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Autore: sara_gi    27/10/2016    0 recensioni
Dal testo:
Londra, l'estate dei diciannove anni. Angelica era andata in vacanza da sola con due amiche, niente genitori, libertà totale. La scuola era finita, la maturità passata a pieni voti, e quel viaggio era il suo premio, la sua occasione di allontanarsi da tutto e scaricare lo stress degli esami. Di divertirsi...
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nata dagli Angeli

 

Qualcuno una volta scrisse che ci sono decisioni che cambiano la vita: questa è la storia di una di quelle decisioni...

 

Londra, l'estate dei diciannove anni. Angelica era andata in vacanza da sola con due amiche, niente genitori, libertà totale. La scuola era finita, la maturità passata a pieni voti, e quel viaggio era il suo premio, la sua occasione di allontanarsi da tutto e scaricare lo stress degli esami. Di divertirsi...

Erano arrivate un tardo pomeriggio accolte dalla pioggia fitta e fredda che è una caratteristica di quella città. La loro idea era semplice: visitare tutto ciò che c'era da vedere e svaligiare i negozi di Camden... Avevano messo via i risparmi di due anni per quel viaggio, viaggio che avevano progettato durante un pigiama party fra loro tre. Ed ora c'erano. E se passare le mattine per musei rendeva felice praticamente solo lei, i pomeriggi nel cuore della parte dark della città deliziava tutte e tre. Fin dal primo giorno aveva notato in uno dei negozi in fronte al Camden Lock il cartello "cercasi personale" ma quasi non si era accorta che la sua mente aveva registrato il fatto. Nessuna delle altre due vi aveva fatto caso, ma lei si... E il terzo giorno, alla quarta volta che entrava in quel negozio guardando il cartello vicino all'ingresso si chiese se forse il suo inconscio non volesse dirle qualcosa... Si guardò intorno nel negozio osservando gli abiti e gli accessori esposti, l'ambiente, l'atmosfera. Le piaceva quel posto, le era piaciuto subito, e si ritrovò a sorridere mentre un'idea prendeva forma nella sua mente.

- E se mi fermassi?- chiese alle altre due.

- In che senso?- le chiese a sua volta Claudia, la più piccola del gruppo.

- Se mi fermassi qui, a Londra?- indicò il cartello - Cercano personale. Se facessi il colloquio e mi prendessero... Non pensate potrebbe essere una bella occasione?-

- Restare qui?- si stupì Sabrina - Angy il tuo inglese è buono ma da li a fermarti a Londra... E' un po' azzardato, ti pare?-

- Ma se non lo faccio ora, quando? Voglio dire...- cercò le parole per spiegar loro - Ho finito le superiori ma non ho ancora le idee chiare sull'università e in ogni caso perfezionare l'inglese potrebbe aprirmi prospettive future, no? Mi piace Londra. E Camden... Mi ci trovo a mio agio quindi dove altro posso sperare di lavorare, almeno per un po'?-

- Londra piace anche a noi ma non per questo stiamo pensando di trasferirci!-

- Anche perchè tu ed io qui...- commentò Cla attirando l'attenzione di Sabrina - Sai, io non parlo una parola di inglese e tu Brin... L'unica volta che hai chiesto un'informazione ci siamo trovate dall'altra parte di Londra!- concluse strappando una smorfia all'altra - Ma se lei ci vuol provare che lo faccia.- guardò Angelica - Hai presente vero che ai tuoi genitori verrà un colpo se ti fermi, si?-

- Lo so. Ma voglio provarci, almeno a fare il colloquio. Poi magari mi dicono "grazie non è il caso" e questa rimane solo un'idea, no?-

Claudia annuì in risposta e alla fine Sabrina scrollò le spalle con fare "vedi tu" e Angelica si avvicinò al banco cassa chiedendo a chi doveva rivolgersi per rispondere all'annuncio. Il ragazzo alla cassa la osservò un istante prima di rispondere. Aveva notato qurelle tre ragazze sia i giorni precedenti che, sopratutto, quello: erano entrate almeno tre o quattro volte quel pomeriggio facendogli sollevare gli occhi al cielo con divertimento. Ma tutto si sarebbe aspettato fuorchè una di quelle ragazze chiedesse lavoro... Era carina, la ragazza di fronte a lui: poco più di un metro e sessanta, capelli neri ricci, occhi nocciola scurissimo, pelle diafana e sorriso contagioso. Non una bellezza ma piuttosto piacevole da guardare. Si rese conto che la stava fissando e che lei aspettava una risposta così prese il telefono e compose un numero interno avvisando il suo capo che c'era una ragazza per il colloquio. Su richiesta del superiore la condusse al piano inferiore dove erano in esposizione accessori ed intimo e la lasciò li dove venne subito raggiunta da un uomo di circa quarant'anni: il proprietario del negozio. Parlarono per una decina di minuti delle sue esperienze precedenti e del perchè voleva lavorare li e alla fine lui la guardò un po' dubbioso.

- Te la cavi con la lingua, ma mi chiedo se sia abbastanza per lavorare qui...-

- E' da perfezionare, non lo nego.- rispose Angelica senza esitazioni - Ma visto e considerato quale lingua parla la maggior parte dei turisti che ho incontrato per Camden avere qualcuno che parla perfettamente italiano potrebbe esservi utile, le pare?- chiese.

Proprio in quel momento passarono accanto a loro una donna con due ragazzine che parlavano italiano con uno spiccato accento romano. L'uomo la guardò un istante divertito e colpito dallo spirito della ragazza e decise.

- Ok. Due giorni di prova, poi vediamo com'è andata e decido. D'accordo?- chiese allungando la mano destra.

- D'accordo.- rispose lei stringendola.

- Domani alle tredici, allora.- le disse a mo di saluto.

- A domani.- lo salutò Angelica allontanandosi.

Risalì al piano superiore con un sorriso felice che le piegava le labbra e salutò il ragazzo alle casse con un - Ci vediamo domani!- che lo costrinse a fermarla.

- Ti ha presa?- chiese curioso.

- In prova per due giorni, poi decide.-

- Bene, allora ci vediamo domani. Se arrivi prima delle tredici bussa alla porta rossa sul retro che ti fanno entrare, ok?-

- D'accordo. Ciao!- lo salutò.

Raggiunse le altre due e mentre uscivano dal negozio raccontò loro del colloquio e della prova.

- E mentre tu lavori che facciamo noi?- le chiese Sabrina.

- Potete girare per Camden anche senza di me, nel pomeriggio. Oppure andare a vedere la ruota sul Tamigi.-

- E tanto per curiosità chi chiede le informazioni se tu sei qui?- si preoccupò Claudia, Angelica indicò Brin - Finiremo nuovamente dall'altra parte della città...- sospirò Cla con finta desolazione prima di scoppiare a ridere per l'espressione oltraggiata di Sabrina.

I due giorni di prova andarono bene. In qualche momento si era trovata in difficoltà ma i due ragazzi e l'altra ragazza che lavoravano nel negozio erano stati pronti a darle aiuto. E poi c'erano i clienti stranieri, i turisti. Come aveva fatto notare durante il colloquio molti erano italiani i quali, trovata una commessa che parlava la loro lingua, erano più che felici di farsi mostrare tutto e comprarne una buona parte... Josh, il ragazzo cui aveva chiesto per il colloquio, che aveva scoperto essere il vice-responsabile, e Robert, il proprietario del negozio, l'avevano tenuta d'occhio per quei due giorni e alla sera del secondo, salutandola, Robert le disse di passare il giorno dopo intorno alle 15 e trenta per parlare. Appena uscita dal negozio Angelica si appoggiò al parapetto del ponte sul canale di Camden per aspettare le sue amiche e, preso il telefono, chiamò casa. La madre le rispose al quarto squillo sorpresa che lei chiamasse invece di mandare un sms. Parlando in viva voce coi genitori Angelica raccontò di quei due giorni e della possibilità che l'indomani Robert le dicesse che andava bene e che poteva cominciare a lavorare da lui. E che quindi si sarebbe fermata a Londra... Ci volle qualche istante perchè i genitori si riprendessero dalla sorpresa e dopo un attimo di esitazione le dissero di pensarci bene, poichè vivere da sola in una città straniera poteva essere molto difficile, ma che, se davvero era ciò che voleva fare, per loro andava bene. Angelica avvertì l'emozione nella voce della madre e sorrise trattenendo a sua volta la commozione: sapeva che sua madre non era realmente contenta che stesse così lontano, in 19 anni non si era mai allontanata per più di qualche giorno ed ora si parlava di un periodo molto più lungo ed in un paese abbastanza lontano da escludere di potersi rivedere tanto presto. Il padre le disse di iniziare a cercare un alloggio fisso il mattino dopo nel caso Robert la confermasse: la camera in ostello era prenotata solo per altre 3 notti. Ma Angelica ci aveva già pensato e poi era decisa a chiedere a Robert di darle il tempo di tornare in Italia a prendere le sue cose, salutare i suoi genitori e ritornare.

Non ne ebbe bisogno: il pomeriggio seguente Robert le disse che la prova era andata bene e che quindi era felice di assumerla a partire dal primo giorno del mese seguente, agosto. Le spiegò che la ragazza che lavorava li stava per andarsene e che per questo aveva cercato personale. Parlando dei progetti di Angelica le chiese se aveva già un alloggio poichè la zia di Josh aveva un paio di mini appartamenti proprio li a Camden uno dei quali era libero, e che la donna chiedeva una cifra più che ragionevole per l'affitto. Essendo interessata Robert chiamò il ragazzo chiedendogli di contattare la zia per la casa e due ore dopo accompagnata dalla donna, una gentile signora di circa settant'anni, dalle sue amiche e dal suo futuro collega visitò il piccolo appartamento sito in una delle traverse della Camden Hig Road, trovandolo essenziale ma confortevole. La casa era formata solo da due stanze: il soggiorno con angolo cottura e la camera da letto col bagno adiacente. Era arredata spartanamente ma con tutto ciò che poteva servirle. Nella mattinata Angelica aveva dato un'occhiata agli annunci di case in affitto per farsi un'idea dei prezzi così quando la donna le propose di pagare appena duecento sterline al mese Angelica accettò immediatamente. Rimase d'accordo che si sarebbe trasferita nella casa a fine luglio per sistemarsi in vista dell'inizio del lavoro. La donna la salutò lasciandole il numero di telefono a cui contattarla per andare a ritirare le chiavi quando fosse tornata a Londra. Anche Josh le lasciò il numero del proprio cellulare per ogni evenienza prima di salutarla e augurare a lei e alle altre due un buon fine vacanza. Le tre ragazze passarono il resto del pomeriggio a Camden e Angelica memorizzò la posizione di negozi e supermercati per organizzare la propria vita futura. Si sentiva felice e leggera come l'aria mentre camminava per le vie di quell'angolo di Londra che trovava così accogliente. Un sorriso contento le illuminava il volto e si ritrovò a chiacchierare con Claudia di tutto quello che voleva fare quando si fosse trasferita definitivamente, mentre Sabrina ancora non si capacitava che Angelica avesse davvero preso una simile decisione in due giorni.

