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Autore: cool_stuff    21/10/2016    0 recensioni
[Monsta X]
[Monsta X]"Per tre mesi dopo la comparsa dei soldati, i sette ragazzi si erano organizzati formando “il Clan”; avevano imparato a conoscersi meglio e a fidarsi gli uni degli altri.
Avevano voglia di vivere, di ricominciare, insieme."
-Tratto dal primo capitolo-
[Quando ho provato a dare un senso al video di All In che mi è piaciuto da impazzire...
Aggiornerò ogni venerdì per mantenere una certa continuità (?) BUONA LETTURA e fatemi sapere cosa ne pensate~]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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DELPHINIUM

Jooheon aveva vissuto per tutta la sua vita nella più completa semplicità. I genitori erano i proprietari di una piccola pescheria e di un’ altrettanto piccola barchetta che avevano soprannominato “Linda”. Era figlio unico e al contrario dei suoi amichetti che da piccoli desideravano con tutto il cuore un compagno di giochi, conservava la felicità di avere l’amore della sua famiglia tutto per se. Jooheon non era mai stato il tipico “figlio modello”, piuttosto iperattivo e ribelle, ma con una forte attenzione su ciò che per lui era giusto o sbagliato e sulle ingiustizie. Con l’adolescenza aveva sviluppato una forte insofferenza verso gli obblighi e le costrizioni a cui era soggetto per colpa della scuola o dei genitori; la sua più grande ambizione era quello di essere libero da tutto e tutti. Eppure pochi anni dopo, alla vigilia del suo ventiduesimo compleanno, dopo l’arrivo dei Militari Neri, cambiò del tutto. La sua famiglia decise di scappare prendendo il largo per cercare la salvezza sulle sponde di altre Nazioni che non fosse la loro, oramai anch’essa caduta. Jooheon ricordava ancora perfettamente le lacrime versate di sua madre, il padre intento a raccogliere quanto più cibo ed acqua possibile in degli scatoloni per poi caricarli sulla loro Linda. Dopo la difficile ma decisa decisione di non partire con loro, di non salire su quella barca, il cuore e la mente del ragazzo furono presto affollati da domande e sensazioni contrastanti.
“Perché scappare?”
“Non avrebbero dovuto farlo.”
“Sarei dovuto partire con loro.”
“Non mi arrenderò mai.”
“Mi mancano.”
“Posso farcela da solo”
Fu così che giorno dopo giorno, Jooheon imparò a dedicare anima e corpo per trovare una soluzione a quelle oppressioni, cercando di combattere come i suoi genitori non avevano avuto il coraggio di fare. 
In rosso.

Si narrava che i fiori di Delphinium, simboleggianti la leggerezza, la pace, il divertimento e la grandezza di cuore, erano stati coltivati sul perimetro della cittadella da colui che ne fu il primo abitante e conquistatore, con l’unico scopo di proteggerla. La legenda affermava che quei piccoli fiorellini viola e blu avessero inoltre un potere curativo su chiunque li ingerisse. 
Jooheon fu il primo a testarne le proprietà. 
Dopo aver compreso l’importanza di quei fiori all’interno della guerra che si sarebbe presto scatenata, decise di costruire una piccola serra nel sotterraneo della baracca dei suoi genitori, sapendo che oramai nessuno ci avrebbe messo più piede. 

