Serie TV > Jarod, il Camaleonte
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Autore: sara_gi    27/10/2016    3 recensioni
Jarod viene ricatturato ma riesce a fuggire nuovamente dal Centro. Al gruppo formato da Miss Parker, Sydney e Broots si unisce, per ordine del triunvirato, un quarto cacciatore: una misteriosa giovane donna dal volto angelico ma dallo sguardo freddo come il ghiaccio. Altri guai per Jarod?
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jarod, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un po' di serenità

 

 

20 - 01 - 2002

 

Nella penombra dell'ufficio due persone osservavano in silenzio le immagini, in bianco e nero, sul video posto alle spalle della scrivania. Uno era un uomo di colore, stava seduto sulla poltrona girevole della scrivania massaggiandosi la barba e osservava l'immagine con un lieve sorriso, l'altra era una donna. La sua età era sconosciuta ed il suo viso non era distinguibile nella penombra dell'ufficio così come la sua espressione. Anche lei guardava l'uomo inquadrato dalla telecamera, che rimandava le immagini allo schermo dell'ufficio. Era fermo in mezzo ad una stanza spoglia, le braccia legate sopra alla testa da due catene che pendevano dal soffitto. Era alto, il fisico asciutto e muscoloso messo in risalto dal fatto che indossava solo un paio di vecchi jeans sdruciti. Aveva corti capelli scuri ed un bel volto nel quale spiccavano gli occhi neri, occhi intelligenti, occhi freddi che si guardavano in giro con rabbia malcelata.

L'uomo nell'ufficio smise di guardare lo schermo.

- Bene, bene, bene...- disse voltando la poltrona - Lavoro soddisfacente, non pensi?- chiese rivolto alla donna in piedi dall'altra parte della scrivania.

- Per quale scopo vuole utilizzarlo?- chiese una voce sorprendentemente dolce.

- Per quello originario.-

- Ha già deciso a chi affidarlo?-

- Dekar.- disse semplicemente l'uomo.

- Lo considera pronto?-

- A quanto pare è lui a considerarsi pronto: ho sentito dire che ultimamente si è spesso lamentato dei compiti che gli affidavo. Sembra che li considerasse troppo semplici per le sue "capacità". Vedremo come se la cava con un compito di supervisione.-

- Non sono sicura che sia stata una buona scelta.- disse lei che non aveva mai staccato gli occhi dal video di sorveglianza.

- Cosa te lo fa pensare?-

- Quello che sto vedendo...- disse indicando lo schermo.

L'uomo si voltò a vedere: nella stanza inquadrata c'erano ora altri tre uomini, oltre a quello incatenato, due, in abito scuro, si tenevano in disparte mentre il terzo interrogava il prigioniero. Ogni volta che questi apriva bocca l'interrogatore reagiva con una serie di colpi al busto ed al viso, evidentemente insoddisfatto di ciò che gli diceva l'uomo incatenato. Non si sentivano i rumori dei colpi o i lamenti poiché il video era privo di sonoro.

- Non so cosa ne pensa lei,- disse la donna - ma non credo che ci servirà a molto, in quello stato.-

- Cosa diavolo sta facendo quell'idiota?- esclamò furente l'uomo.

- Vuole che intervenga?-

- Sì, impediscigli di fare altri danni e fammi un rapporto sullo stato del "materiale".-

- Sì, signore.- rispose lei avviandosi.

- Ancora una cosa...- la fermò sulla porta - Liquida quell'incapace.-

- Come vuole.-

La porta dell'ufficio si richiuse alle sue spalle e l'uomo tornò al suo lavoro.

 

"Che gioia essere a casa." stava pensando ironicamente l'uomo incatenato facendo scorrere lo sguardo per la stanza: pareti spoglie, pavimento nudo. Un neon, incassato nel soffitto poco più avanti di dove pendevano le sue catene, spandeva una luce giallognola. Alle sue spalle, con un po' di sforzo, aveva visto la sagoma di un letto e, davanti a lui, stava la porta sopra la quale era chiaramente visibile l'immancabile telecamera. Si chiese chi ci fosse dall'altra parte immaginando una dozzina di persone che, calici colmi di champagne in mano, festeggiava la sua cattura.

Già, lo avevano catturato. Catturato e riportato in quel posto da incubo, di nuovo. La prima volta che era stato li lo avevano tenuto prigioniero per trent'anni. Quando era riuscito a fuggire si era ripromesso che non sarebbe più tornato. Ma poi le circostanze glielo avevano imposto. Ripensò a due anni prima, quando lo avevano preso la prima volta. Era tornato per far fuggire suo padre, appena ritrovato, ed il suo quattordicenne gemello genetico, la parola "clone" non gli piaceva preferiva quest'altro termine. La loro fuga era riuscita ma, lui, aveva dovuto pagare un prezzo molto salato: la cattura. Era stato catturato e affidato alle "amorevoli" cure di quel pazzo di Lyle che lo aveva torturato fino a passare ogni umana sopportazione. Era quasi impazzito, ma era riuscito a scappare prima che ciò accadesse. Ma proprio per un pelo...

Scacciò i ricordi e osservò nuovamente la stanza cercando di indovinare in quale buco lo avessero gettato. Tentò un'altra volta di forzare le catene senza successo. Si erano fatti più furbi: sebbene rinchiuso non era mai stato incatenato, anche per questo era riuscito a scappare. Come diavolo era finito in quel pasticcio?

Si trovava a Philadelphia quando lo avevano trovato. Aveva appena smascherato un agente della DEA che si era affiliato ad un clan mafioso quando, tornando al suo rifugio, si era trovato davanti "lei". Come aveva fatto a trovarlo? Non lo sapeva. Era circondata dai suoi uomini e gli aveva consigliato di arrendersi. Lui naturalmente non aveva ascoltato il consiglio ed era scappato. L'aveva costretta ad una caccia di due ore e, quando aveva pensato di averla seminata, si era trovato in trappola. Gli avevano iniettato un qualche sonnifero e l'ultima cosa che ricordava era la voce di lei che gli diceva:

- Questa volta ti ho preso!-

Si era svegliato un paio d'ore prima e si era trovato in quella stanza, appeso come un salume al soffitto.

Si riscosse sentendo dei passi avvicinarsi, che la sua persecutrice venisse a fargli visita? Ascoltò con più attenzione ma non percepì il tipico ticchettio che accompagnava sempre il suo avvicinarsi. Si rese conto di non riconoscere nessuno dei passi in avvicinamento e sospirò: non aveva una gran voglia di fare nuove amicizie. In quel momento una sensazione di disagio lo invase stringendogli lo stomaco: conosceva quella sensazione, spesso gli aveva salvato la pelle, sentirla non era mai una buona cosa. Un brivido di apprensione gli corse lungo la spina dorsale: brutto segno. La porta si aprì ed entrarono tre uomini. I primi due erano alti e nerboruti, vestiti di scuro, le loro giacche avevano, a sinistra, il tipico rigonfiamento indicante la fondina della pistola. Il terzo era più basso e mingherlino e guardò il prigioniero con una luce cattiva negli occhi. Pessimo segno... Un quarto uomo rimase fuori dalla porta, richiudendola.

- Bene, bene, ecco qui il famoso genio. Mister "posso essere chiunque voglio". Come ci si sente ad essere di nuovo nel luogo a cui appartieni?-

- Ti dirò,- disse il prigioniero con tono noncurante - lo stile del nuovo arredatore non è che mi piaccia molto.- concluse guardando l'altro negli occhi.

- Spiritoso,- disse il nuovo arrivato piantando un pugno nello stomaco dell'altro - molto spiritoso. Il mio nome è Dekar e non mi piacciono gli spiritosi, vedi di ricordarlo.-

Il prigioniero, che era stato colto di sorpresa dal pugno, inspirò profondamente alzando nuovamente la testa.

- Cercherò di tenerlo a mente.- disse.

Partì un'altra salva di colpi che, però, ebbero minor efficacia poiché attesi. Accidenti, il piccoletto aveva la mano pesante... Il prigioniero reagì tentando di colpire Dekar ma, quest'ultimo, riuscì a schivare il calcio.

- Così ti piace giocare di piedi, vero?-

- Non è che abbia molta scelta.- mormorò l'uomo in catene.

Nella sua voce era percepibile la sofferenza ma, questo, non fece che acuire, nell'altro, il desiderio di aumentarla. Con la grazia di un ballerino classico Dekar fece un passo indietro e, piroettando, fece scattare in alto la gamba destra in un perfetto colpo di karate al costato. Mantenendo lo slancio della rotazione compì un giro di 360 gradi e colpì, con un pugno, la mascella dell'altro che, per miracolo, non si ruppe.

Una nebbia scura andava addensandosi davanti agli occhi di quest'ultimo, sommerso da nere ondate di dolore. Il suono di uno sparo rimbombò nelle sue orecchie per un istante.

"Vuoi vedere che stavolta ho esagerato?" riuscì a pensare prima di svenire.

 

Tom era in piedi fuori dalla porta della stanza 104 indifferente a ciò che avveniva all'interno. Il suo capo, il signor Dekar, gli aveva ordinato di rimanere di guardia perchè nessuno lo disturbasse mentre interrogava il prigioniero, così era rimasto fuori.

Si stava guardando in giro con aria annoiata quando si accorse che si stava avvicinando qualcuno dal corridoio centrale: era una ragazza. Non era molto alta, 1.60 circa, indossava un abito di un pallido color argento, lungo fino alle caviglie, con sopra un bolerino a maniche corte dello stesso colore. I capelli ricci castano-ramati le arrivavano ai fianchi ed erano trattenuti da due pettinini ai lati del volto angelico. La si poteva credere un'apparizione, camminava senza produrre alcun rumore e sembrava totalmente fuori luogo in quei corridoi bui e spogli. Anche se non l'aveva mai vista, Tom, sapeva chi era, tutti loro sapevano chi era e sapevano anche che era meglio obbedirle all'istante e sperare che non fosse li per te. Si chiese come fosse possibile che una creatura così giovane e, apparentemente, così delicata fosse la famosa Lady di cui aveva sentito parlare. Poi vide i suoi occhi: due gelide fiamme nere che lo trapassarono da parte a parte incenerendo il suo coraggio e la sua baldanza. Lei gli fece un cenno avvicinandosi e Tom si affrettò ad aprire la porta per farla passare. Entrò e, senza proferire parola, con un singolo fluido movimento estrasse, da sotto il bolerino, una piccola pistola e, apparentemente senza prendere la mira, sparò verso Dekar colpendolo, volutamente di striscio, ad un polpaccio. Dekar si accasciò a terra con un grido di dolore, lei ripose l'arma e gli si inginocchiò davanti.

- Lo ha deluso, signor Dekar, e lui non sopporta di venir deluso.- gli disse sollevandogli il mento con un dito - Voi tre,- disse rialzandosi - da questo momento non lavorate più per questo signore. Voi due,- si rivolse a coloro che erano già nella stanza - portatelo in infermeria dopo di che assicuratevi che sgomberi la sua scrivania e lasci questa struttura: è appena stato licenziato. Tu,- disse a Tom mentre gli altri eseguivano - rimani qui.-

Si avvicinò al prigioniero e prese ad osservare le sue ferite dopo aver posato due dita sulla giugulare per assicurarsi che fosse ancora vivo.

Tom si sorprese a chiedersi che effetto dovesse fare essere toccato da quelle dita. Scacciò quei pensieri che, se intuiti, potevano fargli passare molti guai e tornò ad osservare ciò che accadeva. La ragazza lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e scosse la testa.

- Slegalo,- disse a Tom - e adagialo con delicatezza sul letto. Poi chiama i dottori: che vengano con una barella. Quest'uomo deve subito essere trasferito al centro medico.-

Mentre Tom eseguiva lei prese il telefono cellulare e compose un numero.

- Sono io.- disse - I danni sono piuttosto gravi, il materiale non potrà divenire operativo prima di due settimane... Sì, ho già dato ordine che venga trasferito... Come desidera, sarò da lei tra dieci minuti.- riattaccò.

Rimase ad osservare mentre Tom aiutava i due medici a caricare il prigioniero sulla barella e, mentre questi ultimi lo portavano via, scosse nuovamente la testa.

- Che spreco di tempo.- mormorò.

Tom la guardò allontanarsi sentendo un brivido corrergli per la schiena. Ora sapeva perchè tutti avevano paura di lei nonostante fosse appena arrivata, e sapeva il perchè del soprannome che i suoi colleghi le avevano dato.

Ora, aveva conosciuto anche lui "l'Angelo di Ghiaccio".

 

 

Una settimana dopo.

Il Centro. Blu Cove, DELAWARE.

Ore 11.00 am.

 

Le sirene d'allarme facevano un chiasso infernale spaccando i timpani di coloro che si trovavano nella struttura con il loro ululio penetrante. Miss Parker camminava avanti e indietro nell'ufficio di Sydney mentre questi la osservava con indulgenza.

- E' scappato!- stava dicendo lei senza fermarsi - Come diavolo hanno fatto a farselo scappare? Era ferito, aveva tre costole rotte, la mascella incrinata, era avvolto in tante bende da sembrare una mummia egizia e, come se non bastasse, era sorvegliato da otto, dico otto, uomini! Ed è scappato.- si portò una mano allo stomaco.

- Calmati, Parker, o ti tornerà l'ulcera.- disse Sydney con voce pacata.

- Come fai ad essere così calmo? A già, dimenticavo, tu ne sei contento.-

- Sei ingiusta, ora.-

Lei sbuffò ricominciando a passeggiare. La porta si aprì ed entrò un uomo sui trentasette anni con radi capelli scuri.

- Broots!- lo apostrofò Miss Parker - Cosa hai scoperto?-

- Non molto, temo. Le telecamere non erano in funzione in nessuno dei sottolivelli: non so come ha lasciato l'infermeria ne da dove è uscito.-

- Insomma non sai niente!- esclamò lei esasperata poi lo guardò - Come sarebbe a dire che le telecamere non funzionavano? Questo è impossibile.-

- Colpa dell'esercitazione antincendio: quando scattano gli allarmi antincendio le telecamere e le luci dei sottolivelli vengono escluse automaticamente per questioni di sicurezza. Infatti, in caso di incendio, l'ultima cosa che serve è un circuito elettrico attivo che possa fare altri danni.-

- Magnifico! Insomma lo abbiamo fatto uscire noi.- disse lasciandosi cadere su una sedia.

- Non ti preoccupare, Parker,- la consolò Syd - lo hai preso una volta, lo prenderai di nuovo.-

- E' quello che penso anch'io.- disse una voce alle loro spalle.

Si voltarono e videro avvicinarsi un uomo di colore. Era alto, portava la barba, indossava un costoso abito italiano sul quale spiccava una fascia dai colori sgargianti che portava a cavallo della spalla sinistra e, in mano, reggeva un bastone nero ornato da una complicata impugnatura d'argento.

- Matumbo!- esclamò Miss Parker sorpresa.

- Ho deciso di riaffidare a voi il compito di trovare nuovamente Jarod. Quando sarà di nuovo qui, Sydney tornerà ad essere il suo supervisore. Inizierete subito, ma non da soli: al gruppo si unirà un'altra persona per aiutarvi.- si voltò e fece un cenno - Questa è Lady Amina,- disse presentando la ragazza che si era avvicinata - da oggi collaborerà con voi per riportare Jarod al Centro.- ciò detto si voltò e se ne andò.

I quattro rimasero un momento a guardarsi poi la nuova arrivata sorrise ai suoi colleghi.

- Lieta di conoscervi, ho sentito parlare molto di voi.-

- Ne sono sicura.- commentò Miss Parker.

Il cellulare di Lady Amina squillò e lei si allontanò di qualche passo per rispondere quindi tornò.

- Scusatemi ma devo allontanarmi. Tornerò tra circa un'ora così potremo metterci al lavoro. Se, nel frattempo, aveste bisogno di me questo è il numero del mio telefono.- concluse posando un biglietto sulla scrivania di Sydney.

Quest'ultimo la guardò allontanarsi chiedendosi chi fosse realmente. Era affascinato da quel volto d'angelo e dal modo di muoversi di quella ragazza: se Miss Parker possedeva la maestà di una Venere del Canova, Lady Amina aveva la grazia di una Primavera botticelliana.

- E questa da dove salta fuori?- chiese Miss Parker a voce alta.

- Non lo so ma è davvero... bella.- sospirò Broots.

- La mia non era una domanda retorica, Broots. Se hai finito di sbavare vorrei che trovassi una risposta!-

- Sì, Miss Parker, vado.- e con ciò si affrettò verso il proprio ufficio.

- Non puoi biasimarlo per il suo commento, Parker, è pur sempre un uomo e, quindi, soggetto al fascino femminile.-

- Non dirmi, Syd, che piace anche a te.-

- Sono un uomo anch'io.- disse lui con un lieve sorriso.

- E io che pensavo ti interessassero solo le menti disturbate.- commentò ironica - Comunque non mi fido.-

- Neppure io, almeno per il momento.-

 

 

Stesso giorno.

Il Centro. SL-14.

Ore 2.00 pm.

 

Amina si aggirava per la stanza che Jarod aveva occupato nel centro medico del sottolivello 14. L'odore del disinfettante impregnava la camera sterile, tutto era stato lasciato come era quando avevano scoperto la fuga del prigioniero e, lei, aveva fatto togliere corrente al sistema principale per trovarsi nelle stesse condizioni in cui si era trovato lui.

- Cosa hai pensato, Jarod? Come hai agito? Ti sei tolto le bende e le hai lasciate cadere...- disse smuovendo il mucchietto di garze per terra con un piede - Ti sei avviato alla porta oppure hai preferito i condotti?- si avvicinò al condotto di areazione e ne osservò l'accesso con attenzione - No, hai usato la porta. E poi?- si chiese uscendo in corridoio - I condotti laggiù? Le scale?-

Proseguì le sue ricerche, ogni opzione presa in considerazione ed esaminata fino a verificarla o scartarla, camminando lentamente per scale e corridoi del Centro finchè si ritrovò all'aperto: davanti all'ingresso principale. Si guardò intorno ed iniziò a ridere tra se e se sedendosi sui gradini d'entrata. Fu così che la trovò Sydney.

- Sembri allegra.- disse sedendolesi accanto.

- Quel tuo ragazzo è qualcosa di incredibile, sai? Anche se è più giusto chiamarlo uomo.-

- Cosa ha fatto di così incredibile?-

- E' uscito, Sydney. E' uscito da qui. Niente condotti o fognature, è uscito dalla porta principale e nessuno se ne è accorto.- concluse scuotendo la testa divertita.