Comunque sia decisero di festeggiare e quella sera, dopo aver cenato in una piccola pizzeria italiana vicino all'ostello, si cambiarono e raggiunsero un pub consigliato loro da un amico che era stato a Londra l'anno precedente: l'Hampshire Arms. Il pub era un accogliente locale con arredi in legno scuro, pareti di pietra e pavimento di cotto ed era regolato da un rigido dress-code: poteva entrare solo chi era abbigliato in stile dark-gothik, tutti gli altri non erano ammessi. Insomma era il locale esclusivo dei dark.

Diversi avventori si voltarono a guardarle, quando entrarono nel locale. Tra essi, seduto in una zona d'ombra più fitta, un uomo di circa trentacinque anni osservò con interesse l'ingresso di quelle tre ragazze sconosciute, soffermandosi poi in particolare su Angelica la cui lunga gonna in pizzo nero tutta ganci e drappeggi, il bustino nero, che sottolineava la vita stretta e le spalle armoniose dalla pelle lattea, e gli anfibi lucidi ma dall'aria vissuta rendevano una visione particolarmente gradevole. La osservò attentamente poichè lo incuriosiva la luce che sembrava emanare da quella ragazza mai vista prima. Inoltre la mobilità dell'espressione e lo sguardo luminoso, pur non essendo bellissima, la rendevano affascinante. Almeno ai suoi occhi. Rimase seminascosto nell'ombra ad osservarle prendere posto ad un tavolo d'angolo ascoltando il chiacchiericcio allegro che, tra battute e risate, gli rivelò che quella strana ragazza si sarebbe fermata a Londra. Sorrise: informazione interessante... Decise di mostrarsi, era insolito per lui fare una cosa del genere, si stupì quindi di se stesso. A dire il vero era insolito il fatto stesso che quella sera si fosse seduto nella sala in cui era: non amava la folla di avventori occasionali perciò, di solito, sedeva al piano inferiore dove l'accesso era consentito solo a pochi clienti scelti.

"Se questa gente solo immaginasse..." si ritrovò a pensare osservando le persone intorno a lui "Se sapesse a chi realmente appartiene questo locale." sorrise nuovamente "Il povero Johnas farebbe molti meno affari!"

Spinto dal medesimo impulso che lo aveva portato a sedere in quella sala si alzò dal suo tavolo d'angolo per avvicinarsi al bancone ed ordinare una birra che non avrebbe bevuto. Si appoggiò alla struttura di legno scuro osservando Angelica. E lasciandosi osservare...

Dal canto suo lei si era sentita occhi addosso fin dal momento in cui era entrata. Subito l'aveva messa in imbarazzo, quella sensazione, ma poi si era data una scrollata mentale poichè, sentiva, non c'era ostilità nella gente che le guardava. Per la prima volta da molto tempo nessuno le aveva guardate storto quando erano entrate nel locale. Li, all'Hampshire, nessuno trovava strano il loro modo di vestire od essere: era la gente "normale" che sarebbe stata squadrata dalla testa ai piedi. Certo, se gli fosse stato consentito l'accesso! Sospirò contenta mentre seguiva le altre due verso un tavolo d'angolo che si era provvidenzialmente liberato e, una volta sedute, sollevarono i loro bicchieri in un brindisi alle vacanze. Poi Claudia decise che ci voleva anche un brindisi alla decisione di Angy di fermarsi a Londra e, ignorando la battuta salace di Sabrina, sollevò nuovamente il bicchiere.

- Alla tua salute, amica mia pazza!- disse sorridendo ad Angelica - E alla tua pazza idea di trasferirti a Londra.- concluse e toccò il bicchiere delle altre due prima di bere un sorso.

Angelica rise dell'espressione delle sue amiche, entrambe ancora incredule della sua decisione. Ma a ogni momento che passava, mentre si guardava in giro nella semioscurità del pub, si sentiva sempre più sicura di aver fatto la scelta giusta. E poi lo vide: appoggiato con fare indolente al bancone, la testa lievemente reclinata contro una delle colonnine di sostegno della struttura lignea, stava un uomo. Aveva folti capelli scuri lievemente ondulati che gli accarezzavano le spalle, il volto era affilato e carismatico, dalla pelle chiarissima, in cui spiccavano gli occhi, il cui colore era impossibile distinguere nella penombra del locale, un sottile pizzetto completo di baffi sottolineava la forma decisa della bocca e l'abbigliamento nero e semplice dava risalto alla corporatura asciutta e slanciata. Angelica si accorse che anche lui la stava osservando ma non riusciva a distogliere lo sguardo: lui era in assoluto l'uomo più affascinate che lei avesse mai visto. Incrociò i suoi occhi e lo sconosciuto incatenò il suo sguardo senza più lasciarla andare. Si fissarono minuti interi, occhi negli occhi, mentre intorno a lei i rumori del locale parevano dissolversi come nebbia al sole lasciandole nelle orecchie solo il suono del proprio cuore che batteva come un tamburo contro il costato.

-Angelica!- il richiamo stizzito di Sabrina insieme alla scrollata che le diede la costrinsero a tornare alla realtà.

Si voltò a guardare le sue amiche interrogativamente - Cosa?- chiese con la voce di chi si è appena svegliato da un sogno.

Lanciò nuovamente una breve occhiata verso il bancone ma lo sconosciuto non c'era più. Si guardò intorno cercandolo ma non ne vide traccia: era letteralmente svanito nel nulla.

- Angelica ci sei?- le richiamò ancora Sabrina.

- Sì scusa...- mormorò lei tornando a prestare attenzione alla conversazione in corso, lo sconosciuto relegato in un angolo dei suoi pensieri.

Ma non dimenticato...

Gli ultimi tre giorni di vacanza volarono e prima ancora di rendersene conto era nuovamente a Milano: alle prese con il trasloco..! Miracolosamente riuscì a far stare tutto ciò che le serviva, tutto ciò che era davvero indispensabile, in tre valige. Colti da un attimo di follia i suoi genitori sfoderarono la carta di credito per un meraviglioso cappotto in pelle bianco latte bordato di pelliccia. E per i biglietti aerei di andata e ritorno per Londra: avevano deciso di accompagnarla per aiutarla a sistemare le sue cose nella casa in affitto e per vedere dove sarebbe andata a vivere e lavorare. Angelica era contenta che i suoi genitori avessero deciso di accompagnarla: voleva che vedessero Camden e i luoghi dove sarebbe vissuta. Sapeva che così sarebbero stati meno in pensiero e la lontananza sarebbe pesata meno. Atterrati nuovamente a Stansted presero il pullman per Londra e, entrati in città, Angelica osservò divertita la meraviglia dipinta sul volto della madre, la medesima meraviglia che aveva provato lei appena tre settimane prima, all'arrivo. Perchè Milano è una grande città, ma Londra è una vera e propria metropoli. Appena scesi dal pullman contattò la signora Dowson, la zia di Josh, e si accordarono per incontrarsi dalla casa per la consegna delle chiavi. Poi, prese le valige, scesero in metropolitana. Fermata dopo fermata faceva notare ai genitori i particolari architettonici e decorativi delle stazioni: ognuna coi muri dipinti a graffito o decorati a mosaico, ognuna in uno stile diverso, ognuna un'opera d'arte. Vide poi come sua madre osservava il muro della galleria che correva ad appena 10 cm dai vetri delle vetture e le disse che i londinesi chiamano la loro metropolitana the Tube, il tubo: ora sapeva perchè!

Camden piacque... I genitori di Angelica si guardarono intorno per le vie del quartiere osservando l'umanità variegata che camminava per le strade e affollava il Camden Market ed il Lock. L'appartamentino era piaciuto, con la sua aria old England frammista a schegge di moderno e il negozio dove avrebbe lavorato aveva incantato perfino la madre con gli abiti dark-gotici in esposizione e gli accessori in stile. Certo alcuni articoli le avevano fatto sollevare un sopracciglio ma per il resto... Avevano poi fatto la spesa in un supermercato e rientrati lei e la madre si erano dedicate alle pulizie: l'appartamento era in ordine ma era rimasto sfitto per alcuni mesi. Per i seguenti tre giorni Angelica si ritrovò a dover in un certo senso provare ai suoi genitori che era in grado di cavarsela e, alla fine, la coppia decise che era tempo di partire. Angelica li accompagnò fino alla stazione dei pullman e abbracciati i genitori rimase sul marciapiede finchè il mezzo non scomparve nel traffico poi, lentamente, si girò ad osservare Victoria Satation e sorrise: era tempo di tornare a casa, a Camden.

Il lavoro all'After Shadow andava bene. Angelica, aiutata anche da un'innata solarità di carattere, legava subito coi clienti ed era sempre contenta di aiutarli a trovare l'abito o l'accessorio che serviva loro. Inoltre si era subito trovata bene coi due colleghi, sopratutto con Josh che l'aveva un po' adottata come sorella minore. Insieme a Matt, l'altro addetto alle vendite, e ai ragazzi degli altri negozi uscivano spesso la sera facendole scoprire la variegata gamma di colori della vita notturna londinese. Ma le sfumature del nero erano quelle che tutti loro preferivano...

