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Autore: DonnaBart    25/10/2016    1 recensioni
E se uno sfortunato incidente si rivelasse ciò che aspetti da sempre?
La spumeggiante Magda Liquore è un'artista del pasticcio e dea del danno. Mollata dal fidanzato e licenziata in tronco, vanta un bagaglio più ricco in corna che ex.
Proprio non è un caso che il padre la consideri un talento del fallimento, per non parlare della zia stralunata e sempre allegra, che le affibbia profezie sul futuro rosee in teoria ma disastrose nella realtà.
Insomma, parrebbe che fortuna e amore non fanno rima con Magda Liquore... sino alla svolta: trasferimento in Australia per un lavoro temporaneo ed un incontro tutto testosterone e antipatia; è Nathan Green, un concentrato di erotismo e diffidenza allo stato puro.
E chissà, che la lungimirante zia ci abbia azzeccato, stavolta?
Prepara le valigie e vieni a scoprirlo!
Romance contemporaneo autoconclusivo, un pot-pourRIRE di temi attuali e idee fantasiose racchiuse in un cofanetto romantico e brillante.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'indomani sera assorbivo come una spugna ogni nozione che mi scorreva sotto gli occhi circa l'iniziativa al femminile di creare impresa, un articolo casuale ed interessante beccato sul web, prima che il mio pc avesse la brillante idea di lasciarmi con nient'altro che una schermata nera. Batteria annientata.
Inebetita, a rimirare la mia immagine allo schermo del lap top, avrei rischiato di sentirmi una moderna eroina Disney, se solo i miei capelli non fossero ridotti al crespo di Telespalla Bob, magnificati dall'allure elettrizzata alla Marge Simpson.
Acciacchi alla gamba che rendono lo styling un'utopia.
Inumidite con un fazzoletto imbevuto d'acqua, presi a sistemare le ciocche in una treccia cicciotta che fondava le sue radici sulla cima del capo, piuttosto prossime alla fronte — di modo che, quando si fossero asciugati, sarebbero apparsi di un mosso più composto e umanoide — pur sospettando che proprio con quell'acconciatura avrei perso ogni diritto umano di presentabilità.
D'altronde, data la vita sociale da Yeti che conducevo in casa Green, immaginavo che la signora Hert non si sarebbe lamentata del mio aspetto.
Le dita a placcare il lembo finale della treccia, mi ripiegai sul letto per cercare nel comodino un elastico, prima che la porta si spalancasse così energicamente da sollevare una folata, riducendo drasticamente le ore con cui avrebbero asciugato i capelli.
"Lei sì che sa entrare nel momento giusto, signora H—"
Non completai, perché il respiro si paralizzò al centro del petto allo spettacolo di Nathan Green, fermo sulla soglia della camera: perfetto abito da sartoria blu e sopracciglia aggrottate, l'espressione tendeva allo sbigottito ma sapeva di inorridito. Non ne aveva motivo, certo non poteva essere il mio braccio teso all'insù, per reggere il lembo della mia particolare acconciatura sparata verso il cielo ed il corpo in una posa del Twister, a scandalizzarlo. O forse sì.
Liberai immediatamente le mani dalla treccia, che ricadde sulla testa come uno stoccafisso, colpendomi con le punte le mie ciglia, facendomi strabuzzare gli occhi.
"Ciao!" Cincischiai sicura, per infondergli la sicurezza che qualsiasi cosa avesse visto era solo frutto della sua immaginazione.
...Solo frutto dell'immaginazione...
"C'avrà qualcosa di normale?" Mugugnò fra sé e sé, mandando all'aria ogni speranza di carriera da seguace del Divino Otelma. Ingoiando il groppo di tensione, assieme al suo elogio, recuperai ogni parvenza decorosa e ammodo. "Ho idea che il tuo malumore sia connesso al modo in cui voi australiani dormite."
"Qui si dorme come si dorme a casa tua." Si crucciò, mantenendo un espressione distaccata.
"Non sembrerebbe. Considerata la reazione terrorizzata della tua fidanzata, l'altra sera."
"Se è per quello, non direi che avesse tutti i torti."
Oh, questa mi mancava: per sommi capi, mi aveva più o meno della befana.
"Se non altro, oltre a ringhiare, hai imparato a borbottare negli ultimi giorni." Mimai una smorfia soddisfatta. "Di questo passo, imparerai ad interagire come i restanti 7.3 miliardi di persone al mondo!" Elargii un sorriso cento percento artificiale.
