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Autore: Rorschach D Wolfwood    22/10/2016    1 recensioni
"Un giorno, la tua testa sarà mia!"
"Fino a quel momento, io continuerò a proteggere gli innocenti da te e dal Principe! I vostri crimini saranno puniti!"
Lo Sceriffo ridacchiò sotto i baffi "Non puoi farcela da solo"
" ...E chi ti dice che io sia da solo?"
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Robin Hood, Saetta, Sceriffo di Nottingham
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La leggenda di Sherwood

Il silenzio sovrano della foresta fu interrotto bruscamente; gli zoccoli calpestarono pesantemente il sentiero che attraversava il grande polmone verde che separava il castello del re dal vicino villaggio di Nottingham. 
Chiunque si fosse trovato nelle vicinanze, non sarebbe riuscito a capire di quanti cavalli si trattasse. Avrebbe potuto scambiarli per una mandria intera e scatenata, ma in realtà si trattava di un corpo di almeno dieci soldati, dieci lupi dai brutti musi coperti da cappucci scuri e con indosso delle divise con lo stemma reale (anche se ormai, di reale, aveva ben poco), le zampe, chiuse in guanti neri, stringevano le redini, mentre i loro stivali colpivano i fianchi delle cavalcature spronandoli ad andare più veloci. A capo di quel drappello, un lupo fisicamente più grosso degli altri, con un lungo mantello rosso scuro, come l'abito che enfatizzava la sua carica, ovvero quella di sceriffo. Lo sguardo severo e sottile, sottolineato da un maligno ghigno che metteva in mostra i denti, puntava dritto davanti a sè cercando la fine della foresta e le prime case del villaggio, pregustando ciò per cui lui e i suoi soldati si stavano preparando. 
Il resto delle guardie sghignazzava e borbottava indistintamente. Nessuno di loro pensava che qualcuno, magari nascosto in quella parte della foresta il cui silenzio non era stato infranto, potesse osservarli.

