Anime & Manga > Durarara!!
Ricorda la storia  |       
Autore: Amberle_Dubhe    19/10/2016    3 recensioni
“Puoi?” Le braccia di Shizuo stanno tremando per lo sforzo di trattenersi, e Izaya potrebbe non ricevere mai più l’onore di una tale umanità. “Puoi… Farcela. Dimmi che puoi farcela.”
Per tutta l’onesta violenza di Shizuo, Izaya è attirato da lui per ciò che riesce a vedere oltre a quella -Shizuo non è che, semplicemente e dolorosamente, un uomo. E’ questo ciò che lo rende il demone che è, e così Izaya si china in avanti, pericolosamente vicino, guarda Shizuo negli occhi. “Tu puoi?”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La seguente storia è una traduzione. Qui potete trovare l’originale, e qui il messaggio dell’autrice che mi dà il permesso di ripostare il suo lavoro :) ho lasciato la sua introduzione intatta perché mi piaceva (?).

L'ambientazione temporale si estende da circa il loro primo incontro fino ad un ideale post finale di Shou; la narrazione tuttavia non è lineare.

 

If you’re reading this, thank you for letting me translate this piece of work <3 I tried my best not to ruin it ahahah.

 







sacramental

 



This is in memory of a man I hate very much.

 

I cannot speak for others, but my inmost soul is torn
With a battle of desires making all my life forlorn.
There are moments when I would untread the paths that I have trod.
I’m a haunter of the devil, but I hunger after God.

— Hunger, Gamaliel Bradford.

 






Forse il momento più intimo è quello in cui cerchi di convincerti nel silenzio e nel buio che non devi metterti a piangere.

Izaya fissa il soffitto (non riesce nemmeno a vederlo; per quanto ne sa, tutto si è messo sotto-sopra) e prende un respiro profondo. Non è di alcun conforto, così ne prende un altro. L’aria è fredda e priva di consolazione, ma d’altronde non riesce a ricordare l’ultima volta che qualcosa è riuscito a confortarlo. Non riesce a ricordare l’ultima volta in cui ha avuto bisogno di conforto, tranne che questa è una bugia; non riesce a ricordare l’ultima volta in cui non ha avuto bisogno conforto.

Un altro respiro. Mentre espira, si spezza, e osserva con distaccato divertimento le lacrime che gli riempiono gli occhi e aspettano sul bordo. Se non fa attenzione a ricacciarle subito indietro, fallirà e si metterà a piangere. E non deve. Non deve piangere.

Il respiro successivo lo spinge oltre, e le lacrime fremono sulle sue ciglia. Stira la bocca in una smorfia che in alcuni suoi negoziati potrebbe essere più utile del suo solito ghigno, se solo i predatori e le prede intorno a lui non fanno caso al tremore della sue labbra, contemporaneamente pallide e rosse come immagina debbano apparire. Gli incisivi premono gli uni contro gli altri; il contatto spedisce alla sua testa  sibilanti  ondate irritanti di dolore. Inspira come ultima speranza fra i denti, e ingoia un lamento quando si accorge che forse, dopotutto, questa volta potrebbe anche non vincere. In quel soffio di fiato, singhiozza una volta, due volte, una terza, serra le palpebre in un infantile rifiuto mentre sibila per controllarsi.

Non deve piangere. “Cazzo” sussurra, a voce alta, e c’è già un altro respiro. “Cazzo.”

Sente la gola fredda e secca, ma non riesce a respirare dal naso. Giace così, la testa irrequieta sul cuscino, le mani che salgono a coprire la bocca. Quando deglutisce sente il sapore del sale, e quello probabilmente è meno frequente del monotono sapore metallico del sangue che di solito deve ingoiare. Ma quel sangue.

Non mettiamo alla prova colore che amiamo.

Oh, quel sangue. E all’improvviso, Izaya sente la padronanza di sè sfuggirgli nel modo in cui le cose a volte sfuggono dalle mani (non le sue, mai le sue) degli altri per nessun motivo oltre al fatto che le hanno strette troppo forte. Le lacrime, ora calde, inciampano sopra le sorelle nella scia che percorre le sue tempie fin dentro i capelli. Alcune gli finiscono anche nelle orecchie, e trova l’intera situazione più surreale che dolorosa.

Non mettiamo alla prova colore che amiamo.

Amore, e i singhiozzante gemiti della sua sconfitta sono piccoli e disperati in questa atmosfera soffocante quanto lo è lui.

——

“CHI E’ STATO?!”

Acciaio. Acciaio che si accartoccia sotto la sua mano. La plastica si deforma quando colpisce qualunque cazzo di cosa sia contro cui l’ha lanciato. Sente solamente la domanda che ruggisce a chiunque sia abbastanza stupido da stare nel suo raggio d’azione. Shizuo, il fenomeno del cazzo.

“CHI E’ STATO?!” Un altro po’ di acciaio distrutto, un’altra spaccatura nel marciapiede. “CHI DI VOI BASTARDI, CHI DI VOI L’HA TOCCATO-” Lo ha toccato, ha toccato Izaya. Con le loro sporche mani fottute. E anime. E intenti, oh, li distruggerà tutti, tutti. Arto dopo arto. Li farà a pezzi un arto dopo l’altro, gli strapperà ogni tendine e osso. Li sviscererà sulle strade così che tutti sapranno che Izaya non deve essere toccato. Non in quel modo, con per quello scopo. Da nessuno, se non da lui.

