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Autore: Hell Storm    20/10/2016    7 recensioni
Da bambina papà mi diceva che dove c'era la luce, c'era la vita, la speranza ... e il pericolo. Solo nel 2077 mi fu ben chiaro il vero significato di quelle parole, quando le bombe caddero e il mondo bruciò. Io e altri miei commilitoni ci salvammo nascondendoci fra le mura della nostra base, ma quando uscimmo alla luce, il nostro mondo non c'era più. Rimasti soli e a guardia di uno dei più grandi tesori prebellici della storia, decidemmo di fondare il primo insediamento della Zona Contaminata. Un faro di speranza in un oceano di morte e buio che avrebbe attirato altri superstiti in cerca di aiuto e di conseguenza anche intere legioni di mostri nati dalle radiazioni e predoni senza scrupoli.
Io sono il sorvegliante Rocket Earp. Noi siamo i fondatori di Beacon City. La Zona Contaminata è il nostro mondo. E questa ... è la nostra storia.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Fallout

I Primi Fondatori

 

Quando il mondo venne avvolto dalle fiamme,

loro furono i primi a risorgere.

 

Tutto ebbe inizio quel giorno. Quel fatidico giorno in cui tutto il mondo bruciò. Con la riconquista di Anchorage in Alaska, l'esercito americano puntò all'annientamento della Cina. Grazie al progresso tecnologico dei nostri armamenti, il nemico venne portato quasi al collasso. Ma il governo cinese non avrebbe mai accettato la resa incondizionata. Avrebbero utilizzato qualsiasi risorsa piuttosto che arrendersi. I nostri soldati erano riusciti a distruggere la maggior parte delle unità cinesi e alla fine, vedendo la sconfitta imminente, le alte sfere comuniste usarono la loro ultima risorsa. Il loro intero arsenale nucleare.

Erano le sei e quarantacinque quando il nemico dette il via alla procedura di armamento dei silos, solo che noi, ancora non lo sapevamo.

 

Genesi

La fine del vecchio mondo.

 

 

23/10/2077 D.C.

 

Stati Uniti d’America/Commonwealth delle pianure

Oklahoma/Contea di Cimarron/Boise City

Ore 7:30

 

36°43’47.00”N 102°30’47.58”O

 

Venni svegliata da un suono acuto, continuo e fastidioso. La mia sveglia wakemaster stava suonando e io, Rocket Earp, Red per gli amici, intuii che era ora di tirarsi su dal letto, nonostante fossi ancora un po’ intontita dalla festa della sera precedente. Ero uscita con il punteggio migliore dall'esame per le selezioni della Vault-Tec Industries, guadagnandomi il titolo di “Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec di Boise”. Il mio compito era gestire la sicurezza dei bunker sotto alla mia città e assicurarmi che tutto quello che entrava e usciva venisse registrato. In pratica ero una sorvegliante con un titolo lungo e una grossa responsabilità.

Dopo una bella doccia e un spazzolata ai denti per ripulirmi la bocca dalle bevute della festa, potei finalmente indossare la mia nuovissima tuta vault e cosa più importante, il mio primo Pip-Boy 3000. Un processore di dati personali da polso con svariati optional, come la radio, la serratura biometrica antiscasso, il lettore di olonastri, il contatore geiger, la torcia incorporata, il mio inventario, lo scanner delle funzioni vitali e tanto altro. Tutto dentro questo fantastico computer da polso, che una volta equipaggiato si sarebbe tolto solo per mano mia o con l'aiuto di un tecnico. La sua creazione era stata resa possibile dalla RobCo, un’azienda miliardaria specializzata in vari settori tecnologici. Dagli elettrodomestici nelle case di tutti, fino ai razzi che esploravano l’ignoto dell’universo.

Per essere pronta alla grande giornata che mi attendeva, decisi di fare una colazione abbondante. Quello che mi ci voleva era un bella mela e mezza confezione di Sugar Bombs immerse nel latte. Per una Nuka-Cola mi sembrava troppo presto.

Finita la colazione, misi i piatti nel lavello e indossai gli stivali per andare al lavoro. Cavolo, quanto avrei voluto avere un Mister Handy. Avrebbe fatto tutte le faccende di casa al posto mio, cucinato i pasti, lavato i piatti e preparato il caffè la mattina. Magari con il nuovo stipendio ne avrei potuto comprarne uno. Tutti quei comfort a portata di mano e ancora persone come me non potevano permettersele. Negli ultimi tempi l’economia aveva favorito più l’esercito che i cittadini.

Uscendo dalla porta, venni baciata dal sole. L’aria della notte d’autunno si faceva sentire, ma i raggi solari riuscirono a riscaldarmi. D'altronde eravamo in una zona con un clima desertico.

L’alba illuminava tutta la zona. Da casa mia si poteva vedere gran parte di Boise. Vidi il tetto dell’ufficio governativo della contea e il campanile della chiesa.

E in orario perfetto, con la sua Corvega e alla radio Right Behind You Baby, giunse il mio caro amico Nick Rodriguez, soprannominatosi MechaNick, il super meccanico.

-Sveglia sveglina Red.-

-Sono già sveglia Nick.- Gli risposi irritata dai postumi. -Piuttosto, hai già smaltito la sbronza, vero? Non vorrei andarmi a schiantare il primo giorno di lavoro.-

Nick era un tipo simpatico, ma l'idea di un incidente il primo giorno di lavoro non mi attirava.

Dopo essere partiti, raggiungemmo Amelia Collins e Tony Adams, entrambi sottotenenti. Entrambi soldati dell'esercito. Reduci dalla campagna in Cina, avevano affrontato l’inferno degli sbarchi, per poi finire nel bel mezzo delle catene montuose infestate di bunker nemici. Nonostante le avversità, riuscirono a sopravvivere abbastanza da vedere la fine del loro turno ed essere assegnati alla nostra base. Una bella coppia. Secondo me e Nick, tra di loro c'era qualcosa.

Il viaggio per la base fu tranquillo e rilassante. Lungo la strada vidi le case, i parchi, gli edifici principali di Boise. Era come se la nostra città volesse darci il buon giorno. Ci fu solo un leggero scossone quando Nick, nel tentativo di aprirsi una Nuka-Cherry, quasi non ci fece finire fori strada. Non era la prima volta che accadeva.

La base, si trovava a due miglia e mezzo del centro della città, verso nord. Con la macchina di Nick, raggiungemmo Fort Boise in cinque minuti. Era bastato dirigersi verso l’ufficio governativo e svoltare verso la US-287 a nord. Un altro vantaggio del nostro lavoro era la scarsa distanza dalla base e le nostre case.