Capitava spesso che Robert la mandasse a lavorare in un altro negozio, il Dark Night, di proprietà del suo migliore amico. Quando capitavano clienti italiani con cui nessuno dei commessi riusciva a comunicare chiamavano Angelica che, il secondo mese di corse per le strade di Camden, ringraziò il cielo che i due negozi fossero piuttosto vicini..! Aveva fatto diverse amicizie, da quando si era trasferita, una di esse era una delle cameriere dell'Hampshire Arms e, un giorno a pranzo, si ritrovarono a parlare del lavoro al locale e Carol le disse che il week-end precedente era stato un vero incubo perchè una delle ragazze si era licenziata, così si erano ritrovati con una persona in meno per seguire la folla dei clienti del venerdì e sabato sera. Angelica era stata quattro o cinque volte all'Hampshire da quando si era trasferita ed aveva fatto conoscenza col proprietario, Johnas, e con Carol. La notizia che mancava una persona nell'organico del locale la stuzzicò: erano un paio di settimane che rifletteva sulla possibilità di comprare un pc portatile per potersi tenere in contatto con le sue amiche e coi sui genitori via e-mail invece che con le poste ordinarie ma, anche comprandolo a rate, la cifra necessaria era una spesa che, per il momento, non poteva affrontare. A meno di trovare una altro lavoretto la cui paga destinare unicamente a quello...

- Se glielo chiedo, pensi che Johnas mi assumerebbe?- chiese a Carol.

La ragazza la guardò con un sopracciglio sollevato e Angelica le spiegò la questione computer. Carol promise di parlare con Jonhas già quella sera: le piaceva Angelica, era una ragazza simpatica con cui si chiacchierava e si rideva con facilità. Sarebbe stato piacevole lavorare con lei.

Così il venerdì sera seguente Angelica si ritrovò nuovamente in prova per un lavoro. Johnas aveva pochi dubbi che la ragazza andasse bene: l'aveva vista all'opera nel negozio, ma da che l'Hampshire era suo ogni cameriera aveva fatto almeno una sera di prova prima dell'assunzione, e le tradizioni andavano rispettate!

Dal canto suo Angelica non aveva problemi a fare una prova. L'unico dubbio che Johnas aveva sollevato era il fatto che lei riuscisse a reggere entrambi i lavori ma lei lo aveva rassicurato: il sabato in negozio era di turno al pomeriggio e la domenica era il suo giorno libero. Quando alle due finalmente il locale chiuse, e gli ultimi ritardatari furono usciti, Johnas la guardò soddisfatto e la salutò con un - Ci vediamo domani.- che, detto da lui, significava "Sei assunta". Felice, Angelica, abbracciò l'uomo e Carol poi, preso il cappotto, salutò tutto lo staff del locale e tornò a casa.

Fu così che nella routine del lavoro in negozio e delle uscite con gli amici si inserì quel nuovo impegno. Non le pesava dover lavorare il venerdì ed il sabato sera, anche perchè spesso i suoi amici sceglievano proprio quel pub per trascorrere la serata così, nei momenti di calma, lei poteva raggiungerli per fare quattro chiacchiere in compagnia.

Angelica non aveva più consciamente pensato all'affascinante sconosciuto incontrato all'Hampshire quella sera di tanto tempo prima, anche se a volte capitava che lui visitasse i suoi sogni. Lavorando nel pub le era successo di intravvedere uomini che le trasmettevano un senso di famigliarità, che gli assomigliavano, ma lui non era mai tornato. Poi, un sabato sera in cui era arrivata prima del solito poichè Robert le aveva dato un paio d'ore di libertà, aveva trovato il pub deserto e una porta mai vista prima che si apriva nel muro poco oltre il bancone. Oltre la porta c'era una scala in pietra che scendeva nel sottosuolo, la scala era illuminata da torce i cui supporti erano infissi nelle pareti anch'esse di roccia. Angelica era incuriosita: nessuno le aveva mai detto dell'esistenza di quella scala, e si chiese dove conducesse. Stava per iniziare a scendere quando il telefono del locale iniziò a squillare strappandole un ansito di spavento. Si affrettò a rispondere: era uno dei fornitori di Johnas che voleva parlare con l'uomo. Pensando che probabilmente lui fosse da basso pregò l'interlocutore di attendere e, raggiunta la scala, scese di sotto. L'ambiente che l'accolse era ampio ma non troppo, le pareti ed il pavimento erano in pietra mentre il soffitto era in legno sostenuto da spesse travi. Tavoli a cavalletto in legno dalle gambe intagliate erano disposti lungo una delle pareti con intorno panche elaborate ed alti scranni con le sedute in velluto o cuoio. Altri tavoli più piccoli con accanto due o tre poltrone in legno si allineavano lungo la parete in fronte e dal soffitto pendevano candelabri di foggia medioevale. Angelica si guardò intorno a bocca aperta: la sala era austera e lussuosa in egual misura. Il suono riverberato di una voce attirò la sua attenzione verso la parte più lontana della sala, avvicinandosi, gli occhi che si abituavano alla fitta penombra, si accorse che c'erano due porte ad angolo con la sala: una, drappeggiata con pesanti tende di velluto, dava su una piccola saletta al centro della quale stava un tavolo con una sola poltrona, in legno scolpito, ampia e maestosa. L'altra dava su un'altra sala, un po' più piccola di quella in cui si trovava, arredata con divanetti, sofà e tavolini rotondi.

- ...E la bambina nuova come và?- stava chiedendo una voce a lei sconosciuta, una voce profonda e gradevole che tuttavia incuteva deferenza.

- Amico mio,- la voce di Johnas - perchè mi fai domande di cui conosci già la risposta? L'hai vista, lo sai benissimo come và.-

- Hai una capacità tutta speciale nell'ammazzare la conversazione...- lo rimproverò amichevolmente l'altra voce - Che gusto c'è nel venirti a trovare se poi non si scambiano quattro futili chiacchiere?-

- Eravamo preoccupati. Sei sparito tutto d'un tratto, senza più far sapere nulla a nessuno di noi...Démetros... Abbiamo temuto il peggio!-

- Avevo da fare all'estero.- rispose seccata la voce.

- Lo so. Ora lo so.- sottolineò Johnas - Ma durante la tua assenza Marcus ti ha inimicato metà Consiglio!-

- Motivo per cui questa sera darò questo ricevimento. Stai calmo Johnas: è tutto ancora nelle mie mani. Saldamente.-rimarcò allo sbuffo dell'altro.

- Lo spero. Davvero tanto, amico mio: tutto vorrei tranne che vedere quel mostro al tuo posto.-

Rendendosi conto di essere inopportuna Angelica retrocedette fino ai piedi delle scale poi, fingendo di essere appena scesa, si schiarì la voce.

- Johnas? - chiamò - Sei qui?-

Sentì qualcosa tintinnare poi passi veloci e Johnas comparve sulla porta dell'altra sala.

- Angelique!- esclamò sorpreso usando il nomignolo con cui la chiamava - Che ci fai qui così presto?-

- Robert mi ha lasciata uscire un paio d'ore prima e sono arrivata presto.- si guardò intorno - Non sapevo ci fosse un'altra sala. E' molto bella!- sorrise all'uomo.

- Già... La usiamo solo per le feste private, per questo non l'hai mai vista. Stavo allestendo il buffet...- aggiunse come per spiegare perchè fosse li.

- Senti c'è uno dei tuoi fornitori al telefono, di sopra: vuole parlarti. Se vuoi posso finire io di allestire il tavolo: sono piuttosto brava, lo sai.-

Johnas non parve felicissimo all'idea di lasciarla li ma il tempo stringeva e la sala doveva esser pronta entro l'ora stabilita.

- D'accordo...- cedette infine - Ma appena hai finito torna subito di sopra.- le ordinò salendo di corsa le scale.

Angelica annuì alla schiena dell'uomo e si diresse nella seconda sala curiosa di vedere a chi apparteneva l'altra voce. Rimase quindi stupita nello scoprire la stanza completamente vuota. Si guardò intorno qualche istante ma non vide altre porte da cui l'interlocutore di Johnas potesse essere uscito. Possibile che se ne fosse andato dalla porta alle sue spalle senza che lei lo vedesse? Pensierosa si avvicinò al tavolo già in parte allestito e concluse il lavoro disponendo bicchieri e coppe con artistica armonia. Fece quindi un passo indietro per ammirare il proprio lavoro e sorrise soddisfatta.

- Hai talento.- disse la voce alle sue spalle.

Angelica si voltò con un piccolo grido di spavento portandosi una mano al petto poi, visto in volto l'uomo dinanzi a lei, sgranò gli occhi sorpresa: era l'affascinante sconosciuto il cui sguardo magnetico aveva catturato il suo la prima sera in quello stesso locale.

- Perdonami: non volevo spaventarti.- le disse con voce dolce e divertita.

- Di nulla...- mormorò lei ritrovando finalmente l'uso della parola - Solo non mi aspettavo ci fosse qualcun altro.-

Lui si avvicinò di un paio di passi per osservarla meglio e lei si ritrovò a dover reclinare il capo per guardarlo in volto, realizzando che era di almeno una spanna più alto di lei.

- E' buffo...- sussurrò lui incatenando lo sguardo della ragazza.

- Cosa?- riuscì a chiedere lei.

- Scoprire quanta luce può nascondersi perfino in questa oscurità.- concluse lui in un soffio sistemandole un ricciolo dietro l'orecchio.

Il cuore di Angelica mancò un battito al contatto e ci mise un istante per realizzare quanto fredde fossero le dita di lui. Sorrise lievemente e lui sollevò un sopracciglio interrogativamente. Non sapendo neppure lei da dove le venne il coraggio sollevò una mano e posò le dita ed il palmo sulla guancia di lui per un istante.

- Non sono l'unica ad essere sempre ghiacciata.- disse.

Lui la guardò sorpreso per un istante prima di lasciarsi andare ad una lieve risata. E Angelica si scoprì incantata da quel suono, come poco prima lo era stata dalla sua voce. Dopo un istante lui si scostò e le sorrise con tenerezza mista a rimpianto.