“CHI?! DITEMELO!”

Serra le mani in pugno, e la sete di sangue non svanisce. Il dolore nei suoi palmi non svanisce quando vi affonda le unghie. C’è una strana tensione nei suoi polsi. Come se il sangue che scorre sotto la pelle non sia il suo. Come se fosse sovraccaricato. Elettrico. Come se fosse quello che Izaya ha perso da quel fottuto buco nel fianco. Izaya è ferito, Izaya è ferito, Izaya è ferito, e a causa di qualcun altro. Izaya è ferito per mano di un altro, Izaya è ferito, Izaya ha perso sangue, Izaya ha sentito un coltello penetrare nel suo corpo, Izaya è crollato sul marciapiede, sullo sporco marciapiede del cazzo, proprio lì intorno da qualche parte, proprio lì intorno. Lo hanno toccato. Lo hanno preso. Lo hanno preso.

Non puoi rivendicare una persona, gli aveva detto Kasuka. Anni fa. Magari vuoi averle al tuo fianco per sempre, può capitare che tu riesca ad averle al tuo fianco per sempre, ma non puoi possederle.

Lui non è una persona. E’ un incubo.

E’ un mortale, fratello. Un giorno morirà.

Il sole picchia sui solchi che ha lasciato qua e là sul muro. Brilla attraverso quelle fenditure, risveglia chiunque vi sia all’interno. Bene. Tutti devono essere svegliati. Tutti devono vedere. Tutti devono sapere. Izaya non dovrebbe essere toccato.

——

C’è un mostro per le strade di Ikebukuro. Ce ne sono molti, ma ce n’è uno a cui Izaya conferirebbe l’iniziale maiuscola se effettivamente volesse riconoscere che lo riconosce a tal punto.

Non è che Izaya non sia consapevole della propria identità, o come minimo, della propria reputazione. Aveva quindici anni la prima volta che ha sentito la parola diavolo, sputata dalla stessa bocca a cui sta attualmente attribuendo lo stesso appellativo. Aveva assorbito quelle sillabe e le aveva sistemate alla base della sua gola, messe in equilibrio lì, pronte per risalire qualora avesse avuto bisogno di difendersi. Che fare? Sono un diavolo, sono un bastardo. Sono l’anti messia, il più grande che tu abbia mai incontrato. Quando era uscito dalla Raijin per l’ultima volta, a diciassette anni, aveva raccolto un sacco di complimenti inventivi. Spezzacuori. Demone. Mostro, il suo preferito per l’ironia che portava con sè.

Quando brinda ai suoi vent’anni, si domanda quante pagine avrebbe potuto riempire se si fosse annotato ogni parola vomitata, ogni minaccia ringhiata. Le sue da sole avrebbero occupato uno scaffale intero, se non fossero già appuntati nelle mura della sua mente. Izaya, ratto. Izaya, verme. Izaya, serpente. Cinque anni e ancora non riesce a spiegarsi l’euforia nel sentire quella rabbia, il modo in cui striscia attraverso le orecchie fino alla testa, diffondendosi da lì nel resto del corpo come mercurio riscaldato. (E in questi giorni ci vuole così tanto per riscaldarlo; c’è sempre voluto così tanto per riscaldarlo.)

Negli anni, la sua forza è solo aumentata (e insieme a quella, ciò che Izaya avrebbe definito il proprio interesse se avesse voluto riconoscerlo). Porte rotte diventano cancellate rotte, segnali dei negozi divelti diventano segnali stradali divelti, la puissance di quelle mani che spargono devastazione per la città come se fosse fatta di sola sabbia. E nonostante tutto, i pochi scelti calci nei denti che sono riservati ad Izaya soltanto, come se il resto della città fosse sordo al ruggito di quelle parole… come può essere biasimato se ne trae piacere? Il masochismo si accompagna alle sue virtù, per quanto limitate e contorte che possano apparire, e non aveva mai dichiarato di amare sè stesso, in ogni caso.

Fuori dalle tende del suo quinto appartamento si prepara una tempesta proverbiale. Izaya non le dà retta: non ha ancora programmato niente di speciale perciò il sottofondo non è necessario. Gli edifici di Ikebukuro che sono scampati all’ira della bestia (un numero sorprendente alto) si ergono umilmente contro le nuvole. Da qualche parte, un fulmine irrilevante. Da qualche parte, un grosso oggetto torna ad essere semplice acciaio. Fra le sue mani, un bicchiere di vino aspetta di essere scrutato.

Non ha subito attacchi per settimane. Si annoia.

Ci sono molti mostri per le strade di Ikebukuro, impazziti e pericolosi nella loro immaturità.

Ma ce n’è uno ben peggiore di tutti loro, e infonde nel cuore di Izaya una soggezione tale che nemmeno la più sanguinosa delle albe potrebbe eguagliare.

——

Una volta, proprio come nei suoi sogni, Izaya aveva guidato Shizuo in cima ad uno degli edifici più alti della città e si era allontanato un po’, un’espressione buffa sul viso. Shizuo, raramente esempio della calma fatta persona, aveva trovato strano vedere Izaya comportarsi così. Intorno a loro c’erano alberi, c’erano edifici, e qualche nuvola in cielo, qualche stella. Erano poche le volte in cui Shizuo non percepiva una sorta di fremito nell’aria intorno a Izaya, e questa era una di quelle. L’aria era semplicemente come doveva essere, le stelle dove dovevano stare, e Izaya appariva stanco e reale.