Arrivati al posto di blocco del Gate1, trovammo Gordon Harris, uno degli MP di guardia al forte. Con lui c'era anche un altro soldato in un'armatura atomica T-51. Un esoscheletro da battaglia che utilizzando l'energia dell'atomo, dava a chi la usava un'elevata forza e una protezione maggiore dalle radiazioni e dai proiettili. L'etichetta diceva: Caporale A. Cooper. Ma il nome non mi diceva niente.

Erano in compagnia di una sentinella robotica. Un robottone con due mitragliatrici a canne rotanti per braccia. Ottima copertura, pessima compagnia.

Mostrati i nostri documenti, ci venne dato il via libera ed entrammo nel forte. Dentro le mura, lo scenario era totalmente diverso da fuori. Soldati, armi, veicoli militari ed edifici in cemento armato a prova di bomba. Lo Zio Sam aveva scelto Boise per la sua posizione strategica. Non perché fosse sulla cima di una collina o su dei giacimenti minerari, ma perché era ne bel mezzo del nulla. Un posto perfetto, per nascondere qualcosa. Ma cosa a parte cibo e munizioni?

Parcheggiata la macchina, ci dirigemmo alle nostre rispettive postazioni. Amelia e Tony si incamminarono verso l’armeria, Nick all'officina e io alla caserma. Prima di cominciare la mia nuova carriera, dovevo fare rapporto al colonnello Baker, comandante di Fort Boise e l'unico ufficiale autorizzato ad attivare tutte le funzioni del mio Pip-Boy e a fornirmi le autorizzazioni necessarie per accedere ai vari sistemi della base. Ovviamente, solo quelli per la quale ero stata autorizzata ad accedere.

La caserma era il centro operativo della base. L’edificio si ergeva ad est del bunker. A separare le due strutture c’era l’ampia piazza d’armi dove la bandiera a stelle e strisce sventolava ogni giorno.

Erano le otto in punto e l’edificio era già affollato, principalmente da operatori dell’esercito e addetti agli uffici. Venni fatta accomodare nella sala d’attesa, appena fuori dall’ufficio di Baker.

Dopo dieci minuti d’attesa, Miss Rodriguez, la simpatica segretaria settantenne del Colonnello e mamma di Nick Rodriguez, mi informò che il colonnello era pronto a ricevermi.

L’ufficio di Baker era quello che ci si poteva aspettare da un uomo che si era fatto mezzo secolo con un fucile d’assalto tra le mani. Scrivania di legno con citofono, terminale personale, tappeto arabo, divano per gli ospiti con tanto di tavolino da salotto, frigo bar privato, armadio blindato, appartamenti personali affiancati all’ufficio e due bandiere appese alla parte dietro la poltrona. Una era quella dell’Oklahoma, l’altra quella degli Stati Uniti. Quest’ultima era vecchia e segnata dal tempo.

Il maggiore Roland Baker, alias il Mastino di Anchorage, si era guadagnato i gradi sparando e schivando pallottole sui vari campi di battaglia. Reduce dalla battaglia di Anchorage, era stato sotto il comando del generale Constantine Chase. Si distinse nel riconquistare una fabbrica di carri armati cinesi Chimera e per aver recuperato tre delle valigette che i comunisti avevano nascosto nelle strutture belliche e minerari di Anchorage. Non affronto il generale Jingwei in persona, ma dimostrò ancora una volta il suo valore e venne premiato con la promozione a colonnello e l’assegnazione alla base di Boise.

-Lei è a conoscenza di ciò che sta succedendo la fuori, sorvegliante Earp?- Mi chiese leggendo un documento.

-Si riferisce alla possibilità di una guerra atomica?-

Baker alzò lo sguardo dalle scartoffie sulla sua scrivania. Sembrava quasi sorpreso.

-Quindi lei, non lo nega, sa che la fine potrebbe essere imminente.-

-Non capisco signore.-

-Vede, ad oggi, ci sono due tipi di persone. Quelle che fanno finta che tutto sia tranquillo e calmo. Civili principalmente. E quelle che invece si stanno preparando in tutti i modi possibili all’apocalisse. Questi sono invece i soldati e le menti più brillanti del nostro tempo.- Il colonnello fece una pausa per accendersi uno dei suoi sigari. -Ma lei Earp, è una civile che non fa finta di niente.-

-Sono una dipendente della Vault-Tec signore. Non posso “far finta di niente” … signore.-

Chi sa se avevo detto la cosa più logica che potessi dire?

-Mi sembra giusto.-

-Wow, meno male.- Pensai.

-Ho visto il suo curriculum, sorvegliante. Rocket Earp, nata a Boise il ventinove luglio del duemilacinquantadue da Jacob Earp e Rona Parker, figlia unica. Diplomata in Industria dell’atomo ad Oklahoma City nel duemilasessantanove, svariati lavori e stage come addetta alle riparazioni e alle attrezzature da cantiere. Uscita con il massimo punteggio dall'esame per le selezioni della Vault-Tec Industries da “Sorvegliante dei magazzini governativi e delle attrezzature Vault-Tec”.- Non c’era dubbio. Baker si era preparato.

Il colonnello digitò sul suo terminale alcune lettere, ma trovandomi dal lato opposto del monitor mi fu impossibile vedere le parole che Baker stava scrivendo. Passati cinque minuti, il colonnello si fermò e mi fissò negli occhi. Ero tesa come una corda di piano. E meno male. Se non lo fossi stata di sicuro avrei iniziato a tremare come una foglia.

-E ora Sorvegliante Earp, l'ultima domanda del test.-

-Oh stra cavolo era un test! Dovevo aspettarmelo. Ora cosa faccio?- Pensai.

-Lei cosa farebbe?-

-Come scusi?-

Lo ammetto. Me la stavo facendo addosso.

-Cosa farebbe se dovesse scegliere se salvare un suo commilitone o un civile che neppure conosce? Se fosse costretta ad eseguire la sentenza di un uomo non processato equamente? Se si trovasse in fin di vita, con i nemici prossimi a raggiungerla e l'obbiettivo della sua missione proprio davanti a lei? “Cosa farebbe”?-

Ci fu un momento di silenzio molto lungo. Quale risposta potevo dargli? Avrei dato un milione di dollari per il parere di qualcun altro. Ma ripensandoci era meglio di no. Baker non voleva una risposta specifica, o quella di un pensatore. Voleva la mia riposta. E io gliela diedi.