- Torna di sopra "Nata dagli Angeli".- le disse chiamandola col significato del suo nome - Questo luogo non è per te, sopratutto questa sera. Dimentica di esserci stata, non ne parlare con nessuno.- la guardò più intensamente - E non dire a nessuno che mi hai incontrato.-

Senza distogliere lo sguardo lei annuì poi, dopo un attimo di esitazione, si avviò alla porta. Si voltò un istante sull'uscio e si scambiarono ancora uno sguardo quindi sparì oltre l'arco della porta. Lui ascoltò il suono dei suoi passi svanire al piano di sopra e se ne andò: sarebbe tornato di lì a un'ora, per la festa...

Per tutta la sera la mente di Angelica rimase focalizzata su quell'incontro. Mentre serviva ai tavoli, preparava gli stuzzichini o spillava la birra per i clienti continuò a pensare all'uomo misterioso che, in quelle stesse ore, doveva trovarsi nella stanza sotterranea. C'era in corso un ricevimento, così lui l'aveva chiamato parlando con Johnas. E lo dava lui, quel ricevimento. Démetros... La ragazza nascose un sorriso: ora poteva dare un nome al volto che così spesso aveva fatto capolino nottetempo nei suoi sogni. E poteva dargli una voce ed una risata... Le piaceva il nome di lui, così antico e fuori moda ma così perfetto per quell'uomo misterioso i cui occhi la incatenavano impedendole di distogliere lo sguardo. Non che avesse voluto distoglierlo, oh no! Si fermò a metà di un gesto rendendosi conto che, ancora una volta, non aveva visto il colore degli occhi di quell'uomo. Aveva la sensazione che dovessero essere chiari ma non azzurri o grigi, e neppure verdi... Ma di che colore allora? Escluse il nero: troppo trasparenti per poter essere neri. Sospirò affrettandosi verso i clienti che aspettavano le ordinazioni e si chiese quanto tempo sarebbe passato prima di rivederlo...

Quella notte lui venne a lei. Era un sogno, Angelica ne fu consapevole all'istante, ma non per questo fu meno felice di vederlo. Passeggiarono a lungo in un giardino incantato, i loro passi illuminati solo dalla luce della luna quasi piena, il silenzio di quel luogo rotto solo dallo zampillio dell'acqua nelle fontane e dalle loro parole. Da quel momento, quasi ogni notte, lui visitava i sogni di Angelica e passavano lunghe ore insieme a volte parlando, a volte seduti in un prato a guardarsi. Finchè, una di quelle notti, lui la baciò. La sorpresa per quel gesto desiderato ed atteso e per la sensazione così reale del contatto fu tale che Angelica si svegliò, portandosi poi due dita alle labbra e trovandole lievemente gonfie. Come per un bacio...

Natale venne e passò portandole però una sorpresa: Claudia e Sabrina scelsero Londra per festeggiare l'ultimo dell'anno così le tre ragazze si rividero dopo tanto tempo. Angelica fu felice di averle a casa per una settimana e durante le ore libere giravano per la città visitando i mercatini natalizi ed osservando le luminarie che decoravano case e palazzi. Le sue amiche furono felici di poter accedere all'esclusiva festa di fine anno organizzata all'Hampshire, dato che Angelica vi lavorava, ma la presero un po' in giro per la divisa che, in quell'occasione, lei dovette indossare: un delizioso abito nero, decorato con pizzo bianco, lungo al ginocchio e svasato che, accompagnato dalla cuffietta in pizzo e dalle scarpe a bambola con poco tacco, la rendevano graziosa, sì, ma la facevano sembrare ancor più giovane di quanto non fosse. Angelica si guardò allo specchio 5 minuti buoni prima di indossare il cappotto e raggiungere il locale. Guardò Johnas abbigliato in stile settecentesco con un sobrio completo nero da cui spuntava una camicia color borgogna con il collo a jabout e sollevò un sopracciglio.

- Ora spiegami perchè io sono vestita da cameriera transilvanica e tu da gentiluomo.- gli chiese con le mani sui fianchi.

Johnas la guardò un istante e sorrise per la sua aria bellicosa poi le passò un braccio dietro le spalle con fare paterno.

- Questo è l'abito di un capo oste, bambina mia, solo un po' rivisitato. E tu sei la più graziosa cameriera che la Transilvania abbia mai visto..!- concluse.

Angelica sbuffò con finta indignazione poi gli sorrise e gli schioccò un bacio sulla guancia prima di dirigersi al bancone per aiutare Carol, Martha e Jill ad allestirlo col buffet. Sabrina e Claudia si sedettero nel medesimo tavolo ad angolo in cui si erano accomodate la prima volta ed osservarono la preparazione della festa. Neppure due ore dopo il locale era stracolmo di gente. Claudia e Sabrina osservavano ammirate gli abiti sia delle donne che degli uomini sentendosi fin troppo sobrie nei semplici abiti lunghi, uno in pizzo macramè e l'altro in velluto intagliato, che avevano scelto per quella sera. Una cosa notarono, che le lasciò perplesse: alcuni dei presenti, indifferentemente uomini o donne, portavano una maschera. Semplici mascherine in velluto nero o elaborate maschere in stile veneziano che coprivano i volti in parte o totalmente. In un momento in cui si fermò presso il loro tavolo chiesero ad Angelica il perchè delle maschere ma lei si limitò a scrollare le spalle dicendo che a Londra capitava spesso che nelle feste dark-gothik gli invitati tenessero segreta la propria identità. Si era ormai nel cuore della festa quando accadde: uno degli invitati la scontrò facendole perdere la presa sul bicchiere vuoto che aveva in mano. Il bicchiere precipitò verso terra ma a pochi centimetri dal pavimento un'altra mano ne fermò la corsa prendendolo al volo e porgendoglielo.

- Che riflessi! Grazie.- disse lei sollevando gli occhi al volto di colui che l'aveva aiutata.

E si immobilizzò. Perchè, nonostante la maschera di velluto nero che gli celava metà del volto, Angelica riconobbe Démetros nell'uomo dinanzi a lei. Lui le sorrise con fare indulgente e, sentendo il sangue imporporarle le guance, Angelica prese il bicchiere e fuggì via nascondendosi nella folla.

"Calma, stai calma!" continuava a ripetersi "Sono solo sogni: non può sapere cosa sogni tu di notte!" cercò di rassicurarsi mentre immagini frammentarie dei sogni delle ultime tre notti le turbinavano nella mente.

Si appoggiò in un angolo del bancone e chiuse gli occhi cercando di riprendersi, il respiro mozzato al ricordo della passione che li aveva uniti in quei sogni. Mai nella sua vita aveva pensato che dei sogni potessero essere così realistici ma quelli che faceva con lui, tutti quelli che faceva con lui, lo erano. Intensi e reali più della realtà stessa. E trovarselo davanti, così vicino, dopo le ultime tre notti era stato sconvolgente. Johnas la vide seminascosta nell'angolo e le andò vicino registrando l'aria un po' sconvolta della ragazza.

- Angelique non hai una bella cera, sai?- le disse sottovoce - Perchè non ti prendi 5 minuti di pausa e vai fuori a respirare un po'? Si soffoca qui dentro.-

Lei lo guardò un istante poi annuì con gratitudine e, preso cappotto e sciarpa, uscì dalla porta sul retro appoggiandosi al muro esterno di mattoni. A occhi chiusi prese lunghi e lenti respiri sentendo piano piano che il cuore tornava a battere al ritmo consueto. Non se l'era aspettato, non se lo aspettava proprio di trovarselo davanti. Forse perchè, a parte quella prima volta, lui non era mai più tornato nella sala superiore dell'Hampshire. Forse perchè le sale sotterranee gli si addicevano di più con il loro fascino austero. Ma avrebbe dovuto immaginare che quella sera, se fosse andato all'Hampshire, sarebbe stato di sopra: era li la festa. Reclinò il capo in avanti con un sospiro ed aprì gli occhi. Le ci volle un attimo per registrare la sua presenza accanto a se, ma voltò il capo verso destra sorpresa nello scoprirlo appoggiato col fianco allo stesso muro contro cui stava lei. La stava guardando e la sua espressione era a metà tra la tenerezza e la preoccupazione.

"E' preoccupato per me?" si chiese stupita.

Notò solo in quel momento che lui non indossava più la maschera: era stretta nel pugno sinistro su cui aveva appoggiato la tempia per osservarla. Rimasero in silenzio a guardarsi a lungo, come nei sogni di lei, senza parlare, paghi di stare vicini. Poi, lentamente, lui abbassò il capo verso il volto di Angelica e la baciò. La ragazza chiuse gli occhi a quel contatto, abbandonandosi completamente alle sensazioni che le labbra di lui sulle proprie le provocavano. E lui, una mano a coppa sul volto di lei, lasciò trasparire in quel bacio tutto il desiderio e la tenerezza che lei gli scatenava dentro. Si separarono momenti dopo, e Angelica appoggiò la fronte sul petto di lui cercando di respirare. Démetros la strinse un istante posandole un tenero bacio sulla tempia.

- Sognami, questa notte.- le sussurrò nell'orecchio prima di lasciarla.

Angelica sollevò di colpo la testa per guardarlo ma lui non c'era più. Ancora una volta si guardò intorno senza trovarlo: era sparito nuovamente. Si chiese se forse non era lei ad aver immaginato tutto, ma le sue labbra erano tumide e, scoprì in quel momento, il sottile nastrino di raso nero che le aveva cinto la gola fino a quel momento non c'era più. Si abbandonò ancora un attimo contro il muro realizzando che il bacio di Démetros nella realtà aveva lo stesso sapore che nei suoi sogni...

Strane cose iniziarono ad accadere intorno a lei da quel momento. Clienti, sia in negozio che nel pub, la osservavano con attenzione, un'attenzione fuori luogo per la sua intensità. Passi nella notte seguivano i sui quando tornava a casa dal lavoro o da qualche uscita con gli amici, ma non aveva paura: al contrario si sentiva protetta. Ed ogni notte lui entrava nei suoi sogni, puntuale, come per un appuntamento. Ed ogni mattina al suo risveglio una rosa nera era posata sul comodino accanto al letto. La prima volta che era successo Angelica era rimasta sconvolta poichè ricordava che lui, nel sogno, le aveva donato una rosa identica. Non si chiese mai per davvero come lui potesse posarla sul tavolino da notte, presto non le importò sapere come: ciò che per lei contava era che, al mattino, quella rosa salutasse il suo risveglio.