“Che c’è?” aveva detto dopo che Izaya non aveva detto una parola per troppo tempo.

“Non parlare” aveva detto Izaya. “Stai fermo lì e basta.”

Così Shizuo era rimasto lì in piedi, silenzioso e fermo, e aveva aspettato qualunque cosa Izaya volesse fare. E Izaya non aveva fatto nulla. Nulla, era rimasto lì, silenzioso e fermo, fissando Shizuo mentre il sole intorno a loro tramontava, i colori malsani e veloci.

Il vento aveva soffiato gentile fra i suoi capelli, e Shizuo ricorda di aver desiderato di allungare una mano per toccare quei capelli, portarli dietro le orecchie di Izaya, e poi stringerlo nella luce del cielo cangiante. E Izaya forse voleva fare la stessa cosa ma qualunque cosa avesse visto lo aveva colpito così tanto che non si era mosso.

“Posso baciarti?”

C’erano state altre volte, prima (e dopo) in cui Shizuo aveva semplicemente afferrato le braccia di Izaya con qualunque grazie di cui le sue mani erano capaci, e l’aveva trascinato vicino, unendo le loro labbra in una specie di affettuoso tentativo. Izaya aveva sempre baciato in modo fisico, come se il suo sapore potesse strisciare nella bocca di Shizuo attraverso le sole labbra. La prima volta, era stato spaventoso -e non gli era mai capitato, allora, ad essere spaventato da qualcosa di diverso dalla sua forza. Magari quel retrogusto che gli scivolava in gola era ciò che gli aveva insegnato ad essere spaventato da altre cose - dell’amore, della morte, di esistere quando Izaya non esisteva. Un’improvvisa speranza che questo sarebbe stato l’unico essere umano che avrebbe mai saputo come desiderare.

C’erano state altre volte, prima (e dopo) in cui Shizuo non aveva chiesto il permesso perché era stato nel suo taschino fin dal primo giorno. Ma quella sera la serenità sul viso di Izaya lo aveva spinto a porgli la domanda con altrettante tranquillità.

Izaya aveva sbattuto le palpebre con un’innocente sorpresa che si era infilata nella memoria di Shizuo per sempre. Ecco da dove lo sta chiamando proprio ora, mentre fissa le proprie scarpe, il petto pesante. Lo stesso palazzo, la stessa città, ma il sole è più ostile di quanto non sia stato per un bel po’, così tanto tempo fa che Shizuo aveva dimenticato come brucia sulla pelle.

Gli alberi sembrano verdi da qui, e le persone così grigie che le detesta tutte quante. Non aveva provato una rabbia così, che dura più a lungo di quanto ci mettano le ossa per rompersi, sin dall’ultima volta in cui Izaya aveva provato veramente a ferirlo - così tanto tempo fa ormai che potrebbe anche essere stato un’altra vita. E ora è qui, e Izaya aveva sanguinato su una delle strade che può vedere da quassù, e pensa che se salterà giù da questo parapetto potrebbe essere in grado di dimostrare un qualcosa al mondo. Come osate, come osate. Come osate toccare ciò che è mio da toccare, mio da stringere, mio da uccidere.

Shinra avrebbe riso della sua indignazione, del suo credere di essere lui il solo che ha il permesso di ferire Izaya, attaccarlo, essere l’unico a decidere quale danno gli venga inflitto e quale no. Ma è così - è così che Izaya è rimasto vivo per così tanto, no - nella sicurezza del bisogno di Shizuo di averlo vivo così che potesse ucciderlo ancora e ancora e ancora.

Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio-

Non aveva mai finito quella fottuta frase, no, non aveva mai finito quella fottuta frase. Shizuo esala una sorta di stupido rumore nel profondo della gola e serra le dita intorno alla ringhiera, prova e riprova a non strapparla via.

——

Heiwajima Shizuo è il tipo di persona che si sente vuoto e solo alla fine di un film. Probabilmente non ha mai imparato a distaccarsi dalla narrazione. Quando Izaya cominciava a ridere delle difficoltà incontrate dai protagonisti vari, Shizuo doveva rimanere fermo e assorto, masticando un pop corn alla volta. Questo Izaya lo impara la prima volta che posa gli occhi su Shizuo, fissandolo dalla finestra mentre il ragazzo attraversa l’ingresso della scuola. Dietro di lui, indossando gli occhiali e un sorriso costantemente inappropriato, siede l’opposto di un fuggitivo. Uno dei motivi per cui Izaya apprezza la compagnia di Shinra è la tendenza del ragazzo ad affrontare le cose faccia a faccia, non importa quanto strane possano essere.

Fra tutti, aveva pensato di presumere lo stesso anche per Shizuo, ma la linea delle spalle di Shizuo e il modo in cui solleva la cartella dice a Izaya che è in cerca di modi per dimenticare senza rendersi conto di ciò che sta facendo.

