Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: shirupandasarunekotenshi    19/10/2016    2 recensioni
Partecipa alla challenge "In love" di _Marlene_.
Pre-serie.
La storia prima della storia.
Quando l'intraprendenza di una futura madre vince su tutto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva usato lei quel termine, la prima volta. Con quel sorriso beffardo, mentre leggeva una rivista di politica, sprofondata sulla poltrona di casa Hashiba.

Genichiro l'aveva ascoltata a strappi, ma con quella parola la sua schiena si era stranamente irrigidita. Si era volto, lentamente, verso di lei, con sopracciglia talmente alzate che gli occhiali che portava gli erano scivolati in grembo.

“Come... scusa?”.

“Dico solo che... finché non conoscerai la mia famiglia, la nostra sarà un po' come una relazione clandestina”.

L'uomo che, a dispetto di quell'aria svagata e un po' innocente, aveva diversi anni in più della ragazza, raccolse gli occhiali, muovendoli da una mano all'altra, quando tornò a parlare.

“C-clandestina non è... pensi davvero che lo sia?”.

La ragazza alzò appena le spalle, ripiegando il viso da un lato.

“Amore segreto forse suona meglio...”.

Il compagno percepì il calore sulle guance e mosse il volto lontano da sguardi impudenti.

“Suona meglio” borbottò a bassa voce, due dita nervose a molestare la barba di qualche giorno sul mento.

Non era facile essere fidanzato con qualcuno di una certa età... quando tu eri di una certa altra età.

Non era facile quando avevi l'aria di qualcuno di un po' più vecchio della tua età e lei... sembrava perfettamente della sua età.

Già la questione lo destabilizzava parecchio, quando ci pensava troppo a lungo (cosa che capitava piuttosto spesso).

Ma aggiungere una caratteristica tale a quella che, ancora, non comprendeva appieno cosa fosse...

“Se ti chiedi se mi preoccupa la cosa, non farlo” giunse la voce femminile a trarlo dai suoi pensieri. Lei era lì, sempre accoccolata nella sua poltrona di velluto nero e un po' vissuto; la rivista ora abbandonata al fianco, lo sguardo forte e fermo su di lui.

Quello sguardo che ti diceva che tutto era a posto, che niente sarebbe crollato, che lui non si sarebbe fuso con l'aria inconsistente attorno a loro.

“Non sarei qui, se mi preoccupassero sottigliezze simili”.

Lei aveva sempre avuto coraggio, molto più di lui.

Era lei ad aver fatto il primo passo.

Ad aver chiesto il primo appuntamento, ad averlo preso per mano per la prima volta.

A baciarlo, per la prima volta.

Il suo coraggio si scioglieva davanti ai numeri del tempo che li aveva visti camminare sulla Terra.

Si sentiva clandestino, ecco. Senza legge.

“Se mi sposi, non è più un amore clandestino. Saremo... legittimati. Agli occhi degli altri, beninteso”.

“Se ti... sposo?”.

Aveva diciassette anni. E lui, lui era meglio non ricordarsi quanti ne avesse!

Le dita sulla barba incolta divennero, tre, poi quattro. L'intera mano!

“Se ti molesti ancora quella barba, finisce che non ne rimarrà molta prima di sera...”.

La mano si congelò nel movimento, scendendo, poi, lenta, ad abbandonarsi sul tavolo.

Le labbra di lei si erano arricciate in un piccolo broncio, prima di sciogliersi in una risatina.

“Devo proprio essere io a chiedertelo?”.

Ed era una fortuna che gli occhiali fossero sulle sue gambe, altrimenti sarebbero caduti, impietosamente, a terra.

Genichiro non riuscì a schermarsi da quegli occhi, quando l'imbarazzo lo colse tutto.

“S-sono troppo vecchio...”.

“Per me? O sono io che son troppo giovane?”. Lei si alzò, mosse alcuni passi e giunse di fronte a lui, mani sui fianchi. “Non è colpa mia se sei nato dieci anni prima di me...”.

Di nuovo quel sorriso beffardo.

Perché l'aveva scelto?

Lui sapeva perché aveva scelto lei: perché la sua fisica non era stata più la stessa, non più così importante, non più così presente.

Lei era diventata il suo primo pensiero, il suo primo sorriso, al mattino.

Lei era diventata la causa e la conseguenza del suo nuovo io.

La sua ragione per diventare migliore.

“Sei tu... che sei nata troppo tardi...” un sorriso, quello che faceva apparire quelle piccole grinze attorno agli occhi e una fossetta profonda sulla guancia sinistra.

A lei piaceva disegnare i contorni di quel difetto con un dito, quando voleva distrarlo o solo molestarlo.

Le dita tornarono a muoversi lente su quel misero pizzetto nero, così incolto e graffiante che lei, spesso, per evitarla gli sfiorava una guancia con le labbra, oppure le palpebre, quasi con un soffio, quando lui era troppo stanco.

“Oh, insomma: che testone che sei!”.

Gli prese le mani tra le sue e lui le trovò, per una volta, calde.

Ultimamente erano spesso calde, quasi bollenti.

E dire che, la prima volta che l'aveva incontrata, era stata la sua mano gelida a svegliarlo dal torpore, sotto quell'albero fiorito.

Era stato un pomeriggio di un anno prima.

Una vita prima.

E ora le mani calde di lei avevano portato le sue sul suo ventre: un movimento così naturale, un gesto semplice.

“Non sarebbe contento di nascere in maniera clandestina, sai?”.

Inutile, stavolta gli occhiali rovinarono a terra.

Senza fiatare, ma con un mondo di parole dentro, Genichiro la guardava.

“Te lo devo richiedere o mi rispondi da solo?”.

Era stata di nuovo lei a fare il primo passo.

“Sappi che, stavolta, siamo in due ad essere impazienti. Hai ben poca scelta”.

  
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