All'inizio di febbraio potè finalmente comprare il computer. Avrebbe quindi potuto lasciare il lavoro all'Hampshire ma decise che le piaceva troppo l'atmosfera di quel locale. E poi quei soldi in più le permettevano di togliersi qualche sfizio, sopratutto per quanto riguardava l'abbigliamento. Andava spesso per negozi con Carol, lavorando insieme la loro amicizia si era stretta e le due si vedevano quasi tutti i giorni per pranzo o per fare shopping. Un giorno, quasi per caso, Carol portò la conversazione sulla stanza sotterranea del pub. Angelica fu stupita dallo scoprire che anche l'altra la conosceva poi rammentò che Carol lavorava all'Hampshire da almeno 3 anni: era ovvio che sapesse dell'esistenza di quelle sale. Ma Carol le rivelò che solo lei e Jo Anne, la ragazza di cui Angelica aveva preso il posto, sapevano dell'esistenza di quella parte del locale.

- Perchè Martha e Jill ne sono all'oscuro?- chiese curiosa.

- Le conosci...- rispose evasivamente Carol - Vedi,- iniziò poi all'occhiata interrogativa di Angy - quelle sale non vengono usate spesso, ma le volte che servono... Bhè diciamo che ci vuole una buona dose di riservatezza per il servizio al piano inferiore dato che spesso ospita personaggi di un certo rilievo. E per quanto simpatiche siano ne Martha ne tanto meno Jillian sono la discrezione fatta persona!- concluse.

Angelica sorrise ricordando l'amore per il pettegolezzo e le riviste di gossip che le loro colleghe nutrivano.

- Tu invece sei capace di tenerti le cose per te...- commentò poi Carol guardandola - Johnas mi ha detto - spiegò vedendo Angelica sollevare un sopracciglio - che hai scoperto il piano inferiore ben prima di Natale. Ma non ne hai mai fatto parola.-

Angelica scrollò lievemente le spalle - Mi è stato chiesto di non parlarne e non ne ho parlato.-

- Sabato prossimo c'è bisogno di aiuto giù di sotto.- le disse Carol all'improvviso - Le ultime due volte in cui le sale erano impegnate Jo Anne è venuta a darmi una mano, ma ora è via...- la guardò - Te la senti di prestar servizio giù, sabato?-

Angelica aggrottò le sopracciglia: perchè Carol le faceva una simile domanda? Per quanto una festa privata potesse essere diversa dalla routine a cui era abituata sempre di far la cameriera si trattava. O no? Espresse la domanda a voce e Carol sorrise per la sua prontezza di mente.

- In linea di massima sì ma vi sono alcune differenze di cui devi tenere conto. Per esempio non dovrai parlare coi clienti: loro ti chiamano, di solito con un cenno, tu vai al tavolo e loro ti dicono cosa vogliono e glielo porti. Senza aprire bocca. Noi staremo accanto al tavolo del buffet oppure vicino alla porta della sala grande senza girare per i tavoli ma guardandoci intorno per vedere se qualcuno ha bisogno. I bicchieri vuoti si portano via solo quando li sostituisci con quelli pieni. Non devi mai fissare in volto gli ospiti e se vedi qualcosa di insolito evita di farti domande: dimenticatene e basta. Inoltre vestirai una divisa, è simile a quella dell'ultimo dell'anno, un po' più bella a dirla tutta. E avrai il volto coperto da una mascherina in pizzo che non dovrai togliere per nessuna ragione al mondo. Te la senti?-

- Immagino che se ti chiedessi il perchè di queste regole bislacche tu mi risponderesti che è così e basta, giusto?-

- Giusto.- Carol sorrise - Le prime volte questo codice di comportamento appare un po' assurdo. Ma l'Hampshire ha delle tradizioni e quella del comportamento del personale nella sala sotterranea è una di queste. Il lato positivo è che, visto che le feste li di solito durano più del normale servizio, si va avanti anche fino alle quattro o cinque del mattino, la paga è doppia. Ovvio e sottinteso che non dovrai mai far parola con nessuno dell'esistenza della sala e, sopratutto, di chi o cosa hai visto là. Che ne dici?-

Angelica riflettè un paio di minuti mescolando lo zucchero nel suo cappuccino poi guardò l'amica ed annuì.

- D'accordo, ci stò.-

La divisa era in effetti molto più bella... Un abito in velluto nero, lungo fino alle caviglie, con la gonna svasata resa vaporosa da tre sottogonne in tulle, pizzo nero decorava il corpetto ed il grembiule in raso color borgogna scuro. Dello stesso pizzo erano la cuffietta che tratteneva i capelli, il collarino che le cingeva vezzosamente la gola e la mascherina che le copriva il volto. Angelica sorrise alla propria immagine allo specchio prima di togliere nuovamente la mascherina, indossare il cappotto e raggiungere il pub. Johnas le sorrise nervosamente quando arrivò, non c'era nessun altro e lui le illustrò nuovamente le regole del servizio nella sala sottostante. Angy lo rassicurò dicendogli che Carol era stata chiara poi, indossata la mascherina, scese nelle sale sotterranee raggiungendo la collega alle prese con l'allestimento. Ogni tavolo venne coperto con tovaglie di broccato nero e borgogna lavorate in fili d'oro. Il tavolo del buffet prevedeva solo recipienti da punch, coppe e eleganti flute in cristallo. Aiutò poi Carol a preparare la piccola sala da uno drappeggiando sul tavolo una tovaglia più bella e preziosa delle altre. Una ciotola di cristallo nero piena d'acqua su cui galleggiavano sei candele venne posata al centro del tavolo e due candelabri d'argento vennero accesi sui supporti che si trovavano ai lati della poltrona. Dal riverbero della luce Angelica comprese che così chiunque fosse entrato poteva essere visto in volto da chi occupava la poltrona mentre quest'ultimo restava in ombra. Guardò un istante la poltrona chiedendosi a chi era destinata. Vista la cura con cui lei e Carol avevano preparato quella saletta era ovvio che quel posto fosse riservato a qualcuno di importante.

"Un membro della famiglia reale?" si chiese "O magari il Primo Ministro..!"

Scosse la testa sorridendo e raggiunse il suo posto accanto alla porta che dava diretto accesso a quelle sale dall'esterno. Carol le aveva spiegato che il loro primo compito era di ritirare i cappotti ed i mantelli di coloro che arrivavano e depositarli nel vestibolo. Quando le aveva mostrato l'intero complesso sotterraneo Angelica si era stupita per la quantità di stanze che ne facevano parte: c'era il vestibolo accanto all'ingresso segreto, che dava sulla strada sul retro dell'Hampshire, due toilette ognuna con salottino annesso e un locale bar che serviva esclusivamente quel piano: i drink non venivano preparati al piano di sopra ma li. Il barman era arrivato qualche minuto prima: era un ragazzo di circa venticinque anni di nome Alec, biondo miele con occhi di un blu molto cupo e di poche parole.

- Pochissime parole...- aveva commentato Carol - Non aspettarti grandi conversazioni con lui. Però è bravissimo nel suo lavoro.-

Angelica si rendeva conto che la situazione era strana e quella sensazione si acuì moltissimo quando gli invitati al party iniziarono ad arrivare. Erano tutti mediamente giovani, di età compresa tra i venti ed i quarant'anni, tutti elegantemente gothic, tutti dai lineamenti gradevoli per non dire belli e tutti piuttosto taciturni. Angelica non riusciva a dare un nome a ciò che quelle persone le trasmettevano ma aveva come la sensazione che, ecco, non fossero esattamente di questo mondo... Tra queste creature spiccavano alcuni invitati per la fin troppo palese appartenenza al genere umano: anch'essi abbigliati con eleganza avevano però un modo di fare e di parlare molto meno insolito rispetto alla maggioranza. Improvvisamente, mentre posava alcuni bicchieri su un tavolo a cui erano seduti 4 uomini, fu felice di indossare la maschera... Non capiva perchè ma l'idea che quelle persone la vedessero in volto la metteva a disagio. Era strano, ammise con se stessa, ma molte di quelle persone la mettevano a disagio. Non che facessero o dicessero qualcosa per darle quella sensazione, avevano modi cortesi ed eleganti, ma quello che sua madre chiamava il suo 'sesto senso' le diceva che in tutta quella storia c'era qualcosa di bizzarro. Spesso osservava di sottecchi Carol per vedere se anche lei avvertiva quelle stranezze ma l'amica sembrava tranquilla come sempre quindi forse era solo lei che si sentiva a disagio. Probabilmente era dovuto alla diversità che quel servizio presentava con quello solito che prestava al piano di sopra. Dandosi una scrollata mentale Angelica decise di evitare di pensarci e sorrise ad una cliente mentre le posava davanti un bicchiere. Mentre si allontanava dal tavolo però le parve di sentire quella cliente commentare sottovoce - Incantevole davvero...- col suo vicino di tavolo e un brivido le corse per la schiena. Prima che potesse soffermarsi a ragionare sul fatto però vide uno degli invitati presso la porta della saletta singola farle un cenno e si avvicinò ai drappi di velluto. L'uomo fece l'ordinazione per l'occupante della sala, di li a pochi istanti lei fu di ritorno col bicchiere e lui si scostò per farla entrare. Angelica, conscia dello sguardo della persona seduta, posò il bicchiere sul tavolo e, prima di ritirarsi, sollevò gli occhi incontrando quelli che la osservavano nell'oscurità. La sorpresa la paralizzò un istante nell'incrociare lo sguardo di Démetros il quale, essendo nascosto alla vista degli occupanti delle sale da lei, si portò un dito alle labbra facendole segno di non fare commenti. Le passò poi una piccola busta che lei nascose subito nella tasca che si apriva sul rovescio del grembiule, lui le sorrise e lei si ritrovò a ricambiare prima di tornare seria e lasciare la saletta. Il tutto era accaduto in non più di un minuto e nessuno sembrava essersi accorto di nulla. La ragazza tornò al suo posto anche se ora una sorta di impazienza la pervadeva: non vedeva l'ora che quella festa finisse così da poter aprire la busta datale da Démetros. Cosa ci avrebbe trovato dentro? Non sapeva immaginarselo ma qualunque cosa fosse desiderava poterlo scoprire al più presto. Realizzò un'altra cosa, in quel momento: la persona di così grande riguardo per cui lei e Carol avevano preparato quella saletta era lui. Rammentò anche la deferenza con cui i pochi che avevano varcato le tende di quella porta si erano comportati nei riguardi dell'occupante della sala e si ritrovò a chiedersi CHI in realtà fosse quell'uomo affascinante il cui volto popolava i suoi sogni...