Shizuo è bellissimo, comunque. Capelli decolorati, una mascella che Izaya potrebbe usare per affilare coltelli, la bocca una linea tesa che è attraente per ogni dettaglio celato. Forse ciò che lo attira più di tutto, proprio fin dal primo momento, è l’evidente tensione sulle labbra di Shizuo - la piega sugli angoli gli fa capire che è deliberata, e che se riesce a far arrabbiare Shizuo, la lezione di chimica sarà molto più interessante.

“Come si chiama?”

Shinra alza gli occhi al cielo, una cosa che probabilmente non fa mai davanti a Shizuo. “Lo vuoi davvero sapere?”

La voce di Shizuo è un roco brontolio, che ha fatto cantare i nervi di Izaya la prima volta che l’ha sentita, e così ha fatto ogni volta da allora. L’imprevedibilità della sua inflessione è la seconda cosa più frustrante che Izaya abbia mai incontrato; non era abituato a dover serrare i denti per controllare la propria sorpresa così spesso. Sa che con il tempo ci si abituerà, e il fatto che quell’idea sia allo stesso tempo tetra e piacevole è la prima cosa più frustrante che Izaya abbia mai incontrato.

A casa, se così può essere chiamata, Kururi e Mairu sono ancora troppo giovani per essere altro se non apertamente infide. Vive con il costante timore che questa qualità non sia destinata a cambiare con l’età, ma per ora, l’irritazione è un grosso fattore nella sua decisione di trascinarsele dietro a casa di Shinra ogni volta che devono studiare insieme. Se quei piccoli demoni riescono a far arrabbiare lui, sarà un gioco da ragazzi far infuriare Shizuo con le loro buffonate.

Tra week end lunghi e pallidi mattini d’estate impara che semplicemente non si può dire cosa possa far perdere la testa ad Heiwajima Shizuo. Sedici non è una grande cifra, ma Izaya ha sempre fatto vanto di essere sempre stato in grado di comprendere qualunque persona gli si sia parata davanti finora. Si rifiuta di arrendersi solo perché gli incessanti colpetti di Kururi lo fanno sorridere invece che urlare, e decisamente si rifiuta di arrendersi solo perché non è riuscito a far dire a Shizuo qualcosa tipo Non vengo se viene anche Izaya. L’odio è l’unico trofeo che accetterà; nulla di meno, niente di inferiore.

“Scusa se le mie sorelle sono così fastidiose” accenna una volta, e Shizuo scuote la testa.

“Ho un fratello piccolo anche io” dice, come se Izaya non conoscesse il gelato preferito di Kasuka. “So che funziona.”

Quella notte, senza intenzione di provocare un cambiamento, Izaya finisce per insultare uno dei personaggi cinematografici preferiti di Shizuo. Il litigio che segue rompe il suo naso, due finestre, il casco di Celty, a fa sì che Mairu cominci a chiamare Shizuo fratellone. Ci sono poche, rare cose che Izaya ammetterebbe di non comprendere per niente, ma è disgustato dall’idea di aggiungere Shizuo a quella lista proprio adesso. E più tardi, quella notte, quando è l’unico che non riesce a dormire a causa del vento che fischia dalle finestre ancora rotte, si appoggia sul gomito e osserva Shizuo così a lungo, così a lungo. Le sue ciglia, le sue sopracciglia, la radici scure a malapena visibili dei suoi capelli. Il modo così silenzioso di dormire, come per bilanciare il fracasso che causa durante il giorno - e forse ciò soprattutto che rende Izaya felice e triste è che se non fosse per lui, Shizuo sarebbe così anche da sveglio.

Quando si unisce a Celty in salotto, sono le due del mattino ed è infastidito oltre ogni dire.

[Il vento fa troppo rumore?]

“Shizuo russa” dice. “Che animale.”

——

C’è un vampiro nelle strade di Shinjuku. Solitario, privo di legami; una specie crudele che lascia segni di denti su qualunque cosa baci. Shizuo si innamora di lui, la prima volta che Izaya si dimentica di mordere.

Accade così: durante un terribile tramonto, Shizuo riesce a raggiungere il bastardo nella strada dietro ad un complesso di edifici, e intrappolarlo, i palmi sui mattoni grigi e il viso di Izaya a pochi centimetri dal proprio. C’è un negozio cinquanta metri più in là e non sta facendo alcun favore a Shizuo; la confusione di Izaya è assolutamente limpida. Sembra fatto di porcellana simile a come deve esserlo la morte stessa, gli occhi fissi in quelli di Shizuo nonostante Izaya debba essere spaventato per una volta. Una volta.

“Perché devi sempre farti vedere e rovinarmi la giornata, eh?” Il calore del respiro di Izaya gli fa il solletico contro la parte alta del petto, la distanza del sogno tra di loro è la più sottile che potrebbe esserci mai stata - o magari è solo una sensazione, non saprebbe dire; non lo sa mai. “Perché non puoi stare lontano dalla mia vista?”

Izaya ha solo una risposta, e così Shizuo non deve mai osservare la sua faccia per vedere se sia in procinto di inventarsi una bugia. E’ più sicuro dare per scontato che Izaya mentirà, ma sono le sue verità a raggiungere Shizuo. Il peggio è quando Izaya dice la verità e crede che verrà presa per una bugia; quella sicurezza lo fa diventare matto. “E’ troppo divertente vederti bruciare, Shizu-chan.”