- La cosa non ti offende? Dopo tutto si è preso gioco del Centro.-

- Jarod detesta il Centro e, a dirla tutta, lo capisco. Ma per quel che mi riguarda la sua fuga è un'ottima cosa per almeno due ragioni: in primo luogo questo costringerà il Centro ad una revisione totale dei sistemi di sicurezza, secondo... Io adoro le sfide e lui è la sfida più grossa che potrà mai capitarmi.-

- Matumbo conosce questi tuoi pensieri, come dire, insubordinati?-

- A lui importa che io faccia bene il mio lavoro, che porti a termine con successo gli incarichi che mi affida. Cosa penso in riguardo sono affari privati.- lo guardò - Conto comunque sulla tua discrezione, Sydney.-

- Certamente.- disse lui sorridendo.

Si alzarono e, rientrati, raggiunsero l'ufficio di Miss Parker dove avevano appuntamento col resto della squadra.

 

 

Stesso giorno.

Il Centro. Ufficio di Broots.

Ore 6.30 pm.

 

I tacchi delle scarpe di Miss Parker risuonavano sul pavimento di marmo mentre raggiungeva l'ufficio di Broots dove la aspettavano i due uomini.

- Allora, cosa hai scoperto?- chiese entrando.

Broots attese che si fosse avvicinata poi prese a parlare sottovoce.

- Non hai idea fin dove ho dovuto scavare prima di trovare qualche informazione su quella ragazza...-

- E neppure mi interessa.- lo interruppe lei.

- E io te lo dico lo stesso: sono dovuto penetrare nel computer centrale della torre per trovare le informazioni! Ho scoperto diverse cose: la data di registrazione risale a venti anni fa, lei aveva circa tre anni. Il suo nome e i nomi dei suoi genitori non compaiono e non è indicato neppure il luogo di provenienza. Questo mi ha fatto pensare che, forse...-

- Che forse anche lei è stata rapita come accadde a Jarod.- intervenne Sydney.

- Già. A differenza di Jarod, però, non fu portata al Centro ma direttamente su...- esitò.

- Alla torre?- chiese Miss Parker.

- Da Matumbo. Ha firmato lui personalmente i documenti di ammissione e, sempre lui, le ha dato il nome che porta ora. Ho scoperto che l'ha allevata ed addestrata di persona. In un memorandum agli altri membri del triunvirato la definisce, cito testualmente, "la mia creatura". Ha iniziato la sua carriera operativa a quattordici anni, è stata addestrata all'uso di tutte le armi sia da fuoco che bianche. La sua preferita è la balestra, a quanto sembra. E non è tutto, ho trovato una registrazione DSA risalente al primo giorno di permanenza di Jarod al Centro, una settimana fa. Guardate.- disse inserendo il dischetto.

Si vide una stanza, Jarod era incatenato e un uomo che non conoscevano lo stava picchiando brutalmente quando la porta si aprì. Entrò Amina e, senza dire una parola, sparò allo sconosciuto ferendolo ad una gamba. Continuarono a guardare mentre faceva portare Jarod in infermeria per poi allontanarsi senza fare una piega.

- Freddina, non trovate?- commentò Miss Parker.

- Già.- assentì Broots - questo suo modo di fare le è valso il soprannome datole da addetti della sicurezza e spazzini: "l'Angelo di Ghiaccio".-

- Oh?- fece Miss Parker - E io che pensavo di essere l'unico ghiacciolo in giro.-

- A quanto pare non più.- disse Sydney.

- Tutto questo conferma la mia prima opinione: non mi fido di lei. Non credo che sia qui solo per aiutarci a catturare Jarod.- commentò Miss Parker.

- Deve avere anche l'ordine di controllarci e riferire il nostro operato a Matumbo.- disse Broots.

- Se così fosse ora sareste nei guai.- disse la voce di Amina alle loro spalle.

Si voltarono a guardarla, stava in piedi a pochi passi da loro e li guardava con un mezzo sorriso. Si avvicinò ed estrasse il DSA dal lettore.

- Mi stavo giusto chiedendo dove fosse finito, se Matumbo scopre che non è più al suo posto potrebbe inquietarsi. Ora devo andare, ci vediamo domattina.- fece per allontanarsi ma si fermò - Oh, a proposito, mi piace sentirmi chiamare "l'Angelo di Ghiaccio" quanto a lei di sentirsi chiamare la "Regina di Ghiaccio".- disse indicando Miss Parker - Vi sarei, quindi, grata se evitaste di usarlo. Buona serata.- si allontanò.

- Accidenti.- mormorò Broots quando se ne fu andata - Ce la siamo vista brutta. Quanto credete abbia sentito?-

- Probabilmente è entrata quando ci hai riferito il soprannome.- disse Sydney.

- Come fai a saperlo?- chiese Miss Parker.

- Non lo so, ma se fosse entrata prima penso avrebbe reagito diversamente viste le nostre illazioni su un suo probabile rapimento.-

- Hai ragione. Almeno spero.- fu il commento di Broots.

 

 

Due giorni dopo.

Una baita da qualche parte.

Ore 7.00 pm.

 

Jarod sedeva dinanzi al fuoco fissando le fiamme. Aveva da poco finito di cambiare la fasciatura al costato ed ora stava a torso nudo dinanzi al caminetto.

Era riuscito a farcela: era scappato. Era passato sotto il naso della popolazione di spazzini che abitava il Centro e se ne era andato. Aveva approfittato dell'esercitazione antincendio per andarsene mischiandosi alla folla confusionaria che aveva lasciato l'edificio.

Si chiese come stesse Sydney e decise di scoprirlo. Preso il telefono satellitare compose il numero, il suo mentore rispose al secondo squillo.

- Sydney.- disse.

- Che atmosfera si respira da quelle parti?-

- Jarod! Sono lieto di sapere che stai bene. Qui si va avanti come al solito.-

- E come va l'ulcera di Miss Parker?-

- Prova a immaginarlo. Qualcosa non va? Perchè hai chiamato?-

- Volevo solo sapere come stavi. Sarete sempre voi a darmi la caccia?-

- Sì... Jarod c'è qui una persona che vuole parlarti, aspetta...-

Sentì lo scatto del pulsante del viva voce e la cornetta che veniva riagganciata.

- Salve, Jarod.- disse una dolce voce femminile - Il mio nome è Lady Amina, lieta di parlarti.-

- Curiosa scelta di termini, ci conosciamo?-

- Io ti conosco, per quanto ti riguarda le volte che ci siamo incontrati eri semi incosciente quindi, forse, non ti ricorderai di me.-

- Capisco. Toglimi una curiosità: come mai una ragazza con una voce come la tua si trova li?-

- Semplice: sono qui per darti la caccia, da oggi dovrai giocare anche con me.-

- Pensi di riuscire a prendermi?-

- Chissà... Certo so che non sarà facile, sei molto furbo. E sfrontato, uscire dall'ingresso principale è stato un colpo da maestro. Complimenti.-

- Non sapevo di avere degli ammiratori.-

- Oh, ne hai più di quanti immagini. Ora ti lascio a Syd. A presto, Jarod.-

Il rumore della cornetta che veniva risollevata poi la voce di Sydney.

- Affascinante, vero?-

- Chi è?-

- Qualcuno che ti somiglia, Jarod, qualcuno nei cui occhi brilla la stessa determinazione che brilla nei tuoi.-

- Una sfida interessante.-

- Lo ha detto anche lei. Jarod... Sii prudente.-

- Lo sarò, Sydney.- chiuse la comunicazione - Lo sarò.-

Tornò a guardare le fiamme, così ora le cacciatrici erano due...

Ripensò a quello che aveva detto questa Amina a proposito dell'essere uscito dalla porta principale. Come faceva a saperlo? Nessuno lo aveva visto, altrimenti lo avrebbero fermato. Ma, allora, come lo aveva capito?

Il dubbio che fosse una simulatrice lo assalì. Possibile che fosse riuscita ad entrare nella sua testa, a pensare come lui al punto da capire cosa aveva pensato e come aveva agito?

Se era così il consiglio di Sydney era da seguire. Non che normalmente non fosse prudente ma, nel caso le sue illazioni si fossero rivelate vere, avrebbe dovuto esserlo ancora di più. Sospirò.

Avrebbe mai avuto fine quell'incubo?

 

 

 

Tre settimane dopo.

Amarillo, TEXAS.

Ore10.15 am.

 

 

Il colpo di pistola echeggiò tra i muri dei magazzini mentre il proiettile andò a piantarsi un paio di centimetri di fianco alla ruota della macchina che, con grande stridio di gomme, svoltò un angolo sparendo dalla loro vista.

- Maledizione!- esclamò Amina con ancora la pistola in mano.

- Stai scoprendo che non è poi così facile prenderlo, vero?- le chiese Miss Parker.

- Non ho mai pensato che sarebbe stato facile. Torniamo, qui non c'è più nulla da fare.-

Era la seconda volta in tre settimane che si trovavano abbastanza vicini a Jarod da guardarlo in faccia e, per la seconda volta, gli era sfuggito. Sam, lo spazzino di Miss Parker, e Tom, lo spazzino assegnato ad Amina, lo stesso che aveva slegato Jarod e chiamato i dottori al Centro quasi cinque settimane prima, le seguirono verso le macchine dove li aspettavano Syd e Broots. I due spazzini salirono sulla seconda macchina lasciando ai quattro superiori la prima. Tornarono a quello che era stato l'ultimo rifugio di Jarod nella speranza che questi gli avesse lasciato qualche indizio utile.

Tornarono a Blu Cove col primo aereo senza nulla in mano ma decisi a non demordere: in fondo gli erano andati vicinissimi ben due volte. Lo avrebbero preso.

Prima o poi.

 

 

Stesso giorno.

Deserto del NEW MEXICO.

Ore 11.20 pm.

 

Jarod stava guidando da ormai tredici ore. Si era fermato solo due volte per fare benzina e comprare qualcosa da mangiare. Aveva oltrepassato il confine da ore e stava facendo il giro del New Mexico per mettere più strada possibile tra se e i suoi inseguitori. Questa volta ci erano andati vicini, c'era mancato veramente poco a che lo prendessero. Era riuscito a raggiungere la macchina e a fuggire prima che accadesse. Quando aveva visto Amina prendere la pistola aveva sudato freddo ma, per fortuna, lei aveva sbagliato il colpo.

Era deciso a tornare in Texas da El Paso: aveva ancora qualcosa da fare in quello stato. Continuò a guidare senza dare peso alla stanchezza finchè ebbe passato il confine. Entrando a El Paso guardò la statale che proseguiva verso sud: da quella parte, a poche miglia, c'era il Messico. Immaginò, per un istante, di oltrepassare quella frontiera e trovare un posto tranquillo in qualche località amena, un luogo adatto ai bambini, dove farsi una vita e una famiglia. Quanto lo desiderava! Niente Miss Parker, niente Lady Amina, niente spazzini e, sopra tutto, niente Centro.

Si lasciò cullare da quel sogno per qualche momento poi, tornato alla realtà, si diresse verso il motel più vicino deciso a dormire almeno qualche ora.

Aveva ancora qualche risposta da cercare e sapeva che le avrebbe trovate solo continuando a fare ciò che faceva: scavare nei segreti del luogo che lo aveva posseduto per trent'anni.

Inspirò profondamente. Non era ancora il momento di mollare, non ancora...

 

 

Quattro settimane dopo.

Roanoke, VIRGINIA.

Ore 5.10 pm.

 

Il grande complesso di capannoni ed edifici commerciali era silenzioso, le uniche persone che vi si trovavano erano cinque uomini e due donne. Camminavano guardandosi intorno con circospezione, sapevano che la loro preda era li da qualche parte. Si erano separati per poter coprire più terreno possibile e procedevano cauti. Lady Amina camminava come sempre senza produrre nessun rumore, teneva la sua piccola pistola nella mano destra pronta ad usarla. I suoi occhi scrutavano attentamente gli edifici circostanti alla ricerca di qualcosa che le rivelasse la "sua" posizione quando, all'improvviso, si udì uno sparo. Svelta corse nel luogo da dove era partito e trovò Tom, il suo spazzino, e Bob, uno spazzino che le avevano ordinato di portare con se. Quest'ultimo aveva in mano una pistola fumante.

- Cosa è successo?- gli chiese.

- Lo abbiamo visto, Lady Amina. Tom gli ha ordinato di fermarsi ma non ha obbedito, così ho sparato nella sua direzione. Ma devo averlo mancato poiché è scappato.-

- Ringrazia il cielo per averlo mancato! Gli ordini sono di riportarlo al Centro vivo. Cerca di ricordarlo!-

- Avevo mirato per colpirlo di striscio!-

- Dove è scappato?-

- E' entrato in quel capannone.- disse Tom indicando una porta poco distante.

- Bene, entro prima io, voi mi seguirete fra tre minuti. Nel frattempo arriveranno gli altri: metteteli al corrente. Ricordate: tre minuti.- detto questo si avviò.

Entrata nel capannone aspettò che la porta si fosse richiusa e iniziò ad aggirarsi tra i macchinari fino ad arrivare quasi al centro della costruzione. Sbucò in uno slargo e lo vide: era appoggiato ad una trave di sostegno, il respiro pesante, una mano premuta sul fianco destro col sangue che colava tra le dita ed il volto contratto in una smorfia di dolore. Si guardarono un istante poi Jarod appoggiò la testa alla colonna a cui si reggeva.

- Scacco.- mormorò.

Quindi accadde qualcosa che lo lasciò di stucco: riposta la pistola, Amina, corse da lui e, scostata la sua mano, esaminò il danno. Prese un fazzoletto e lo appoggiò sulla ferita.

- Tienilo premuto.- gli disse guardandosi intorno - Riesci a muoverti? Tra poco saranno qui gli altri: devi nasconderti.-

- Che vuoi fare?- le chiese.

- Preferisci le spiegazioni o la libertà?-

- Andiamo.-

Amina lo condusse presso dei macchinari complessi e lo fece entrare nel vano manutenzione di uno di questi poi, dopo avergli fatto segno di restare in silenzio, tornò al punto dove lo aveva trovato proprio nel momento in cui si apriva la porta.

- Amina?- la chiamò Miss Parker.

- Sono qui.- attese che la raggiungessero - Guardate, qui c'è del sangue. A quanto pare Bob lo ha colpito.-

- Se ne è comunque andato.- commentò Miss Parker.

- Già. Sentite, formiamo due gruppi: il primo continuerà la perlustrazione di questo posto per cercare indizi mentre, il secondo, perlustrerà ospedali ed ambulatori. Se è ferito ci sono buone probabilità che si rechi in uno di questi. La città non è molto grande ci sono solo due ospedali e una decina di ambulatori, non dovrebbe essere difficili controllarli.-

- D'accordo,- disse Miss Parker - io mi occupo degli ospedali e tu degli indizi.-

Amina esitò come se avesse preferito il contrario poi acconsentì.

- Va bene. Sydney, Broots andate con lei. Tom, Bob ed io penseremo a questo posto.-

Si separarono. Quando il primo gruppo fu partito Amina ordinò ai due spazzini di dividersi e di perlustrare palmo a palmo tutto il complesso.

- Quando avrete finito tornate alla macchina. Se non sono già li aspettatemi, non venite a cercarmi, se avrò bisogno vi chiamerò io. Tornate alla macchina ed attendete ordini.- concluse facendogli cenno di andare.

Quando furono usciti tornò al nascondiglio di Jarod e lo aiutò ad uscirne.

- Quando sei entrato in questo edificio avevi un piano per andartene o speravi solo di riuscire a nasconderti?- gli chiese.

- Nell'angolo in fondo a destra,- disse lui indicando - parte un tunnel di servizio che passa sotto a tutto il complesso e sbuca ad un chilometro dal muro perimetrale.-

- Bene, andiamo.-

Facendosi passare sopra le spalle il braccio sinistro di Jarod, Amina lo aiutò a raggiungere l'accesso del tunnel. Scesero nel sottosuolo camminando il più velocemente possibile. Jarod teneva duro, nonostante il dolore non rallentò l'andatura sapendo che c'era il pericolo di venir scoperto. Sempre che non lo fosse già. Forse quell'assurda situazione altro non era che una complicata trappola, probabilmente allo sbocco del tunnel avrebbe trovato tutta l'allegra compagnia a riceverlo. Miss Parker in testa. Camminando osservò la ragazza che era diventata la sua spina nel fianco fin da quando era entrata a far parte della squadra dei suoi cacciatori. Sydney gli aveva detto, durante una delle loro ultime conversazioni telefoniche, che si doveva proprio a lei il fatto che per ben due volte gli erano arrivati così vicino che solo la fortuna gli aveva consentito di fuggire. Era dunque lei a guidarli verso di lui, a capire dove fosse e cosa stesse facendo eppure ora che, ferito e sofferente, non avrebbe avuto scampo, lo aveva nascosto e lo stava aiutando a scappare. Era troppo complicata anche come trappola, forse era tutto vero: per qualche oscura ragione lo stava aiutando.

Immerso nei suoi pensieri non si era accorto che avevano quasi raggiunto la fine del tunnel. Amina lo aiutò ad appoggiarsi al muro ed andò in avanscoperta, fu di ritorno in pochi attimi e lo aiutò ad uscire. Jarod le indicò dove aveva nascosto la macchina e, insieme, la raggiunsero. Le diede le indicazioni per il suo rifugio e, una volta al sicuro, lo fece sedere sul letto.

- Hai il necessario per il pronto soccorso?- gli chiese.

- In quella valigetta.- indicò togliendosi la camicia.

Amina prese la valigetta e ne estrasse il contenuto posandolo su una sedia che aveva avvicinato al letto. Si inginocchiò ed esaminò gli strumenti indossando un paio di guanti sterili.

- Bene, c'è anche del filo da sutura.-

Facendo il più delicatamente possibile disinfettò la ferita concentrandosi su ciò che faceva per ignorare l'espressione sofferente di Jarod. Quando lui la vide prendere ago e filo da sutura la guardò storto.

- Fidati,- gli disse - so quello che faccio.-

Jarod sospirò: non aveva molte alternative. La osservò lavorare ignorando il dolore e non potè fare a meno di notare che aveva una mano leggera.

- Però, sei brava.- commentò.

- Dovresti vedermi alle prese col ricamo.- gli rispose continuando a lavorare.

Jarod sorrise e la guardò concludere la sutura. Amina coprì la ferita con della garza sterile che fissò con dell'adesivo cutaneo.

- Così dovrebbe andare.- disse rialzandosi - Riposati, devi recuperare sangue e forze.-

Lo aiutò a distendersi poi mise via il contenuto della valigetta e, preso il cellulare, compose un numero strizzandogli l'occhio.

- Tom sono io, trovato nulla? Capisco, io sono incappata in una pista ma non so se porterà da qualche parte... No, preferisco che raggiungiate Miss Parker e l'aiutiate con gli ospedali... Sì, richiamo io.- chiuse la comunicazione - Questo mi da un po' di tempo.- disse sedendoglisi accanto.