-Farei la cosa giusta, signore!-

Seguì un altro momento di silenzio, ma ancora più lungo. Poi il colonnello sorrise e mi fece un piccolo applauso.

-Complimenti Earp, complimenti. Ha superato il test a pieni voti.-

Per poco non svenni quando sentii quelle parole. Un po’ per la tensione che lentamente stava diminuendo e un po’ per la mia vittoria.

-“La cosa giusta”, sorvegliante Earp, è sempre la cosa migliore da fare, in qualsiasi momento, in qualsiasi situazione è, e sempre sarà, la cosa migliore da fare.-

Io annui nel modo più eloquente possibile. Non avevo alcuna intenzione di fare la figura della ragazzina arrogante e menefreghista. -Si signore. Vedrò di non dimenticarmelo.-

-Ora però, vediamo di aggiornare il suo Pip-Boy e di metterla al lavoro-.

Finito il colloquio, il colonnello mi lasciò andare con tutte le autorizzazioni e gli aggiornamenti. Mi diede perfino l’upgrade per le animazioni. Di norma quello ce l’avevano i modelli di Pip-Boy più sviluppati.

Terminate colonnello mi strinse la mano e mi accompagnò alla porta.

-Ehm, Signore.- Dissi prima di aprire la porta.

-Si sorvegliante Earp?-

-Mi chiami pure Red, signore. Sempre che per lei non sia un problema?-

-Non è il massimo della professionalità, ma se questo la aiuterà sul posto di lavoro, allora Red sia.-

Uscita dalla porta, rimasi a fissare la maniglia come imbambolata. Avevo affrontato il Mastino di Anchorage in persona e ne ero uscita indenne.

-SIII!- Urlai in preda ad un attacco di pura euforia.

Sfortunatamente la sala d'attesa non era vuota. La mamma di Nick era rimasta alla scrivania per tutto il colloquio. Quando sentì il mio urlo di vittoria non poté fare a meno di ridere. Non potevo biasimarla. Il vero problema erano i due soldati, che nel frattempo, si erano accomodati nella stanza. Loro non risero, non per il fatto che erano privi del senso dell'umorismo, ma perché la mia figuraccia era del tutto fuori luogo.

-Eh eh … scusate.-

 

 

Arrivai al mio nuovo ufficio alle otto e cinquanta. Si trovava all’interno dell’enorme cupola di cemento armato al centro della base. Nome in codice P2. Quasi tutti però preferivano chiamarlo bunker e basta. La porta, conosciuta come il Blocco, si trovava a sud dell’enorme cupola di cemento rinforzato e si affacciava sulla piazza d’armi della base. Era grande come le porte di un hangar, ma non si divideva in due, ne si apriva lateralmente. Era un unico lastrone, creato con una speciale lega metallica. Spessa due metri e mezzo, alta nove e larga più o meno tredici. Per aprirla servivano ben quattro motori a fusione, che tramite un sistema di catene, contrappesi e pulegge, la sollevavano verticalmente come una ghigliottina. Questa però avrebbe schiacciato un uomo, invece che decapitarlo. Per fortuna i freni di emergenza erano sempre pronti a fermare il Blocco in caso di caduta incontrollata.

Davanti al Blocco la strada non era in cemento, ma in acciaio. Li era stata installata la Botola. La Botola era composta da due portelli stagni scorrevoli fatti dello stesso materiale del Blocco, solo più piccoli. Il suo scopo era di proteggere la tromba di un secondo montacarichi, che a sua volta veniva usato per far entrare e uscire i carichi meno ingombranti e pesanti dai sotterranei del bunker.

Il mio ufficio era una postazione di guardia. Costruita dentro il cemento della cupola. Le pareti interne erano in acciaio e il pavimento coperto con una moquette verde scuro. La vetrata antiproiettile era spessa trenta centimetri e grande abbastanza da farmi vedere il resto della base. Dal soffitto si accedeva alla camera dei contrappesi. Altro mio compito era il controllo del sistema di sollevamento del Blocco.

Avevo la mia scrivania , un telefono e il mio terminale personale. La sua funzione era attivare la porta e farmi accedere ai sistemi secondari del bunker. Per i sistemi principali e più importanti però, avrei dovuto accedere al server della struttura, a cinquecento metri di di profondità. E il bello è che quella non era la stanza più in profondità.

Dal nulla udii qualcuno bussare alla porta e voltandomi vidi Nick alla finestra. Con lui il pilota Isaac Lee e il sergente Bud Hunt. Su Isaac non c'era molto da dire. Era uno dei piloti più abili dell’aviazione, ma a causa della sua sconsiderata avventatezza, e per aver quasi fatto schiantare mezzo milione di dollari al suolo, fu trasferito alla nostra base come riserva.

Bud era un nativo americano. Nacque e crebbe in una riserva sotto la guida dei suoi genitori e arrivato alla maggiore età ottenne una borsa di studio per la Princeton University, in New Jersey. Si laureò con centodieci in Ingegneria Avanzata, facendosi poi notare dai reclutatori dell’esercito. Nonostante le svariate opportunità che gli studi gli avevano offerto, si arruolò volontario nelle forze speciali e uscì primo dal corso per ufficiali. Finalmente un’ufficiale abbastanza intelligente da non scambiare una cassa di celle a microfusione con una latrina da campo.

Ma gli scontri a fuco e i cadaveri dei suoi compagni, non fecero altro che martoriare il suo spirito. La sua ultima missione, fu la goccia che fece traboccare il vaso. A causa di un errore di logistica, lui e la sua squadra sbarcarono nel bel mezzo di una spiaggia minata e sorvegliata da un intero reggimento di truppe rosse. Degli otto uomini spediti in quell'inferno, solo tre tornarono.

Bud non la prese tanto bene. Una volta scoperta l'identità dell'ufficiale colpevole di quel disastro, decise di vendicarsi. Nello stesso istante in cui la polizia militare stava portando l'ufficiale alla camionetta per il carcere, Bud si scaglio contro il prigioniero e gli tirò il calcio più potente della sua vita. In circostanze normali non sarebbe stato un problema, ma il fatto che un tenente dell'esercito utilizzasse un'armatura atomica per fracassare il bacino di un maggiore e costringerlo su una sedia a rotelle a vita, non poteva essere tollerato. Bud andò sotto corte marziale, con l'accusa di tentato omicidio e lesioni aggravate. Le accuse erano molto gravi, ma visto il servizio reso alla nazione e la natura del suo gesto, fu semplicemente degradato a sergente e trasferito a Fort Boise.

Hunt era una buona persona e noi ce ne accorgemmo subito. In pochi giorni divenne anche lui nostro amico.