Dire bugie tra i denti anche con la mano di Shizuo così vicina al proprio cranio, è esattamente il genere di cose che lo mette nei guai ogni volta - ma poi Shizuo assimila la bugia, e vede il tremolio sul labbro di Izaya, e improvvisamente si sente piccolo. Piccolo, e ora altrettanto confuso.

In quel momento, Izaya cambia davanti a lui. Il suo pallore svanisce, sostituito da colori che non hanno mai interessato Shizuo prima, le guance inondate dalle luci gialle del negozio, la pelle sotto i suoi occhi dolcemente rosata, e Shizuo si chiede quante altre cose ci sono che pensa di essersi perso fin dall’inizio.

E poi la mano di Izaya è sul viso di Shizuo - i polpastrelli toccano a malapena gli zigomi, un pollice sull’angolo della sua bocca - e quando apre la sua bocca sente una corrente, semplicemente, una corrente. Perciò di ferma, e stanno lì così, il pollice di Izaya fra i suoi denti, e Shizuo ha così tante domande in testa che non riesce nemmeno a sceglierne una e ad ascoltarla. Izaya ha l’aspetto di uno che è appena morto, ma Shizuo non si è mai sentito più vivo. Un contatto privo di violenza, una limpidezza negli occhi di Izaya che attira Shizuo in un modo che la sua malignità non ha mai eguagliato, e giura di percepire un fuoco ritirarsi dal petto fin sotto i tacchi. Mentre si arriccia lì in attesa, Shizuo lotta per tener viva la rabbia.

“Ti ucciderò, un giorno” ricorda a sè stesso. Izaya ride ma suona addolorato.

“Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio-”

E forse è perché è la prima volta che Shizuo vede Izaya distogliere lo sguardo, o forse è perché le mani di Izaya stanno tremando. O forse è perché Shizuo è un pazzo, spezzato in almeno venti posti diversi in un dato momento, e più spaventato di essere capace di uccidere chiunque incontri che di non esserlo. Per una di queste ragioni, o per qualche altra ragione, o proprio per nessuna ragione, Shizuo percepisce il proprio cuore del cazzo contorcersi e cadere ai piedi di Izaya.

Come se improvvisamente ne sentisse il peso sulla scarpe, Izaya sogghigna, i suoi occhi che si adombrano di nuovo, e Shizuo è sollevato. “Lasciami andare, Shizu-chan” dice, strascicato, abbassa la mano, l’altra che raggiunge la tasca.

Quando Izaya impugna il suo coltello, sibila nel fumo del fuoco, e graffia la distanza del sogno, e Shizuo riesce di nuovo a vedere chiaro. Per il momento colori svaniscono, il suo nemico è bianco sporco, ride forte e limpido come le campane che segnano l’ora mentre corre sempre un passo avanti oltre la capacità di Shizuo

——

Non si ferma finché non è a metà strada per arrivare all’ospedale, per pensare a quanto poco sarebbe benvenuto una volta là. Magari penserebbero che è lì per uccidere Izaya e magari avrebbero ragione. Magari sta marciando fino a là proprio con l’omicidio nella testa; non gli piacerebbe vedere Izaya messo a tacere una volta per tutte, ma non sarebbe meglio se prima strappasse il respiro dai polmoni di quel bastardo che ha pensato di poterlo fare per primo?

A metà strada dall’ospedale, si rende conto di questo. Si ferma e alza ancora lo sguardo verso il miserabile cielo. Non dovrebbe andarci Anche se Izaya non è cosciente, anche se sta dormendo, Shizuo non ha dubbi che la sua presenza potrebbe rovinare tutto come sempre.

Ma poi pensa a come Izaya era solito ridere di queste cose. Diceva che la sua mortalità era così lampante che nessun (altro) avrebbe potuto pensare di ucciderlo, diceva di aver messo in mostra la propria caducità per sfuggire alla morte. E comunque, le mie difese sono di diamante, e come farai a distruggerle, Shizu-chan? E ricorda la distanza del sogno, cristallina e crudele, e ricorda il sorriso di Izaya di allora, perciò perché fare questo adesso?

Fintanto che Izaya respira da qualche parte, Shizuo nella sua furia distruggerà marciapiedi e romperà finestre e ossa. Ma se quel cuore bugiardo di Izaya viene meno, non sa cosa farà.

——

A ventun anni, su un altro letto e sotto un altro soffitto, Izaya impara cos’è la paura. Un’emozione più umana di quanto possa essersi mai sognato di provare; così nuova, così diversa dal modo in cui la sua mortalità gli dà la caccia. Questa è diversa; più urgente, più esigente, qualcosa che lo tiene in piedi tutta la notte la prima volta che la sente piantare la radici nel suo petto, sotto la gola dove diavolo giace fermo nel suo nido di filo spinato. Non è impercettibile e non lo colpisce tutto in una volta; è più come qualcosa che scivola lentamente nel suo vino, e nel suo sangue, attraverso l’aria intorno a lui. Qualcosa che accompagna le tracce del mercurio che si è diffuso nelle sue vene.

