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Autore: PawsOfFire    20/10/2016    6 recensioni
Russia, Gennaio 1943
Non è facile essere i migliori.
il Capitano Bastian Faust lo sa bene: diventare un asso del Tiger richiede un enorme sforzo fisico (e morale) soprattutto a centinaia di chilometri da casa, in inverno e circondato da nemici che vogliono la sua testa.
Una sciocchezza, per un capocarro immaginifico (e narcisista) come lui! ad aggravare la situazione già difficoltosa, però, saranno i suoi quattro sottoposti folli e lamentosi che metteranno sempre in discussione gli ordini, rendendo ogni sua fantastica tattica fallimentare...
Riuscirà il nostro eroe ad entrare nella storia?
[ In revisione ]
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Furia nera, stella rossa, orso bianco'
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Per poter esprimere un’opinione alquanto oggettiva credo ci sia bisogno di un ulteriore punto di vista.
Il mio. Non il suo.
Sono Tom Weisz ed in tutta questa faccenda l’unico mio scopo è quello di fare da tassista a quei grandissimi idioti che compongono il resto dell’equipaggio.
Mio padre, prima che io partissi, mi disse che la guerra faceva paura e che non risparmiava nessuno. Lo lessi negli occhi di mia madre e delle mie sorelle, quella scintilla di muta rassegnazione nel fatto che, forse, non sarei più tornato a casa.
Ma, a giudicare dal mio anno di servizio, credo si stessero sbagliando.
Marzo è un bellissimo mese. L’erba è davvero verde qua in Russia. Rannicchiato sotto un albero cercavo di dormire, ignorando completamente il mio diretto superiore.
Ho detto che il mio equipaggio è composto da idioti, vero? Lui è qualcosa di più. Non credo esista un termine per definire la sua totale inettitudine.
Ultimamente è peggiorato, non credevo potesse essere possibile. Qualche giorno fa ha trovato un cucciolo di cane in una baracca abbandonata, una specie di lupo peloso che puzza come una fogna. Da quel giorno sono diventati inseparabili.
Il Generale, a seguito della strana richiesta di poter ospitare un cane all’interno di un carro, ha avuto un malore ed adesso giace in infermeria in preda a deliri febbricitanti, supplicando di essere fucilato poiché stanco di dover sopportare Faust e le sue assurde richieste.
Credo che il problema principale sia, appunto, il mio Capitano. Non lo voglio morto, per carità, solo sufficientemente ferito da poter essere esentato da qualsiasi conflitto per il resto della sua vita.
Non lo capirò mai per davvero. Ora si sta rotolando assieme al cucciolo, sembrano felici.
Quella bestia è molto più intelligente di lui. Avrà circa tre mesi e già risponde al saluto alzando la zampa ed abbaiando due volte. Maik ha provato ad insegnarli a riconoscere l’odore dei russi facendogli annusare la sua collezione di macabri trofei, ma il cane ha sempre reagito con una bavosa leccata di faccia.
Tornando al Capitano...mi sembra talmente assurdo che quell’uomo abbia ricevuto una carica così prestigiosa.
Dicono si sia distinto in alcune missioni particolarmente pericolose salvando diverse vite di soldati ma secondo me sono balle...non l’ho mai visto comportarsi da eroe o fare qualcosa di veramente intelligente.
Oltretutto è davvero convinto di essere dalla parte della ragione. Una volta gli chiesi come potesse essere così determinato. Cosa ci guadagnasse nell’infondere quella pietosa carica di energia in missioni talmente ridicole da essere vergognose.
“Weisz, lo vede l’orizzonte?”
“Si, Signor Capitano.”
“Un giorno sarà tutto nostro”
“Non ha risposto alla mia domanda”
Mi sorrise, sistemandosi il cappello.
“Sei troppo giovane per capire “Non credo sia questo il punto. Sono quasi sicuro che non lo sappia nemmeno lui. Stava sicuramente bluffando.
Forse è semplicemente un inguaribile ottimista. Ha sempre fatto il suo pessimo lavoro, guardando il lato positivo di ogni dannato casino che combinava.
Mi vergognavo ad ammetterlo ma, in fondo, lo ammiravo.