- Adesso posso sapere cosa sta succedendo, o hai deciso di lasciarmi cuocere nell'incertezza?-

- Già, immagino che ti sentirai un pochino frastornato.-

- Eufemisticamente parlando...-

- Ok, ma per spiegarti il mio comportamento devo raccontarti la mia storia.- lo avvisò.

- Ti ascolto.- disse lui semplicemente.

Amina rimase un attimo in silenzio raccogliendo le idee poi lo guardò, dritto negli occhi.

- Il Centro ha fatto cose orribili in questi anni. Ciò che accadde a te non fu la prima e, certamente, non è stata l'ultima. Avevo poco più di tre anni, come te, quando fui rapita dalla mia casa. Ma io non fui portata al Centro, forse dovrei dire per fortuna. Mi portarono al triunvirato, direttamente da Matumbo, il capo in persona. Lui ha fatto di me il suo progetto speciale, mi ha allevata ed addestrata di persona per farmi diventare il suo agente personale, il prototipo dell'agente perfetto, pronto ad eseguire ogni compito che gli viene affidato e a portarlo a termine con successo qualunque cosa accada. Un'estensione della sua stessa volontà. E ci sarebbe riuscito perfettamente, anzi ci è riuscito, se non avesse commesso un unico, grande errore: la memoria. Non bisogna mai sottovalutare i ricordi di un bambino. Io rammento tutto dei miei primi anni, ricordo la mia casa ed i volti dei miei genitori. E ricordo il mio nome. Matumbo non lo conosce, non gli interessava neppure conoscere il nome della bambina che aveva strappato alla sua famiglia: era molto più facile darmene un altro che soffocasse la memoria del mio. Ma non ci è riuscito. Il mio vero nome è Selene, Jarod, ma più nessuno mi chiama così. Sono cresciuta sviluppando tutte le mie capacità, diventando esteriormente ciò che Matumbo voleva. Ma, dentro di me, ho giurato di cancellare quel posto. Ho aspettato ed aspetto tuttora, nel momento in cui si fideranno ciecamente, nel momento in cui mi affideranno i loro segreti più reconditi io li distruggerò, lui per primo insieme alla sua più nefanda creatura: il Centro.- si fermò un attimo poi riprese - Alcuni anni fa mi capitò in mano il tuo fascicolo, le somiglianza tra le nostre storie mi colpirono. Tu eri appena scappato ed io decisi che, se ne avessi avuta la possibilità, ti avrei aiutato. Scoprii quasi subito che Angelo ti passava delle informazioni, lo protessi di modo che nessun altro potesse accorgersene e, quando trovavo qualche informazione che potesse interessarti facevo in modo che lui ne venisse a conoscenza cosicchè da fartela avere. Quando fosti catturato, due mesi fa, Matumbo prese in mano la situazione di persona così io potei aiutarti personalmente. Fermai Dekar, il tuo torturatore, e, quando fosti in condizione di muoverti, programmai un'esercitazione antincendio.- concluse.

- Quindi, prima mi hai dato modo di fuggire e, poi, mi hai dato la caccia. Perchè?-

- Come dissi il primo giorno a Sydney io adoro le sfide.- rispose lei sorridendogli.

- Sei matta.- disse Jarod restituendole il sorriso.

- Un pizzico di follia è necessaria per vivere come vivo io.-

- Già, immagino sia così.-

- Ora devo andare, se non raggiungo gli altri Miss Parker potrebbe avere la brillante idea di venirmi a cercare.-

- E' un po' pericoloso, non credi? Forse dovresti lasciare il Centro.-

Amina scosse la testa - Non ti preoccupare, per il momento quello è il posto più sicuro. Un giorno, forse...- si alzò sistemando la fondina della pistola e gli porse un biglietto - Questo è il numero del mio cellulare, se hai bisogno chiama.-

Jarod lo prese e lo lesse memorizzandolo quindi restituì il biglietto ad Amina.

- Caso mai mi prendessero è meglio che non me lo trovino addosso.- spiegò avendo notato lo sguardo interrogativo della ragazza.

Amina sorrise riponendolo e, con un cenno di saluto, se ne andò.

Jarod rimase un po' a fissare la porta riflettendo sugli avvenimenti della giornata. Era strano conciliare ciò che aveva scoperto con ciò che sapeva di Amina, da quando lei era entrata a far parte del gruppo di cacciatori che lo inseguivano la sua fuga era diventata sempre più difficile proprio grazie alle intuizioni di quella ragazza. Ora scopriva che lei era, in realtà, una sua alleata...

Scosse la testa tornando a distendersi: la vita era davvero strana, costellata di eventi imprevedibili.

Per fortuna...

 

 

Stesso giorno.

Roanoke, Stazione ferroviaria.

Ore 8.00 pm.

 

Miss Parker osservava l'ingresso della stazione con espressione contrariata picchiettando il pavimento con la punta del piede. Broots, seduto su una panca, leggeva la striscia umoristica di un quotidiano locale mentre Sydney rivedeva gli appunti presi quel giorno. Stavano tutti aspettando Amina, lei li aveva chiamati mezz'ora prima per informarli che la traccia che aveva seguito si era interrotta e che, quindi, erano punto e a capo. Miss Parker l'aveva informata che un uomo corrispondente alla descrizione di Jarod aveva comprato un biglietto per il treno delle 7.15 pm per Portland. Amina aveva detto che li avrebbe raggiunti subito.

- Dove accidenti si trovava, a Boston, per metterci tutto questo tempo?-

- Rilassati, Parker, arriverà tra poco, vedrai.- le disse Syd conciliante.

Miss Parker si sedette accanto a lui osservando l'andirivieni delle persone attorno a loro.

- E' da non credersi, per la terza volta gli siamo arrivati ad un passo e, per la terza volta, lui ci ha giocati.-

- Jarod è imprevedibile e prudente, nonostante fosse ferito ha preferito allontanarsi piuttosto che rischiare la cattura. Probabilmente ha comprato qualche garza e del disinfettante e si è medicato da solo.- sorrise - Dopo tutto, volendo, può essere un dottore.-

- O il mio incubo permanente.- mormorò lei.

Sydney le diede qualche piccola pacca affettuosa su una mano con fare incoraggiante.

Le porte scorrevoli si aprirono lasciando entrare Amina che li raggiunse.

- Scusate il ritardo ma ho faticato per trovare un taxi.-

-Non importa.- le rispose Syd - Il treno di Jarod sarà a metà strada, ormai.-

- E noi siamo ancora qui!- commentò acidamente Miss Parker.

- C'è una pista di decollo a pochi minuti da qui, possiamo noleggiare un aereo e arrivare a Portland in tempo per accoglierlo...-

- E' la prima idea sensata che sento oggi, muoviamoci!- esclamò Miss Parker.

Raggiunsero la pista il più velocemente possibile e si diressero negli uffici sotto la torre di controllo. L'addetto li assicurò che avevano pronti almeno tre aerei e che, quindi, potevano decollare entro pochi minuti. Disse però che erano tutti piccoli aerei, da quattro posti pilota compreso, quindi solo tre di loro sarebbero potuti partire. Amina gli si avvicinò e sorrise.

- Nessuno le ha chiesto un pilota, Harry.- disse leggendo il nome dell'uomo sulla targhetta che portava - A noi serve solo l'aereo, il pilota ce l'ha davanti.-

- Oh, d'accordo. In questo caso mi servono gli estremi del suo brevetto.-

Non aveva ancora finito di parlare che si vide restituire il modulo compilato.

Rispediti indietro gli spazzini i quattro cacciatori salirono sull'aereo e decollarono. Il volo fu tranquillo e silenzioso, nessuno di loro amava fare conversazione, tranne forse Broots che però si tratteneva per evitare di disturbare una già irritatissima Miss Parker. Le scariche di statica e qualche brano di comunicazione tra altri aerei provenienti dalla radio rompevano, di tanto in tanto, il silenzio finchè giunsero in vista delle luci di Portland, allora Amina prese la radio e contattò la torre per l'atterraggio. L'operatore la avvisò che c'era un po' di traffico e che, quindi, avrebbero dovuto aspettare alcuni minuti prima di poter accedere ad una pista. Dieci minuti dopo non avevano ancora ricevuto un corridoio di discesa, Amina chiamò nuovamente la torre facendo loro presente che si trovava su un Cesna e non su un Boing e, quindi, non aveva una grande riserva di carburante. Finalmente, di li a poco, fu concesso loro di atterrare, noleggiata una macchina raggiunsero il più velocemente possibile la stazione. Il treno su cui presumibilmente si trovava Jarod sarebbe arrivato entro poco, si avviarono alla banchina ed attesero. Quando il treno arrivò si posizionarono in modo da vedere tutti coloro che scendevano per poter fermare il loro uomo, ma la banchina si svuotò e di Jarod non c'era traccia.

- Maledizione!- imprecò Miss Parker pestando un piede per terra - Ci ha giocato di nuovo!-

- Probabilmente non è mai salito su questo treno.- disse Amina.

- Già, è possibile che abbia comprato il biglietto solo per sviarci. Deve essere rimasto a Roanoke.- concluse Sydney.

- O, forse, è salito su un altro treno, magari diretto a Miami.- commentò Broots.

- Spero che deragli!- mormorò con rabbia Miss Parker.

- Sarà meglio tornare in aeroporto e prendere il primo volo per Blu Cove.- disse Amina - La caccia continua...-

 

 

Otto giorni dopo.

San Francisco, CALIFORNIA.

Ore 9.30 am.

 

Gli allievi del corso di "disegno della figura" osservavano con ammirazione il loro nuovo professore fare uno splendido ritratto ad una delle loro compagne. Il nuovo professore era arrivato quella mattina ed aveva acconsentito a dimostrare loro quello che sapeva fare. Così, ora, tracciava con sicurezza ed abilità scuri tratti di carboncino sul foglio, fissato ad un cavalletto, facendo emergere il ritratto estremamente realistico dell'allieva che si era offerta come modella. Finì in pochi minuti ed osservò con occhio critico il proprio lavoro apportando piccole modifiche poi, soddisfatto, si rivolse alla classe.

- Ecco, ora tocca a voi.- così dicendo indicò loro i cavalletti.

Quando tutti gli allievi si furono sistemati fece entrare la modella e diede inizio alla lezione.

Circa un'ora dopo il silenzio della classe fu rotto dallo squillo di un cellulare. Gli allievi si voltarono verso la cattedra da dove proveniva lo squillo ma tornarono al lavoro al cenno del professore. Jarod prese il telefono e sollevò un sopracciglio riconoscendo il numero chiamante: Amina.

- Buon giorno.- disse rispondendo.

- Li da te è giorno? Informazione interessante...- esclamò allegra la ragazza.

Jarod storse il naso riconoscendo il piglio della cacciatrice - Omaggio della casa.- commentò ironico - Come hai avuto questo numero?-

- Segreto professionale. Ascolta, è stato diramato un ordine esecutivo riguardante l'ex "Progetto Gemini": soppressione totale, eliminazione di tutte le prove. E quando dicono tutte le prove...-

- Intendono anche Erik.- concluse Jarod per lei.

- Si chiama così?-

- Sì, i miei genitori avevano deciso di chiamare così un eventuale altro figlio e, a lui, il nome è piaciuto.-

- E' un bel nome. Jarod...-

- Non ti preoccupare, non lo troveranno. Ho fatto fatica io a trovarlo dopo la mia seconda fuga dal Centro. Mio padre gli ha trovato un posto sicuro, dove può vivere sereno.-

- Ne sono lieta. Devo andare: la tua caccia continua.-

Detto ciò chiuse la comunicazione.

Jarod rimase un momento a fissare il telefono poi lo mise via e guardò preoccupato il panorama fuori dalla finestra.

 

 

Stesso giorno.

Il Centro. Blu Cove, DELAWARE.

Ore 12.32 pm.

 

Amina scese dalla macchina e guardò il portone del centro riponendo il cellulare. Era stato piacevole sentire una voce amica, tanto per cambiare, ma era il momento di rimettersi al lavoro poiché, per aiutare Jarod, doveva restare il squadra e, per restare in squadra, doveva rendersi indispensabile nella ricerca del simulatore. Scosse la testa sospirando: che assurdo rimpiattino...

Ripensò alle parole di Jarod a proposito di lasciare il Centro, le sarebbe piaciuto ma era più utile li ed, inoltre, si era affezionata a Sydney e Miss Parker le era simpatica. Raggiunse il suo ufficio con un mezzo sorriso sulle labbra che incuriosì coloro che lo videro. Si era appena seduta per scorrere la posta quando il telefono squillò sulla linea interna.

- Amina.- disse semplicemente rispondendo.

- Devo parlarti, raggiungimi.- disse una voce nota dall'altra parte del filo prima di riattaccare.

Amina sospirò riponendo la cornetta: il giorno in cui avesse sentito quell'uomo chiedere, anzichè ordinare, probabilmente avrebbe avuto fine il mondo. Con questi pensieri lasciò il suo ufficio diretta agli ascensori per la torre.

 

 

Due giorni dopo.

Ufficio di Sydney. Il Centro.

Ore 11.05 pm.

 

Amina sedeva da sola, al buio, sugli scalini che portavano al centro dell'ufficio di Syd osservando la sfera di plexiglass li sospesa. A quell'ora il Centro era quasi deserto e vi regnava un gran silenzio, a lei piaceva quel momento della sera e trovava quell'ufficio il più confortante. Immersa nei suoi pensieri non si accorse di non essere più sola, una figura vestita di nero le si stava avvicinando da dietro e si sedette accanto a lei facendola trasalire.

- Jarod- esclamò riconoscendolo.

- Ciao, ragazzina.-

- Sei impazzito? Cosa ci fai qui?-

- Sono venuto a trovare un paio di amici.-

- Sydney non c'è, lo trovi a casa sua.-

- Lo so.- disse lui guardando la sfera.

- Brutti ricordi?- chiese lei.

Scrollò le spalle - Non tra i peggiori. Ho passato tanto di quel tempo appeso li dentro... Mi chiedo a cosa sia servito.-

- A fare di te ciò che sei.- rispose Amina senza guardarlo.

Continuando a fissare il centro della stanza, Jarod sorrise. Rimasero li in silenzio per lunghi minuti, ognuno immerso nei propri pensieri, poi Amina ruppe il silenzio.

- Sei qui per scoprire come vogliono procedere nei riguardi dell'ex "Progetto Gemini"?-

- Tra le altre cose. Grazie per la tua telefonata.-

- Di nulla. Ora è meglio che vada a casa: domani mi aspetta una giornata dura, devo scoprire dove sei andato.-

Jarod la guardò uscire dall'ufficio ammirando le movenze aggraziate della ragazza e ascoltando l'eco dei suoi passi spegnersi nei corridoi scuri. Rimase li ancora un attimo poi, silenzioso come un fantasma ed altrettanto invisibile, si avviò verso il cuore informatico del Centro: l'ufficio di Broots. Vi giunse in pochi minuti e, sistemata la telecamera di modo che trasmettesse l'immagine fissa dell'ufficio vuoto, si mise al lavoro sul terminale principale entrando agevolmente anche nei file protetti.

Due ore dopo lasciava la struttura con quasi tutte le informazioni che gli servivano ed un'espressione preoccupata ed arrabbiata. Aveva bisogno di aiuto, questo gli era chiaro, fermò la macchina davanti ad una casa isolata e raggiunse il retro dell'edificio arrampicandosi silenziosamente sul pergolato che raggiungeva il primo piano. Entrò in una stanza dalla finestra semi aperta e si fermò per abituarsi all'oscurità ma rimase pietrificato nel sentire il freddo metallo di una pistola appoggiarsi contro la sua nuca.

- Fermo!-

- Gran bei riflessi, piccola, davvero.-

- Jarod...- sospirò Amina riponendo l'arma.

- Scusa l'intrusione.- disse mentre lei accendeva una lampada dopo aver abbassato gli scuri.

- Cosa succede?- gli chiese indicandogli una poltrona.

Jarod si accomodò ed attese che lei si fosse seduta sulla panca ai piedi del letto prima di proseguire.

- Ho bisogno di aiuto.- esordì - Non voglio, però, che rischi troppo quindi, se pensi che per te sia troppo pericoloso, dimmelo.-

- Cosa ti serve?-

Le porse due pagine stampate al Centro - Si tratta dei documenti su "Gemini".- si sedette accanto a lei - Vedi, vi sono diversi rimandi a file protetti. La maggior parte di quei file li ho trovati ed aperti ma gli ultimi tre non si trovano nel computer del Centro bensì in quello della torre e li, io, non posso entrare.-

- Ma io sì, giusto?-

- Solo se ritieni di riuscirci senza venir scoperta.-

Amina memorizzò i nomi dei file in questione e restituì i fogli a Jerod.

- Vedrò cosa posso fare, ma non ti prometto nulla.-

- E' più di quanto sperassi.-

- Bugiardo, se così fosse non saresti venuto da me.- disse lei sorridendo.

Jarod le restituì il sorriso e si alzò.

- Come rimaniamo?- le chiese.

- Ti chiamo io appena so qualcosa o appena capisco che è impossibile.-

- D'accordo, aspetterò la tua telefonata.-

- E stai lontano dal Centro o le informazioni te le dovrò portare in cella.-

- Non ti preoccupare.- la rassicurò sorridendo.

Jarod spense la lampada e, alzati gli scuri, uscì dalla stessa finestra da cui era entrato.

 

 

 

Il giorno seguente.

Il Centro. Blu Cove, DELAWARE.

Ore 12.34 pm.

 

Amina aveva raggiunto il suo ufficio nella torre pochi minuti prima della pausa pranzo e vi si era nascosta nell'attesa che tutto il personale che lì lavorava raggiungesse la mensa. Quando i corridoi furono nuovamente silenziosi aprì la porta e, assicuratasi di essere sola, raggiunse la scala di servizio: la sala del cervello centrale si trovava due piani sopra e, per trovare le informazioni che cercava, doveva accedervi direttamente. Entrò nella stanza accertandosi che non ci fosse nessuno e, chiusa la porta, si mise al lavoro. I file che cercava erano sepolti sotto strati di codici ma, quando aprì il primo, comprese perchè. Salvò le informazioni su un CD e si concentrò sul secondo file. Via, via che li apriva trovò alcune informazioni protette da allarmi: se avesse cercato di scaricarle si sarebbe trovata addosso tutti gli spazzini del Centro, così si risolse a stamparle. Aveva appena aperto l'ultimo file quando sentì dei rumori nel corridoio: gli impiegati stavano tornando! Inserì svelta l'ultimo CD e avviò il download, girò la poltroncina su cui era seduta ed osservò inorridita la maniglia della porta che girava lentamente: trovarla li dentro senza permesso e con dei documenti riservati le sarebbe valsa la condanna a morte. La porta cominciò ad aprirsi ma, proprio in quell'istante scattò l'allarme antincendio. La porta si richiuse di scatto e, nel corridoio, si udirono passi affrettati e voci concitate. Non c'erano prove antincendio previste, forse l'incendio era vero. Amina guardò il disco ma mancavano metà dei dati: non poteva ancora andarsene!