E’ qualcosa che ha a che fare con lui. E’ ovvio che ci sia, ne è stato consapevole per anni; qualcosa che ha a che fare con lui, qualcosa di orrido e magnetico. Lui è ripugnante; è una bestia. Izaya non considera nessuno peggiore di lui, e la cosa di per sè è spettacolare - che possa indurre un odio così limpido dai pensieri più profondi di Izaya, che renda impossibile ad Izaya di amarlo, che riesca a far ribollire Izaya con una tale ostilità che è obbligato ad escluderlo del tutto dal resto dell’umanità. Mostro, mostro mostro. Ecco perché lo odio, ecco perché non lo sopporto; non appartiene alla natura, non è di questo mondo, e dovrebbe ritornare là da dove proviene.

Ma i fuochi infernali sanno bene come dare forma al loro vetro; non può dire con sicurezza di aver visto un viso più bello o una andatura più minacciosa. Heiwajima Shizuo è la miscela vivente di tutto ciò che fa arrabbiare e irrita e attrae Izaya, e non c’è nulla che può fare riguardo a ogni scontro a cui dà inizio e ogni sogghigno con cui provoca il selvaggio. Deve. Non è più forte degli innocenti che Shizuo fomenta solo camminando in mezzo a loro; non lo era quando aveva fatto inseguire Shizuo dalla polizia nel loro ultimo anno alla Raijin, anche solo per ottenere qualche effetto. Per essere più di un rumore di sottofondo, per attirare l’attenzione su di sè.

Izaya è egocentrico e scorretto quando gli capita di desiderare qualcosa, come viene a scoprire - perché prima di Shizuo, che cosa desiderava se non lasciare un nome dietro di sè, anche se, dai giardini al di sopra o al di sotto del mondo, non avrebbe potuto ricalcarne i segni? E ora che sa com’è avere quella commovente quantità di furia diretta solamente a lui, anche per pochi minuti, che cos’è che non vuole? Cosa non vuole da Shizuo? Tutta la sua attenzione, tutta la sua rabbia; tutto di lui, a vagabondare per le strade solo per dare la caccia ad Izaya, solo per ferire lui, attaccare lui, toccare-

E’ allora che i suoi occhi si aprono e l’altro soffitto gli si presenta alla vista. Quella parola fa balenare un terrore dentro di lui che gli gela le mani più di quanto già non siano. Una flebile ondata di panico, che muore e poi aumenta lentamente di nuovo mentre deglutisce e si porta una mano alla testa. Un odio lo può ospitare; un’antipatia, la può sopportare. Ma quello. L’idea di quell’odio che si intensifica fino a diventare in una violenza differente- si rigira e si copre fino alla testa.

Il mattino seguente fa in modo di far arrabbiare Mairu, cosa che conduce Kururi ad un tentato omicidio. Mentre respinge i suoi stoici, precisi affondi, ricorda uno Shizuo ridente che riusciva facilmente a separare quelle due, e lasciava che lo colpissero nella confusione. Mairu si getta immediatamente su Kururi mentre Izaya sta in piedi nella sua cucina (nella quale non dovrebbero nemmeno essere) con le guance in fiamme.

Quando si accorge delle gemelle che lo fissano, lancia loro un’occhiataccia. “Le dimostrazioni del vostro dubbio affetto incestuoso sono interessanti, ma ho qualcosa di più grande che bolle in pentola.”

“Intendi tipo la tua crescente infatuazione per Shizuo?”

“Fuori di qui.”

Dopo almeno tre anni dall’ultima volta che aveva fatto arrabbiare Shizuo di brutto, il bruto lo inseguiva ogni volta che le loro strade si incontravano. Succede così spesso che Izaya non dorme mai insoddisfatto. O almeno, non ci era mai abituato - fino al mattino, e poi la sera, dopo questo suo nuovo sviluppo. Per la prima volta, deve evitare Shizuo quando riconosce i capelli chiari, deve girare i tacchi e fare un’altra strada. Non farà sempre così, ovviamente no; è una cosa temporanea. Ha solo bisogno di raccapezzarsi, di capire cosa sta succedendo, e poi tutto tornerà alla normalità, pali e pietre.

Se Shizuo non fosse un formidabile avversario (forse l’unico di Izaya) non sarebbe stato assolutamente interessante, e così una sera capita che Izaya si ritrovi messo all’angolo proprio mentre il cielo comincia a passare da violaceo al blu notte. Il vicolo è un clichè, il ringhio arrabbiato di Shizuo lo è anche di più- ma l’affanno di Izaya è nuovo.

Nella luce tenue di un negozio in fondo alla stradina, i tratti del viso di Shizuo sono più gentili di quello che l’occasione dovrebbe permettere. Una luce dorata sulle guance qui, sfumature rosa, gli occhi affilati e luminosi. Il suo profilo che incombe, pronto ad attaccare in qualunque momento, è deliziosamente minaccioso.

“Perché devi sempre farti vedere e rovinarmi la giornata, eh?” La voce di Shizuo stride contro di lui come sempre, quel dannato mercurio che si libra. “Perché non puoi stare fuori dalla mia  vista?”

Perché non puoi stare fuori dalla mia testa? “E’ troppo divertente vederti bruciare, Shizu-chan.”