 

 
 

Mi sentivo stranamente osservato.
Tom Weisz, il mio sottoposto, stava fingendo di dormire per spiarmi.
Con il cappello che casca sopra i suoi occhi, studiava ogni mio movimento.
Credo volesse prendere il mio posto. Anzi, ne ero sicuro, anche se non aveva la benché minima possibilità.
Avevo con me il mio nuovo fedele compagno, nonché recluta canina.
Approfittando della convalescenza del Generale e di qualche scambio di favori, sono riuscito ad ottenere da un bravo soldato una piastrina di legno con sopra inciso il suo nome, ovvero: “Konig Friedrich I von Russland, leggendario campione di caccia al mugico della steppa*”
Fiete* per gli amici.
Questa creatura si era dimostrata molto più intelligente di tutti i miei sottoposti messi assieme. Oltre al saluto gli avevo insegnato tante altre mansioni, come portare le razioni e gli alcolici. Per lui ho cucito personalmente una specie di casacca con tasche ricavata da un cappotto sgualcito. Poteva contenere fino a due fiaschette di Vodka così, quando ne avevo voglia, mi bastava fischiare per far arrivare Fiete con il suo carico alcolico.
Da adulto avremmo potuto sicuramente raddoppiare il carico.
A riposo, però, Fiete era privo di qualsiasi cappotto identificativo. Correndo spensierato tra la terra battuta e le tende di fortuna, era solito a cercare attenzioni e compagni di gioco tra i commilitoni. In molti si porgevano a lui con un sorriso, chinandosi anche solo per una carezza.
Sono sicuro che la bestiola avesse portato una ventata d’aria fresca all’interno della divisione.
Non avrei mai creduto, ad esempio, che il cagnolino avrebbe fatto comparire un sorriso sul volto di Maik.  Tranne quando riusciva ad uccidere un russo, lui non sorrideva mai.
Bah. Io, a sua differenza, non ero un tipo violento.
Si, avevo già diverse persone sulla coscienza ma, in altre circostanze, ne avrei fatto volentieri a meno.
Se fosse per me il mondo dovrebbe essere votato alla pace ed all’amore. Possibilmente nei miei confronti.
Poteva essere peggio...anzi, vent’anni fa era molto peggio.
Avevo uno zio, un certo Bastian, che morì sul fronte orientale durante la Grande Guerra.
...In realtà avevo ben due zii con il suo stesso nome.
 Mio nonno aveva la memoria corta, così, per ricordarsi dei suoi figli dava loro gli stessi nomi. Mio padre si chiamava Sebastian quindi, ad essere sincero, non sapevo se il mio nome derivasse dal fratello defunto o dalla scissione di sé stesso in versione ridotta.
...Cosa stavo dicendo? Ah, sì, del cane. Aveva reso felici un sacco di persone, me compreso. La vita nel profondo est era terribile.
L’altra notte, mentre dormivamo come sassi, i russi attaccarono a sorpresa.
Io e Fiete riposavamo tranquilli, erano circa le tre, un orario in cui generalmente anche i russi riposano.
Quando venne lanciato l’allarme oramai era troppo tardi e l’Organo di Stalin già suonava il suo canto straziante.
Misi il cane in una tasca interna e scappai velocemente dalla tenda, imbracciando a due mani la mitraglietta.
Il nostro rifugio era malamente nascosto, un’accozzaglia di tende in una spianata nevosa circondata da pini, non esattamente un luogo desiderabile e sicuro per alloggiare.
L’unica cosa che potevo fare era raggiungere gli altri uomini, appoggiarmi ad un tronco di albero e tentare di ammazzare qualsiasi russo che si fosse palesato alla mia vista.