- Tutto... Tutto a posto.- disse una voce alla sua destra.

Lei sobbalzò e guardò verso il luogo da cui proveniva la voce: il condotto di areazione. Alzatasi si avvicinò e, all'ombra della grata, vide un volto conosciuto.

- Angelo! Cosa ci fai qui?- fece una pausa notando l'espressione del simulatore - Hai attivato tu l'allarme!- comprese.

- Aiuto Amina... Aiuto ad aiutare Jarod.- Concluse Angelo con quel suo caratteristico "ghigno".

- Grazie.-

In quel momento il computer emise un debole cicalio: tutti i dati erano stati copiati. Amina estrasse il CD e lo infilò nella borsa insieme agli altri due e ai fogli stampati poi cancellò ogni traccia del suo passaggio dalla memoria del computer, si tolse i guanti da chirurgo che aveva indossato per non lasciare impronte e lasciò la stanza imboccando le scale. Non le ci volle molto per raggiungere e mischiarsi al folto gruppo di impiegati che lasciavano la struttura e, quasi per magia, si ritrovò sul piazzale esterno accanto a Sydney.

- Cosa succede?- gli chiese.

- A dire il vero speravo potessi dirmelo tu. I programmi per le esercitazioni li conosci meglio di me.-

- Posso solo dirti che non c'era nulla di programmato per oggi.-

- Allora, forse, stiamo andando a fuoco...- concluse lui osservando l'arrivo del camion dei pompieri.

Furono raggiunti da Miss Parker e Broots che li affiancarono e, insieme, rimasero un po' ad osservare gli eventi. Ad un certo punto, Amina, sbuffò annoiata e disse che aveva di meglio da fare che osservare quegli incompetenti che cercavano di capire perchè era scattato l'allarme e, salutati i colleghi, se ne andò dicendo semplicemente che si sarebbe tenuta in contatto. Miss Parker la guardò andarsene sollevando un sopracciglio ma non fece commenti poiché l'ultima volta che Amina si era comportata così li aveva portati ad un passo dalla cattura di Jarod.

 

 

Stesso giorno.

Dover, DELAWARE.

Ore 2.20 pm.

 

Jarod camminava avanti e indietro nel soggiorno dell'appartamento che aveva affittato guardando l'orologio appeso al muro. Ogni volta che passava accanto al telefono era tentato di chiamare Amina e dirle di lasciar perdere ma il timore che fosse già all'opera, e che quindi lo squillo del telefono avrebbe potuto tradirla, lo aveva fermato. Si chiese per l'ennesima volta cosa gli era passato per la testa la sera prima, perchè, in nome del cielo, l'aveva coinvolta.

- Maledizione!- imprecò per la centesima volta.

Lo squillo del cellulare giunse così inaspettato da farlo sobbalzare violentemente. Prese il telefono e ricominciò a respirare normalmente riconoscendo il numero della ragazza.

- Stai bene?- le chiese con voce roca, rispondendo.

- Sì, certo. Tu piuttosto, hai una voce strana, qualcosa non va?-

- No. No, tutto bene.-

- Ti sei, per caso, preoccupato per me?-

- Diciamo solo che ho passato giorni migliori.- commentò - Ci sei ancora?- chiese visto che lei non parlava.

- Sì, ci sono. E' solo che non sono abituata ad avere qualcuno che si preoccupa per me. Di solito, l'unica a cui importa qualcosa di me sono io.-

- So cosa vuoi dire... Ascolta, ci ho riflettuto e ho concluso che per te è troppo rischioso cercare quei file. Lascia perdere, me la caverò anche senza.-

- Direi che è un po' tardi per questo. Ti ho chiamato per dirti che ho le informazioni.-

- E' andato tutto bene? Non ti hanno scoperta?-

- E' andato tutto benissimo, rilassati. Avevo un... "Angelo... custode" ad aiutarmi.-

- Bene... Avrei voluto darti una mano.-

- Lo stai facendo, Jarod. Ogni volta che usi le tue capacità per aiutare qualcuno, dai un colpo al Centro e questo, credimi, mi aiuta molto. Senti, dove ci vediamo?-

Jarod le diede l'indirizzo della casa.

- Sono nell'appartamento al primo piano.-

- Va bene, sarò li tra un'ora.- con queste parole riattaccò.

Jarod appoggiò il telefono e rimase a guardarlo per un lungo momento poi si sedette su una poltrona e, appoggiata la testa allo schienale, chiuse gli occhi sperando che il tempo accelerasse.

Qualcuno doveva aver esaudito il suo desiderio poiché, pochi istanti dopo, bussarono alla porta. Jarod sobbalzò nuovamente e si rese conto di essersi addormentato. Si alzò velocemente e, guardato dallo spioncino, aprì facendo entrare la ragazza. Amina si guardò intorno incuriosita: era la prima volta che si trovava in uno dei rifugi di Jarod in compagnia di... Jarod. Quando lo aveva soccorso non aveva avuto il tempo per osservare ciò che la circondava. Si voltò a guardarlo.

- Niente magazzini abbandonati, questa volta?-

Lui sorrise - No, questa volta no. - la guardò un istante - Lo avresti trovato?- le chiese indicando i muri che li circondavano.

- Non lo so, può darsi...-

Le fece segno di sedersi e le porse una tazza di caffè caldo, aveva acceso la macchina prima di addormentarsi. Amina la prese, grata, e cominciò a sorseggiare la bevanda aromatica sospirando.

- Ti va di mangiare qualcosa?- le chiese apparecchiando la tavola.

- Se insisti...- gli rispose sorridendo.

Mentre Jarod dimostrava tutta la sua abilità culinaria ai fornelli, chiacchierarono piacevolmente del più e del meno. Si ritrovarono a parlare delle loro reciproche esperienze sui fronti opposti dell'"allevamento" al Centro: lui simulatore, lei agente operativo. Dopo un po' cambiarono argomento di reciproco, silenzioso accordo. Scoprirono di avere molte cose in comune: dai libri alla musica, dai film all'amore per i viaggi.

All'odio per il Centro. Ma di questo non volevano parlare, solo per una volta, solo per poche ore fecero finta che il Centro non esistesse, che loro fossero solo persone "normali". Come era strana quella parola riferita a loro... Nessuno dei due riusciva a sentirla vicina, propria. Eppure la normalità era ciò che più desideravano entrambi. Ma non parlarono neppure di questo, a voce alta. La consapevolezza era qualcosa che aleggiava su di loro, tra di loro, velando gli occhi di entrambi di quella patina di tristezza che non li abbandonava mai. Ma, nonostante questo, il desiderio di vivere, di sperimentare, di andare avanti era forte in loro e infondeva in loro la forza di dimenticare, anche solo per un po', di non essere ciò che desideravano.

Dopo quel pranzo tardivo, che si era protratto fino a diventare una cena anticipata, Amina si alzò per andarsene e appoggiò sul tavolo il plico di documenti ed i tre CD. Si avviò alla porta accompagnata da Jarod il quale, prima di aprire, si chinò lievemente in avanti per posarle un bacio su una guancia, ma Amina alzò il volto proprio in quel momento per salutarlo e le loro labbra si toccarono. Fu un contatto così repentino ed inaspettato che li colse entrambi di sorpresa. Si guardarono un istante stupiti, occhi negli occhi, poi Jarod fece un passo avanti e la prese tra le braccia baciandola con struggente dolcezza. Rimasero li, uniti, illuminati dai fulgidi colori del sole morente che lasciavano, pian piano, campo alle ombre della notte che tutto celavano ed inghiottivano nella loro vellutata ed impenetrabile oscurità.

 

 

Il giorno seguente.

Dover, appartamento di Jarod.

Ore 6.03 am.

 

La pallida luce dell'alba, filtrata dalle veneziane, disegnava sul soffitto della camera strane forme geometriche. Jarod le osservava tra le ciglia socchiuse, rimanendo immobile e respirando lentamente, attento a non svegliare la ragazza che gli dormiva rannicchiata accanto. Il suo braccio destro gli attraversava il torace e la sua piccola mano riposava sul cuore dell'uomo. La testa posata lievemente sulla sua spalla coi lunghi capelli ricci sparsi sui cuscini e sul braccio destro di lui che la circondava. Il respiro leggero gli solleticava la pelle e Jarod richiuse gli occhi assaporando la perfezione del momento. Quella notte, dopo tanto tempo, si era sentito finalmente in pace. Per la prima volta da che poteva ricordare aveva dormito per più di cinque ore consecutive e, per la prima volta, non aveva avuto incubi. Si era svegliato lentamente, sereno, ed ora si sentiva... Felice, ecco. Felice ed un poco spaventato. Era nuovo a quelle sensazioni, ma ora si sentiva finalmente a casa. Voltò appena il viso e baciò con leggerezza la fronte di Amina. La fronte di Selene, si disse. Amina era la cacciatrice, colei che lo inseguiva per riportarlo al Centro, Selene invece... Selene era la giovane donna che aveva condiviso con lui i propri segreti, e il proprio cuore. Quel pensiero gli fece aggrottare le sopracciglia. Era tutto più complicato, ora, e la parola pericolo era scritta ovunque a caratteri cubitali.

Appoggiò lievemente la guancia sul capo della ragazza carezzandole un braccio col pollice destro. Lei si mosse, chiuse a pugno la mano poggiata sul petto di lui e aprì gli occhi.

- Buon giorno.- le disse Jarod - Non volevo svegliarti.-

- Non fa niente, intanto mi sarei dovuta svegliare. Che ora è?-

- Le sei e quaranta.- le rispose lui guardando la sveglia.

- Le sei e quaranta?- esclamò Amina sollevandosi a sedere - Devo andare.- disse alzandosi.

- Dove?- chiese Jarod perplesso.

Lei si voltò a guardarlo, stupita dal suo tono.

- A casa. Voglio fare una doccia e cambiarmi prima di andare in ufficio.-

- Selene è una follia!-

- Cosa hai detto?- chiese lei spalancando gli occhi.

- Ho detto che è una follia.-

- No, prima.-

Jarod sorrise dolcemente - Selene.- sussurrò.

- Dio... Non sentivo pronunciare questo nome da più di venti anni...-

- Se non ti va che lo usi...-

- No, mi piace sentirtelo pronunciare. Mi ricorda chi sono.-

Jarod le prese una mano e la tirò delicatamente a se abbracciandola, le posò un bacio su una tempia e la strinse senza farle male. Selene ricambiò l'abbraccio chiudendo gli occhi, desiderando poter rimanere li con lui. Ma doveva proteggerlo e, per farlo, sapeva di dover tornare al Centro. Rimase immobile ancora un attimo poi, controvoglia, si sciolse dall'abbraccio e lo guardò negli occhi carezzandogli una guancia.

- Devo andare.- disse posandogli due dita sulle labbra per impedirgli di protestare - Devo.-

Si alzò dal letto e si vestì ignorando lo sguardo contrariato dell'uomo. Si avvicinò alla porta ma si fermò prima di varcarla, voltandosi.

- Esamina quei documenti, Jarod. Troppi innocenti hanno già sofferto, cerchiamo di evitare che il numero aumenti.- detto ciò si voltò e lasciò l'appartamento.

Jarod si lasciò ricadere tra le lenzuola e rimase a fissare il soffitto per lunghi minuti.

- Sono impazzito...- mormorò infine.

 

 

Stesso giorno.

Il Centro. Blu Cove, DELAWARE.

Ore 8.58 am.

 

Amina attraversò il portone del Centro con passo sicuro, il volto coperto dalla consueta maschera di fredda efficienza, lo sguardo duro. Si diresse verso il proprio ufficio senza degnare di uno sguardo gli impiegati che incontrava. Aprì le porte dell'ufficio e si bloccò: seduto sulla sua poltrona, intento a leggere una delle sue cartelline, c'era Lyle. L'ex dirigente, se così lo si poteva definire, era caduto in disgrazia in seguito ai numerosi fallimenti riportati dopo la precedente fuga di Jarod ed era stato assegnato come "aiutante" a Miss Parker, la quale lo spediva il più lontano possibile appena ne aveva l'opportunità. Doveva essere appena tornato dall'ultima spedizione che lo aveva tenuto lontano quasi tre mesi. Peccato... Amina non era dell'umore migliore per parlare con quel tipo, a dire il vero non era dell'umore migliore punto e basta e forse, pensandoci bene, una litigata con Lyle poteva anche servire...

- Per quanto possa disturbarti l'idea, quella poltrona e quei documenti non ti appartengono quindi sei pregato di chiudere la cartellina, alzarti e lasciare immediatamente il mio ufficio o, ti prometto, ti ritroverai a strisciare in un buco più fondo di quello in cui ti trovi ora.- disse gelida.

Lyle la guardò un istante soppesando la minaccia e colei che l'aveva pronunciata, quindi si alzò lentamente.

- E tu chi saresti?- chiese.

- Dipende. Sicuramente un tuo superiore ma, se ti ritrovo qui dentro senza il mio specifico permesso, potrei diventare il tuo peggior incubo.- concluse con un tono di voce così dolce da far rabbrividire l'uomo.

- Sembra una minaccia seria.- disse lui con finta baldanza.

- Oh, lo è. A ben pensarci, l'abito scuro da spazzino ti donerebbe...-

Lyle sorrise, poco più di uno stiramento di labbra - Non so perchè, ma sono di altro avviso.- disse.

- Già, immagino. Addio.- concluse Amina aprendo la porta.

Capito il messaggio Lyle l'attraversò senza altri indugi e sobbalzò quando venne sbattuta alle sue spalle.

"Accidenti che caratterino..." pensò.

Rimasta sola, Amina, si sedette alla scrivania e controllò i documenti che stava curiosando lui: nulla di importante, poco più di un ammasso di false piste lasciate da Jarod nel corso degli anni passati. Si rilassò, sapeva di non aver lasciato nulla di utile alla cattura del simulatore in ufficio, ma non si poteva mai sapere.

Si mise al lavoro: doveva scoprire dove era stato Jarod. Sapeva dove era adesso ma, dove si trovava quando lei lo aveva chiamato? Questa era una domanda che necessitava di risposte. Lavorava da un po' quando squillò il telefono.

- Amina.-

- Trovato nulla di utile?- chiese Miss Parker.

- Non ancora, c'è qualcosa che mi sfugge tra gli indizi, ma credo di esserci vicina.-

- Capisco. Speravo ci fossero novità: questa inattività mi uccide.-

- Abbi pazienza. Oh, a proposito di novità: è tornato tuo fratello.-

- Splendido! Ci mancava solo lui.-

Amina sorrise senza commenti - Ci sentiamo più tardi.- disse riagganciando.

Lavorò ininterrottamente fin quasi le due quando decise di fare una pausa. Prese il sacchetto dei tramezzini e si avviò all'aperto. Il Centro sorgeva in mezzo ad un vasto e lussureggiante parco, tempo prima lei aveva scoperto un piccolo angolo tranquillo in riva al lago artificiale: una radura con un tronco caduto da usare come panca. Lo raggiunse e si sedette sbocconcellando un tramezzino immersa nei suoi pensieri. Si riscosse sentendo vibrare il cellulare e rispose senza neppure guardare chi chiamava.

- Pronto?-

- Il tramezzino non è buono?-

- Jarod! Sì, è buo... Come fai a sapere che sto mangiando un tramezzino?-

- Segreto professionale.-

Amina si guardò intorno e, sull'altra riva del lago, intravide un luccichio tra gli alberi.

- Binocoli.- comprese.

- Brava, hai indovinato.-

- Sai cosa succederà se ti trovano li?-

- Che tu dovrai programmare un'altra esercitazione antincendio.-

- Nossignore. Se questa volta ti prendono sarà solo colpa tua quindi te la dovrai cavare da solo.-

- D'accordo "signorina cacciatrice". Ora vorresti, per favore, passarmi Selene? Vorrei invitarla a cena.-

- Tu, mio caro, sei pazzo.- disse lei sorridendo.

- Sono propenso a darti ragione, ma ormai è fatta, cosa ci vuoi fare...-

- Perchè non chiami Sydney e glielo chiedi?-

- Cosa dovrei dirgli? Che voglio uscire con una delle mie inseguitrici? Si preoccuperebbe.-

- E a ragione. Ciao.- disse chiudendo la comunicazione.

Jarod comprese che per il momento era meglio non insistere e non provò a richiamare. Rimase a guardarla attraverso il binocolo, la vide mettere via i resti del tramezzino, alzarsi e bloccarsi con un'espressione concentrata quindi si voltò verso di lui sorridendo, gli occhi che le brillavano, puntò un dito verso la sua direzione e le sue labbra gli dissero: "Ti ho trovato!". Perplesso la guardò correre via chiedendosi cosa intendesse dire, poi un lento sorriso gli schiuse le labbra.

- Vuoi vedere che...- mormorò sopra pensiero allontanandosi.

Amina entrò come un fulmine nell'ufficio di Sydney dove trovò i suoi colleghi e si fermò sulla porta.

- Fate i bagagli, signori,- disse raggiante - si va in California!- detto ciò uscì.

Miss Parker, Sydney e Broots si guardarono perplessi ma si prepararono per il viaggio senza commenti: non era la prima volta che quella ragazza agiva così.

 

 

Il giorno dopo.

San Francisco, CALIFORNIA.

Ore 8.30 am.

 

L'appartamento di Jarod nel Campus era piccolo ma ben arredato. Quando entrarono notarono al centro della stanza principale tre cavalletti coperti, si avvicinarono e tolsero i teli. Posati sui cavalletti c'erano tre quadri, ovviamente opera di Jarod: il primo raffigurava loro quattro ed era intitolato "I cacciatori", il secondo era una vista del Centro e si intitolava "La gabbia" ed il terzo raffigurava Jarod. Il titolo, come era prevedibile, era "La preda", alle spalle del simulatore era dipinta una finestra aperta fuori dalla quale era visibile un'insegna che diceva "Catch me".

- Spiritoso.- commentò Miss Parker.

Amina osservò quella scritta con crescente senso di deja vu ma non riusciva a ricordare dove l'aveva già vista. Rivoltarono l'appartamento in cerca di altri indizi ma, Jarod, non aveva lasciato altro. Caricati i quadri in macchina tornarono verso l'aeroporto, ad un certo punto Amina sobbalzò sul sedile.

- Fermati!- esclamò facendo inchiodare Miss Parker.

- Cosa succede?- chiese stupita quest'ultima.

- Guardate.- disse Amina indicando il lato opposto della strada.

