e femminile.

La sua voce venne moltiplicata dall'eco quando parlò: «Ithil» disse, sicuro di sé. Il sorriso spavaldo che aveva accompagnato gli anni della sua giovinezza, ormai da anni dimenticata, si fece largo sul suo volto, una fessura lattea tra sangue e polvere. «Perché non esci fuori e combatti? O forse quelli della tua razza sono tutti così codardi?»

Qualche secondo di silenzio, pesante sulle loro teste.

«La mia razza» rispose in seguito lei, gelida, emergendo pallida dalle tenebre che l'avvolgevano, «è anche la tua. Smettiamola di combatterci. Sono la prova vivente che maghi ed altre razze possono convivere in armonia.»

La risata fragorosa di Thennefrim quasi fece tremare le pareti instabili. «La mia razza è anche la tua?» ripeté, sprezzante. «Sei solo uno scherzo della natura, Ithil! Tu, come tutti gli elfi e umani e ninfe e bastardi mezzosangue!»

Gli occhi blu elettrico della mezz'elfo lo fissarono intensamente, fino a perforargli l'anima. A Thennefrim sembrò di vedere un lampo chiaro passarle nello sguardo, ma non avrebbe messo la mano sul fuoco per giurare su questo.

Ithil spostò gli occhi verso la parte di soffitto caduta. Al suo posto, uno squarcio di cielo roseo si estendeva sopra di loro. Un bel cielo, di quelli che ogni sera aveva visto alla finestra della sua camera fino a pochi anni prima, appena adolescente, prima che la guerra iniziasse e portasse via le belle giornate e i ricordi. Era presto per il tramonto, le giornate si stavano già accorciando. Thennefrim sapeva che l'inverno era alle porte, e avrebbe usato questo a suo vantaggio.

«Questa guerra dura da troppo tempo. Troppo a lungo la gente si è uccisa a vicenda, le famiglie si sono distrutte nel nome di ideali insensati. Uomini, elfi e ninfe arrivano da ogni dove nel Regno di Auron, e noi non sappiamo neanche più dove metterli. Hai vinto, ormai, ci siamo arresi da tempo. Perché continuare queste barbarie?»

Un sorriso malvagio increspò le labbra di Thennefrim. La schiena di Ithil fu scossa da un brivido di puro terrore nei confronti di quella creatura. Avrebbe dovuto agire presto, aveva tentennato abbastanza: era impossibile cercare un accordo con lui. Era un mostro. Forse le voci che giravano su di lui erano vere, pensò, forse aveva davvero venduto la sua anima agli dei. Ormai aveva abbastanza forza magica per evocare l'Incantesimo. Doveva solo tentare e sperare che tutto andasse per il verso giusto.

Arretrò un poco nel buio, fingendo, ma nemmeno troppo, un moto di paura, e cominciò a mormorare la formula a mezza voce.

«Non mi pare che siate ancora morti tutti» ribatté Thennefrim. «Non mi pare che il mondo sia puro» aggiunse gridando, allargando le braccia per dare enfasi all'affermazione.

Si accorse troppo tardi della sua figura che scompariva. La pelle diventava man mano più chiara, diafana; le vesti sembravano indossate da un fantasma. Di Ithil, nessuna traccia visibile. Guardò sconvolto le sue mani dissolversi piano, l'armatura gravare sempre di meno sul suo corpo. Il suo odio riecheggiò sotto forma di urlo per l'ultima volta tra le pareti della Valle sotto le montagne di Khler, maledicendo Ithil, mentre tutto il suo essere scompariva nell'aria fredda del crepuscolo.

   
 
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