Forse la luce del negozio ha un fremito, o gli ultimi raggi del giorno svaniscono, ma c’è un cambiamento negli occhi di Shizuo che colpisceIzaya come un pugno nello stomaco. E prima che se ne renda conto, sta allungando una mano e circondando la mascella di Shizuo, il pollice sull’angolo del suo labbro inferiore. Come si aspettava, Shizuo si muove automaticamente per morderlo, ma qualcosa- probabilmente lo stesso fulmine che ha appena attraversato il corpo di Izaya- lo ferma e invece il pollice di Izaya rimane cauto fra i suoi canini. Izaya è troppo assorbito dalla schiacciante consapevolezza di star toccando la sua pelle per la prima volta per preoccuparsi di essere morso. E comunque, Shizuo è tutto spigoli smussati e forza bruta, l’opposto del vampiro che è Izaya; i suoi denti non romperanno la pelle.

Shizuo non sta nemmeno respirando, gli occhi puntati su Izaya con evidente curiosità, e Izaya- nessuno ha mai guardato Izaya in quel modo, non Heiwajima Shizuo. Non così, stando in piedi da qualche parte dopo il tramonto con la mano sulla mascella di Shizuo e le unghie posate sulle sue terribili labbra morsicate, un veleno nei loro confronti che non ha nulla a che vedere con la rabbia e ha tutto a che vedere con il loro punto di contatto- i suoi battiti aumentano finché li sente pulsare nelle orecchie, come il maligno battito di un tamburo, come la campana di una chiesa.

In quella gabbia di fulmini mentre si fissano l’un l’altro, Izaya vede lo sguardo di Shizuo cambiare irreversibilmente.

“Ti ucciderò, un giorno” dice Shizuo, ma suona così stupidamente insicuro. Izaya ride nella sua trepidazione.

“Non riusciresti ad uccidermi se ci provassi, mio-” e la sua risata si ferma di nuovo, il respiro si ferma di nuovo. Mio cosa? Nemesi? Amico? Mostro? Sole? La causa scatenante rimane sospesa nell’aria fra loro, con Shizuo troppo sperduto per registrarlo, probabilmente (fortunatamente) e Izaya che gira il viso per fissare il terreno, gli occhi sgranati e una volta tanto silenzioso.

E comunque, non ci provi nemmeno.

Così all’improvviso, ritorna la rabbia. Il disgusto, il ritorno del sogghigno familiare e rassicurante sulle labbra. Pensare che Shizuo non lo considera ancora abbastanza da attaccarlo veramente, pensare che non lo ha ancora ferito abbastanza, conduce in lui un’indignazione che con fermezza trasforma in ostilità.

Torna a guardare nei ricchi occhi di Shizuo. lascia cadere la mano e con l’altra circonda il coltello nella tasca. “Lasciami andare, Shizu-chan.”

Mai.”

Il coltello viene sguainato e la gabbia scricchiola e si rompe; mentre Izaya corre via con una gioia genuina, stavolta, pensa di aver commesso qualcosa di imperdonabile.

——

Gli promettono di non far sapere a Izaya (quando si sveglia, lui si sveglierà, lui aprirà gli occhi e smetterà di avere quell’aspetto) che è stato lì. Non ha il permesso di entrare nella stanza; probabilmente lo hanno fatto arrivare fin lì, incespicante e perduto, per via dell’espressione sulla sua faccia (omicida, ne è sicuro, è per quello che sembrano così sorpresi, ne è sicuro) e perché sanno che comunque non possono fermarlo.

Non ci sono dubbi sul suo amore per Izaya. Non ci sono dubbi sul suo odio per Izaya. Che quello che c’era in mezzo potesse prendere fuoco perché Izaya è portato a ferire era qualcosa che non aveva pianificato (non che i suoi piani abbiano mai funzionato). Che lo avrebbe portato fuori dalla stanza di Izaya senza avere la più pallida idea su cosa fare -anche quando si sporge contro il pannello di vetro sulla porta, riesce a vedere Izaya fra le ciglia, incorniciano la sua visione come le sbarre di una prigione.

Ma guardare Izaya sul suo letto, gli sembra di guardare da molto lontano, più lontano di quanto qualunque gabbia vera e propria potrebbe azzardarsi a tenerli separati. Gli sembra di essere di nuovo in quel sogno, e ancora e ancora, vite e vite in mezzo a loro, senza mai muoversi avanti o indietro di un centimetro, anche se riesce a vedere dov'è e dove vuole essere. Sembra come se ci dovesse impiegare un’eternità per camminare dentro la stanza, raggiungere Izaya, provare a svegliarlo. Vedere se non aprirà gli occhi più velocemente per Shizuo e la sua collera.

Izaya è addormentato, incosciente e beato, e davvero, Shizuo potrebbe spezzargli il collo in un secondo. Rompergli le costole, strangolarlo. O piuttosto, Shizuo non potrebbe, non in questo momento mentre è disteso così, e d’altronde non quando sprizza di vita e di risate. Un odio come questo ha bisogno di essere tenuto in vita, e per riuscirci ha bisogno che Izaya sia vivo. Non può ucciderlo di già, non ancora.

Usali. Non ancora.

L’eterno re di sempre sulla sua alta montagna, Izaya, perfino da incosciente, sembra baldanzosamente solo. E lo è - non c’è nessuno lì, anche se potrebbe essere un caso che Shizuo lo abbia scoperto prima di ogni altro. Domani sarà sui notiziari e Izaya scapperà dall’ospedale, e Shizuo riderà di chiunque sarà abbastanza da stupido da provare ad ucciderlo mentre dorme. Continuerebbe a guardare se non si fidasse di Izaya più di quanto si fida di sè stesso, per tenerlo al sicuro. E da qualche tempo si è convinto che l’unico modo per rimanere ferito dal fatto di non avere avuto il permesso di proteggere apertamente Izaya perfino quando erano amanti è di capire i piccoli modi in cui Izaya aveva tentato di proteggerlo. Prima di distruggere tutto.