Nel punto indicato dalla ragazza cera un locale sulla cui porta troneggiava un'insegna nota che diceva "Catch me". Miss Parker posteggiò ed i quattro scesero dirigendosi verso il locale, entrati raggiunsero il bancone e mostrarono al barista una foto di Jarod.

- Ha mai visto quest'uomo?- chiese Amina.

- Il professor Ballard, certo! Devo molto a quell'uomo.-

- Ma non mi dica...- commentò Miss Parker.

- Già.- continuò lui - Vedete, mia figlia frequentava una scuola d'arte, uno dei professori la molestava e lei lo ha denunciato al preside. Questo professore, però, riuscì a spaventare i compagni di mia figlia che non testimoniarono, così lei fu espulsa e denunciata per calunnie. Il professor Ballard è riuscito a provare che mia figlia diceva la verità e, ora, quel professore è in prigione e mia figlia, ieri, è tornata a scuola.-

- E' tipico di Jarod.- disse Sydney.

- Scusate, una di voi due si chiama, per caso, Miss Parker?- chiese il barista guardando le due donne.

Quella più alta fece un segno e lui le consegnò un pacco che aveva sotto il bancone.

- Il professor Ballard mi ha chiesto di consegnarle questo, quando fosse venuta.-

Miss Parker prese il pacco e, ringraziato l'uomo, i quattro cacciatori uscirono dal locale. Si fermarono sul marciapiede ed aprirono il "regalo". Il pacco conteneva un altro quadro che raffigurava nuovamente Jarod ma con una mano alzata in segno di saluto, il titolo era "Bye, bye" ed era accompagnato da un biglietto: "Questa volta non mi hai preso", il non era sottolineato. Miss Parker guardò la scritta stringendo gli occhi.

- Non lo sopporto! Dio, vorrei torcergli il collo!- disse inviperita.

Si avviarono alla macchina ma, prima che potessero salirvi, furono fermati dallo squillo del cellulare di Amina.

- Come va la gita a San Francisco?- chiese Jarod.

- Sinceramente avrei preferito farne a meno.-

- Ma come? E' una città d'arte, con una così bella Accademia...- disse lui prima di riattaccare.

Amina ripose il telefono e scosse lievemente la testa.

- Cosa voleva?- chiese Miss Parker.

- Sapere se la gita ci è piaciuta.-

- Come fa?!- esclamò la donna - Come diavolo fa a sapere sempre dove siamo e cosa stiamo facendo?-

- Se lo sapessimo, Parker, lo avremmo già ripreso.- considerò Sydney.

- Sentite,- disse Amina - ho di nuovo la sensazione che mi sfugga qualcosa. Voi tornate pure a Blu Cove, io prenderò il prossimo aereo: voglio tornare nel suo appartamento e controllare di nuovo.-

- Non c'è più nulla da trovare, Lady Amina. Abbiamo guardato ovunque.- disse Broots.

- Può darsi, ma preferisco controllare.-

- Come vuoi, noi torniamo.- le rispose Miss Parker.

Amina prese la sua borsa e li guardò partire quindi si avviò verso il Campus ma, quando vi giunse, fermò un taxi e si fece portare al museo di Belle Arti: se aveva capito il messaggio vi avrebbe trovato Jarod.

Il museo si articolava su una vasta area verde all'aperto. Amina si aggirava tra i suoi giardini osservando la folla di persone cercando, con lo sguardo, tracce del simulatore. Finalmente, dopo mezz'ora, lo vide. La stava osservando dall'altra parte di una fontana circondata da vasi di piante in fiore, si guardarono un istante poi lui si chinò, come per osservare un fiore più da vicino e, con discrezione, lasciò cadere qualcosa nel vaso. Si rialzò e, dopo averla guardata ancora un attimo, si allontanò senza voltarsi. Amina raggiunse il vaso e con noncuranza raccolse quello che Jarod aveva lasciato: un pacchetto di fiammiferi di un Hotel prestigioso all'interno del quale stavano scritti i numeri 305. Camminò per un'altra ora nel museo ammirando le opere poi si diresse senza fretta verso l'uscita e, salita su un taxi, raggiunse l'albergo e bussò alla camera 305. Jarod aprì e la fece entrare, si chinò per posarle un lieve bacio sulle labbra e sorrise.

- Ciao.- salutò.

- Ciao.- rispose lei restituendogli il sorriso.

Un paio d'ore dopo Amina uscì dal bagno della camera avvolta in un accappatoio bianco con i lunghi capelli ancora umidi per la doccia e si sedette ai piedi del letto. Trasse le gambe sotto di se in una posa più comoda e osservò l'uomo ivi disteso che la guardava a sua volta. Rimasero in silenzio poi lui si sollevò su un gomito per guardarla meglio.

- Cosa succede?- chiese sotto voce.

- Deve rimanere tutto come prima, Jarod.- disse lei con voce grave - Tu devi continuare a scappare ed io devo continuare ad inseguirti. Se ci fermiamo sarà la rovina per entrambi, senza contare che le tue capacità sono preziose e non vanno sprecate: devi continuare ad aiutare chi è in difficoltà. Non solo per dovere o perchè è la cosa giusta da fare, ma anche perchè tu stesso lo desideri. Lo si legge nei tuoi occhi: ogni volta che aiuti qualcuno un po' del peso che ti grava sull'anima viene tolto.-

- Lo so, hai ragione. Questo è l'unico modo per restare vivi, ed è l'unico modo per continuare a vederci.- disse lui dopo un attimo di riflessione.

- Come speri di fare?-

- Come è accaduto oggi. Certo non dopo tutte le missioni, ma capiterà altre volte che tu decida di trattenerti in un luogo più degli altri per verificare un presentimento... E poi c'è sempre la casa di Dover, ho intenzione di tenerla.-

- E' un rischio.- disse lei.

- Voglio correrlo.- le rispose guardandola negli occhi.

Amina gli sorrise. Rimasero ancora un po' in silenzio poi, lei, si alzò e cominciò a vestirsi.

- Vai già?-

- Sì, ho detto che avrei preso l'aereo della sera: parte fra meno di tre ore.-

- Ti annoierai in aeroporto...-

- Voglio prima passare al Campus così, se dovessero controllare, scoprirebbero che ci sono stata davvero.-

- Che ragazza prudente.- la prese in giro lui - Avete trovato i miei messaggi?-

- Tutti e quattro i quadri.- rispose lei annuendo.

- Avete trovato solo i quadri?-

- Lo sapevo!- esclamò Amina guardandolo - Lo sapevo. C'è qualcosa d'altro, vero? Doveva esserci poiché i quadri non davano indizi su dove eri diretto.-

- Invece vi ho lasciato anche un indizio su dove sarei andato, su dove dovrei essere anche ora. Mi meraviglio di te per non averlo trovato.-

- Rimedio subito: vado a cercarlo.- disse lei infilandosi le scarpe e prendendo la borsa.

- Non vuoi sapere dov'è?-

- No! Lo troverò da sola. Tu vai dove devi andare e non preoccuparti: ti troverò!- detto questo gli mandò un bacio in punta di dita e lasciò la stanza.

Jarod si lasciò ricadere sul letto scuotendo la testa. Aveva riconosciuto il piglio della cacciatrice e non aveva il minimo dubbio che avrebbe trovato sia l'indizio che lui.

Nel frattempo Amina era salita su un altro taxi ed era diretta al Campus. Durante il tragitto riflettè sulla stranezza della vita che le aveva fatto incontrare l'uomo perfetto ma che rendeva complicato ogni incontro ed impossibile, almeno per il momento, un qualche futuro insieme.

 

 

Stesso giorno.

Il Centro. Blu Cove, DELAWARE.

Ore 11.48 pm.

 

Miss Parker sedeva alla sua scrivania scorrendo alcuni documenti nell'attesa del rientro di Amina. Era sicura che non avesse trovato nulla ma era altresì certa che, finchè non ne avesse ricevuto conferma, non sarebbe riuscita a dormire. In quel momento la suoneria silenziosa del suo telefono si accese e lei alzò il ricevitore.

- Parker.-

- Sarò li tra dieci minuti.- disse Amina - Vediamoci da Sydney.- riattaccò.

Finalmente era tornata. Aveva preso l'aereo delle cinque pomeridiane, ora di San Francisco, e doveva essere atterrata da circa venti minuti. Miss Parker si alzò e si diresse agli ascensori, le era sembrato che la ragazza fosse un po' contrariata e non sapeva darle torto: aveva mandato Lyle a prenderla per toglierselo di torno, sembrava infatti deciso a non tornare a casa finchè non ci fosse andata anche lei. Non era stato un pensiero molto carino spedirlo ad Amina reduce dal viaggio ma, in quel momento, non le era venuta nessuna idea migliore. Represse i sensi di colpa ed entrò nell'ufficio di Sydney dove trovò anche Broots, a quanto pareva quella sera nessuno aveva voglia di andarsene a dormire.

Dopo qualche minuto giunse l'ultimo membro del gruppo. Amina entrò con il suo consueto passo silenzioso e si avvicinò alla scrivania su cui fece cadere una busta bianca.

- Grazie per la scorta.- disse a Miss Parker.

- Mi dispiace.- disse questa - La prossima volta penserò a qualcosa di meglio.-

- Trovato nulla?- chiese Sydney.

- Sì, quella.- disse indicando la busta - L'ha lasciata nella casella di posta interna, quella che usano gli studenti per comunicare coi professori. Non l'avevamo controllata.-

Sydney prese la busta e l'aprì: conteneva una chiave, una di quelle semplici chiavi che vengono normalmente usate per gli armadietti delle scuole e delle stazioni di pullman e treni. I quattro rimasero a fissare quella chiave quasi si aspettassero che questa gli dicesse cosa apriva, poi si guardarono.

- L'ho provata in tutti gli armadietti del Campus con quel numero, ce ne erano tre, e andando all'aeroporto, mi sono fermata alla stazione centrale dei treni quindi in quella degli autobus: niente. Qualunque cosa apra non si trova a San Francisco.-

- Allora che si fa?- chiese Broots.

- Mettiti al computer.- disse Miss Parker - Voglio che rintracci tutte le strutture che usano armadietti di quella marca. Sulla chiave c'è il numero 1121 quindi dovrai isolare le strutture che hanno istallato più di mille e cento armadietti.-

- Cosa vuoi fare?- chiese Sydney.

- Ci saranno centinaia di strutture!- esclamò quasi contemporaneamente Broots.

- Non mi interessa! Lo troverò a costo di aprire tutti gli armadietti d'America!-

- Non sarà necessario.- intervenne Amina - Una volta che avremo la lista basterà seguire un po' di logica.-

- Giusto.- convenne Miss Parker - Al lavoro, Broots!-

L'uomo esitò un attimo come a voler aggiungere qualcosa ma, notata l'espressione delle due donne, vi rinunziò e si affrettò verso il proprio ufficio.

 

 

Il giorno seguente.

Ufficio di Broots. Il Centro.

Ore 3.12 am.

 

Sydney raggiunse l'ufficio di Broots e affiancò le due donne dinanzi la scrivania del genio informatico mentre questi finiva di stampare i risultati della ricerca. Tolse il foglio dalla stampante e lo passò ad Amina.

- Bene.- disse lei scorrendo la lista - ci sono solo cinquantotto strutture che hanno montato più di mille e cento di quegli armadietti, potremo così...- si interruppe.

- Cosa c'è?- chiese Miss Parker.

- Indovinate una struttura a caso che li ha, vi do tre possibilità, ma ve ne basterà una.-

Miss Parker la guardò come se fosse impazzita poi notò la particolare luce che brillava negli occhi della ragazza e impallidì.

- No! Non è possibile...- disse con voce soffocata dalla rabbia.

- Il Centro?- chiese Sydney.

- Già, il Centro.-

Prima che qualcuno potesse dirglielo, Broots tornò al computer per trovare la collocazione dell'armadietto.

- Trovato! L'armadietto 1121 si trova...- si interruppe deglutendo ed alzò gli occhi sugli altri - Si trova nel bagno dell'ufficio di Miss Parker.- concluse con voce flebile.

Miss Parker si sedette su una sedia impallidendo mentre Amina si lasciò andare ad una risata.

- Incredibile!- esclamò calmatasi - Quando lo prenderemo non saprò se ucciderlo o dargli un premio.-

- Uccidilo,- disse Miss Parker - altrimenti lo farò io.-

Lasciarono l'ufficio di Broots e raggiunsero quello di Miss Parker, entrati in bagno si avvicinarono all'armadietto. Sydney porse la chiave a Miss Parker che, dopo una breve esitazione, l'infilò nella toppa e girò la serratura. Lo sportello si aprì rivelando, tra gli asciugamani puliti, un pacco con su scritti i loro nomi nella grafia di Jarod. I quattro si guardarono per un istante e lo presero.

 

 

 

Quattro mesi dopo.

Santo Domingo, CARAIBI.

Ore 2.10 pm.

 

Con uno schianto assordante la porta di quercia dell'appartamento cadde, divelta dai cardini, dal possente calcio dei due spazzini. Miss Parker e Amina entrarono, immediatamente seguite dai due spazzini quindi da Sydney, Broots e Lyle. Si dispersero nell'appartamento ma fu presto chiaro che era vuoto. Amina entrò in cucina, seguita da Sydney, e posò una mano sulla tazza di caffè che era sul tavolo.

- E' ancora tiepido, deve essere uscito da una decina di minuti al massimo.-

- E di fretta, direi. Però non ha lasciato molto dietro di se.- constatò Syd.

- Forse aveva già fatto le valigie perchè aveva deciso di partire comunque. Noi gli abbiamo solo fatto anticipare la partenza.-

- Rimane da chiedersi come ha fatto a sapere che stavamo arrivando...-

- A questo posso rispondere io.- disse Broots raggiungendoli - Venite.-

Li condusse in uno sgabuzzino stipato di attrezzature per la sorveglianza, moderne e costose. E funzionanti, due schermi video riportavano l'immagine di due incroci.

- Guardate, teneva sotto controllo le due imboccature della strada che porta qui, ogni volta che una macchina svolta le telecamere attivano lo zoom ed inquadrano il conducente ed il passeggero. Ci ha visti appena abbiamo svoltato in questa strada ed ha avuto tutto il tempo di prendere le sue cose ed andarsene.-

- Come è possibile? Lui era in cucina a prendere il caffè.- chiese Miss Parker.

- Qui c'è un'antenna di trasmissione.- riprese l'uomo - Probabilmente teneva sempre con se uno di quei piccoli video portatili.-

- Bene,- disse Lyle - almeno ora sappiamo come ha fatto a fuggire anche questa volta.-

- Perquisiamo l'appartamento.- ordinò Amina - Vediamo di scoprire dove è diretto.-

Si sparpagliarono, Miss Parker ordinò ai due spazzini di smontare l'impianto video e caricarne i pezzi in macchina. Frugarono ovunque senza trovare nulla di particolarmente interessante poi Amina passò accanto al telefono e vide il blocchetto per gli appunti e, presa una matita, scurì la superficie del primo foglietto portando alla luce alcune scritte.

- Parker!- chiamò - Guardate,- disse quando gli altri la raggiunsero - qui c'è la data di oggi poi c'è scritto "St. C. molo 6". Broots, mettiti al computer e vedi quale dei porti della città ha un molo sei e scopri per cosa sta "St. C.".-

- Subito.-

Attaccò il suo portatile alla presa del telefono e si mise al lavoro. Dieci minuti dopo li chiamò.

- Sia il porto pescherecci che il porto principale hanno un molo sei.- riferì agli altri - Per quanto riguarda la sigla credo sia l'abbreviazione del nome di alcune navi.-

- Alcune?- chiese Lyle.

- Già. Il San Carlos è un peschereccio attraccato al molo sei dei pescatori mentre la Santa Clara e la Santa Cristina sono due navi da crociera...-

- Fammi indovinare.- lo interruppe Miss Parker - Sono entrambe attraccate al molo sei del porto?-

- In effetti...-

- Quando salpano?- chiese Amina.

- Il San Carlos salpa alle quattro mentre le altre due salpano entrambe alle quattro e mezza.-

- E i due porti quanto distano tra loro?- volle sapere Sydney.

- Un ora di macchina. Correndo.-

- Dobbiamo separarci. Lyle, prendi Tom e Sam e raggiungete il San Carlos. Frugatelo da cima a fondo e, se trovate Jarod, avvisate via telefono.- disse Amina, poi vedendo che rimanevano fermi - Muovetevi, quel peschereccio salpa tra tre quarti d'ora e vi ci vorranno tutti per raggiungerlo.- li guardò uscire e si volse ai suoi compagni - Noi andiamo al porto.-

- Sbrighiamoci.- incalzò Miss Parker.

Arrivarono al porto che erano quasi le quattro e dieci. Syd ed Amina si diressero immediatamente al terminal prenotazioni lasciando a Miss Parker e Broots l'incarico di sorvegliare la banchina, furono di ritorno in pochi minuti e li raggiunsero.

- Come sempre non gli piace renderci le cose troppo facili.- disse Amina rivolto ai due - Un certo Jarod Turner ha prenotato una cabina sulla Santa Clara mentre un certo Jarod Backer ha prenotato sulla Santa Cristina.-

- Gli venisse un colpo...- mormorò Miss Parker.

- Non c'è da stupirsi: un comportamento diverso non sarebbe stato da lui.- commentò Sydney.

- Sentite.- continuò Amina - Non possiamo aspettare di vedere dove sale anche perchè, con ogni probabilità è già a bordo, e non riusciremmo mai a setacciare le due navi prima che salpino: l'unica possibilità è imbarcarci anche noi, all'ultimo momento, ovviamente. Al terminal abbiamo prenotato due cabine su ogni nave. Ci divideremo così: Miss Parker, che soffre il mal di mare, e Broots, che ha una figlia da accudire, salperanno sulla Santa Cristina che raggiungerà il primo scalo domani a quest'ora. Mentre Syd ed io che non abbiamo problemi prenderemo la Santa Clara che non toccherà terra per i prossimi tre giorni. Vi va bene?-

-Sì, è una buona idea.- disse Miss Parker - Non mi sorride molto il pensiero di dover stare a bordo più del necessario...- sospirò.

Presero gli ultimi accordi decidendo di rivedersi al Centro con o senza Jarod. Preferibilmente con...