-Ehi Red! Alla mensa c’è una cosa che devi assolutamente vedere.- Mi informò il meccanico.

-Sto lavorando Nick. Anzi stiamo lavorando.-

-Si ma secondo il regolamento la domenica possiamo scegliere noi quando fare le nostre pause.-

-Lo so. Ma iniziare la prima giornata di lavoro con una pausa non è il massimo.-

-Pensaci tu uomo volante.- Disse Nick rivolgendosi ad Isaac.

-Mi hanno incaricato di portare ad Amarillo delle attrezzature con uno dei nostri aerei. Secondo il protocollo devi autorizzare il prelievo e scortare la merce fino alla pista di decollo. Al ritorno potreste fermarvi tranquillamente alla mensa per cinque minuti.-

Isaac non scherzava. Aveva davvero una bolla di carico. La merce in questione era un carico di armature di sicurezza da vault. Questo abbigliamento antisommossa era stato creato esclusivamente per gli agenti di sicurezza nei vault. Non si leggeva nulla sulla loro destinazione finale, ma se il governo o la Vault-Tec avevano autorizzato il trasporto, all'ora un motivo c'era.

Inserii i codici nel terminale e come da programma, sul monitor comparvero i dettagli precisi delle attrezzature che erano state richieste.

Ci vollero ventisette minuti prima che le casse arrivassero in superficie per mezzo del montacarichi secondario.

-Vada per la pausa. Ma solo cinque minuti.- Dissi quando la botola si aprì.

D'altronde sull’agenda del terminale non vi erano altri trasferimenti fino alle undici. Ciò significava che comunque avrei passato il resto della mattinata a non fare niente comunque.

-Red, chi è che sposta le attrezzature nel bunker?- Mi domandò Isaac prendendo una cassa dal montacarichi.

-Le casse come queste vengono prelevate dal magazzino principale da robot, mentre le attrezzature più costose e i mezzi vengono spostati sotto stretta sorveglianza dai magazzinieri del bunker.-

-Quindi la sotto ci sono anche delle persone?-

-Si, ma non so quanti. Le informazioni sul personale e il resto sono segrete.-

Caricate le casse su un camion ci dirigemmo alla pista di decollo. Originariamente era stata costruita come una pista per aerei civili, poco più lunga di mille metri. Ma con la militarizzazione della città e l’arrivo dei fondi governativi, anche l’aeroporto venne ampliato. Ora poteva far decollare dei bombardieri strategici e accoglierne sei nei suoi hangar. Quel giorno però, la base ne era priva.

L’aereo di Isaac era un mono elica alimentato con dei nuclei di fusione. Gli stessi usati per le armature atomiche, le armi ad energia pesanti e altrettante tecnologie. Pur non essendo armato o blindato, veniva utilizzato dall’esercito per i piccoli trasporti o per il pattugliamento.

Caricate le casse nella stiva, salutammo Isaac e lo lasciammo partire per Amarillo. Risalendo sul camion lo rivedemmo passarci sulla testa a soli venti metri da terra. Bisognava proprio ammettere che quel pilota aveva un vero e proprio spirito ribelle. Un giorno ci avrebbe ammazzato tutti con la sua avventatezza.

La mensa della base era un semplice edificio collocato vicino alla caserma e ai dormitori. I piatti venivano cucinati da dei cuochi dell'esercito e il servizio ai tavoli veniva svolto da una decina di Mister Handy. Quest’ultimi erano controllati da George. Il Mister Handy dotato di un'intelligenza artificiale più avanzata e quindi più affidabile nel gestire i suoi colleghi robotici.

Quando arrivammo, George era come sempre dietro al bancone, dove chi voleva un drink fuori pasto, poteva spendere qualche soldo extra e farsi quattro chiacchiere con il barista. Li con George, c'erano già Tony e Amelia. I due stavano sorseggiando un paio di caffè, ma la loro presenza era una strana coincidenza. Possibile che ad eccezione di Isaac tutti i miei amici fossero li.

-No! Ma guarda chi ci ha preceduto. Casualmente Tony e Amy ci hanno anche tenuto tre posti al bancone del bar.-

-Ok. Come mai questa inaspettata e casuale riunione fuori luogo?- Dissi stando al loro gioco.

-Inaspettata? Casuale? Riunione?- Mi chiese Nick con insistenza. -Se non ti conoscessi Red, direi che stai sospettando qualcosa.-

Fu allora che George tirò fuori dal bancone una torta con una candelina. George la posò sul tavolo con la sua pinza e con il bruciatore del suo terzo braccio accese la candelina. I miei amici iniziarono a cantarmi tanti auguri. Io arrossii subito. Sia per la canzoncina, sia che per tutti gli altri soldati. Che nel frattempo si erano messi a ridere.

Finita la canzone spensi la candelina e ricevetti anche un applauso.

-Per festeggiare la tua promozione, abbiamo pensato di farti una sorpresa.- Mi spiegò Bud.

-Scusate, ma la festa a base di alcol di ieri sera.-

La festa per la promozione l’avevamo fatta la sera precedente, non pensavo che me ne avrebbero fatta un’altra.

-Si ma eravamo troppo sbronzi per ricordarci della trota e dei regali.-

Tony mise vicino alla torta due pacchetti regalo, uno sottile e largo e il secondo un cilindro lungo all’incirca dieci centimetri.

-Dato che era un’occasione speciale avevamo pensato di farti due regali.-

Le parole di Nick mi fecero commuovere.

-Oh ma non dovevate.-

I miei compagni si guardarono l’un l’altro trattenendo a stento le risate. Loro non me lo avevano ancora detto, ma le birre e il whisky della sera precedente erano finiti sul mio conto.

A rompere il momento di imbarazzo fu Amelia.

-Ehm … si certo. Guarda cosa ti abbiamo preso.-

Sciogliendo il ficco del pacco fatto con una busta, trovai uno degli ultimi numeri di RobCo Fun con l’olonastro di Zeta Invaders. Uno dei videogiochi più divertenti dell’anno.

-Wow! Zeta Invaders con custodia non aperta e in perfette condizioni. Credevo fossero tutti esauriti.-

-Solo il meglio per il nostro nuovo Sorvegliante.- Affermò Tony.

I secondo regalo conteneva un cilindro in alluminio. Al suo interno trovai una action figure del Vault Boy. Questo era in piedi su un piedistallo marchiato Vault-Tec e con una faccia sorridente faceva il segno del pollice all’insù. Gli avevano fatto anche la testa dondolante.

