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Autore: cucciola967    20/10/2016    0 recensioni
Attenzione: episodio contenente spoiler ep. 30
Ho deciso di iniziare questa Fic partendo dall'episodio 30, ma facendo si che la storia prenda una piega diversa dalla trama originale. Come finirà, quindi, questo drammatico evento? Non vi resta che scoprirlo.
Tratto dal testo:
Se qualcuno le avesse detto che si sarebbe innamorata persa di lui quando ancora non lo conosceva appieno, non ci avrebbe mai creduto. Non le era mai parso una cattiva persona; eppure quel suo modo così forbito di esprimersi e il carattere così pacato e composto, spesso le davano sui nervi. All'inizio non ne colse il motivo, ma successivamente comprese che, con quel suo modo di fare, non le dava la possibilità di intuire quanto tenesse a lei e di conseguenza si sentiva continuamente privata della terra sotto i piedi, non sapendo mai come reagire.
Ogni tanto invece, era proprio quell'atteggiamento che la salvava. Con le sue mani forti e decise riusciva a infonderle calore e donarle il coraggio che le mancava. Pensandoci, lei era esattamente l’opposto di lui: talmente fragile e insicura da poter crollare tanto facilmente quanto facilmente può cadere un castello di carte con un soffio di vento.
Genere: Drammatico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Lysandro, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                      Destino Maledetto

Capitolo 1: Non mollare, lotterò per te

 

La tiepida luce del mattino si faceva timidamente strada tra le tapparelle socchiuse della minuscola stanza. I muri, spogli di qualsiasi tintura, assumevano le sfumature dei raggi del sole, concedendo un po’ di colore a quello che sembrava un piccolo spazio al di fuori del mondo. Un unico suono si diffondeva nella sala, dato dal monitor cardiaco. Nessun altro rumore nell’aria; che, nonostante ciò, risultava carica della tensione e frustrazione di chi, nei giorni passati, aveva varcato la porta d’entrata. Un lettino stazionava accanto alla finestra  e una figura maschile giaceva supina sopra di esso. La testa era quasi totalmente fasciata da bende imperlate di sangue, poche le ciocche di capelli visibili. I tratti facciali appena intravedibili sotto la maschera respiratoria  suggerivano un volto giovane, pulito e delicato. L’eccentrica chioma bianca tendente al verde in prossimità delle punte, sposava perfettamente la carnagione color miele del ragazzo. Molte persone gli facevano visita, magari dopo la scuola o il lavoro, ma nessuno si fermava a lungo, tranne una fanciulla che stava ore ed ore a parlargli, o anche semplicemente a guardarlo, persa in un mare di pensieri e domande alla quale, la maggior parte delle volte, non sapeva dare risposta.

Persino in quel momento era lì, seduta immobile su una sedia in prossimità del letto, a pregare di poter vedere il suo amato aprire gli occhi e guardarla intensamente ancora una volta. Da molto tempo si era resa conto di ciò che provava per lui, ma aveva sempre preferito tenersi tutto dentro. Era sicura che, comunque l’avrebbe presa, non si sarebbero allontanati: non era il tipo di persona da indietreggiare di fronte a situazioni del genere. Eppure la sua indole fragile e indecisa l’aveva portata a reprimere quel suo sentimento così forte. E ogni volta che lo osservava ridere, scrivere, o anche semplicemente mentre cercava quel suo piccolo taccuino che perdeva in ogni luogo possibile ed immaginabile, si limitava ad ammirarlo. Si ricordò di quella volta che, dopo che Lysandro si dimenticò per l’ennesima volta dove fosse il block notes, gli regalò un piccolo portachiavi che aveva la funzione di ritrovare gli oggetti in caso di smarrimento. Lui sorrise, ma quando fu il momento di usarlo, in leggero imbarazzo le confessò di aver perso pure quello.  Gli rivolse uno sguardo dolce e si avvicinò ulteriormente al ragazzo . La mano calda gli sfiorò la guancia, desiderosa di esprimere quanto amasse tutte le stranezze che rendevano Lysandro unico.  Come ad esempio l’eterocromia che caratterizzava i suoi occhi, capaci di farla sciogliere con un solo sguardo. Su questo rifletté molto e capì che, se qualcuno le avesse detto che si sarebbe innamorata persa di lui quando ancora non lo conosceva appieno, non ci avrebbe mai creduto. Non le era mai parso una cattiva persona; eppure quel suo modo così forbito di esprimersi e il carattere così pacato e composto, spesso le davano sui nervi. All’inizio non ne colse il motivo, ma successivamente comprese che, con quel suo modo di fare, non le dava la possibilità di intuire quanto tenesse a lei e di conseguenza si sentiva continuamente privata della terra sotto i piedi, non sapendo mai come reagire.
Ogni tanto invece, era proprio quell’atteggiamento che la salvava. Con le sue mani forti e decise riusciva a infonderle calore e donarle il coraggio che le mancava. Pensandoci, lei era esattamente l’opposto di lui: talmente fragile e insicura da poter crollare tanto facilmente quanto facilmente può cadere  un castello di carte con un soffio di vento.  
Aveva sempre odiato quella parte di sé: sapeva di avere costantemente bisogno di certezze per andare avanti e, anche se poi riusciva a trovarle, le costava molta fatica dover convivere con questo lato del suo carattere.
Prese un lungo respiro e sorrise malinconicamente. Poi  iniziò a parlare:
 “Sai, mi manchi molto. So che sei una persona forte e ti riprenderai, ma sono sempre stata abituata ad averti accanto quando mi sentivo triste. Sempre sicura che con quel tuo modo di fare, mi avresti dato la forza che ad una ragazza debole e stupida come me è sempre mancata. E adesso che devi combattere la tua battaglia, mi sento più fragile del solito, perché una parte di me sta lottando con te.”
 