Salirono sulle navi per ultimi un momento prima che chiudessero gli imbarchi e, alle quattro e mezza precise, si staccarono dalla banchina e presero il largo. Appena sistemate le loro poche cose nelle cabine, che si trovavano su due ponti diversi, Syd ed Amina iniziarono a setacciare la nave alla ricerca del simulatore. Vi erano dei posti in cui non potevano entrare poichè erano riservati all'equipaggio ma, con un po' d'astuzia, riuscirono ad intrufolarsi. A ora di cena non avevano ancora trovato nulla e, pensando che se lui viaggiava come passeggero dovesse essere nel salone da pranzo, scesero a mangiare. Seduti in un tavolo d'angolo osservavano tutti coloro che si trovavano nel grande ambiente fingendo di essere li in vacanza come gli altri. Essendo la nave quasi al completo dividevano la tavola con una coppia di sposi che festeggiavano i venticinque anni di matrimonio ed avevano deciso di concedersi una seconda luna di miele. Diedero per scontato che Sydney ed Amina fossero padre e figlia e loro non li contraddissero, lasciarono che fossero loro a portare avanti la conversazione di modo da guardarsi intorno a piacere. Dopo cena l'orchestra attaccò con dei ballabili e, recitando la parte dei vacanzieri fino all'ultimo, si unirono agli altri per le danze. Amina concesse il primo ballo a suo "padre" e ballò per un po' con un paio di ragazzi in vacanza post laurea. Verso le undici ostentando una grande stanchezza adducibile al volo della mattina ed al conseguente cambio di fuso orario Syd ed Amina si ritirarono. Si salutarono in ascensore dandosi appuntamento per l'indomani a colazione decisi a continuare le ricerche ed Amina si diresse alla sua cabina. Una volta chiusa la porta accese la luce e si guardò intorno ad occhi spalancati: la cabina sembrava essersi trasformata in un giardino fiorito, fresie e rose bianche, i suoi fiori preferiti, occhieggiavano da ogni angolo del salotto e, attraverso la porta che dava sulla camera vide che perfino sul letto erano sparsi negligentemente petali profumati. Sentì un rumore dietro di se e si voltò: appoggiato con noncuranza allo stipite della porta di comunicazione con la cabina accanto, e che lei sapeva di aver lasciato chiusa, stava Jarod. Indossava un paio di morbidi pantaloni neri ed una camicia bianca slacciata, teneva in mano una bottiglia di champagne e due coppe e sul volto gli aleggiava un'aria sorniona con le labbra atteggiate ad un mezzo sorriso da perfetto gigolò.

- Ciao, ragazzina.- disse piano.

Amina si avviò lentamente nella sua direzione e, arrivata ad un passo da lui, gli artigliò con gl'indici i passanti dei pantaloni facendoglisi più vicina inclinando in dietro la testa per guardarlo in viso e gli restituì il sorriso.

- Ciao, signor Turner.- rispose prima di sollevarsi in punta di piedi e baciarlo - Grazie per i fiori.-

- Di nulla. Chissà se anche Miss Parker ha gradito i suoi...-

- Sei incorreggibile. A quest'ora sarà furiosa.-

- Già,- il sorriso si allargò - in effetti l'idea era quella.-

Amina si allontanò di un passo rabbuiandosi un po'.

- Non mi va che la torturi, sai?-

- Non la sto torturando, Selene. Tra circa cinque minuti le verrà recapitata una lettera che, per inciso, fino a tre giorni fa era nascosta nella cassaforte dell'ufficio di suo padre.-

- Sei tornato al Centro?! Ma sei impazzito?- si interruppe - Che lettera?-

- L'ultima lettera che sua madre scrisse prima di venir uccisa, nella quale dice addio al marito esternando tutta la sua riprovazione per l'operato del Centro. E' probabile che il signor Parker l'abbia trovata nella borsa della moglie dopo che le hanno sparato: non credo che quella donna l'avrebbe lasciata in giro prima di essere ben lontana da Blu Cove.-

- Lo penso anch'io...-

- Ma ora basta parlare della famiglia Parker.- disse avvicinandosi al tavolo dove posò i bicchieri e la bottiglia cosicchè da poterla stappare.

Riempì le coppe e ne porse una alla ragazza.

- Ai prossimi tre giorni.- disse lei.

- Alle prossime tre notti.- rispose Jarod nuovamente con quell'aria da uomo di mondo.

 

 

Il giorno seguente.

Mar dei Caraibi.

Ore 8.00 am.

 

Seduta al tavolo della colazione, Amina, represse uno sbadiglio sorseggiando il caffè, mentre aspettava che Sydney la raggiungesse. Guardandosi intorno si lasciò andare per qualche istante all'illusione di essere davvero in vacanza e che l'uomo che stava aspettando non fosse suo "padre" ma l'uomo meraviglioso che aveva lasciato addormentato nel proprio letto meno di mezz'ora prima. Sarebbe stato così bello... Si risvegliò dal sogno ad occhi aperti dandosi della sciocca, doveva proteggere Jarod e se stessa per questo aveva un ruolo da recitare: quello della cacciatrice senza altro pensiero che catturare la sua preda. L'uomo più anziano si sedette accanto a lei salutandola ed ordinò la colazione ad un cameriere prontamente accorso. Quando furono soli decisero di separarsi: Amina si sarebbe occupata dei quartieri dell'equipaggio e delle cucine, se l'avessero scoperta avrebbe potuto fare la parte della ragazzina ingenua ed un po' svampita e dire che si era persa, mentre Sydney avrebbe controllato tutti i ponti. Decisero di non vedersi a pranzo di modo da scegliere per conto proprio quale fosse il momento migliore per fare una pausa e si diedero appuntamento per cena.

Pur sapendo che non avrebbe trovato ciò che cercava Amina ispezionò comunque le parti della nave a lei assegnate e, verso il tardo pomeriggio, fece in modo di essere trovata in una delle zone vietate ai passeggeri di modo da portare la recita fino in fondo quindi, dopo essere stata bonariamente redarguita da un attempato nostromo, si diresse alla boutique del ponte passeggiata decisa a trovare qualcosa di carino per la sera. Acquistò un delizioso completo in pizzo macramé nero composto da una gonna lunga e stretta con uno spacco vertiginoso sul fianco ed un bustino senza spalline con scarpe e borsetta coordinate. Tornata in cabina si concesse una lunga doccia e avvoltasi nell'accappatoio si sedette in mezzo al letto per pettinare le lunghe ciocche umide. Jarod si affacciò silenziosamente nella stanza e si appoggiò allo stipite della porta ad ammirare la sua ragazza. Quel pensiero lo fece sorridere e lo sguardo gli si addolcì, era strana, quasi incredibile, la serenità che provava da quando la loro storia era cominciata. Non avrebbe mai creduto che un giorno sarebbe riuscito a venire a patti coi demoni che lo tormentavano da quando aveva scoperto il reale uso che il Centro faceva del suo lavoro eppure quella ragazzina, che aveva dodici o tredici anni meno di lui, era riuscita a compiere il miracolo. Al suo fianco aveva scoperto cosa significasse dormire una notte intera e svegliarsi coi ricordi indugianti di un piacevole sogno. Un sogno ricorrente che esternava il suo desiderio di avere una famiglia, con lei...

Amina, nel frattempo, ignara della presenza dell'uomo aveva continuato a sciogliere i nodi formatisi tra i suoi riccioli. Ad un certo punto alzò lo sguardo e, nel vetro del televisore, vide l'immagine riflessa di Jarod e sorrise.

- Hai intenzione di rimanere li?- chiese voltandosi.

- Che alternative mi dai?-

- Potresti entrare.-

- E poi?- chiese lui sollevando maliziosamente un sopracciglio.

- Non saprei, fatti guidare dalla fantasia...-

Jarod sorrise e, avvicinatosi al letto, si inginocchiò sulle coperte alle spalle di Amina e la abbracciò posandole un lieve bacio dietro l'orecchio destro. Lei rise per il solletico che il suo respiro le causava e si girò perchè lui potesse estendere quella cortesia anche alle labbra poi si alzò per vestirsi: aveva appuntamento con Sydney di li a mezz'ora. Rientrò in bagno e ne uscì dopo poco con addosso la gonna ed il corpino e si sedette davanti allo specchio della camera per raccogliere i capelli in un nodo elaborato che lasciava sfuggire qualche ricciuta ciocca sbarazzina. Stese un lieve velo di trucco sugli occhi e sulle labbra e, indossate le scarpe coi tacchi, si alzò.

- Come sto?- chiese.

Jarod, semisdraiato sul letto, la stava percorrendo da capo a piedi con gli occhi la cui espressione andava facendosi più intensa via via che l'esame procedeva.

- Sembri una strega.- le disse con voce morbida - Bella ed assolutamente peccaminosa. Non intendo lasciarti girare vestita così in mezzo a tutti gli scapoli della nave. Non senza una scorta armata.-

Amina rise e si appoggiò alla parete.

- Come sai che ci sono così tanti scapoli a bordo?-

- Pensi veramente che ieri sera non sia venuto nel salone? Avrei potuto reagire male se quei due bellimbusti con cui hai ballato non l'avessero piantata di farti gli occhi dolci!-

- Oh, Jarod! Sei geloso!- esclamò Amina ridendo deliziata.

- E molto possessivo.- disse lui raggiungendola con un fluido scatto felino.

La intrappolò contro la parete ma prima che potesse baciarla squillò il telefono. Lei gli sgusciò da sotto un braccio ed andò a rispondere. Tornò qualche attimo dopo con un'espressione a metà tra il dispiacere e il sollievo.

- Era Syd.- disse - Non si sente bene: si è preso un'insolazione ed il medico della nave gli ha consigliato di stare a riposo per questa sera e domani, quindi non verrà a cena.-

- Non ha detto altro?-

- Di scendere nel salone e divertirmi. E mi ha detto di considerarlo un ordine del dottore.-

Jarod sorrise - Non deve stare poi tanto male se riesce ancora a scherzare, ma forse è meglio che vada a dargli un'occhiata.-

Amina era preoccupata per entrambi gli uomini ma annuì: se era quello che lui voleva doveva andare. Jarod esitò un momento poi tornò nella sua cabina facendole segno di seguirlo, da dentro un armadietto prese il suo telefono satellitare e, strizzandole un occhio, compose il numero della nave e si fece passare la cabina di Sydney.

- Ciao Syd, come va?-

- Jarod! Come facevi a sapere che sono su questa nave?-

- Ho le mie fonti... Tutto a posto?-

- Insomma, oggi ho passato troppo tempo sotto il sole e mi sono preso un'insolazione.-

- Devi stare attento: lavorando al Centro non si è abituati al sole. Io lo so bene. E' grave? Hai la febbre?-

- Appena qualche linea, non ti preoccupare. E' appena andato via il medico e mi ha dato un paio di pastiglie assicurandomi che domani sera sarò nuovamente in forma.-

- Ne sono lieto. Allora ti lascio riposare: dormire è la cura migliore, in questi casi.-

- Come vuoi, dottore.- commentò scherzosamente Syd.

- Buona notte.- riagganciò.

Amina lo guardò interrogativamente curiosa di sapere cosa Sydney gli avesse detto per farlo sorridere.

- Sta bene, deve solo riposare.-

- Bene... Io avrei fame.- disse lei dopo una piccola pausa.

- Dammi due minuti: mi vesto e scendiamo.-

- Dovrei cenare con te?- chiese alzando un sopracciglio.

- Ad una condizione.- disse lui avvicinandosi - Che Amina resti qui e con me scenda Selene. Pensi sia fattibile?-

Lei lo guardò negli occhi per un lungo momento poi sorrise lievemente.

- Sì, penso di si.- disse dolcemente.

 

 

Cinquantadue ore dopo.

Il Centro. Blu Cove, DELAWARE.

Ore 11.50 pm.

 

Appoggiata al muro alle spalle della scrivania di Sydney, Amina, osservava Broots e Miss Parker discutere. Erano tornati tutti a mani vuote, com'era prevedibile e per alcuni auspicabile, ed ora stavano cercando di capire cosa era andato storto. Se avesse voluto Amina avrebbe potuto illuminarli, ma non ci teneva particolarmente. Si staccò dal muro ed andò a sedersi sui gradini che portavano al centro della stanza attigua e, come era già successo innumerevoli volte, osservò la sfera di plexiglass. Ripensò agli ultimi due giorni, a cominciare dalla sera in cui aveva cenato col suo cavaliere. Jarod l'aveva circondata di premure senza dare nell'occhio: la sera seguente quando Sydney fosse nuovamente stato seduto al tavolo non volevano che qualcuno gli parlasse di Jarod. Quando la cena era finita avevano ballato a lungo chiacchierando di mille inezie, come una coppia, come persone qualunque. Avevano continuato a parlare anche dopo essersi ritirati, fino a notte fonda, fino a restare senza voce ma, a quel punto, le parole non erano più servite. Erano state sostituite dagli sguardi, dalle carezze, dai baci... Il giorno seguente, quando tutti gli altri turisti erano a prendere il sole o in piscina, avevano passeggiato sui ponti deserti, mano nella mano, decisi a godere di ogni istante di quell'insperata tregua che il mondo gli aveva concesso.

Nulla di questi pensieri trapelava dall'espressione del volto o degli occhi della ragazza apparentemente distaccata come sempre. Sospirando si voltò verso i contendenti per vedere Broots, nuovamente alla tastiera del computer, alla ricerca del bandolo di quell'ennesima matassa con Miss Parker che osservava lo schermo da sopra la sua spalla, rendendolo ancora più nervoso di quanto già non fosse. Sydney, nel frattempo, dava voce ad una serie di ipotesi non ultima quella che Jarod avesse giocato loro solo uno scherzo: fiducioso del fatto che avrebbero trovato l'appunto era partito verso la sua prossima meta mentre loro si imbarcavano per quell'inutile crociera. Amina nascose un sorriso alla parola inutile: per lei era stata tutt'altro.

Ma le parole di Sydney si rivelarono quasi profetiche, almeno all'apparenza, poichè Broots scoprì qualcosa che a Santo Domingo gli era sfuggito: dal molo sei del porto, alle quattro e mezza, era partito un piccolo pulmino da turismo diretto al monastero di Santa Chiara, sulle colline circostanti la città. Nella lista dei passeggeri figurava un certo J. Hunt. "St. C. molo 6 ore 4.30 pm.", Jarod li aveva giocati nuovamente.

 

 

Dieci settimane dopo.

Blu Cove, DELAWARE.

Ore 7.05 am.

 

Amina fermò la macchina a lato della strada e scese respirando a pieni polmoni la fresca aria mattutina. Stette alcuni istanti ad osservare il cielo limpido poi si avviò verso la casa davanti alla quale si era fermata e bussò alla porta. Sydney aprì dopo pochi minuti, ancora in vestaglia, e guardò sorpreso la sua mattiniera visitatrice.

- Amina! Cosa fai qui? Di sabato poi.-

- Syd, ho bisogno che tu venga con me. E' una cosa importante, ti prego vestiti e seguimi.-

- E' successo qualcosa?- chiese facendola entrare.

- No, ma è importante, per me, che tu venga.-

Sydney non pose altre domande e si allontanò per tornare in pochi minuti vestito e pronto a muoversi. Stava per prendere il cellulare ma Amina lo pregò di non farlo e gli chiese di lasciare a casa tutto ciò che poteva contenere una trasmittente, orologio compreso. Lui era molto sorpreso ed incuriosito da quel comportamento insolito, ma fece ciò che la ragazza gli chiedeva ed uscirono. Si diressero verso la macchina e lui notò che non era quella di Amina ma una monovolume anonima presa a noleggio. Salì accanto ad Amina sempre più sconcertato ma deciso a capire cosa accadeva. Viaggiarono in silenzio per una mezz'ora fino a raggiungere un piccolo aeroclub dove salirono su un cesna ad ala alta e decollarono.

- Ora posso sapere cosa sta succedendo?- ruppe il silenzio Syd.

- So che sei un po' confuso e ti ringrazio per avermi seguito alla cieca, ma devo chiederti di avere ancora un po' di pazienza. Tra circa un'ora saremo nuovamente a terra e, di li a poco, ti spiegherò tutto.-

- Immagino che dovrò aspettare, allora...-

Trascorsero il resto del viaggio parlando del più e del meno, finché atterrarono in una piccola pista polverosa nel bel mezzo di nulla. Ai margini della pista c'era un'auto, vi si diressero e salirono. Le chiavi erano inserite nel quadro, Amina mise in moto e ripartirono. Sydney si guardava intorno cercando di orientarsi senza, però, riuscirvi. Dopo poco più di un quarto d'ora di viaggio in mezzo ai boschi vide aprirsi davanti a loro una piccola valle, nel mezzo della quale stavano un gruppo di Tipee. Amina posteggiò poco prima di raggiungere il villaggio e scese facendo segno a Sydney di fare lo stesso. Sempre più perplesso, l'uomo, la seguì fino alle prime tende poi lei lo pregò di attendere un momento e si allontanò.

- Ciao, Syd, sono contento di vederti.- disse una voce alle sue spalle.

Sydney si voltò sorpreso trovandosi faccia a faccia con il ragazzo che aveva cresciuto.

- Jarod! Cosa fai qui? Devi allontanarti subito: non sono solo, Amina è con me.-

- Lo so, non ti preoccupare.-

- Stai bene.- constatò l'uomo più anziano.

- Anche tu. Come va il lavoro?-

- Come al solito. L'unica cosa che al Centro non manca è la monotonia degli eventi...-

- Ricordo.-

Sydney si guardò nuovamente intorno preoccupato.

- E' meglio che tu vada, Amina sarà di ritorno tra poco. Non voglio che ti catturi.-

- Di questo non devi preoccuparti.- disse lei avvicinandosi e mettendosi accanto a Jarod.

Sydney la guardò stupito: si era cambiata d'abito ed ora indossava un completo di pelle scamosciata avorio consistente in un corpetto corto con maniche sfrangiate ed una gonna asimmetrica da cui ne spuntava un'altra più lunga fatta esclusivamente di frange che le arrivava fino ai piedi coperti da morbidi mocassini anch'essi di pelle. Sempre più stupito notò che Jarod le aveva passato un braccio dietro la schiena e la sua mano posava sul fianco sinistro di lei.

- Avremmo voluto dirtelo prima,- proseguì la ragazza - ma la prudenza ce lo ha impedito.-

- Il motivo per cui sei qui,- continuò Jarod - è che vorremmo che tu fossi il nostro testimone di nozze.-

- Nozze?- chiese sbalordito Sydney.

- Sì, tempo fa ho aiutato questa tribù ed il capo ha acconsentito a celebrare il nostro matrimonio. Vedi, lei non sa quale sia il proprio cognome e questa cerimonia è l'unica che non li richiede. Per i Pellerossa è il nome proprio che conta, quello che racchiude l'essenza della persona. A nessuno dei due andava di sposarsi sotto falso nome.- concluse.

Sydney non sapeva che dire, continuava a spostare lo sguardo dall'uno all'altra cercando di assimilare ciò che aveva sentito. Comprese, da come si guardavano, la profondità dei loro sentimenti e si chiese quando e come fossero nati e cresciuti. Alla fine non trovando una risposta decise di chiederla a loro.

- Stiamo insieme da circa sette mesi.- gli rivelò Jarod.