Démetros se ne andò che mancava poco più di un'ora all'alba. Angelica lo vide andare via seguito da due uomini, per un istante le parve che lui guardasse nella sua direzione, ma non ne fu sicura. Partito lui, poco a poco, anche gli altri invitati lasciarono l'Hampshire e, presto, le sale sotterranee tornarono silenziose. Carol sospirò passandosi una mano tra i capelli e si tolse la maschera lasciandosi cadere su un sofà con aria stanca. Angelica si andò a sedere accanto all'amica appoggiandosi al morbido schienale con gratitudine: erano rimaste in piedi per quasi 6 ore consecutive.

- Carol?- chiamò Angy dopo qualche istante - Tu sai - continuò al cenno dell'altra - chi è il tipo che era seduto nella saletta singola?-

Carol scosse la testa - No,- rispose - e nemmeno voglio saperlo. Tutto quello che sò è che quella sala la occupa solo lui: se lui non partecipa alla festa quel posto rimane vuoto.- guardò l'amica che si stava mordicchiando un labbro pensierosamente - Lascia perdere Angelica.- le disse - Non fare e non farTI domande. Tanto non troveresti le risposte...-

Angelica attese di essere a casa per aprire la busta: non voleva neppure rischiare che qualcuno scoprisse che Démetros gliel'aveva data. Ancora vestita si sedette sul letto e l'aprì con cura attenta a non lacerare la carta. Ne estrasse un biglietto su cui, in un'elegante grafia, era scritto un indirizzo: Belsize Park 17. Sul retro del biglietto stava una frase nella stessa scrittura: "Solo se lo vuoi"...

Quella notte, per la prima volta dopo tanto tempo, Démetros non visitò i suoi sogni. Per quello che Angelica potè ricordare non sognò neppure. Passò la domenica passeggiando per il centro di Londra, rifugiandosi poi in St. James Park. Li, seduta sui gradini della fontana, osservò a lungo l'acqua scivolare dolcemente sul pendio cosparso di foglie di bronzo. Era una vista rilassante che l'aiutava a pensare, a far chiarezza dentro di se. O, per lo meno, l'aveva sempre aiutata... La mano destra nella tasca, chiusa intorno al biglietto, e una gran confusione in testa. Perchè? Era la domanda che più si faceva sentire nella sua testa. Perchè Démetros le aveva dato quel biglietto? Aveva forse capito ciò che le si agitava dentro ogni volta che si incontravano? Ricordò il bacio dell'ultimo dell'anno e i sogni infuocati che negli ultimi due mesi avevano infiammato le sue notti. E la dolcezza che era sempre seguita alla passione quando lui, in quei sogni, la teneva stretta tra le sue braccia parlando sottovoce di tutto e di nulla. E i risvegli pigri, quando le sembrava perfino di sentire il profumo della pelle di lui sulle lenzuola... Ed ora lui le offriva la possibilità di trasformare tutto ciò in realtà. Ma, si chiese, era possibile che lui sapesse davvero cosa lei sognava nella notte? Era possibile che in quei sogni lui fosse reale e non una propria fantasia? Le rose che da allora ogni mattina occhieggiavano dal comodino le dicevano che sì, lui era li con lei. La razionalità le diceva che era impossibile. Eppure quelle rose erano reali... Aveva decine di domande e nessuna risposta, perchè l'unico che poteva rispondere non era li con lei. Ma le aveva lasciato un indirizzo, se davvero voleva sapere non aveva che da prendere la metro e andare da lui. "Solo se lo vuoi" aveva scritto sul biglietto.

"Se voglio cosa?" si chiese, lo sguardo perso sulla superficie increspata dell'acqua "Se voglio diventare davvero la sua amante? Se voglio delle risposte?" sospirò "Se voglio lui?" sorrise mesta "Lui lo voglio... Dio non ho mai desiderato tanto qualcuno in tutta la mia vita! Eppure... E' tutto così strano intorno a lui, così misterioso. Non saprei neppure il suo nome, se non lo avessi sentito per caso, e sto davvero considerando l'ipotesi di andare a quell'indirizzo? Devo essere pazza..."

Si alzò e, a passo lento, raggiunse il piccolo chiosco del parco, prese una cioccolata calda e continuò a camminare verso Hide Park osservando gli alberi spogli che la circondavano. Aveva nevicato nei giorni precedenti e i suoi passi non facevano rumore mentre camminava sul candido manto che ricopriva i sentieri. Anche Hide Park era deserto. L'aria fredda le arrossava le guance e giocava coi suoi boccoli mentre si addentrava nel parco. Sorrise ai due poliziotti di ronda per le stradine del parco e raggiunse il lago proseguendo la passeggiata sul viottolo che lo costeggiava. Non riusciva a smettere di giocherellare con l'angolo del biglietto che teneva in tasca e, ad un certo punto, lo tirò fuori osservando l'elegante grafia e le parole che lui aveva tracciato sulla carta. Solo se lo vuoi... Si fermò in mezzo al sentiero e volse lo sguardo all'acqua. Un cigno temerario stava scivolando con grazia e maestà sull'acqua gelida con il candido collo arcuato, un secondo cigno, nero questa volta, si accostò al primo ed i due proseguirono insieme finchè scomparvero alla sua vista, nascosti dal riverbero del sole al tramonto. Socchiuse gli occhi per proteggerli dall'intenso brillio della luce sull'acqua e prese la sua decisione. Guardò ancora un attimo il biglietto poi lo ripose nella tasca interna del cappotto, sul cuore.

- Sono pazza.- disse rivolta al lago, poi sorrise e si voltò - Belsize Park 17.- sussurrò - Non è la prima decisione folle che prendi, Angy.- si disse tornando sui suoi passi, verso la stazione del metrò all'uscita del parco - E fin'ora le decisioni folli sono state le migliori...- concluse con un altro sorriso.

Belsize Park era un quartiere tranquillo. Costituito da tipiche case a due piani costruite tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, una accanto all'altra, parte in mattoni rossi a vista e parte intonacate e dipinte di bianco o giallo tenue, con le bow-windows che illuminavano le stanze sul davanti e piccoli portici che riparavano le porte d'ingresso a cui si accedeva tramite una scalinata che rivelava l'esistenza di un piano seminterrato dove stavano di solito le cantine. Piccoli giardini ben curati le separavano dalla strada da cui erano riparate anche da bassi muretti coi cancelletti in ferro battuto che davano accesso a vialetti in pietra o mattoni che portavano ai piedi delle scale d'ingrasso. Il numero 17 era un po' in disparte, rispetto alle altre case, indipendente su tutti e quattro i lati era circondato da un roseto cinto da un muro di due metri. Il cancello in ferro battuto era decorato da un rampicante che lasciava libero soltanto l'accesso pedonale. La casa era in mattoni rossi con gli angoli in pietra grigia. Aveva l'aria più antica, rispetto alle case che la circondavano, e più austera. Angelica rimase qualche minuto a guardare la casa dal marciapiede di fronte osservando le finestre in legno scuro, le bow-windows in pietra grigia e la porta nello stesso legno delle finestre. Prese un respiro profondo e, attraversata la strada, si avvicinò al cancello. Non c'erano citofoni così provò a girare la maniglia che si piegò ubbidiente sotto la sua mano aprendo il cancello pedonale che girò sui cardini senza il minimo rumore. Varcò l'accesso richiudendo poi il cancello e si avviò verso le scale osservando il giardino e le molte piante di rosa che dormivano nel freddo dell'inverno. In primavera quel luogo doveva essere incantevole, pensò mentre saliva i gradini d'entrata. La porta era lucida ed imponente ed era decorata con batacchi in ferro che rappresentavano mascheroni danteschi. Piccoli gargoyle fungevano da doccioni per le grondaie dando alla casa un aspetto gotico e lievemente inquietante. Curiosamente però quell'atmosfera, invece di darle i brividi, le piacque. Non c'era campanello così la ragazza usò uno dei batacchi per bussare, ed attese. Pochi istanti dopo la porta si aprì, apparentemente da sola, dandole accesso alla casa. Entrò nell'atrio in penombra e si voltò sentendo la porta chiudersi. Appoggiato contro il lucido pannello di legno Démetros la osservava in silenzio con un'espressione intensa sul bel volto. Angelica sostenne il suo sguardo col cuore che batteva all'impazzata, quasi incredula di averlo dinanzi, così vicino dopo tutto quel tempo: due mesi senza vederlo, se non nei suoi sogni.

- Benvenuta.- le disse infine lui.

Si staccò di un passo dalla porta e, sorridendole, allargò le braccia. Quasi non aspettasse altro la ragazza azzerò la distanza tra di loro e vi si rifugiò, il volto nascosto tra le pieghe della camicia di lui mentre Démetros la stringeva a se con dolcezza. E Angelica si sentì improvvisamente a casa...

Ore dopo, nel cuore della notte, Démetros la osservava dormire placidamente contro il proprio petto. Si era quasi rassegnato a non vederla arrivare quando lei aveva bussato. Nelle ore diurne di quella lunga domenica, seduto sulla poltrona dinanzi al camino acceso, si era chiesto se la sua decisione di darle quell'indirizzo fosse stata giusta. Ma era stanco di sogni: lui voleva avere Angelica tra le proprie braccia nella realtà. Ed ora lei era li, il lento respiro che gli accarezzava la pelle ed i morbidi capelli che gli solleticavano il petto. Sorrise posandole un lieve bacio sulla sommità della testa poi, facendo attenzione a non svegliarla, si alzò e, vestitosi, raggiunse il piano seminterrato dove, in una stanza confortevolmente arredata, lo aspettavano alcuni uomini...

