1.
Al giorno
d’oggi
S |
i preannunciava una serata tranquilla. Per quanto
potesse esserlo la notte di Samhain.
Mentre il sole compiva il suo perpetuo ciclo,
proiettando sulla città le ultime luci vermiglie e dorate, i bambini del
vicinato incominciavano a spostarsi in gruppi per andare a caccia di caramelle
e guai. Dentro le case adeguatamente addobbate per l’occasione, i genitori e
gli abitanti troppo cresciuti o poco vogliosi di prendere parte al gioco si
stavano preparando ad accogliere i piccoli mascherati, sperando in cuor loro di
non dover ripulire il giardino da uova marce e carta igienica il mattino
seguente.
Immersa in quell’ilare
baccano, Alex camminava tranquilla verso il punto d’incontro previsto con le
sue amiche, fermandosi di tanto in tanto per saltare nei mucchi di foglie
secche ammassati ai lati del marciapiede. Con il cappuccio rosso della mantella
ben calato sulla testa, sorrise istintivamente nel percepire il frenetico
entusiasmo che pulsava nei dintorni come un’entità a sé. Infilò una mano nella
vecchia borsa di pelle che teneva nascosta sotto il pezzo forte del suo costume
e ne tirò fuori una manciata di caramelle, incurante della tradizione. Se ne
ficcò in bocca una, mentre rispondeva con un cenno del capo al lupo mannaro che
aveva alzato una zampa per salutarla, più per ironia che per una vera
conoscenza.
Era questo ciò che amava di
Halloween.
Per una sera, ognuno poteva
vivere l’illusione di essere qualcun altro. O ciò che avrebbe voluto essere.
Si lisciò la gonna di lana
marrone che aveva indossato sopra alla camicia vittoriana a collo alto per dare
un tocco tradizionale al suo personaggio, togliendovi un paio di foglie e
ignorando il fatto che le arrivasse fin sotto le ginocchia. Emily l’avrebbe
bacchettata per non aver scelto la versione sexy che avevano concordato qualche
giorno prima, ma ormai il danno era fatto.
Tornare indietro era
impossibile; per suo grande sollievo.
Canticchiando This is Halloween,
continuò a saltellare, non facendo caso alle sciocche risatine di un gruppo di
spogliarelliste che incrociò per strada, o almeno credette che lo fossero
nonostante la giovane età. Forse non avrebbero più riso così di gusto se
avessero saputo che nella borsa teneva un coltello da macellaio lungo quindici
centimetri per i possibili lupi in agguato. In fondo, una ragazza doveva pur
provvedere a se stessa. In qualche modo.
Con un ultimo saltello, si
fermò vicino al bar dove andava abitualmente, scenario di molti incontri del
club del libro. Anche se chiamarlo club era un’esagerazione bella e buona, dato
che gli unici membri di cui era composto erano lei, Emily e Sarah, e perdevano
più tempo a litigare tra loro a causa delle diverse vedute sul romanticismo
contemporaneo che a discutere amorevolmente su quanto avessero letto.
In altre parole, era solo
una scusa per strafarsi di caffeina e zuccheri mentre Emily raccontava loro la
sua nuova idea per il romanzo che tentava di scrivere senza troppo successo.
Chiuse gli occhi e inspirò,
sollevando la testa per percepire meglio l’odore zuccherino che imprimeva la
frizzante aria ottobrina. Mescolato alla fragranza delle foglie che maceravano
a terra e delle zucche intagliate sparse per il vicinato, creava un’essenza
aromatica strana, quasi unica, percettibile esclusivamente in quel periodo
dell’anno. Per non parlare poi degli aromi che provenivano dall’interno del
caffè. Il suo stomaco gorgogliò in risposta di tale impulso.
Aveva appena incominciato a
pensare a quali dolci i suoi vicini avrebbero spartito ai bambini in
processione, quando una voce in lontananza richiamò la sua attenzione.
Reduce da molti incontri
ravvicinati del tipo Emily, il suo corpo si preparò istintivamente all’impatto
ancora prima dell’apparizione della figura gialla e nera nel suo campo visivo.
Lo scontro fu titanico.