-Guarda cosa c'è sotto.- Disse Tony facendomi segno di girare la statuetta.

Sotto al piedistallo era stato inciso: Alla migliore Sorvegliane della Vault-Tec.

Quest'ultima mi fece quasi piangere. Per me quello era stato il regalo più sincero e generoso che avessi mai ricevuto.

-Grazie amici.- Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

La situazione si stava trasformando in uno di quei momenti drammatici e sdolcinati tipici delle soap opere. Era il momento di intervenire.

-George un giro di Nuka-Cole per me i miei amiconi.-

-In arrivo.-

-No dai Rocket è la tua festa.-

-Stai scherzando Bud? Io non rifiuto mai una Nuka-Cola.- Intervenne Nick

Anche se gli altri cercarono di far capire al meccanico il motivo di quel rifiuto con degli sguardi molto eloquenti, il dado ormai era tratto.

-A noi e alla nostra amicizia, che possa durare mille anni e oltre.- Dissi alzando il bicchiere.

Segui una delle bevute più dissetanti delle nostre vite. Escludendo quella di Nick. Lui ne faceva una simile ogni tre ore. Come minimo.

Guardai l'orologio per essere sicura che non si stesse facendo troppo tardi. Avevamo iniziato la pausa alle nove e trentadue. Quindi potevo rilassarmi ancora qualche minuto.

Nell'angolo della parete sopra al bancone c'era una mensola con un televisore. Stavano trasmettendo il notiziario del mattino in quel momento.

-… promettendo una rapida bonifica della zona dalle sacche di resistenza rosse. Continuano invece gli scontri tra gli scioperanti e le forze dell’ordine nella Virginia Occidentale. Secondo i manifestanti il programma di automatizzazione starebbe mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro nello stato.-

-Hey Ami. I tuoi come se la passano?- Chiesi ad Amelia.

-Non bene. La settimana scorsa degli stronzi gli hanno interrogati perché ritenuti simpatizzanti comunisti. Solo per aver protestato contro l’inquinamento della Grafton Steel.-

-Bell’affare. Prima i robot al posto dei lavoratori. E ora questo.- Commentò Bud.

Stavo per esprime anch’io il mio disprezzo verso le multinazionali e i ricconi capitalisti che da anni stavano dissanguando l’Appalachia per i loro soli interessi, quando d’improvviso sullo schermo partì il test di prova con l’indiano, il suono acuto e la scritta: PLEASE STAND BY.

-Un’altra volta.- Dissi riferendomi alla qualità del televisore. -Quand’è che lo cambieranno?-

-Ci penso io.- Affermò Nick estraendo dalla tasca un cacciavite e accingendosi a salire su una sedia.

Ma il ruggito di una jeep in piena corsa appena fuori della mensa blocco tutti. Di norma non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma oltre alla jeep notammo diversi soldati correre nel piazzale della base.

Incuriositi uscimmo dalla porta della mensa. Era più che evidente che stesse succedendo qualcosa.

-Muovetevi maledizione! MUOVETEVI!!!- Urlò un soldato.

-Ehi Smith, che succede?- Chiese Bud al soldato.

-È successo! Siamo sotto attacco nucleare!-

E un istante dopo udimmo l’allarme della base. Le trombe del giudizio stavano annunciando la caduta del genere umano.

-A tutte le unità, questa non è un esercitazione. Ripeto, questa non è un’esercitazione.- La voce di Baker risuonò in tutta la base, accompagnata dal continuo suono delle sirene. -Avvistati bombardieri strategici cinesi lungo la West Coast e missili intercontinentali sul Pacifico. Il NORAD conferma imminente bombardamento nucleare. Tutti devono recarsi alle rispettive postazioni. Ripeto, questa non è un’esercitazione!-

-ALLE POSTAZIONI!!!- L’urlo di battaglia di Bud fu così forte da sovrastare le sirene.

Tony, Bud e Amelia si diressero al muro ovest. Nella remota eventualità di un attacco da terra, i soldati come loro dovevano fornire copertura per gli addetti alle antiaeree e ai punti chiave del forte.

-Dobbiamo muoverci anche noi Rocket!-

Nick aveva ragione. Io e lui eravamo parte dello staff e come tali, avevamo anche noi i nostri compiti.

-Prendiamo una moto allora!-

Nel parcheggio della mensa erano stati parcheggiati diversi mezzi dell’esercito. Tra questi c’era una moto. Molto veloce e maneggevole. Ed essendo proprietà dello Zio Sam, io e Nick potemmo prenderla tranquillamente. Salimmo sul mezzo e partimmo sgommando come degli indemoniati.

La moto sfrecciava lungo le vie della base. Avevamo fatto bene a prenderla. Tutti i soldati si erano messi a correre come formiche sotto attacco. Con un mezzo più ingombrante ci avremmo messo più tempo e avremmo ostacolato anche i nostri compagni.

Svoltato l'ultimo angolo e schivato l'ennesimo ostacolo, intravidi l'officina di Nick.

-Questa è la tua fermata, ora rallento e ti faccio scendere.-

-No, non rallentare. Mantieni la velocità, io salto dalla moto.-

-Sei impazzito?! Ti farai solo male!-

-Non ti preoccupare. Tu devi raggiungere il bunker il più in fretta possibile.-

-D'accordo eroe. Tu però ricordati di rotolare.-

Sapevo che era un'idiozia, ma era anche vero che dovevo raggiungere la mia postazione il più in fretta possibile.

Arrivati nei pressi dell'officina, Nick si mise in posizione per saltare. La moto continuava a correre e il mio amico sembrava essere deciso a saltare.

-Pronto? … Salta!-

-MechaNick alla riscossa!!!-

Nick salto giù dalla moto. Avrei dovuto informarlo anche sul fatto di mettersi in posizione fetale. Infatti il suo atterraggio non fu morbido. Nick atterrò di pancia, finendo col rotolare diverse volte sul cemento.

Allontanandomi con la moto guardai nello specchietto retrovisore. Nick si era fermato, ma era ancora a terra. Stavo temendo il peggio, quando invece vidi il suo braccio alzarsi e farmi un saluto.

In un’altra situazione mi sarei fermata e avrei soccorso il mio amico. Ma le sirene continuavano ad annunciare l’arrivo delle bombe.

Ora che sulla moto c’ero solo io, andavo ancora più veloce di prima. Raggiunsi il bunker dopo qualche altro minuto. Davanti all’entrata si era messa di guardia un’intera squadra di sicurezza, composta da cinque soldati e un paio di assaultron.