A dirla tutta, la sera prima avevo avuto dimostrazione che l'atteggiamento da orso era del tutto svanito in favore di pazienza e premure dinnanzi ai fremiti intimoriti di quella donna. Non riuscivo a capire il perché di tanta maretta, tra noi. Aveva mal digerito la vicenda del locale al tal punto? In fondo, un'accusa da molestatore ed un pugno costituivano solo un piccolo, accantonabile, malinteso. No...?
Se il problema era quello, avrei fatto lo sforzo di scusarmi, per garantirmi un soggiorno meno burrascoso.
"Ti ho portato una cosa."
Affermò con placido disinteresse, fattore che non impedì alla mia immaginazione di accendere una batteria di fuochi d'artificio scintillanti perché, per tutti gli ortaggi rossi del Connecticut, Nathan mi aveva portato un dono! Ergo, aveva pensato a me.
"Tieni."
Parlò, forse un tantino freddamente, ma il mio buonumore l'aveva già tramutato in miele d'api selezionatissime, porgendomi un...
Un cosa?!
Ammutolita, studiai l'oggetto come fosse materiale alieno.
"Si chiama quotidiano." Esplicò, dinnanzi alla mia perplessità. "È utilizzato per aggiornarsi su fatti di interesse mondiale quali cronaca, politica e attualità. Soprattutto, è utile per non stare con le mani in mano tutto il giorno." Concluse brusco, infilzandomi metaforicamente con mille aghi, uno più pungente dell'altro.
"Che gentile." Mi camuffai di sorriso e giovialità. "La mia apatia subirà un brutto colpo con tutto questo daffare."
Nathan non sembrò apprezzare il mio umorismo.
"Sei qui in qualità di stagista presso un'azienda, il fatto che ti sia fatta un graffietto non vuol dire che tu debba spassartela tutto il tempo. E non in casa mia." Battuti i tacchi, mi voltò le spalle, marciando verso l'uscio.
"Senti, io non me la sto spassando... ehi!"
Gli gridai dietro, perché aveva già voltato l'angolo al di fuori della porta, svanendo.
Stronzo.

~

"Cara, c'è una visita per te." Esclamò la Signora Hert dal corridoio, un mattino.
"Sorpresa."
Mi ritrovai a sorridere al volto che spuntava dalla porta.
"Ciao! Entra pure." Iniziai, sentendo le guance imporporarsi appena. Insomma, cosa ci faceva Mike, lì?
"Allora devo esserti rimasto impresso!" Si vantò, portandosi con una sedia accanto al letto.
"Già." Commentai, ridacchiando. "Non è facile dimenticarsi di un... —
"Di uno come me. Lo so, lo so. Lo dite tutte."
"In realtà, intendevo che è difficile dimenticarsi di un nome australianizzato come il tuo!"
Mike sbuffò, mostrandomi qualche istante dopo un sorriso bianco e diritto. "Come va? Non per dire, ma io avrei già prenotato la decima visita con lo strizzacervelli, chiuso qui per un mese intero."
Lo soppesai con una sbirciata rapida e assertiva. "Condivido, ma per il momento non credo di aver ancora dato grossi segni di squilibrio. Non nuovi, almeno." Commentai.
Mike mosse un lato delle labbra in su, restando silente, perché proseguissi.
Lo accontentai.
"Sì, beh, adoro stare in compagnia, ma la solitudine è sottovaluta. E poi, Lucrezia e Fabiana passano tutti giorni per un saluto, a volte si fermano a dormire qui, e la domestica è davvero simpatica."
Tutto vero, ma la mancanza degli impegni lavorativi, delle lunghe sedute di bagni rilassanti e le chiacchiere ad alto tasso di pettegolezzo con Fabiana e Lucrezia, iniziavano a farsi sentire. Impegnavo il tempo leggendo, e molto: dal gossip australiano, alle dispense di economia per acquisire la terminologia che avrei potuto sperimentare a lavoro, ma la noia certe volte mi sorprendeva in un crescendo così pedante che avevo finito per agognare perfino la sveglia alle sei per andare a lavoro, mia personale piaga d'Egitto.
"Mi hai convinto, Magda. In ogni caso, puoi aggiungere un nuovo componente alla lista delle visite." La mimica facciale di Mike era furbetta, ma potevo definirla bonaria.
"Già alle minacce?"
"Sei un bel tipo, Magda. Ho dovuto insistere un po' con le tue amiche per avere l'indirizzo di quest'alloggio... fantastico, direi." Mike roteò lo sguardo in panoramica, esaminando la mia stanza. O meglio, la stanza di casa Green. "Ma credo abbiano capito che mi piaci, e si siano arrese."