- Sette mesi! Ma come è possibile?- guardò la ragazza - Nessuno si è mai accorto di nulla.-

- Lo spero bene altrimenti a quest'ora mi troverei rinchiusa nell'ala Rinnovamento, nella migliore delle ipotesi.- sorrise - Sono una brava attrice, vero?-

- Eccezionale.- commentò Sydney, mentre un largo sorriso gli distendeva i tratti.

Visto che mancava ancora un po' di tempo prima della cerimonia gli raccontarono per filo e per segno la loro storia a partire da Roanoke fino a quel momento, compreso l'episodio della crociera. Omisero solo il fatto che era stata Amina a permettere a Jarod di scappare nuovamente dal Centro e che avevano un appartamento a Dover.

Venne il momento della cerimonia. Fu una giovane donna ad avvertirli che tutto era pronto così si avviarono al centro del villaggio dove gli appartenenti alla tribù, con indosso gli abiti tradizionali da cerimonia, li attendevano riuniti. Quando giunsero Sydney fu fatto accomodare subito fuori dal cerchio degli anziani, i due sposi al centro, accanto al falò cerimoniale, stavano di fronte al capo il quale diede il segnale a coloro che si trovavano presso i tamburi dando il via alla musica. Fu lo sciamano il primo ad invocare la benevolenza e la benedizione degli spiriti sugli sposi attraverso un canto antico dalle sonorità quasi ipnotiche. Quando questo primo canto finì gli sposi furono avvolti nella medesima coperta e guidati nella danza rituale dalla voce del capo tribù che intonò il canto che era augurio di felicità e prosperità: il canto dell'unione. Jarod ed Amina, uniti sotto la coperta, danzarono intorno al fuoco mentre lo sciamano spargeva su di loro fumi benedicenti. Quando il canto finì il capo tribù si avvicinò per imporre la propria benedizione e mischiò il loro sangue a simboleggiare l'unione delle loro vite a delle loro anime. Finito che ebbe i due novelli sposi furono liberati dalla coperta e presentati alla tribù come componenti di un solo corpo ed una sola anima: erano sposati. Sydney si avvicinò e li abbracciò entrambi visibilmente commosso. Si sentiva privilegiato, amava quel giovane uomo come un figlio ed era molto affezionato anche alla ragazza che gli stava accanto, si sentiva felice e fiero che avessero voluto condividere quel momento così speciale con lui.

I festeggiamenti proseguirono fino a pomeriggio inoltrato quando un giovane pellerossa si avvicinò a Sydney insieme ad Amina.

- Questo e John Alce Nero.- disse la ragazza - E' un ottimo pilota, ti riaccompagnerà a Blu Cove. Ci rivedremo lunedì in ufficio.-

- Intendi tornare al Centro?- chiese Sydney alquanto stupito.

- Certo! Per proteggere coloro che amo è necessario. Jarod ormai lo ha accettato. Un giorno me ne andrò ma non è ancora giunto il momento.-

- Se ne sei convinta allora d'accordo.- l'abbracciò ancora una volta - A lunedì.-

Allontanandosi si fermò accanto a Jarod, salutandolo gli pose una mano sulla spalla con orgoglio misto ad affetto. Gli raccomandò la giovane moglie e sorrise pronunciando quelle parole poiché mai, neppure nelle sue più rosee previsione, era riuscito ad immaginare che Jarod potesse trovare quel conforto, ed era felice di aver avuto torto. Partì lasciando i novelli sposi all'intimità del loro tipee, il cuore leggero come una piuma per la soddisfazione.

 

 

Due mesi dopo.

St. John Higt School, Washington D.C.

Ore 3.10 pm.

 

Appoggiato allo schienale di una panca di pietra, Jarod aspettava l'arrivo di Erik. Le lezioni erano finite da pochi minuti e sapeva che l'avrebbe raggiunto di li a poco. Sebbene lo nascondesse era preoccupato: Amina gli aveva telefonato nel cuore della notte per avvertirlo che, il giorno seguente, per ordine della torre sarebbe iniziata la caccia al ragazzo, che fino ad allora era sfuggito alle loro ricerche, partendo da tutte le scuole provviste di pensionato. Sapevano entrambi che le scuole delle grandi città, frequentate da un gran numero di ragazzi, e che quindi potevano nasconderne uno in particolare nel mucchio, sarebbero state setacciate per prime. Jarod aveva preso il primo aereo per andare a portar via suo fratello: per niente al mondo avrebbe permesso che gli accadesse qualcosa. Aveva appuntamento con la ragazza alla baita il sabato successivo, lì avrebbero deciso come muoversi.

Le sue riflessioni furono interrotte dall'arrivo del ragazzo, si era alzato ulteriormente nelle ultime tre settimane, sapeva che sarebbe diventato alto come lui entro i prossimi quattro anni ma, questo, non gli impedì di stupirsi. Guardò in quegli occhi che erano i suoi e sorrise.

- Ciao Erik, come va lo studio.-

Il più giovane guardò il fratello sollevando un sopracciglio con quell'espressione tanto comune ad entrambi, a metà tra il divertimento e l'esasperazione.

- Hai fatto quattro ore di aereo per venirmi a chiedere come va la scuola?- chiese.

- Più o meno. Quanto ti ci vuole a preparare le tue cose?- chiese Jarod tornando serio.

- Il tempo di andarle a prendere: tengo sempre il borsone pronto. Non si sa mai.-

- Sei previdente.-

- Ho avuto un buon maestro.- concluse il ragazzo voltandosi per correre nella sua camera.

Jarod lo osservò allontanarsi. Avrebbe compiuto diciassette anni entro poco tempo, cinque settimane stando alle date sui documenti riservati che aveva trovato Amina. Sapendo finalmente la data di nascita lui e la moglie avevano deciso di organizzargli una festa di compleanno a sorpresa. E Jarod era convinto che il regalo più bello che il fratello avrebbe ricevuto quel giorno sarebbe stato la consapevolezza della propria data di nascita.

Erik fu di ritorno in pochi minuti con un borsone a tracolla. Si avviarono alla macchina e, depositato il borsone nel porta bagagli, partirono verso l'aeroporto. Jarod aveva raccontato al preside che c'era stata un'emergenza in famiglia e che il ragazzo doveva tornare a casa per alcuni giorni, il preside non aveva sollevato obiezioni non sospettando nulla. In aereo i due chiacchierarono un po', Erik volle sapere di Amina, sapeva da tempo che lei ed il fratello stavano insieme e che si erano sposati. Si era rammaricato di non poter assistere al matrimonio ma proprio quel giorno aveva dovuto sostenere un esame e, comunque, sia Jarod che Amina avevano ritenuto troppo rischioso per lui lasciare la scuola. Con tutti gli agenti del Centro in giro qualcuno avrebbe anche potuto vederlo e, se correre quel rischio non fosse stato il minore dei mali, non lo avrebbero fatto uscire dalla scuola neppure in quel momento.

Quando finalmente atterrarono raggiunsero la macchina e si diressero verso le montagne. Ad Erik la baita in mezzo ai boschi piaceva molto. Forse perchè era stato il primo posto che aveva visto dopo aver lasciato il Centro, forse perchè era stato il primo posto dove si era sentito libero ed al sicuro. Non aveva importanza, in fondo, era solo contento di tornarvi. Una volta arrivati scesero dalla macchina, Jarod osservò il fratello respirare l'aria profumata a pieni polmoni e sorrise. Prese il borsone ed entrò in casa lasciando il ragazzo libero di guardarsi in giro a piacimento. Sapeva che la scuola non gli piaceva molto poiché, essendovi rinchiuso, gli ricordava tristemente sia Donoterase che il Centro e, come era stato per lui, ogni volta che si trovava all'aperto era restio ad abbandonare gli ampi spazi che aveva intorno. Poggiato il bagaglio per terra accanto alla porta prese il telefono satellitare e compose un numero.

- Amina.- rispose una voce nota.

- Ciao, ragazzina.-

- Ciao. A cosa devo la chiamata?- chiese lei con voce distaccata.

Jarod odiava quel tono ma sapeva che faceva parte del ruolo di cacciatrice così represse un sospiro stizzito.

- Nulla, mi stavo annoiando ed ho pensato di sentire come andava da quelle parti.-

- Va a meraviglia, come sempre. Dove sei?-

- Spiritosa.- rispose lui continuando la finzione a beneficio degli eventuali ascoltatori indesiderati.

- Ho sempre avuto un gran senso dell'umorismo.-

- Già, piacevole quasi quanto quello di Miss Parker. Ma questa volta voglio risponderti. Sto per fare una gita al lago, perchè non vieni anche tu?-

- Volentieri, se solo fossi un pochino più preciso nelle indicazioni sarò lietissima di raggiungerti.-

- Non ti sembra di volere un po' troppo? In fondo ti pagano per trovarmi, non posso fare tutto io.- disse chiudendo la comunicazione.

Ora Amina sapeva che lui ed Erik erano alla baita e non si sarebbe preoccupata ulteriormente: c'era un piccolo lago a circa un'ora di cammino dalla casa e, negli ultimi mesi, vi si erano recati spesso.

Come chiamato dai suoi pensieri il ragazzo entrò in quel momento e disse che avrebbe disfatto i bagagli, Jarod fu d'accordo e rispose che, nel frattempo, avrebbe preparato qualcosa per la cena quindi, mentre il fratello saliva di sopra, si diresse alla cucina.

 

 

Tre giorni dopo.

Baita di Jarod.

Ore 5.15 am.

 

Amina spense il motore della macchina e si lasciò andare contro il sedile sospirando. Aveva guidato tutta la notte, cambiando auto tre volte, per giungere alla baita il più presto possibile ma non aveva fatto i conti con la stanchezza accumulatasi in trenta ore di veglia. Senza fare rumore scese dalla macchina, entrò in casa e salì al primo piano entrando nella camera matrimoniale. Suo marito dormiva pacificamente e lei si fermò un istante a guardarlo con un sorriso: sembrava un bambino indifeso e, in un certo senso, lo era. Si spogliò in silenzio e si infilò sotto le coperte addormentandosi quasi all'istante. Jarod si svegliò tre ore dopo e fu lieto ed, allo stesso tempo, turbato di trovare la moglie raggomitolata al suo fianco: felice che fosse a casa e turbato dal fatto che non aveva sentito nè la macchina nè lei. A quanto pareva la sicurezza che gli ispirava quel posto gli consentiva di dormire profondamente ma non era certo che fosse una buona cosa avendo il fiato dei suoi inseguitori sul collo. Attento a non svegliarla si alzò e scese di sotto, trovò Erik in cucina intento a preparare la colazione.

- Amina dorme ancora?- gli chiese.

- Sì. Come sai che è di sopra?-

- L'ho sentita arrivare, erano da poco passate le cinque. Non ti sei accorto di nulla?- chiese con un mezzo sorriso.

Jarod scosse la testa apparecchiando la tavola, ed il ragazzo sollevò gli occhi al cielo con un sospiro esagerato.

- Stai perdendo colpi, fratello.- commentò - Forse è la vecchiaia che si fa sentire...- concluse con una risatina.

Jarod gli tirò il tovagliolo che aveva in mano fingendo un cipiglio minaccioso.

- Attento a come parli, ragazzino, hai ancora parecchio da imparare da questo vecchio.-

- Ok, d'accordo, non ti scaldare.- rispose Erik alzando le mani in gesto di resa.

Il loro scherzoso alterco fu interrotto dallo squillo di un cellulare. Si guardarono stupiti un attimo prima di comprendere che era quello di Amina, Jarod si slanciò su per le scale sperando di riuscire a zittirlo prima che svegliasse sua moglie ma si fermò sulla porta della camera vedendola prendere l'oggetto strillante.

- Cosa diavolo c'è.- esclamò nell'apparecchio - Sono in vacanza, Broots! Hai familiarità col significato di questa parola?- ascoltò un momento - E dove sarebbe?- altra pausa - Magnifico, dicono che la Florida sia molto bella di questa stagione: divertitevi!- disse.

Chiuse la comunicazione e spense il telefono prima che l'interlocutore potesse aggiungere altro. Alzò gli occhi e vide avvicinarsi Jarod il quale si sedette sulla sponda del letto sollevando interrogativamente un sopracciglio.

- Ti hanno trovato.- rispose alla muta domanda.

- Dove?-

- Miami.- disse lei laconica.

- Però, sono svegli. Ero li quando mi hai avvisato di andare a prendere Erik.-

- Una cosa è certa: al momento li non ti troveranno.- concluse lei alzandosi.

- Perchè non dormi ancora un po'? E' ancora presto.-

- Che ore sono?-

- Le otto e mezza.-

Amina si avvolse nella vestaglia e scosse la testa: non aveva voglia di tornare a dormire. Jarod le si avvicinò e la baciò dolcemente quindi, mano nella mano, scesero raggiungendo Erik in cucina per la colazione. Seduti al tavolo chiacchierarono piacevolmente di svariati argomenti, ridendo e scherzando come gente comune, come una famiglia, ed era questo che loro tre si sentivano. Jarod si trovò come al solito in minoranza durante la discussione poichè Amina ed Erik amavano fare comunella per stuzzicarlo. Era stato sorpreso dallo scoprire che i due si erano conosciuti quando Erik era ancora un bambino di sei o sette anni. Amina, essendo il braccio destro di Matunmbo, era a conoscenza di Gemini, anche se non aveva idea di ciò che realmente Erik era. Aveva sempre pensato che fosse uno dei tanti bambini che il Centro aveva selezionato nel corso degli anni per farne un simulatore, sapeva che aveva un grande potenziale ma non aveva idea che si trattasse del "gemello genetico" di Jarod. Quando lo aveva scoperto ne era stata scioccata e aveva dovuto far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non fare qualcosa di inconsulto ed irreparabile. Solo il pensiero che i tempi per la distruzione del Centro non erano ancora maturi l'avevano trattenuta ma, quel giorno, aveva giurato di fare tutto quanto era in suo potere perchè cose del genere non accadessero mai più. Aveva voluto molto bene a quel bambino a cui si era affezionata come ad un fratello minore e, quando Jarod l'aveva liberato dalla prigionia, si era sentita felice come non le era mai, fino ad allora, capitato. Ritrovarlo dopo aver intrecciato la relazione col marito era stata una grande gioia che aveva ulteriormente allietato quel rapporto. Ora, dopo tante sofferenze, tutti e tre avevano qualcuno da amare, avevano una famiglia, la cosa che avevano più desiderato nella loro solitaria infanzia.

Trascorsero due giorni sereni e spensierati facendo lunghe passeggiate per i boschi, pescando nel piccolo lago vicino alla baita e giocando come tre bambini. Per Amina furono due giorni perfetti, per Jarod furono due giorni felici.

Decisero che Erik sarebbe rimasto con Jarod, almeno per un po', e lui si era dimostrato entusiasta all'idea di poter sfruttare le sue grandi potenzialità per aiutare gli altri come faceva da anni il fratello maggiore, senza contare che avrebbe potuto imparare molto di più al fianco di Jarod che in una scuola per quanto di ottimo livello: in fondo, Jarod, poteva insegnargli ad essere tutto ciò che voleva e poteva essere, e questo era ciò che lui voleva apprendere.

 

 

Cinque mesi dopo.

Boston, MASSACHUSETTS.

Ore 10.40 pm.

 

Jarod camminava di buon passo per una delle stradine del porto avvolto nella bruma notturna che sfocava i contorni degli edifici che lo circondavano. Era deciso a raggiungere il suo attuale rifugio per cambiarsi prima di dirigersi alla casa che aveva affittato in città dove, più tardi, si sarebbe incontrato con Amina. Sorrise chiedendosi quale scusa avrebbe inventato questa volta per scappare dal Centro, diventava sempre più difficile trovarne delle nuove e, per questo motivo, due settimane prima lei gli aveva chiesto di organizzare la sua scomparsa ufficiale, qualcosa di eclatante, mortale e che non lasciasse molte speranze di ritrovare il corpo. Lui era felice che si fosse decisa a lasciare il suo lavoro: non si era mai sentito tranquillo a saperla la dentro, a spingerla verso quella decisione era stato anche il fatto che avevano trovato una sistemazione sicura per Erik. Dopo quattro mesi al seguito del fratello, infatti, il ragazzo aveva deciso di sfruttare le sue capacità di mimetismo per confondersi nel mondo senza nascondersi. Per maggiore sicurezza Amina lo aveva convinto a trasferirsi in uno dei pochi paesi dove il Centro non aveva una base fissa e, di conseguenza, uno stretto controllo: l'Australia. Da tre settimane abitava a Melbourne, aveva un appartamentino, frequentava la scuola ed aveva trovato un lavoro part-time in una piccola azienda di programmazione computer. Nonostante avesse solo diciassette anni era molto indipendente e, in ogni caso, sapeva di poter contare sull'aiuto del fratello.

Jarod si riscosse dai suoi pensieri accorgendosi di essere quasi al rifugio ma, rendendosi conto dell'innaturale silenzio che regnava nel vicolo, si fermò. C'era decisamente qualcosa che non andava e la stretta che provava allo stomaco era una conferma, silenziosamente si accostò al muro e sbirciò oltre l'angolo dove si trovava la porta che avrebbe dovuto varcare: il suo sesto senso non lo aveva ingannato. Semi nascosti dalla nebbia, due uomini alti e vestiti di scuro, attendevano presso la porta l'arrivo della preda. Prima che potessero vederlo si ritrasse e ritornò sui suoi passi, sapeva di non aver lasciato nulla di importante o compromettente nel rifugio e, quindi, non valeva la pena arrischiarsi a restare.

Una figura indistinta si staccò dal muro qualche passo avanti a lui che si fermò con tutti i sensi all'erta, pronto a reagire.

- Ciao, Jarod, nuovamente faccia a faccia.- disse Miss Parker.

Un rumore di passi alle sue spalle lo fece voltare e vide sopraggiungere Lyle ed Amina, mentre Broots e Sydney si tenevano più indietro. Deciso a non cedere senza lottare Jarod scattò verso un piccolo vicolo alla sua destra e si mise a correre più veloce che poteva incalzato dai suoi inseguitori.

- Jarod fermati! Non hai vie di scampo.- gli gridò dietro Miss Parker.

Lui non le diede retta, ormai conosceva quel porto come le sue tasche e sapeva che, con un po' di fortuna, sarebbe potuto scomparire. Continuò a correre facendo alcune deviazioni fino a sbucare in uno spiazzo affacciato sul mare, si bloccò trovandosi davanti Lyle con la pistola spianata. Come diavolo aveva fatto a precederlo?

- Sorpreso?- gli chiese l'altro ironico - Sai, non sei l'unico ad aver fatto un po' di tutto nella vita: anch'io conosco piuttosto bene questo porto.- concluse.