Fu la tenue luminosità del giorno che nasceva a svegliarla. Angelica si passò una mano tra i capelli guardandosi intorno, faticando a riconoscere il luogo in cui si trovava. Poi, appoggiato pigramente allo stipite della porta intento ad osservare lei, vide Démetros e tutto le tornò alla mente. Sorrise all'uomo che si avvicinò posando poi un ginocchio sul materasso e piegandosi a sfiorarle le labbra con un lieve bacio.

- Buon giorno, "Nata dagli Angeli".- le disse scostandole una ciocca di capelli dal viso - Dormito bene?-

Angelica annuì - Perchè mi chiami così?- chiese poi.

- Perchè ti si addice. E perchè nessun altro ti chiama così...- concluse baciandola nuovamente.

E la vita di Angelica cambiò ancora. Il lavoro andava bene, entrambi i lavori in verità, e Démetros... Improvvisamente la ragazza scoprì il vero significato delle parole 'esser viziata'. Si incontravano nella casa di Belsize Park, oppure a casa di lei, talvolta lui si faceva trovare vicino al portone con la macchina e la rapiva portandola via da Londra, per poche ore o per la domenica intera, verso piccoli villaggi tranquilli dove nessuno badava a due turisti in cerca di pace. Parlavano e facevano l'amore, imparando reciprocamente a conoscere le loro anime ed i loro corpi. E ridevano. Démetros era sorpreso per la facilità con cui lei lo faceva ridere, era talmente tanto tempo che nessuno ci riusciva... Una sola persona prima di Angelica aveva avuto quel dono, la ragazza la scoprì per caso, una domenica pomeriggio nella casa di Belsize Park: Démetros stava parlando al telefono nel suo studio e Angelica aveva iniziato a girare per la casa curiosa di vedere com'era fatta. Lui le aveva detto che poteva andare ovunque, che quella casa era tanto sua quanto di lui, così aveva iniziato l'esplorazione finchè, in una biblioteca allestita nel seminterrato al posto della cantina vide, appeso al muro, un quadro che ritraeva Démetros in ricchi abiti secenteschi in piedi accanto ad una poltroncina di legno su cui sedeva una giovane donna di delicata bellezza, anch'essa abbigliata in stile. Sembravano pronti per una festa in costume e il pittore era riuscito a rendere così reali tessuti ed espressioni che le parve quasi che quelle figure potessero muoversi. Si accorse che lui, nel quadro, non guardava verso l'artista ma verso la donna e la dolcezza che gli ammorbidiva i tratti del volto rendeva palese il profondo sentimento che lo legava a quella ragazza.

- Si chiamava Aislin...- la voce di lui la fece sobbalzare.

- Scusa...- disse lei guardandolo - Non volevo curiosare...-

- Non devi scusarti.- le rispose avvicinandosi - Non c'è nulla in questa casa che tu non possa vedere o di cui io non ti possa parlare.- lui la cinse da dietro con le braccia facendole appoggiare la schiena contro il proprio petto, tenendola stretta con tenerezza.

- Chi è?- riusci infine a chiedere lei tornando a guardare il quadro.

- Era mia moglie.-

La tristezza che accompagnò quelle parole le fece voltare il capo per guardarlo - Era?-

- E' morta. Alcuni anni fa...- Angelica posò una mano su quelle di lui intrecciate sul suo ventre - Un ladro entrò in casa,- continuò lui sottovoce - e si trovò davanti lei.- concluse lasciandole immaginare il resto.

- Mi dispiace.- mormorò Angy dopo qualche istante.

Ed era vero. Le dispiaceva perchè poteva percepire chiaramente il dolore che quella perdita ancora oggi infliggeva all'uomo che lei amava. Il respiro quasi le si mozzò in gola nel cristallizzare quel pensiero, quella verità: lei si era innamorata di Démetros. Quasi avvertisse il turbamento emotivo che quella realizzazione le aveva scatenato dentro, lui la strinse un po' di più posandole le labbra sulla tempia in un lieve bacio.

- Grazie.- le disse affondando il volto nei capelli di lei.

- Di cosa?- gli chiese Angelica sorpresa.

- Di essere entrata nella mia vita...- concluse lui facendola voltare e baciandola.

Un altro piccolo tassello del mosaico misterioso che Démetros era per lei, era infine andato a posto. Quella traccia di tristezza che a volte lei vedeva in fondo allo sguardo dell'uomo aveva ora un nome ed un volto. E una storia. Il fatto che lui le avesse raccontato senza esitare ciò che era successo la rendeva felice perchè significava che lui teneva al loro rapporto. L'aver infine capito cosa si agitava realmente in lei, cosa davvero provava per lui l'aveva un po' cambiata. Perchè ora faceva caso a tante piccole cose cui prima non dava importanza, ma tutto ciò che riguardava Démetros era importante, per lei. Il modo in cui parlava, il modo in cui muoveva le mani, il modo in cui la guardava...

La primavera era infine giunta e, come lei aveva immaginato, aveva trasformato il lembo di terra che circondava la casa di Belsize Park in un giardino lussureggiante e profumato. Floridi arbusti di rose rosso scuro e nere circondavano la casa sui 4 lati e, tra essi, un unico meraviglioso arbusto di rose candide che spiccavano tra le altre. Angelica aveva preso l'abitudine di passare almeno un'ora nel pomeriggio della domenica in giardino a curare quelle piante. Suo padre aveva la passione per le rose e ne aveva piantate molte nel giardino della loro casa vicino a Milano, insegnandole come curarle perchè fiorissero sane e rigogliose. Démetros restava di solito alla finestra a guardarla, deliziandosi della vista di quella ragazza fuori dal comune immersa tra le rose. L'amava. Non glielo aveva ancora detto, non a parole, ma era profondamente conscio dei propri sentimenti per lei. Sapeva di essere ricambiato e sapeva anche che l'intima timidezza di Angelica la spingeva a tenergli nascosti i sui sentimenti. Se lui le avesse rivelato i propri si sarebbe lasciata andare, ma non era ancora tempo... Démetros si staccò dalla finestra con un sospiro poi si concesse un mezzo sorriso indulgente per quella manifestazione emotiva così umana. Tornò serio: la situazione era abbastanza tranquilla ma, si chiese, per quanto ancora lo sarebbe stata? C'era qualcosa nell'aria, come la sensazione che non tutto fosse come sembrava... Il Consiglio era concorde su tutto ciò che lui aveva proposto e Marcus era tranquillo. Forse era questo a non quadrare, ammise con se stesso: il suo nemico sembrava aver rinunciato alla lotta, aver deciso di accettare che il ruolo che Démetros ricopriva non poteva essere di nessun altro. Tanto meno di Marcus stesso. Eppure... Osservò per qualche istante il quadro sopra il camino, l'uomo in cotta di maglia e armatura che lo osservava con piglio severo ma con una luce benevola nello sguardo. Ad Angelica, che aveva notato la somiglianza, aveva detto che era un suo antenato. Non aveva mentito, in effetti: era suo nonno... Lanciò un'occhiata verso la ragazza in giardino e tornò a guardare il quadro: come avrebbe reagito Angelica alla verità? Era una domanda che si poneva almeno cento volte al giorno e, purtroppo, non aveva risposta. Ma non era comunque ancora tempo, perchè lei sapesse. Ancora per un po' poteva fingere che non vi fossero altri segreti da rivelare, ancora per un po' poteva fingere che il suo mondo fosse fatto di luce, la cui stella più brillante era la ragazza tra le rose che vedeva dalla finestra...

Angelica si svegliò una notte all'improvviso, con la sensazione che qualcosa non andasse. Rimase un istante distesa osservando la luce dei lampioni che giocava con le tende del baldacchino del letto poi volse il capo verso Démetros e trovò il suo lato del letto vuoto. Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto che dal bagno non provenivano rumori e che quindi lui non era nella camera. Si alzò infilando la vestaglia e scese di sotto cercando l'uomo ma senza trovarlo. Ripassando nell'atrio notò una sottile lama di luce che filtrava dalla porta che dava sul seminterrato. Sorrise pensando che con ogni probabilità lui fosse in biblioteca a leggere come sempre faceva quando non riusciva a dormire e si avviò silenziosamente al piano inferiore decisa a fargli una sorpresa. Era ormai presso la porta del salottino di sotto quando il suono di alcune voci sconosciute, insieme a quella di Démetros, la bloccarono.

- E la zona nord?- stava chiedendo una delle voci - Chi se ne occuperà?-

- Chi se n'è occupato fin'ora.- rispose secca la voce di Démetros - Non ritengo vi siano gli estremi per avviare un cambio di confini.-

- Ma, mio signore...-

- Ho detto - lo interruppe Dèmetros - che per la zona nord rimarrà tutto com'è. Occupatevi dei vostri territori, lord Valkan, e vedete di risolvere i problemi creati dai vostri sottoposti, o sarete voi a perdere i vostri domini.- concluse con un tono duro che Angelica non gli aveva mai sentito.

- E per gli altri incarichi, mio signore?- chiese un'altra voce - Chi volete designare?-

- Geoffrey per l'Alsazia e la Lorena. Richard per la Romania: ha fatto un buon lavoro nell'ultimo decennio, voglio che continui.-

- E l'Hampshire Armas?- una quarta voce.

- E' zona neutrale e così rimane: nessuno lo tocca, pena la morte.- un momento di silenzio - Potete andare.- concluse poi.

- Sì, mio signore.- risposero le altre tre voci in coro.

Rendendosi conto che quegli uomini stavano per uscire Angelica si nascose veloce dietro i tendaggi che nascondevano la porta della biblioteca. La porticina di servizio si aprì con un lievissimo cigolio e i tre uomini, avvolti in lunghi domino neri, la varcarono richiudendola. La ragazza rimase immobile aspettandosi di veder uscire anche Démetros ma l'uomo non si mosse dalla stanza. Angelica si avvicinò alla porta facendo attenzione a non fare rumore e spiò all'interno: Démetros le dava le spalle, era in piedi intento ad osservare un'antica carta geografica appesa al muro. Non sapendo interpretare il suo umore Angelica si ritrasse e, silenziosamente, tornò di sopra rifugiandosi in camera da letto. Li, ancora una volta, si chiese chi in realtà fosse l'uomo con cui divideva la propria vita...