Rischiavo di arrossire, se mi fossi sfiorata le guance, le avrei sentite accaldate. A ragion veduta; Mike era un bel ragazzo: aspetto atletico, atteggiamento simpatico, di compagnia. Ebbene, perché non provavo turbamento, nemmeno l'ombra delle esagitate sensazioni provocate dal bellimbusto musone?
"Intendo conoscerti meglio, Magda Liquore, quindi passerò a salutarti, quando mi sarà possibile."
Ah, però, diretto! Mi crucciai.
"Potresti mica darmi la marca delle tue pillole del coraggio?" Tentai di eludere le terre del flirt che per me avevano lo stesso appeal di quelle di Mordor, ultimamente.
"Non mi sembri una che le manda a dire, anche se hai appena evitato una risposta. Toh."
Scuotendo la testa, afferrai la busta che mi aveva teso e che per mia gioia conteneva una colazione per due. Il mio palato ringraziava.
"Mike, accetto le tue sporadiche visite: averti amico avrà i suoi vantaggi." Esclamai briosa, tirando fuori il contenuto della busta.
"Wo, wo, wo!"
Mike scattò i palmi aperti all'aria, arrestando ogni discorso. "Mi hai appena appioppato il termine che inizia per... A?"
La fronte si stirò, dipingendomi in una smorfia confusa.
"Chiariamo: l'unico tipo di amicizia al femminile che conosco e consento, è quella con benefit, Liquore. A meno che non sia proprio quella che intendevi tu, e mi andrebbe benissimo, naturalmente."
La saliva compì un salto carpiato, prima di riuscire a seguire il suo corso lungo la gola. "No!"
"Allora avresti dovuto dirmi prima che sei fidanzata, avrei risparmiato i soldi per la colazione. O l'avrei rifilata a qualcun'altra, una disponibile."
Battei le ciglia un paio di volte, sbigottita, scegliendo la frase più evocativa per mandarlo al diavolo.
"Ehi, scherzavo!" Scoppiò a ridere. "Non sulla faccenda "fidanzata", comunque."
"Non lo sono, difatti!"
"Sei lesbica." Dedusse. "C'è almeno una vaga possibilità che tu sia bisex?"
"No e no, Mike!"
Mi era chiaro, era un giovane Casanova. Uno che si serviva di molta ironia, nel mio caso, motivo per cui mi imposi di rabbonirmi, trovandolo, tutto sommato, divertente. Di certo lo era la sua faccia, desolata e spaesata dal fatto che l'avessi respinto per una ragione diversa dalle sole che lui avrebbe ammesso per un rifiuto.
"Credo di essere immune al tuo sex appeal, Mike, tuttavia potremmo diventare amici. O qualcosa di simile. E senza alcun benefit." Specificai nuovamente.
"Perfetto, perfetto. Me ne sto andando, quindi."
Si sollevò dalla sedia, provocando le mie risa. Poi, con un ultimo occhiolino ed un sorriso accattivante, Mike Casanova andò a fare stragi di cuori... altrove.

~

"Cara, sei sicura che le tue amiche arriveranno presto? Posso attendere che arrivino." Domandò la signora Hert più tardi, quella sera.
"Vada pure, davvero. Arriveranno presto." La assicurai, mentendo nel modo più credibile che mi potesse riuscire. Di certo quello giusto, perché dopo qualche minuto, la signora Hert si dileguò.
Ero concentrata a pensare alle ultime cose da fare in giornata, e dubbiosa sul modo in cui avrei potuto svolgerle dato l'infortunio, quando un uragano sradicò la porta della stanza, portando con sé Nathan sulla sua soglia: camicia bianca immacolata, fuori dai pantaloni, parte dei bottoni ancora fuori dalle asole, le mani sui fianchi.
Uhm.
Iniziava a far caldo.
Era mica per quello che non aveva abbottonato la camicia?
"Se le tue amiche non hanno il dono dell'ubiquità, mi dovrai fornire un motivo valido per cui la signora Hert è appena andata via, a casa."
Incrociò le braccia, contraendo i muscoli vigorosi. Io stavo pensando che quel lembo di pelle lasciato scoperto aveva l'appeal della Nutella per i suoi adepti.
"Ed era convinta che non saresti rimasta sola, quando sappiamo entrambi che stasera ci sarà l'incontro con i manager obbligatorio per tutto il gruppo, eccetto te." Terminò aspro, come se fosse quasi una colpa, avanzando con le movenze di un leone non particolarmente misericordioso.