Le strade di Nottingham pullulavano dei suoi abitanti, contadini gentili e di buon cuore che si aiutavano gli uni con gli altri, legati tutti da un unico destino, accanitosi su di loro dopo la partenza del loro saggio e giusto sovrano, Re Riccardo, dal coraggio ineguagliabile. Alcuni lavoravano nei campi, raccogliendo i frutti del proprio sudore, altri camminavano in strada buttando, tristemente, gli occhi sugli avvisi di aumento di tasse da parte del loro attuale "re". Tra loro non era raro vedere un vecchio e generoso tasso, Tuck, curato della chiesa locale, aiutare i più anziani e far germogliare in loro la speranza che, un giorno, la felicità sarebbe tornata tra loro. Ai malcapitati imprigionati alla gogna portava da mangiare ogni giorno, aiutava gli invalidi nel loro lavoro ed era assistito dalgli altrettanto generosi sacrestano e sua moglie. Nei giorni di pioggia, quando l'atmosfera del villaggio era più grigia, suonava la campana, sperando che portasse conforto agli abitanti, ricordando loro che qualcuno vegliava su di loro. 
In una modesta casa, ai piedi di un grande albero, una famiglia di conigli aveva messo da parte ogni cupezza e preoccupazione: era il compleanno del più grande dei figli, Saetta. I fratellini cantavano ogni genere di canzone in suo onor, saltellandogli intorno in cerchio. La sua piccola bocca era talmente spalancata per la felicità da occupare l'intero dolce musetto bianco. Perfino Tuck, quella mattina stessa, non aveva mancato di benedirlo e fargli i propri auguri. 
Un momento di gioia destinato ad interrompersi nel peggiore dei modi, per un cucciolo: la porta venne aperta violentemente, quasi buttata a terra, e un gruppo di lupi irruppero nella casa, con le zampe pronte ad estrarre le lunghe spade legate al fianco. I coniglietti più piccoli cercarono riparo tra le braccia dei genitori, i quali, nonostante la paura, cercavano di mantenere la calma. L'ultimo a varcare la soglia della porta fu il capo di quei soldati, colui che li aveva guidati lungo il sentiero della foresta di Sherwood: lo Sceriffo di Nottingham.
Il largo mantello scuro copriva quasi tutta l'imponente figura dello Sceriffo, disegnandone perfettamente la forma rotonda e pesante, la quale non brillava certo per prestanza fisica, quanto più per grasso, accumulato dai fastosi banchetti organizzati al castello. Solo la parte sinistra rimaneva scoperta, mostrando un medaglione d'oro che pendeva dalla sua gola, una stella sul petto, simbolo della sua carica, e la spada.
"Il Principe.." Tuonò lo Sceriffo "Si è stufato di aspettare! Siete rimasti i soli a non aver ancora pagato quanto dovete al nostro signore!"
Il padre dei coniglietti si avvicinò allo sceriffo, cercando di trattenere il sudore che gli solcava il pelo, spiegando che avevano già pagato quanto dovuto, che cò che rimaneva gli serviva loro per vivere. 
Lo Sceriffo rimase a guardarlo in silenzio con un'espressione indecifrabile sul muso. Poi scoppiò in una chiassosa risata, sotto lo sguardo divertito dei suoi sottoposti. 
Uno di essi colpì il povero coniglio nel mezzo del muso facendolo cadere sul freddo pavimento in legno. Vedendo il padre, il piccolo Saetta abbandonò la madre per raggiungerlo ed aiutarlo, ma venne trattenuto dalla madre. Lo Sceriffo alzò la zampa al cielo e con un cenno ordinò ai soldati di "occuparsi" del malcapitato. Tra sghignazzi e sorrisi alla stregua del perverso, il corpo del poveretto fu circondato da cinque dei dieci lupi, e senza un attimo di esitazione iniziarono a calpestarlo e picchiarlo. Le loro risate coprirono le urla di dolore della vittima; la madre si coprì gli occhi, disperata e in lacrime. 
Saetta non riuscì più a trattenersi. Corse verso i lupi, incurante del pericolo. Voleva solo aiutare suo padre. 
Prese a pugni la zampa di un soldato, ma, ovviamente, esso non ne risentì assolutamente; il lupo lo afferrò per la gola, per poi sollevarlo in aria per mostrare a tutti cosa succedeva a chiunque avesse tentato di mettersi contro il Principe Giovanni.
"Ho il suo permesso, signore?" Chiese il soldato al suo perfido capo. Lo Sceriffo, intento a grattarsi il mento, divertito, ghignò. Il soldato sapeva che ciò equivaleva ad un "si".
La piccola gola di Saetta fu stretta sempre più. Il musetto, da bianco, divenne lentamente rosso. Le forze, come il fiato, lo abbandonavano lentamente, impedendogli di agitarsi. Nessuno, in quella povera casa, potè fare niente per i due innocenti. Se non che...
Il lupo lasciò improvvisamente la presa. Saetta cadde a terra tossendo e respirando affannosamente, ma almeno era tornato a respirare. 
Alzò lo sguardo verso il prepotente e lo vide agitarsi e digrignare i denti per il dolore provocato da una freccia che lo aveva colpito in piena spalla. 
Una freccia spuntata dal nulla.
Quel lupo, adesso, aveva addosso gli occhi spalancati di tutti i presenti, sgomenti e, allo stesso tempo, spaventati.
"Chi diavolo è stato?" Chiese infuriato lo Sceriffo voltandosi verso la porta d'ingresso.
"Io!" 
Una figura imponente e minacciosa si palesò davanti a loro, illuminata appena dalla luce del sole che filtrava alle sue spalle; solo dalla coda poterono capire che si trattava di una volpe, ma non di una volpe qualsiasi: il suo fisico asciutto e robusto era perfettamente disegnato da una calzamaglia verde, le cui ampie maniche aperte liberavano le zampe guantate che stringevano un arco e una nuova freccia pronta per essere scagliata. Sulla calzamaglia, una cappa marrone scuro dello stesso colore dei pantaloni e degli stivali, il cui cappuccio copriva l'intera testa della volpe, ma lasciava ben visibili il muso dal pelo rosso e uno sguardo fiero e combattivo, che sembrava invitare i prepotenti ad attaccarlo. 
Lo Sceriffo aveva capito chi fosse quell' "intruso": il fuorilegge più ricercato di tutta la contea, colui per il quale il Principe Giovanni offriva una lauta ricompensa, colui che si nascondeva nella foresta di Sherwood. 
"Robin Hood!"
I soldati afferrarono prontamente le spade, pronti ad avventarglisi contro, ma egli, con una velocità pari solo a quella del vento, o forse addirittura superiore, scagliò cinque frecce contro cinque di loro, che caddero a terra come alberi abbattuti. 
Sui rimanenti, si accanì con rapidità e ferocia, brandendo una spada lucente e scintillante con la quale rispondeva ed evitava ogni attacco, talmente veloce che qualsiasi spettatore avrebbe potuto pensare che i soldati stessero combattendo fra di loro. Un colpo. Un altro colpo. E un altro ancora.
Anche se non mortalmente, i corpi dei lupi assaggiarono più volte quella lama, e a nulla valsero i loro sforzi di contrastarla. La lotta ebbe breve durata: caddero tutti a terra, ai piedi dello Sceriffo. Egli si preparò al combattimento, ma trovò quella stessa lama sotto la propria gola, appena due centimetri lo separavano da una morte sicura. 
"Vattene!" Le uniche parole che il viscido tutore della legge si sentì rivolgere. Non ebbe scelta. Rinfoderò la spada e si diresse all'uscita, sotto lo sguardo dell'impavida volpe. 
"Un giorno, la tua testa sarà mia!"
"Fino a quel momento, io continuerò a proteggere gli innocenti da te e dal Principe! I vostri crimini saranno puniti!"
Lo Sceriffo ridacchiò sotto i baffi  "Non puoi farcela da solo"
" ...E chi ti dice che io sia da solo?"

Dello Sceriffo e i suoi scagnozzi non rimasero che figure ombre ormai lontane, dirette al castello. 
La volpe tirò fuori dalla calzamaglia un sacchetto e lo diede al padre del piccolo Saetta.  "Tenete" Disse "Questo denaro vi appartiene di diritto"
Il coniglio, malconcio ma salvo, prese il sacchetto, e con gli occhi gonfi di lacrime ringraziò il generoso bandito.
"Vorrei solo poter fare di più" Sussurrò Robin.
"Co-come potremo mai ringraziarvi?" 
"Fatevi coraggio" Rispose Robin con un tono caldo e rassicurante  "Vi chiedo solo questo. Resistete. Un giorno tornerà la felicità a Nottingham" Alzandosi  "Vedrete!"
Così com'era apparso, quasi magicamente dal nulla, l'eroe del popolo, i fuorilegge che rubava ai ricchi per dare ai poveri, sparì, lasciando nel cuore di quella famiglia forza, speranza e coraggio, per un sole che avrebbe presto illuminato i loro cieli oscuri. In particolare, nel cuore del piccolo Saetta crebbe un desiderio: diventare forte, fiero e generoso come Robin Hood, l'eroe della foresta di Sherwood.
   
 
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