Parte della sua serenità era andata in frantumi e le domande si facevano sempre più pressanti. La casa di Belsize Park, fino a quel momento calda ed accogliente, divenne uno scrigno di segreti agli occhi della ragazza che si guardava intorno chiedendosi quale significato dare a ciò che aveva sentito in quella notte. Démetros si accorse ben presto che qualcosa turbava Angelica ma era cosciente che, se la ragazza non gliene aveva parlato, era qualcosa che non era ancora pronta a dirgli. Le stava vicino quando stavano insieme, coccolandola senza opprimerla con domande, anche se il silenzio di lei lo turbava: perchè lei non si confidava? La possibilità che, non si sa come, lei avesse iniziato ad intuire la verità su di lui iniziò a farsi strada nelle sue considerazioni. Possibile? Era possibile che Angelica, seppure inconsciamente, avesse capito la diversità della sua natura rispetto alla propria? Il fatto che nell'intimità nulla fosse cambiato, che lei non si ritraesse mai al suo tocco, gli diceva che ancora non sapeva. Aveva il timore che, una volta scoperta la verità, lei avrebbe temuto il suo tocco. O peggio: ne avrebbe avuto orrore. Quando questi pensieri gli attraversavano la mente nelle riflessioni notturne la stringeva a se con più tenacia, sempre attento a non farle male e a non svegliarla. Ma la teneva stretta sentendosi esplodere in petto il dolore dell'imminente perdita. Perchè se lei avesse reagito come lui temeva l'avrebbe persa per sempre, lo sapeva...

Dal canto sua Angelica aveva percepito l'incupirsi dei pensieri di Démetros, la sua paura di essere abbandonato. Abbandonato da lei. Una notte mentre facevano l'amore lui l'aveva stretta forte, "Non lasciarmi" le aveva sussurrato in un orecchio, "non lasciarmi mai..." aveva supplicato. Lei aveva ricambiato la stretta rassicurandolo che sarebbe sempre stata al suo fianco. Ma lui sembrava non crederle, non fino in fondo. Aveva scorto spesso lo sguardo dell'uomo, illuminato da una luce melanconica, fisso su di lei e non riusciva a capire a cosa era dovuto. Che Démetros avesse scoperto che aveva involontariamente assistito a quella riunione svoltasi nel seminterrato? Forse temeva le sue domande in merito... Angelica aveva pensato per giorni di chiedergli una spiegazione, poi aveva deciso di fidarsi di lui. Fino a quel momento le aveva sempre raccontato tutto, le aveva parlato della sua famiglia, della sua prima moglie... Quando fosse stato il momento le avrebbe detto anche cosa significava ciò che lei aveva visto e sentito. E in fondo un po' di paura della verità le si agitava dentro, la paura di scoprire che l'uomo che amava non era come lei lo vedeva...

Un venerdì sera arrivò presto al Hampshire, c'erano pochi clienti in giro e Robert la lasciò andare via a metà pomeriggio. Come una sera di tanto tempo prima la ragazza trovò il locale deserto, si affacciò alle scale che davano nelle stanze sotterranee chiamando Jhonas e, non ricevendo risposta, scese al piano di sotto alla ricerca dell'uomo. Si guardò intorno stupita e preoccupata: anche gli ambienti sotterranei erano deserti e la cosa era strana poichè Jhonas non lasciava mai il pub aperto ed incustodito. Sopratutto con la scala per il piano inferiore a vista...

- Bene bene...- una voce sconosciuta alle spalle la fece voltare di scatto - Ma guarda che fortuna.- sogghignò l'uomo dinanzi a lei.

Angelica lo osservò, certa di non averlo mai incontrato prima: era alto, capelli corti neri con una barba ben curata che gli disegnava la forma del mento e della mascella. Gli occhi avevano un colore strano: indaco molto intenso e la guardavano con una luce quasi famelica.

- Tra tanti pesciolini guarda quale si è infilato nella mia rete.- commentò soddisfatto avvicinandosi di un passo.

Angelica retrocedette spaventata: quell'uomo le faceva paura, il modo in cui la guardava, sopratutto. E quel ghigno soddisfatto e crudele che gli piegava le labbra.

- Hai paura, piccola?- le chiese irridente - Brava, fai bene.- concluse sorridendo nuovamente.

E Angelica realizzò cosa, in quel sorriso, l'aveva spaventata: i canini dell'uomo erano più sviluppati del normale. Più lunghi e massicci, lievemente arcuati sul fondo e disegnare quasi una falce di luna. O una sciabola...

Angelica sbatte contro la parete alle sue spalle: senza neppure accorgersene aveva continuato a retrocedere fino a ritrovarsi contro il muro.

- Fine della corsa, bambina.- la prese in giro lui avvicinandosi - Il buon Démetros ti piangerà un po', temo...- il sorriso si allargò nel vederle spalancare gli occhi a quel nome - Si... Innamorato di una bambina umana... Ridicolo!- esplose.

Fece il gesto di prenderla per una spalla, pronto a morderla quando una voce dietro di lui lo fermò:

- Marcus!- Angelica vide Démetros alle spalle del suo aggressore che si voltò a fronteggiare il nuovo arrivato - Non osare toccarla!- concluse l'uomo con furia.

- Proprio non potevi startene in riunione altri dieci minuti, Maestà?- lo irrise strafottente l'altro.

- Allontanati da lei subito.- la voce di Démetros vibrava di collera e qualcosa nel suo sguardo spinse Marcus a fare qualche passo di lato - Angelica sali di sopra.- le disse lui addolcendo appena il tono.

Ma la ragazza era pietrificata, scosse appena la testa mentre le ginocchia le cedevano facendola accasciare a terra.

- Ah! Umani!- la irrise Marcus - Deboli e pavidi!- guardò Démetros - Non sono altro che un pasto. Neppure troppo decente, a volte. E tu volevi farne sedere un'altra al tuo fianco? Non finchè esisto io!- concluse.

Senza preavviso si slanciò verso Démetros che rapido schivò il primo attacco lasciando emergere poi la sua natura. E Angelica vide quegli occhi dal colore indefinito farsi indaco/viola, così intensi da essere insostenibili, e l'arcata dentaria mutare lievemente lasciando emergere i canini. I due esseri dinanzi a lei cominciarono a combattere, spade parvero comparire dal nulla nelle loro mani e il clangore del metallo si sostituì alle parole. La ragazza osservava con affascinato orrore l'uomo, ciò che aveva creduto uomo, che lei amava schivare affondi mortali della lama argentea e restituirli con sapienza e precisione finchè, lunghi minuti dopo, con una stoccata perfetta Démetros trafisse petto e cuore del suo avversario che crollò a terra mormorando appena "Sii maledetto..." a Démetros prima di rimanere inerte. Il vincitore guardò per un istante il corpo del nemico prima di mormorare alcune parole in una lingua arcana e, alle orecchie della ragazza, completamente incomprensibile dissolvendolo in polvere. Il silenziò regnò sovrano nelle sale sotterranee per alcuni minuti mentre Angelica fissava il punto dove, fino a pochi istanti prima, il suo aggressore giaceva morto. Démetros la guardava, aspettando e temendo la sua reazione: ora avrebbe saputo se per lui, per loro, esisteva un futuro. Lei rimaneva immobile, in silenzio, la scena cui aveva appena assistito che si ripeteva all'infinito nella sua mente mentre visualizzava la trasformazione di Démetros e prendeva coscienza di ciò che lui era. Alzò gli occhi su di lui che si lasciò guardare, lasciò che lei osservasse i sui tratti e i segni inconfondibili della sua natura. Perchè vi prendesse confidenza, perchè capisse che lui era sempre lui...

Angelica osservava l'uomo, il vampiro, dinanzi a se con occhi sgranati ma, si accorse, senza paura. La rivelazione della verità non l'aveva sconvolta, stranamente era come se, dentro di se, lei avesse sempre saputo che lui non era un comune mortale. Lui la osservava immobile e silenzioso, attento alle sue reazioni e, quando la vide rialzarsi e rimanere ferma dinanzi a lui, sorrise lievemente, con tenerezza.

- Ora sai.- le disse sottovoce nella semioscurità della stanza sotterranea.

Angelica sobbalzò lievemente al suono della sua voce, impreparata all'ondata di emozione che le suscitò. La voce di lui... Era così bello sentirla, così prezioso per lei quel suono. In quel momento capì che non le importava quale fosse la sua natura, ciò che importava era che lui la guardasse, che le parlasse. Lui fece un passo avanti e le porse una mano.

- Vieni con me.- le disse - Vieni con me e diventa la mia sposa. Per il tempo della tua vita, se non vuoi rinunciare alla tua natura, o per l'eternità, se vorrai accettare l'Abbraccio. Sii mia, la mia compagna. Che sia per mezzo secolo o per un millennio, non importa: accetterò la tua scelta. Ma cammina con me in questo mondo...- concluse guardandola negli occhi.

Angelica sentiva il proprio cuore batterle forte in petto mentre lui le diceva tutto ciò che lei aveva sempre desiderato sentirgli dire. Sollevò gli occhi fino ad incontrare quelli di lui e rimase li, a guardarlo, alcuni minuti. Non sapeva cosa le avrebbe riservato il domani, non sapeva quale delle due vie che lui le aveva illustrato avrebbe percorso. Non sapeva che vi era una terza possibilità e che quella avrebbe scelto. Non sapeva nulla ma, guardando quella meravigliosa ed antica creatura dinanzi a lei, si rese conto che non le importava. Tutto ciò che voleva era prendere quella mano e lasciare che lui la conducesse ovunque voleva condurla.

E così fece...




Nota dell'autrice
Se siete pratici di Camden avrete probabilmente riconosciuto il Lock 23 (pre incendio) e il Lock 17
dalle descrizioni. Putroppo il negozio a cui è ispirato quello della storia non esiste più.
Bruciare qualla parte di Camden è stata la cosa peggiore che si potesse fare, a mio avviso.
Invece l'Hampshire Arms è ispirato ad un locale antichissimo che è "misteriosamente" scomparso
qualche anno fa. Leggenda vuole che quel locale fosse realmente un ritrovo... ;)

  
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