Tentai di non vedere che tremavo di ansia, consapevole di esser stata scoperta. "No, decisamente non hanno il dono dell'ubiquità..." Ripetei attonita, allo scopo di prendere tempo per sforzare gli ingranaggi del cervello a trovare una risposta adeguata. Ma, porca zucchina, perché anche da esasperato doveva essere così dannatamente sexy?! Non era d'aiuto per far funzionare i neuroni, solo gli ormoni.
Il ticchettio incessante del suo piede e la mascella indurita facevano da clessidra del tempo, innalzando la tensione, fino a farmi esplodere: "Loro... hanno il dono dell'invisibilità!" Sputai le parole in corsa, gli indici di entrambe le mani che lo puntavano, soddisfatta per aver trovato la soluzione al rebus, ma il sguardo raggelante suggeriva che non era una trovata geniale.
"Okay." Mi arresi. "È il giorno libero della signora Hert, quindi se n'è andata. Non ci trovo nulla di strano."
"Tu", Nathan sibilò furioso. "Sei fuori di testa! Avresti dovuto avvisarla! Dirle la verità, che le tue amiche non verranno!" Agitò in aria le mani.
Fosse stato un giocoliere, mi sarei data alle acrobazie. "O avresti dovuto per lo meno avvisare me, dannazione!"
No, a ripensarci, gliel'avrei scagliato contro, qualche birillo contro.
"E perché avrei dovuto avvisare te, di grazia?" La risposta volò fuori dalle mie labbra lontana, da ogni filtro logico. Poi gli risi in faccia. "Così saresti rimasto a casa per me?" Non c'era solo una sfumatura di scetticismo, ma altre mille di scherno.
Nathan non rispose, piuttosto strinse gli occhi. Sembrava genuinamente concentrato, forse a tentare di capire perché avessi accolto la sua soluzione con tanta assurdità?
News flash: a quanto dimostrato, Freccia Verde aveva un cuore. E molto generoso, per offrirsi di fare il baby sitter ad una che avrebbe preferito scivolasse nell'acido.
"È che quelle poche volte che abbiamo parlato..." non è andata granché bene. "Insomma, proprio non avrei pensato di avvisarti." Il mio timbro si fece sommesso, colpita da quella scoperta inattesa. Quando puntai i miei occhi diritti nei suoi, il suo sguardo fece da detonatore alle emozioni meno accessibili: intenso. Colpevole. Appassionato. E fissava le mie labbra, come se fossero tutto ciò che contava.
In un riflesso incondizionato le sfiorai lentamente, con i polpastrelli, ma quel gesto fu l'antidoto all'incantesimo: Nathan sgranò gli occhi, colpito in flagranza di reato, e scostò immediatamente l'attenzione, recuperando il solito muso tirato. E dannatamente sexy.
"Perché questo interesse improvviso?" Trovai il coraggio e la curiosità di domandare: Nathan non era l'uomo indifferente e distaccato che avevo pensato, o di certo non si sarebbe offerto di restare a casa, sapendomi sola.
"È ovvio, Magda."
Rimbeccò pronunciando per la prima volta il mio nome, in un modo così languido che non sfuggì al mio cuore già al galoppo.
"Perché cosi..." temporeggiò, facendomi rosolare nella suspense, mosse un passo avanti. "Te ne andrai da casa mia."
Lo stomaco si serrò in un groviglio. La bocca si prosciugò ai livelli sahariani.
Stupida.
Se ero una spina nel fianco di quell'uomo, girargli attorno il meno possibile era il minimo che dovessi concedere a lui. E a me stessa.
"Beh, sono una ragazza, Nathan, e..."
"E allora?"
"È imbarazzante lasciarsi accompagnare per ogni spostamento, per esempio in bagno, non credi?"
Il lato delle sue labbra si alzò svogliatamente, diabolicamente, ma i suoi occhi non sorridevano affatto.
"Posso garantire di aver molti anni d'esperienza nel fare entrambe le cose. Contemporaneamente." Scandì malizioso oltre ogni limite l'ultima parola, gustandosi il mio silenzio interdetto.
"Se non ti fidi, ho un buon numero di testimoni." Aggiunse sempre più indisponente, e non potei evitare di arrossire per quei suoi doppi sensi sfrontati e palesi ai quali non avrei replicato. Non sarei scesa a tale livello. Un cellulare squillò, rompendo il silenzio sceso in stanza; lo estrasse e ne fissò lo schermo, prima di riporlo in tasca.
"Il fatto che debba aiutarti negli spostamenti o prenderti fra le braccia non è un fatto di corteggiamento, tanto meno di avance. È solo una circostanza." Specificò serio. "Quindi smettila di ricamarci sopra. Intesi?"