Tirai il freno e feci fermare la moto vicino al mio ufficio. Uno dei soldati di guardia al Blocco, mi si avvicinò facendomi il saluto.

-Sottotenente Rivera. Sono a capo della squadra di supporto per lei e l'entrata del P2.-

-Sono il sorvegliante Earp, devo controllare il computer del mio ufficio e assicurarmi che il bunker non sia esposto a rischi esterni.-

Entrata nel mio ufficio accesi il terminale e controllai subito che non mi fossero arrivati ordini in mia assenza. Per fortuna nessuno mi aveva cercato. Il passo successivo fu avviare la scansione della sicurezza. Il computer esaminò l'integrità della struttura e lo stato dei vari settori.

Era tutto come l'avevo lasciato, nessuna intrusione, nessuna infiltrazione. C'era solo un aumento considerevole dell'utilizzo della rete telefonica. Probabilmente anche il personale sotto terra stava cercando di informarsi sulla situazione.

Ebbi un sobbalzo quando il telefono iniziò a suonare.

-Sorvegliante Earp.-

-Earp. Ehm … volevo dire Red!- All'altro capo del telefono c'era il colonnello Baker.

-Signore?-

-Abbiamo ricevuto la conferma che alcune delle nostre città sono già state nuclearizzate. Ci sono anche le strutture militari come la nostra nella lista delle perdite attuali. La nostra unica speranza è il Dr. Spectrum. Sta salendo con il montacarichi del Blocco. A breve arriverà in superficie.-

-Il Dr. Spectrum?- Chiesi per confermare.

-Si Spectrum. So che può sembrare strano, ma è l'unica speranza che ci rimane. Quando arriverà lo scorti al centro del forte e segua le sue istruzioni. Capito?-

-Si signore!-

Non sapevo nulla su questo Spectrum. Ma se Baker aveva bisogno di questo tipo, glielo avrei portato.

-Oh Dio!- Urlò una soldatessa in strada.

La squadra di Rivera stava guardando il cielo come se questo ci stesse cadendo addosso. Temendo il peggio mi affacciai alla finestra. Nel cielo azzurro era comparsa una scia di fumo grigio. Uscendo dall'ufficio intravidi a capo della scia un missile. Era molto grosso ed emetteva un rombo simile a quello di un … beh di un razzo intercontinentale.

-Tranquilli è uno dei nostri.- Affermò Rivera. -A giudicare dall'inclinazione sarà decollato in qualche posto a nordest. Il Pentagono avrà deciso di contrattaccare.-

Rivera guardava con un binocolo il missile che si stava allontanando verso ovest. Verso la Cina.

Mentre noi eravamo distratti da quell'inquietante spettacolo, il Blocco iniziò ad alzarsi lentamente, sovrastando il suono del razzo e delle sirene. Dall'enorme porta uscì un mezzo cingolato con una cabina di guida e un rimorchio grande il doppio. Niente armi. Solo un rimorchio blindato.

La portiera sinistra del cingolato si aprì e sentimmo una voce.

-Sorvegliante Rocket Earp sali a bordo! Ho bisogno del tuo aiuto!-

La voce sembrava quella di un uomo anziano.

-Chi c’è la dentro?- Chiesi.

-Sono Spectrum per la miseria! Vuole cortesemente salire a bordo?-

Se quello era davvero Spectrum, avevamo iniziato col piede sbagliato. Mi avvicinai alla portiera che si era aperta ed entrai nel mezzo. La portiera si richiuse da sola e mi accorsi che nel blindato c’ero solo io.

-Ehi … Dr. Spectrum?-

-Sono dentro al cruscotto.-

Guardai davanti a me. L’abitacolo si illuminava di azzurro ogni volta che si sentiva quella voce. Non ci stavo capendo più niente. Ne sul blindato e neppure su Spectrum.

-Può dirmi dove si trova esattamente? E magari anche cosa devo fare?-

Il cingolato parti da solo. Le luci azzurre dentro la cabina di guida si affievolirono e vennero sostituite dalle normali luci dei comandi. Sentii un lieve ronzio alle mie spalle e voltandomi trovai un eyebot volteggiare dietro al mio poggia testa.

Gli eyebot robot sferici fluttuanti, delle dimensioni di casco da astronauta, armati con una piccola arma laser ed ideati per il pattugliamento o il supporto sul campo. Questo però aveva subito diversi miglioramenti.

-Così va meglio?- Mi chiese. -Io sono il Dr. Spectrum.-

-Cioè è lei che sta usando un terminale per comandare l’eyebot o lei è l’eyebot?-

Data la situazione volevo dei chiarimenti riguardo al robot.

-Ne una, ne l’altra.-

-Wow, questo si che chiarisce tutto.- Pensai.

-Sarei più che lieto di rimanere qui a parlarle di fisica quantistica, ma se vogliamo che Fort Boise e tutti gli organismi all’interno delle sue mura superino le prossime centoventi ore, all’ora dobbiamo agire in fretta.-

-Facciamo entrare tutti nel bunker?-

-In teoria funzionerebbe, ma far entrare così tante persone nel P2 richiederebbe troppo tempo e la nube radioattiva ci raggiungerebbe prima di aver messo al sicuro anche solo la metà della popolazione.-

-Un momento, quale nube radioattiva?- Chiesi sperando di aver capito male.

-Oklahoma City è stata colpita da due bombe nella zona nordovest. Sembrerebbe che la prima abbia rilasciato una grande quantità di radiazioni e la seconda abbia colpito un punto tra la città e l’ammasso radioattivo. Deve essersi trattato di un errore logistico del nemico. Solo che adesso, quella nube che probabilmente doveva uccidere la popolazione della nostra capitale, si sta dirigendo a nordovest. Cioè verso di noi.-

L’idea di essere colpiti da una tempesta di radiazioni mi fece rabbrividire. Ora però, la mia priorità era quella di aiutare Spectrum nella sua impresa di salvare le nostre vite.

-Bene … wow … cavolo … tanto per sapere, ma come facciamo a fermare una cosa simile?-

Ero terrorizzata anche solo a chiederlo, ma saperlo mi avrebbe aiutato.

-Non possiamo fermarla. Possiamo solo passarci sotto.-

-Come?-

-Il rimorchio che stiamo trainando contiene il prototipo di una delle mie più grandi invenzioni. Il RAD-SHIELD.-

Guardai l’eyebot un po’ confusa. -Come funziona?-

-Emette vari tipi di campi protettivi e come una grande cupola ci proteggerà dalla tempesta e da tutto ciò che contiene.-

-Anche una bomba?- Chiesi speranzosa.