Intorno a Shizuo, ci sono molte persone che provano amore sincero e ipocriti, che credono che l’amore sia essere soddisfatti da come qualcuno aderisca alle loro piccole morali e regole. Dicono a loro stessi di amare i loro compagni per tutte le loro imperfezioni, dopo averle indicate loro stessi. Quei bastardi non conoscono la vera sofferenza dell’amore, l’esistenza di persone i cui innamorati morirebbero più e più volte per loro, che non farebbero nulla se non ridere se si trovassero davanti il loro cadavere. Izaya è uomo cattivo, e lo amo. Lo amo, ed è un uomo cattivo. Abbietto, maligno, subdolo in così tanti modi che Shizuo non riesce nemmeno ad immaginarne il numero. Ora danza fra mali e mali peggiori, ora danza fra altri diavoli minori, non c’è mai stato un secondo che Izaya abbia finto di essere ciò che non è- una dozzina di appellativi ma nessuno di loro è buono, nessuno di loro è gentile.

Tuttavia, tuttavia. Shizuo non è mai stato un angelo. Shizuo non è mai stato un santo. Forse il suo odio per Izaya deriva dalla consapevolezza giornaliera di come Izaya tiri fuori il suo dannato lato peggiore- e forse il suo amore per Izaya è la consapevolezza notturna di come Izaya tiri fuori il suo dannato lato peggiore. E forse tutto questo (lo sente proprio adesso) è troppo perché non importa cosa stia facendo, che stia inseguendo Izaya giù per un vicolo e fra i tetti e in una fontana in disuso, o che stia in piedi immobile fuori da una stanza di ospedale cercando di respirare- non importa cosa stia facendo, è la più intensa sensazione mai provata, la sensazione più intensa che sentirà mai, pensa - finché Izaya non trova un nuovo modo di spezzarlo e rimettere insieme i pezzi, un po’ larghi.

Izaya, perfino da incosciente, sembra baldanzosamente solo. Nessuno verrà a trovarlo, anche se potrebbero esserci molti che verranno per ammazzarlo. Non è che Izaya non lo abbia saputo per tutta la vita, anche quando era insieme a Shizuo. Izaya non aveva mai interrotto i suoi inganni anche se si erano appena baciati, o se stavano per, e Shizuo non si era mai aspettato altro- e Izaya non si era mai aspettato che a lui importasse delle loro sorti più di quanto usasse fare prima che mandassero tutto a puttane sopra a un ponte alle due del mattino.

Se quello potesse spiegare perché adesso Shizuo deve stare dalla parte sbagliate della porta, accetterebbe la loro storia per ciò che è stato- ma nonostante tutto quello che è successo, pensa comunque di stare dal lato sbagliato della porta quando sa che anche Izaya penserebbe la stessa cosa, ma per tutte le ragioni sbagliate- merda, non ha mai smesso di pensare nemmeno per una volta che Izaya lo voglia morto. E nemmeno per una volta ha pensato che per lui fosse diverso, ma eccolo qui, inutile ed emotivo, cazzo, a pensare di essere sul punto di piangere davanti a tre infermiere terrificate solo perché Izaya ha ottenuto ciò che ha inseguito per tutta la vita.

Non dovrebbe essere qui. Non dovrebbe nemmeno essere qui, e deve andarsene, anche se Izaya è quasi senza speranza tanto quanto lo è lui. Deve andarsene, sta per andarsene, sta andando- si raddrizza, cammina via, lungo il corridoio e giù per le scale, e verso un’alba spietata.

L’intero suo cuore è una ferita aperta, pulsa e brucia e aspetta, e sopra i tetti di Ikebukuro, il sole sorge.








 






NOTE:

 

Confusi? Posso immaginarlo, anche perché questa è solo la prima delle tre parti della storia che in originale è una OS. Ho deciso di dividerla per alleggerirmi il lavoro *è in ballo da mesi ma shhhhh* e eventualmente la lettura. Cioè forse in realtà sarebbe meglio leggerla tutta in una volta sola visto i continui salti temporali/richiami del testo MA così ho deciso e così rimane AHAHAHAH.

Cercherò di non far passare troppi giorni, in realtà devo solo correggere le bozze solo che mi pesa il culo farlo (sono povera e non ho una beta reader, vi chiedo scusa per gli errori che probabilmente mi saranno sfuggiti), e niente. Questa è tipo una delle mie storie preferite ever, quindi abbiatene cura (???) SPERO CHE VI PIACCIA E MAGARI VI COMMUOVA COME E’ SUCCESSO A ME (fin troppe volte, sono debole. La prima volta che l’ho letta sono arrivata alla fine singhiozzando e col cuore a pezzi). Vedrete che vi lascerà qualcosa, una volta conclusa. E’ troppo bella e troppo scritta bene per non lasciare un segno.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Durarara!! / Vai alla pagina dell'autore: Amberle_Dubhe