La una punta di veleno centrò il bersaglio. Se ne andò senza interessarsi alla mia risposta.
Doveva essere diretto all'incontro che Luc e Fabi avevano quella sera. Era passata una mezz'ora circa, perciò doveva aver già lasciato casa. Ed io ne gioii a dovere.
Mantenendomi con una mano sul comodino ed una sul letto, riuscii ad alzarmi, attenta a non posare mai il piede per terra, per arrancare lentamente verso il bagno.
Avrei lavato i capelli. Ero tesa, nervosa, e dovevo occupare il tempo, o sarei implosa.
Ma la fortuna non era nella lista che il destino aveva creato per me, per ciò il peso del gesso iniziò a gravare sempre di più, rendendo l'equilibrio precario, e le movenze impossibili. Restai ferma, aggrappata al lavandino pregando che passasse, quando, stanca, urtai inavvertitamente il piede ingiuriato per terra: l'eco del mio urlo rimbombò nell'ambiente. Scintille di dolore mi fecero accasciare per terra, la vista annebbiata dal dolore.
"Ma che diamine hai..."
Scattai spaventata al suono di una voce, il suo volto perfetto si spostò verso il basso.
"Cosa ci fai ancora... —"
"Santo cielo, sei incredibile!"
La sua rabbia sovrastò la mia voce, scuotendomi per un attimo dalla sensazione dolorosa.
"Così dicono." Esclamai indispettita, strizzando gli occhi per gli spasimi.
"Maledizione, avevo detto di avvisarmi!"
"Non ho bisogno del tuo aiuto!"
Restammo pochissimi istanti a osservarci in cagnesco, prima che si allontanasse a grandi passi.
Bene! Un problema in meno fra i piedi!
Un solo piede…
Dolore e più tentativi falliti di quanti sperassi, riuscii finalmente a rialzarmi aggrappandomi al lavandino ma all'ennesima fitta mi ritrovai ancora ripiegata su me stessa a stringere i denti. Qualcosa urtò il mio braccio.
"Siedi qui".
Nathan, granitico ma meno rancoroso, mi si piazzò di fronte, indicando una poltrona da studio con le rotelle. Non avevo forze per opporre resistenza. E poi quei cuscinetti erano così invitanti...
Con un'occhiataccia, gli concessi di aiutarmi a sedere sulla poltrona, ammansita dall'acciacco. E dalla sorpresa di trovarlo lì, di nuovo, nonostante i nostri attacchi che avevano del bestiale più che dell'umano.
"Va meglio." Spiegai sincera, sperando che andasse via.
"Dovresti sciacquarli meglio."
Indicò i capelli con un'alzata del mento.
"Lo so."
Lo fissai mortalmente diritto negli occhi, a trasmettergli il messaggio che mi rimbombava in mente: vattene.
Senza proferire parola, ignorò i segnali per puntare al rubinetto, con cui armeggiò per far scorrere l'acqua tiepida. Mi indicò il lavabo, sospingendo delicatamente il retro della mia testa al suo interno.
"Ho detto che farò da sola."
Mi strattonai dalla sua presa, e per dimostrarlo apposi la chioma sotto il getto, quando avvertii le sue mani frizionarmi i capelli. Una scossa si dipanò, urtandole, costringendomi a ritrarre le mie di scatto. Purtroppo, le sue rimasero lo dov'erano. Intente a massaggiarmi così delicatamente il capo che l'istinto di mandarlo via e al paese andarono a farsi benedire.
Freccia Avvelenata ne approfittò per monopolizzare ogni centimetro del mio cuoio capelluto e, per evitare altri contatti, fui costretta a lasciarlo fare.
Nessuno mi aveva mai lavato i capelli, oltre a mia madre, immagino; nemmeno io stessa apponevo tanta delicatezza, nel farlo. Tutte le sensazioni si amplificarono in quel momento. Era un contatto sin troppo intimo, per il rapporto instaurato.
"Posso mettermi in contatto col tuo dottore."
Mi consegnò un asciugamano senza incrociare il mio sguardo, dopo avermi condotta sul letto. Mi fece sedere alla punta, in realtà era pronto ad avvolgerlo ai capelli, ma intercettai le sue mani prima che potesse pensare realmente di farlo.
"No, grazie."
Risposi in tono piatto, tamponando i capelli.
"Senti dolore?"
"Nathan, rilassati." Sbottai, ma senza urlare. "La mia permanenza in casa tua ha gli stessi giorni contati di prima."
"Bene."
Mormorò roco, per poi voltarsi. "Meglio così." Lo sentii aggiungere, prima di scomparire dietro l'angolo.

   
 
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