-Shownu, volevi vedermi?-
L’interpellato, appoggiatosi qualche minuto prima al muretto sotto casa sua, alzò velocemente lo sguardo verso la voce che aveva appena pronunciato il suo nome e di cui aspettava tanto l’arrivo. 
Jooheon indossava degli scarponi neri sotto ad un pantalone militare, una maglietta nera attillata e la sua coppola a quadri blu preferita poggiata sul capo.
-Amico, adoro quella maglia bianca che hai, poi me la presti eh!- disse sorridendo salutando l’altro con una pacca amichevole sul braccio.
-Non sono sicuro ti andrebbe, Joo. Prova a crescere un altro po’ e poi vedremo-, il rosso fece una smorfia infastidita per poi tornare a sorridere subito dopo.
-A parte gli scherzi, al telefono la tua voce sembrava preoccupata. Stai bene? E’ successo qualcosa?-
Shownu tirò fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni sospirando pesantemente mentre, con la mano destra, giocherellava con la tasca nera dei pantaloncini. Come al solito da qualche mese, il vento non osava ancora soffiare, Dio quanto avrebbe voluto che gli scompigliasse i capelli, come da bambino quando giocava con la bicicletta assieme a suo padre. Ora era solamente tutto molto statico e deprimente.
-Papà sta sempre peggio. L’unica cosa che muove liberamente è la mano sinistra. Tutto il resto è paralizzato.-
Jooheon rimase in silenzio per qualche secondo, avendo notato la tristezza e l’abbandono nella voce del suo amico, poi rispose guardandolo negli occhi e scuotendo leggermente il capo.
-La malattia si era estesa già da troppo tempo quando ci siamo conosciuti… I fiori non hanno avuto effetto, mi dis-
-Non è colpa tua. Lo so, i fiori hanno effetto sulle malattie solo quando si trovano ai primi stadi, non potevi fare nulla per lui.-
Fece una piccola pausa e poi continuò: -Ti ho chiamato per un'altra questione.-
-Lo sai che di me ti puoi fidare- lo incalzò Jooheon.
-Quando ero piccolo, mio padre era già malato. Sapevamo cosa la malattia avrebbe portato in futuro quindi, prima di morire, mia madre lasciò tutti i suoi averi da donna dell’alta borghesia a me, affinché potessi procurarmi da vivere continuando però ad avere cura di papà. Per tredici anni quei soldi ci hanno sfamato, sono sempre stato attento a non sprecarli in cose inutili, me la sono cavata bene, davvero.-
Jooheon di certo non si aspettava quello sfogo. Shownu non aveva quasi mai parlato della sua famiglia prima di allora, almeno non così.
-Ma gli anni sono passati ed oramai riesco a stento a comprare da mangiare, i prezzi sono aumentati, qui cercano tutti di fare più soldi possibili per poi corrompere qualche Guardia e comprarsi dei biglietti di sola andata verso qualche altro paese, insomma… io non credo di poter andare avanti in questo modo mentre gli altri si riempiono le tasche di soldi che dovrebbero servire per tenere mio padre in vita.-
Jooheon trattenne il fiato per un secondo, vedeva nello sguardo del suo amico imbarazzo, tristezza e rabbia. Poteva percepire un animo estremamente turbato. 
-Cosa vuoi che faccia?-
Si guardarono negli occhi, profondi, occhi che avevano visto dolore, sacrifici e sofferenze, troppi per dei semplici ragazzi della loro età; poi Shownu parlò.

Wonho ed I.M erano a casa del più piccolo. Mancava qualche ora alla riunione del Clan ed essendo vicini di casa, avevano deciso di vedersi poco prima per chiacchierare del più e del meno come erano soliti fare un tempo.
-Changhyun…-
Wonho cercò di richiamare l’attenzione dell’amico che continuò però ad avere lo sguardo puntato nel nulla.
-Changhyun!-, nulla da fare.
-I.M!!- il più basso, spaventato da quell’urlo, per poco non cadde giù dal divano.
-Che c’è?!- disse strizzando gli occhi un paio di volte.
-“Changhyun!” ti ho chiamato, tipo ehm… tre volte? A che stai pensando?- rispose stufato Wonho incrociando le gambe sotto di se.
-Non porto il mio nome di battesimo da anni.-
-Prima di tutto non fare il ragazzo vissuto… “Da anni”- il biondo fece un verso seccato con la bocca –poi lo sai benissimo che adoro chiamarti in quel modo. Mi ricorda i miei ti chiamavano per dirti che era pronto a tavola quando venivi a mangiare da me.-
I.M lo guardò sott’occhio e poi sorrise, un sorriso sincero.
-Giusto, credo tu sia l’unico che mi possa chiamare con il mio vero nome anzi, mi sento molto più a mio agio così.-
Wonho afferrò un cuscino bordeaux al suo lato e lo scaraventò in faccia all’amico che prese a ridere di gusto.
-Dai andiamo- disse I.M aggiustandosi la maglia color panna tornando di punto in bianco serio dopo aver guardato l’orologio appeso alla parete azzurrina di fronte, -devo pulire le pistole prima dell’incontro di oggi.-
  
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