-No. La barriera di risonanza fotonica può fermare soltanto oggetti con una massa inferiore ai due metri cubi. Ci vorrebbe più energia per potenziare una barriera già così grande. Quindi prega che l’intelligence rossa non abbia ritenuto Boise City bersaglio primario.-

Il blindato continuava ad avanzare verso il Gate1. I soldati che prima correvano in giro come formiche, ora si erano dileguati nelle loro postazioni. Le strade erano praticamente deserte e il nostro mezzo poteva muoversi liberamente.

Nell’area del Gate1 a sud della cupola ci stava aspettando un plotone di soldati capitanati da Baker e armati fino ai denti.

-Perché qui? Non andava bene alla piazza d’armi?-

-Roland possiede l’unica chiave di attivazione.-

-Non può attivarlo lei?- Chiesi confusa.

-È … complicato.-

Complicato o meno quel robot mi stava nascondeva qualcosa.

Parcheggiato il mezzo scendemmo e ci dirigemmo dal colonnello. Baker stava parlando con Ethan Butler, lo sceriffo di Boise.

-Quanti civili sono stati portati nel forte?-

Il vecchio era l'unico tranquillo. Quindi o era certo di ciò che stavamo facendo, o aveva un buon autocontrollo.

-Il mio vice sta facendo entrare le due ultime famiglie. Non dovrebbe mancare nessun altro.-

Lo sceriffo al contrario non sembrava molto a suo agio.

-E il sindaco?-

-Oggi è domenica colonnello. Il sindaco e circa nove residenti sono fuori città. Per il week-end credo.-

La radio di Baker iniziò a gracchiare. La frequenza era quella della base. Quelle d'emergenza e civili dovevano essere già piene di interferenze o sovraffollate dalle chiamate di soccorso.

-Qui Baker, che succede?-

-Signore, sono Isaac Lee, sono tornando indietro appena ho ricevuto il segnale d'allarme. Ora sono vicino alla base.-

Dal tono della voce Isaac sembrava terrorizzato.

-Magnifico. Ora però cerca di arrivare alla pista e atterrare. Capito?-

-Signore. So che potrà sembrare assurdo, ma c'è un'enorme muro all'orizzonte. A est. E credo che si stia avvicinando a noi.-

Tutti si guardarono l'un l'altro increduli. Tutti tranne il colonnello che teneva in mano la sua radio e ponderava sulla situazione.

-È più veloce di quanto avessi calcolato.- Affermò Spectrum.

Spectrum stava fluttuando vicino alla mia testa. Ogni volta che parlava le luci blu collocate nel suo involucro metallico si illuminavano.

-Red, da una mano a Doc.- Mi ordinò il colonnello passandomi la chiave. -Attivate il RAD-SHIELD.-

Seguii l'eyebot alla parte posteriore del rimorchio. Il robot emise dei suoni elettronici e la copertura del rimorchio si apri in due, come un coleottero che spiegava le ali.

Il RAD-SHIELD era composto da un elaborato generatore a fusione e un’antenna satellitare con tre aste metalliche al posto della semisfera. Le tre stecche rivolte all’insù puntavano tutte ad un prisma posto sulla cima dell’asta centrale.

-Sorvegliante Earp, inserisca la chiave nella serratura. Dopo, quando le darò il segnale, tiri la leva.- Mi spiegò Spectrum fluttuando vicino ad una leva sul lato sinistro della macchina.

Dopo avermi vista inserire la chiave di attivazione, l’eyebot andò a posizionarsi davanti al terminale di comando della macchina, ricominciando ad emettere i soliti suoni elettronici. A differenza dei Mister Handy e degli assaultron gli eyebot non possedevano alcun tipo i arto. Quindi come poteva guidare un mezzo o attivare un qualsiasi congegno? Onde radio? Possibile.

-Signore, a ore dodici!- Disse un soldato al colonnello.

Stava indicando qualcosa all'orizzonte. Non si capiva bene cosa fosse. Era come una linea sottile di nero con sfumature chiare che stava sorgendo come il sole. E come il sole quella piccola linea si stava lentamente allargando. Anzi, guardandola più attentamente, ci accorgemmo che la linea si stava velocemente avvicinando a noi.

-Cos'è quella?-

-Ma si sta espandendo?-

-No si sta avvicinando! Cosa sta succedendo?-

I soldati stavano iniziando ad andare nel panico. Era difficile restare calmi davanti ad un simile cataclisma.

-Una fottuta tempesta radioattiva.- Affermò Baker con disprezzo.

-Come ha detto signore?- Domandò uno dei soldati.

-Un regalino a base di raggi gamma, venti a centosettanta chilometri orari, gas tossici e temperature che sfiorano i mille gradi!-

Baker era sul punto di esplodere dalla rabbia. Un'oscura forza si stava per abbattere su di noi, e l'unica cosa che potevamo fare era rifugiarci sotto uno scudo. Lasciando però milioni di persone al loro triste destino.

-Spectrum più veloce!-

-Sto facendo più in fretta che posso Roland. La macchina ha bisogno di essere calibrata per centrare la base!- Affermò Spectrum nervosamente.

La nube si vedeva ormai benissimo. Nera, enorme e inarrestabile. Fu preceduta da un leggero venticello, fresco e quasi piacevole. Poi iniziammo ad udire dei tuoni. Il contatore geiger del mio Pip-Boy si era attivato dal nulla. Non eravamo stati investiti dalla tempesta, che già i suoi artigli si stavano avvinghiavano a noi.

-Ora o mai più Doc!-

-Ci sono Roland, ci sono, ci sono, CI SONO!-

Le tre aste e il prisma verso cui erano rivolte si illuminarono della stessa luce azzurra del Dr Spectrum. Solo più abbagliante. E la leva che l’eyebot mi aveva indicato prese a tremare.

-ORA EARP, TIRI LA LEVA!-

La leva era dura, ma con un piccolo sforzo riuscii ad abbassarla. Di colpo la luce svanì, e un istante dopo, un fasciò di luce azzurra generata dal prisma della macchina si elevò in cielo. Ad occhio e croce, raggiunse i cinquecento metri in poco tempo. Il raggio andò a creare una vera cupola di energia che copri tutta la base. Sud a nord e da est ad ovest. Il forte era al sicuro. O così almeno speravamo.

E appena in tempo. La nube ci colpì in pieno e il sole nel cielo scomparve. Tutto divenne buio. Il pulviscolo radioattivo era così intenso che a tratti sembrava notte fonda. I lampioni si erano pure attivati. Il vento sferzò furibondo e il suolo venne colpito più volte dai fulmini della tempesta andatasi a creare dopo il passaggio della nube. Uno spettacolo infernale.