Non potrei descrivere la scena con esattezza, perché mentalmente io non c’ero. Ero ovunque, ma non lì. Quando una granata fischiò alle mie spalle, immediatamente la mia mente si colmò di ovatta e, per quanto mi sia difficile ammetterlo, dovetti stringere i denti e lottare spasmodicamente ancora una volta per la mia vita mentre il mio piccolo amico peloso guaiva e urinava terrorizzato nella mia giacca.
Riuscimmo a respingerli, ma non fu affatto facile.
Quando i nemici finalmente si ritirarono, davanti a noi si palesò la macelleria che avevamo causato.
Un miscuglio di corpi tedeschi e russi da seppellire e le nostre tende, i nostri spiccioli averi, distrutti dalle bombe.
Maik impazzì. Così tanti nemici abbattuti per lui rappresentavano una gioia incommensurabile. Accuratamente ispezionò più corpi possibili, ritagliando scalpi e depredando i cadaveri fin quando due uomini particolarmente grossi non si decisero a trascinarlo via e metterlo a tappeto con due pugni ben assestati.
Tom era rimasto abbastanza scosso dall’accaduto. Non lo avrebbe mai ammesso di essere un tipo sensibile.
La guerra segna nel profondo, è inevitabile. Era rimasto sdraiato sotto un albero per il resto della giornata, contemplando i timidi bucaneve sorti nella terra nuda e scoperta.
“Guardi, Capitano. Sta tornando la primavera. Potevo essere morto in questo preciso istante. Nessuno più mi avrebbe raccontato della magia della rinascita” mi disse, lasciando che una coccinella camminasse tra le sue dita. Non c’è niente di più tragico che morire in primavera. Non crede, Herr?Tutto fiorisce e qualcuno perisce. È talmente romantico da essere raccapricciante. La nostra tomba sarà la terra, il nostro drappo saranno i fiori. E nessuno potrà piangere sui nostri corpi, se non questa dannata distesa di salici. Guardali, sono così tristi, con le loro corone cascanti-” ***
Ovviamente ignorai le sue turbe psicologiche. Prima dovevo recuperare Martin e Klaus.
Non so cosa abbiano fatto durante l’attacco, ma ho come la sensazione che si fossero allontanati e, per loro fortuna, nessuno si accorse della loro assenza. Sono spassosi. Uno è una specie di gigante fifone, l’altro è la sua copia bassa e tozza. Questo posto non appartiene sicuramente a gente come loro. Mi chiedo se tra le lamiere del carro si sentissero più sicuri. Non posso difenderli in eterno.
Ricomparvero misteriosamente alle prime luci dell’alba.
Erano scossi ma, fortunatamente, non erano feriti.
Fiete corse immediatamente da loro, dandogli una parvenza di serenità.
Leccò loro le mani e li salutò alzando la zampa.
Quando li richiamai il cagnolino mi saltò in braccio, scodinzolando come un matto.
Aveva avuto paura anche lui ma, fortunatamente, eravamo tutti illesi.
Smaltimmo l’ansia con il gioco. Una breve lotta al russo ed il tedesco dove io, finalmente, potevo impersonare il ruolo che preferivo, dato che Fiete non avrebbe mai obiettato.
I miei sottoposti, forse gelosi, si riunirono in cerchio per lanciarmi occhiate colme di disprezzo, come se lasciarsi andare in un attimo di stupida follia fosse una cosa deplorevole.
Non è importante. Sono loro ad essere nel torto.
 





Note finali:
*  "Fiete" è un diminutivo di Friedrich, molto usato nella Germania del sud.
** Citazione Fantozziana. Ivan il terribile trentaduesimo...Il Muggico, in ogni caso, è un contadino russo.
*** Il dialogo sarà stato decisamente più lungo. Se fossero state lodi al capitano il discorso sarebbe stato riportato interamente, ma la storia è trattata quasi interamente dal punto di vista di Bastian Faust. Dopo venti parole avrà abbandonato il suo sottoposto ai suoi discorsi deprimenti per andare a specchiarsi in una pozzanghera.

 

   
 
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