La voce si incrinò subito dopo quelle ultime parole. Sentiva gli occhi pizzicarle e la vista appannarsi sempre di più. Ogni giorno finiva col piangere su quella sedia, anche se dopo lo sfogo prometteva a se stessa di non farlo più. Perché sentiva dal profondo del cuore che l’unica cosa che poteva davvero aiutare Lysandro era essere forte, proprio come lo era sempre stato lui e lo continuava ad essere anche in quel triste frangente.
Lacrime amare le bagnarono le guance, cadendole poi sulle gambe minute e rigidamente composte.
“Svegliati presto amore mio; io ho ancora troppo bisogno di te.”
Non riusciva più a sopportare quel dolore atroce che le chiudeva lo stomaco e le lacerava le membra. Prese un taccuino dalla borsa, e lo strinse forte a sé: era il taccuino di Lysandro.
L’unica cosa a cui poteva ancora aggrapparsi quando era talmente debole da non riuscire neanche ad avere la forza di piangere o urlare. La cosa più personale, che rappresentava l’ultimo barlume di speranza per lei nei momenti bui e tristi che doveva affrontare da sola.
Non lo aveva mai aperto dal giorno dell’incidente;  era troppo spaventata per leggerlo. Era sicura che se lo avesse anche solo sfogliato, i sensi di colpa l’avrebbero distrutta più di quanto già non facessero. Ogni giorno si tormentava pensando a come sarebbe andata diversamente se, in un atto di egoismo, avesse detto al giovane di non seguire Nina fuori dal liceo. Una parte di lei era al corrente del fatto che Lysandro era una persona troppo buona per non andare a scusarsi e che l’avrebbe seguita lo stesso, ma colpevolizzarsi era l’unica scusa che trovava per spiegare come il destino abbia potuto riservare un futuro del genere ad un ragazzo così fantastico. Non riusciva più neanche a dormire la notte, perché ogni volta che ci provava riviveva quel momento drammatico. Era così stufa che, nonostante il cuscino allettante e le palpebre pesanti, non voleva più addormentarsi. Guardò l’orologio e a malincuore si alzò. Aveva indugiato oltre il tempo prefissato dai suoi genitori e non poteva permettersi di farli arrabbiare: stava troppo male per riuscire ad assorbire con passività la lavata di capo che gli avrebbero fatto se avesse ritardato ancora il rientro a casa. Molte volte si erano mostrati dispiaciuti per quello che era successo a Lysandro, ma credevano che non le facesse bene stare tutto il giorno chiusa in una stanza d’ospedale.
“Non mollare” sussurrò e se ne andò.
Il giorno dopo percorse il corridoio che la separava dal ragazzo con il quaderno stretto al petto.  Non aveva quasi chiuso occhio quella settimana ed era allo stremo delle forze. Sentiva di doverlo fare per lui: non poteva mancare a quell’appuntamento giornaliero. Quando varcò la soglia della porta, rivolse il suo sguardo più dolce al ragazzo e quasi cacciò un urlo dallo spavento: aveva gli occhi aperti. Le sue bellissime iridi eterocrome erano puntate in quelli grandi e vuoti di lei. Lasciò cadere il taccuino per terra e, presa da un profondo sollievo, si accasciò sul pavimento. Sorrise: finalmente ce l’aveva fatta.
Finalmente aveva vinto la sua battaglia.

   
 
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