-I civili sono tutti dentro Butler?- Chiese il colonnello allo sceriffo.

-Si colonnello, siamo riusciti a farli entrare tutti.-

La scarsa luminosità non mi permise di vedere bene la faccia di Butler, ma avrei quasi giurato che si fosse messo a piangere. Con o senza la stella di latta sul petto, nessuno lo avrebbe biasimato per questo. Il mondo era appena andato in fiamme, e solo Dio sapeva quante persone erano bruciate con esso.

-Ma ... ay mayd ... qui Isa ... , mi ricevete? Passo!-

La tempesta causava continue interferenze, ma non ci volle un genio per capire chi fosse all'altro capo.

-Quello è Isaac!- Affermò Nick.

Voltandomi lo vidi avvicinarsi con Amelia, Tony e Bud nella sua armatura atomica T-60. Nick però non sembrava in gran forma. Aveva delle contusioni su tutto il corpo e la sua tuta da meccanico in alcuni punti era strappata. Il salto dalla moto non era stato un successo.

-Qui colonnello Baker. Lee, riesci a raggiungere la cupola azzurra? Passo.-

-Signo ... edo la base e la cupola ... roppa turbolenza. Non riesco a tenere ... stabile.-

Isaac sembrava spaventato. E come biasimarlo. Stava volando in un vero incubo.

-Red, il tuo Pip-Boy non ha una radio?- Mi chiese Bud.

Il radioricevitore installato nel mio Pip-Boy poteva trovare quasi tutti i segnali nell’etere. Girando la manopola più grossa del congegno selezionai la radio. Sullo schermo verde luminoso comparvero i nomi dei trasmettitori captati dal Pip-Boy durante la mattinata. Alcuni come Oklahoma News e Happy Road, due delle stazioni radio più ascoltate del paese, erano in verde scuro. Ciò indicava che il ricevitore aveva perso il loro segnale. Normalmente la causa sarebbe stata una zona d’ombra o un guasto. Ma in quelle circostanze, la causa della perdita del segnale era più che evidente.

Gli unici segnali che riuscii a trovare furono quello della base e quello di Isaac. Debole e pieno di interferenze.

-Sono v … alla base. Mi manca davvero poc … fa caldo!-

-Dite che ce la farà?- Domandò Nick.

-… schermata …-

-Ripeti soldato.- Ordinò Baker.

-La strumentazione de … ereo non è schermata!-

Un altro fattore che nessuno aveva preso in considerazione erano le onde elettromagnetiche. Le esplosioni nucleari causavano sempre delle tempeste di elettroni ad alta energia. Questi non uccidevano la materia organica, ma friggevano i circuiti delle apparecchiature elettroniche più delicate e non schermate.

-Il motore si è … precipitando!-

Io e gli altri ci sentivamo distrutti e impotenti. Non sapevamo ne cosa fare, ne cosa dire. Non sapevamo neppure a cosa pensare.

-Ci sono ... turbolenze. Non riesco a tenerlo dritto!-

-No!-

Nick fu l'unico a dire qualcosa.

-Sto per ... care terra! Sto per … rra!-

-Forza Lee, fa vedere di che pasta sei fatto.- Lo incitò Tony.

-Sono troppo veloce! … ce la faccio!

L’ultima cosa che riuscimmo a sentire, furono altre interferenze. E poi più nulla. L’aereo di Isaac si era schiantato.

Rimasi a guardare lo schermo del Pip-Boy. Il nome della frequenza di Isaac era diventato scuro, unendosi a tutti quelli delle altre frequenze ormai morte e senza vita.

Nel piazzale c’era chi piangeva, chi pregava e chi come me era rimasto muto ed immerso nel dolore. Rimasi in quello stato catatonico per diversi minuti prima di essere risvegliata da una flebile luce tra la folla. Una fiamma. Baker si era appena acceso uno dei suoi sigari. Non era ne terrorizzato, ne scioccato.

Ebbe una piccola discussione con un paio di soldati. Anche loro non sembravano molto sconvolti dai recenti avvenimenti. I due lo salutarono e si diressero verso la caserma. Baker fece un ultimo tiro col sigaro, alzò la testa e si guardò intorno. Stava cercando qualcuno. Capii che si trattava di me quando mi si avvicinò.

- Red, il bunker è al sicuro?-

-Si signore. La struttura è operativa e in sicurezza.-

Il colonnello guardò oltre me e i miei compagni, verso il RAD-SHIELD. La macchina continuava ad emanare il fascio di luce azzurra e costante verso il cielo.

-Ottimo lavoro. Dopo per sicurezza dovremo spostarlo nella piazza. Ora però non possiamo abbassare la guardia. Tutti i civili devono essere portati nel P2, almeno fino a quando la tempesta non si sarà fermata. In superficie l'asceremo non più di dieci squadre a monitorare la situazione.-

-Signore.- Intervenne Bud dentro l’armatura. -Non per mettere in discussione le sue scelte, ma dieci squadre non sono sufficienti per sorvegliare il forte.-

Il ragionamento di Bud non era sbagliato. Una cinquantina di uomini sarebbe riuscita a malapena a mantenere operativo il forte. Figuriamoci difenderlo da un attacco.

-Non si preoccupi sergente Hunt. La fuori non c’è più nessuno in grado di attaccarci. Sempre che un missile non ci stia per cadere sulla testa, al momento siamo relativamente al sicuro.- Ci spiegò Baker. -Voglio tenere in superficie solo gli uomini necessari per tenere in piedi la baracca e monitorare il RAD-SHIELD. Almeno fino alla fine della tempesta.-

-Sarà meglio che torni al P2 signore. Devo aprire le porte per far entrare le persone.-

-Giusto Red. Noi iniziamo a raggruppare i civili e gli scortiamo al bunker.-

Stavo per incamminarmi, quando udii una risata. Una risata soffocata e triste. Voltandomi vidi che era il colonnello a ridere in quel modo triste. Triste come i cuori di tutti noi in quel momento.

-Signore?- Gli chiesi temendo che i nervi gli fossero ceduti di colpo.

-Ah no tranquilli, tranquilli. Stavo solo pensando, che noi lo sapevamo.-

-Che cosa sapevate ... signore?- Gli domando Tony.

Io, Nick, Tony, Bud, Amelia e qualche altro soldato li vicino, non avremmo mai più dimenticato la risposta del colonnello.

-La guerra … la guerra non cambia mai.-

   
 
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