Mentre lui parlava, Jarod, si era mosso circolarmente fino a trovarsi col mare alle spalle: alla peggio sarebbe potuto scappare a nuoto. Lyle intuì i suoi pensieri ed agitò lievemente la canna della pistola in segno negativo.

- Non credo di potertelo permettere.- disse.

- Non mi riporterai al Centro.-

- Chi ha detto che voglio riportartici?- chiese Lyle con uno sguardo alterato - Sai mi hai procurato un sacco di fastidi. Per colpa tua ho fatto la figura dell'idiota diverse volte e sono stato privato del mio incarico. Mi hanno assegnato come "aiutante" a mia sorella! Te lo immagini niente di più umiliante? No, Jarod, non ho alcuna intenzione di riportarti al Centro. Non vivo, per lo meno.- concluse con tono quasi amabile.

Jarod aveva intuito il pericolo in cui si trovava: Lyle era instabile, al limite della follia, ed ora si trovava davanti quello che riteneva essere la causa di tutti i suoi guai. Ed aveva una pistola. Jarod cominciò ad arretrare e, a questa sua mossa, Lyle sorrise.

- Spiacente, " amico", non te lo posso permettere.- si interruppe sorridendo - E, questa volta, non c'è il tuo fratellino a salvarti.- concluse alzando la pistola.

Mirò al cuore di Jarod ed esplose il proiettile, che colpì Amina in pieno petto. La ragazza era sopraggiunta in tempo per capire cosa stava succedendo e si era precipitata in avanti per fermare Lyle, si era parata davanti al marito, frapponendosi tra lui e la pistola, proprio nel momento in cui il più folle dei Parker aveva premuto il grilletto. Jarod si slanciò in avanti per sostenerla nel momento in cui un secondo sparo echeggiava tra le costruzioni. Miss Parker, arrivata subito dopo la ragazza, aveva visto il fratello fare fuoco e colpirla così, senza esitazioni aveva sollevato la sua arma e gli aveva sparato colpendolo al cuore. Non contenta si avvicinò al corpo steso a terra e piantò un proiettile in mezzo agli occhi dell'uomo ormai morto.

- Prova a tornare adesso.- mormorò con odio rivolta al cadavere.

Ripose l'arma voltandosi e la scena che le si parò dinanzi la pietrificò: Jarod, inginocchiato per terra, sosteneva le spalle e la testa di Amina sul cui petto andava allargandosi una macchia irregolare di sangue, una rosa scarlatta e mortale.

- Tieni duro, ragazzina.- stava dicendo lui - Ti porto in ospedale, guarirai presto.-

- Jarod...- mormorò lei alzando gli occhi per incontrare quelli del marito.

- Ssht, piccola, non sforzarti a parlare.-

- Non ha... più importanza.- disse lei con sforzo.

Miss Parker si avvicinò e si inginocchiò dall'altra parte della ragazza che, in quell'ultimo anno, era diventata la sua migliore amica.

- Amina...- sussurrò.

La ragazza volse lentamente il capo fino a guardarla e Miss Parker le strinse piano una mano.

- Maryanne... Ho un favore... da chiederti.-

Miss Parker spalancò gli occhi ma, la gola stretta da un nodo, si limitò ad annuire.

- Abbi cura... di Jarod. Avrà... avrà bisogno di qualcuno... accanto. Promettimi... che...- si interruppe.

- Te lo prometto.- disse Miss Parker, le lacrime che scendevano lungo le guance.

Amina riportò la sua attenzione sull'uomo che amava e sorrise lievemente in un inutile tentativo di alleviarne il dolore.

- Jarod...- disse - Ti affido Ma...maryanne... Aiutala ad arrivare... alla verità. Se... lo merita.-

Incapace di parlare lui la fissò rispondendole con lo sguardo. Lei sollevò una mano e la posò sulla sua guancia in un gesto tanto struggente quanto semplice continuando a guardarlo dritto negli occhi, come se quell'unico legame fosse in grado di trattenere la vita che stava velocemente abbandonando il suo esile corpo. Lacrime di commozione le inondarono gli occhi scuri annebbiando ulteriormente il suo sguardo finchè traboccarono dalle ciglia.

- Ti amo...- disse con voce flebile.

- E io amo te. Più di quanto le parole possano dire.- rispose lui - Non andartene, ti prego. Non mi lasciare.- supplicò sull'orlo della disperazione.

- Ba... Baciami...- chiese lei.

Jarod si chinò sulle sue labbra e le coprì con le proprie in un dolcissimo bacio. La mano di Amina scivolò a terra, lasciando sul volto di Jarod quattro strisce di sangue, nel momento in cui la vita la abbandonava definitivamente. Jarod si accorse di quello che stava accadendo e sollevò il volto a guardare quello della moglie ormai privo di colore.

- Selene.- la chiamò piano - Selene!- ripetè a voce più alta scuotendola dolcemente.

Miss Parker si portò una mano alla bocca soffocando i singhiozzi mentre Jarod strinse a se il corpo esanime della ragazza. Sydney arrivò in quel momento seguito da Broots e, nel vedere la scena, comprese ciò che era accaduto.

- Troppo tardi.- mormorò.

Intanto Jarod aveva cominciato a piangere, la fronte contro quella di Amina, finchè il dolore non gli esplose nel petto facendogli alzare il volto verso il cielo.

- Dio!- gridò con rabbia disperata - Devono morire tutti coloro che amo?-

Si accasciò esausto e singhiozzante e non si accorse che Syd gli si era inginocchiato accanto e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla in un futile tentativo di consolarlo. Miss Parker era conscia di non comprendere fino in fondo ciò che era accaduto ma ciò che aveva legato, e che ancora legava, la sua migliore amica a Jarod le era palesemente chiaro. Sentiva dentro di se il dolore dell'uomo che era stato il suo compagno d'infanzia e, lasciando cadere definitivamente la maschera della fredda professionista, gli passò una mano consolatrice tra i capelli come aveva fatto quando erano bambini, tanto tempo addietro.

Fu Sydney il primo a riscuotersi e guardandosi intorno comprese che quel luogo non era sicuro e che, presto, gli spazzini del Centro sarebbero arrivati.

- Jarod.- chiamò con urgenza - Devi andartene.-

Il giovane si limitò a scuotere la testa.

- Sì, invece. Gli uomini del Centro saranno qui tra poco. Devi andar via.- insistè.

- No, non la lascio.-

- Non puoi più fare nulla. Ti prego.- cercò di farlo ragionare.

- No...- mormorò.

- Sei un maledetto stupido!- esclamò con rabbia Miss Parker.

Era stupita lei stessa dalla sua reazione ma era anche decisa a mantenere la promessa che aveva fatto ad Amina. Jarod e Sydney la guardarono sconcertati e lei si rivolse al primo.

- Amina è morta per impedire che ti facessero del male, per impedire che ti catturassero e adesso tu vuoi lasciare che ti prendano senza lottare? Il suo sacrificio è dunque stato vano! La sua vita significava così poco per te che puoi buttare via ciò che ha fatto? Non credevo che tu fossi una persona simile!-

Jarod, dopo quello sfogo rabbioso, parve scuotersi dal proprio torpore. Abbassò un'ultima volta lo sguardo sulla moglie e, adagiato con tenerezza il suo corpo per terra, si alzò barcollando prontamente sorretto da Sydney.

- Non ti preoccupare,- disse quest'ultimo - ci occuperemo noi di lei. Verrà trattata con tutte le cure.-

Jarod annuì lievemente e dopo un attimo di esitazione si voltò allontanandosi, le spalle curve quasi che sostenessero il peso di tutto il dolore del mondo. E, forse, era così.

Scomparve in un vicolo buio, inghiottito dalla nebbia fumosa che permeava il porto, pochi istanti prima che gli spazzini raggiungessero il luogo della tragedia.

 

 

Quattro giorni dopo.

Cimitero di Blu Cove. DELAWARE.

Ore 4.30 pm.

 

Una piccola folla elegantemente vestita circondava il feretro di colei che era stata una di loro, pur senza esserlo davvero. Il parroco della piccola chiesa del cimitero stava impartendo l'ultima benedizione alle spoglie mortali di Amina sotto gli sguardi più o meno distaccati delle persone che lo circondavano. Tre volti soltanto esprimevano dei sentimenti. Miss Parker osservava la scena senza vederla, la mente persa nei ricordi degli ultimi giorni.

Quando gli spazzini erano arrivati lei aveva ordinato che i due corpi fossero portati immediatamente a Blu Cove intimandogli di trattare con ogni riguardo quello della ragazza. Una volta al Centro lei, Sydney e Broots, che avevano concordato una versione dei fatti, raccontarono che Amina aveva fermato Jarod ma Lyle, sopraggiunto dopo, vedendo sfumata la possibilità di riottenere prestigio riportando il simulatore al Centro aveva alzato la pistola facendo fuoco sulla ragazza e che, Miss Parker, arrivata in quel momento gli aveva sparato a sua volta per reazione e per impedirgli di nuocere a qualcun altro. Dissero che nel caos seguito a questi avvenimenti Jarod era riuscito a fuggire e, purtroppo, Amina non era sopravvissuta alla ferita. Il signor Parker era rimasto sconvolto nell'apprendere che il figlio aveva sparato ad un suo superiore mentre Matumbo, seppure seccato per la perdita della sua più preziosa collaboratrice, aveva lodato Miss Parker per la tempestività con cui aveva punito il reo risparmiando loro la noia di eliminarlo.

Il corpo di Lyle era stato cremato, Miss Parker aveva voluto assistere, la bara scoperta, all'interno della quale si poteva vedere il corpo dell'uomo, era entrata nel forno e ne era uscito solo un mucchietto di cenere che era stata dispersa senza cerimonie.

Ed ora, in quel pomeriggio nuvoloso, si stavano celebrando le esequie di Amina. Erano presenti tutti gli alti ranghi del Centro a partire da Matumbo. Sydney, accanto a lei, era visibilmente commosso, la sera prima era andato a trovarla a casa accompagnato da Broots e aveva raccontato ad entrambi la verità sul rapporto che aveva legato Jarod e la ragazza. Miss Parker faceva ancora fatica a credere di non essersi mai accorta di nulla eppure, stando alle parole di Sydney, quei due erano stati insieme per più di un anno e, da circa sei mesi, si erano sposati. Ripensò a quello che era successo al porto di Boston e risentì le parole che i due si erano scambiati prima che Amina spirasse. Sì, si erano amati, e molto, quelle poche frasi le avevano rivelato quanto profondo era stato quel sentimento. La sua mente corse inevitabilmente a Thomas, il suo Tommy, ed un'eco del dolore che aveva provato, e che ancora provava, le percorse l'anima. Poteva ben capire ciò che Jarod stava passando e le tornarono in mente le parole che lui le aveva detto all'epoca: "Non smettere mai di cercare quei pezzi mancanti.". E lei non aveva mai smesso, ancora oggi, a tre anni e mezzo di distanza, era alla ricerca di quei pezzi mancanti, di quelle tracce che l'avrebbero portata alla verità.

Immersa in questi pensieri non notò, come d'altronde nessun altro, una figura nerovestita che, all'ombra di una frondosa quercia, assisteva in disparte al funerale. Jarod sentiva un dolore sordo e terribile in fondo all'anima, il cuore gli provocava una fitta ad ogni battito e lui non sapeva come alleviarla. Teneva gli occhi fissi sulla cassa di pino dentro la quale riposava il corpo di sua moglie cercando di farsene una ragione. L'idea che lei non ci fosse più, che non avrebbe più sentito la sua voce, guardato i suoi occhi, baciato le sue labbra lo stava facendo impazzire rendendogli faticoso ogni respiro e doloroso ogni pensiero. Il nome di lei gli rimbombava nella mente come un appiglio a cui ancorare la ragione, per non perdere il senno, per non lasciarsi andare, per non disonorarne la memoria dando sfogo alla furia che gli ribolliva nel petto alla vista di quegli ipocriti che assistevano al funerale senza averne alcun diritto...

Gli tornò alla mente il fratello. Erik aveva chiamato a casa loro a Boston tre ore dopo la morte di Amina, aveva chiamato per salutarli, perchè sapeva che ci sarebbe stata anche lei. Jarod non era quasi riuscito a parlare, non sapeva trovare le parole per dirgli ciò che era successo. Ma non era stato necessario, Erik aveva capito, gli era bastato sentire la voce del fratello per capire. Era scoppiato a piangere e Jarod era rimasto ad ascoltarne i singhiozzi senza riuscire a dirgli nulla per confortarlo perchè neppure lui trovava conforto. Erik avrebbe voluto prendere il primo aereo e raggiungerlo ma Jarod gli aveva chiesto di non farlo: sarebbe stato troppo doloroso trovarsi insieme senza di lei. Ed era anche pericoloso, Selene aveva desiderato più di ogni altra cosa che loro due fossero al sicuro, era loro compito ora esaudirla. Erik aveva capito...

Quando il parroco finì la benedizione la piccola folla si disperse allontanandosi dal cimitero, rimasero solo quattro persone: i tre colleghi ed amici di Amina e la figura solitaria sotto l'albero. Miss Parker si avvicinò al feretro e vi posò sopra un giglio notando, solo in quel momento, una composizione floreale che si differenziava dalle altre per i fiori che la componevano: un cesto di rose bianche al centro delle quali spiccava un gruppo di profumate fresie. Non erano certo i fiori che si potevano comunemente vedere ad un funerale e, guidata da un presentimento, si avvicinò e prese il biglietto che li accompagnava leggendolo a voce alta a beneficio di Sydney e Broots: " Io l'amavo, l'affetto di quarantamila fratelli non potrebbe eguagliare il mio amore...". La grafia era di Jarod.

Alzò lo sguardo dallo scritto sollevando un sopracciglio interrogativamente. Broots era interdetto quanto lei ma Sydney si fece avanti e prese il biglietto osservandolo con un mesto sorriso.

- Amleto.- mormorò.

- Cosa vuol dire?- chiese Miss Parker.

- E' una delle scene più struggenti dell'Amleto in cui il protagonista piange la morte di Ofelia, la donna che amava. Amleto è disperato poichè con lei vengono sepolti anche il suo cuore ed i dolci sentimenti che era ancora in grado di provare, nonostante tutto.-

- Come Jarod...-

- Già. Temo che qualcosa si sia definitivamente spezzato dentro di lui. Gli sono stati portati via tutti coloro che amava in maniera brutale, prima il fratello ed ora la sposa.-

- E' quello che è successo anche a te, Miss Parker.- disse Broots, lei lo guardò - Prima tua madre e poi...-

- E poi Tommy.- concluse lei a voce bassa - Dobbiamo trovarlo: non è bene che resti solo, io almeno avevo voi accanto.- disse con più forza.

- Non lo troveremo, non se lui non vuole.- concluse Sydney.

I tre rimasero in silenzio qualche istante poi, riposto il biglietto sui fiori, si allontanarono.

Jarod li osservò andare via e si lasciò scivolare a terra, seduto sul prato con la schiena appoggiata al tronco della quercia rimase li a tenere compagnia alla moglie fino al calare delle tenebre. Quella notte neppure una stella brillò nel cielo coperto.

 

Il giorno seguente, nel primo pomeriggio, Sydney, Broots e Miss Parker tornarono al cimitero per vedere la lapide che era stata deposta sulla tomba di Amina. Giunti davanti al tumulo si fermarono ammutoliti: una semplice lapide di chiaro marmo grigio riportava il nome, l'anno di nascita e quello di morte. Era poggiata su un basamento che si allungava verso destra a fare da piedistallo ad una statua di marmo bianco alta circa sessanta centimetri. La statua ritraeva un angelo con le lunghe ali ripiegate, il volto della statua era conosciuto a tutti loro ed era cesellato con una cura che palesava l'amore infinito che l'artista aveva nutrito verso la persona li raffigurata. Sul basamento a fianco della statua stava la firma dello scultore: Jarod, la scritta era molto piccola, bisognava cercarla per poterla leggere. Avvicinatasi per poter osservare tutti i particolari, Miss Parker, notò che il piccolo angelo teneva tra le mani una rosa anch'essa di marmo e che, sulle code della fusciacca che stringeva l'abito della statua, erano incise quattro parole: Amica, Compagna, Moglie, Amante.

- E' ironico, non credete?- disse Broots - "L'angelo di ghiaccio" immortalato in un angelo di pietra...-

- Ha voluto porle accanto una testimonianza concreta del suo amore e, allo stesso tempo, ha reso immortale la sua bellezza, i tratti del suo viso.- concluse Sydney.

Rientrati al Centro si radunarono tutti e tre nell'ufficio di Sydney poiché nessuno di loro aveva voglia di stare solo. L'uomo si sedette alla scrivania e cominciò a scorrere la posta con gesto automatico ma, alla quinta lettera, si fermò riconoscendo la scrittura. Posò le altre buste ed aprì quella che aveva in mano, ne estrasse un foglio e lo scorse velocemente.

- No...- mormorò sconvolto.

- Cosa succede?- chiese Miss Parker allarmata.

- E' la fotocopia di alcuni risultati medici: Amina era incinta, di sei settimane.-

Miss Parker si portò una mano alla bocca scioccata mentre Broots prese il foglio che Sydney aveva lasciato cadere sul pino della scrivania.

- Guardate la data di consegna dei risultati.- disse - E' la stessa della sparatoria!-

- E' probabile che, quando quella sera è tornato a quella che era la loro casa, Jarod abbia trovato quella busta ad accoglierlo.- concluse Sydney.

- Così, quando Lyle ha sparato, non gli ha ucciso solo la moglie, ma l'intera famiglia!- mormorò con dolore Miss Parker.

- Mio Dio! Quanto può sopportare un uomo prima di impazzire?- si chiese a voce alta Broots.

Nessuno seppe rispondergli, ognuno perso nei propri pensieri. Syd smosse la busta che aveva contenuto quell'infausta notizia e si accorse che dentro c'era dell'altro, ne estrasse un biglietto vergato a mano dal simulatore.

- Oh, Jarod.- sussurrò dopo averlo letto.

Miss Parker allungò una mano e lo prese, lo lesse ed alzò lo sguardo al cielo per poi chiudere gli occhi nel tentativo di fermare le lacrime. Riabbassò il volto e li aprì tornando a fissare il cartoncino, e lo rilesse.

Poche parole. Un'unica frase:

"Tutto ciò che desideravo era amare, e un po' di serenità".





Nota dell'autrice
Lo so, non è esattamente il finale che ci si poteva aspettare... Non odiatemi!
Dopo tutto, come disse il grande Emilio Salgari commentando la sua decisione di
uccidere Marianna: "Se Marianna fosse vissuta, la Tigre sarebbe morta. Perchè
Sandokan continuasse ad essere la Tigre, lei doveva morire."
Come sempre i vostri commenti sono i benvenuti!
  
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