«Alex! Per un attimo ho
temuto che non venissi!» esclamò la sua migliore amica, lasciandola
scombussolata mentre scioglieva il suo abbraccio e le permetteva di respirare.
In tutta risposta, Alex si
sistemò in fretta il cappuccio sul volto. «Come potevo mancare? Mia madre ha
minacciato di buttarmi fuori di casa a calci se avessi osato darti buca.»
Emily trattenne a stento
una risatina, dato che lei e quella donna avevano un progetto comune: riuscire a
trasformare quella ragazza asociale e senza alcun interesse per la moda in una
principessa. Inutile dire che formavano una squadra temibile e da non
sottovalutare; pace alla sua povera anima.
Gli occhi verdi di Emily
brillarono per l’emozione, prima di squadrarla da capo a piedi per giudicare il
suo look. Per l’occasione, la biondina aveva abbandonato gli occhiali dalla
montatura rossa che indossava di solito per quelli di riserva, tondi e neri,
degni di Harry Potter.
Sentendosi sotto esame,
Alex deglutì, ma quando Emily sorrise raggiante capì di poter tirare un sospiro
di sollievo. Per il momento.
«Oddio, sei troppo carina»
sentenziò, prendendo il cellulare e puntandoglielo contro.
Il flash l’accecò per
qualche momento, giusto il tempo per non vedere l’amica digitare qualcosa alla
velocità della luce. «Anche se sembri un enorme fagottino rosso di morte e
distruzione, con quei grandi occhi azzurri spalancati e la boccuccia corrugata
in un broncio delizioso, sei una Cappuccetto Rosso adorabile.»
Cercando di capire se
prendere quell’affermazione come un complimento o un’offesa, Alex fece finta di
non aver sentito l’errato commento sui suoi occhi e si concentrò sull’amica.
Sembrava del tutto a suo
agio nel costume che aveva scelto dopo intense settimane di preparazione. Le
calze a righe gialle e nere facevano riferimento alla maglietta dallo scollo a
barca che indossava sotto a un mini vestito nero e alla lunga giacca del
medesimo colore. Il corpetto le evidenziava ancora di più il seno prorompente e
la curva dei fianchi tondi, donandole un aspetto slanciato. Per completare il
tutto, aveva posato tra i biondi ricci vaporosi una piccola tiara ridipinta di
giallo a cui aveva attaccato delle antenne nere.
«Allora, che te ne pare?»
chiese, girando su se stessa.
Inutile dire che aveva
ragione nell’atteggiarsi in quel modo. Nonostante Emily fosse poco più alta di
lei, il confronto era impari: patata contro modella curvy.
Sospirò. «Già il fatto che
riesci a respirare mi sembra un miracolo.»
L’amica s’imbronciò, per
poi afferrare i lembi della mantella.
«Dai, dai. Fammi vedere
anche il resto del tuo costume!»
Facendo un passo indietro
per evitare le mani curiose dell’amica, Alex sospirò e allargò le braccia come
una bambina. Come immaginato, il disappunto di Emily si fece palese quando vide
la gonna della nonna sopra la camicia della bisnonna. La bionda inarcò un
sopracciglio, ma prima che potesse aprire bocca, Alex la interruppe alzando una
mano.
«Giuro solennemente che
nessun cadavere patirà il freddo questa notte. Né in tutte le altre, a dire il
vero.»
«Lo spero… Beh, non potevo
aspettarmi niente di meglio da te, anche se così insaccata sembri una bambina
di otto anni» tornò a squadrarla con occhio critico mentre abbassava le
braccia.
«Direi che sono perfettamente
in tema, dato che un sacco di bambini di quell’età sono in giro.»
«Oh, vedrai! Tra non molto
ci divertiremo alla maniera dei grandi.»
Il ghigno divertito che le
comparve sul viso non le piacque per nulla. Prima di riuscire a chiederle che
cosa avesse progettato per la serata, Alex scorse due sagome avvicinarsi nella
loro direzione.
Gregory alzò la mano in
segno di saluto non appena si accorse di aver attirato la loro attenzione,
mentre la ragazza al suo fianco si limitò a osservarle con un’espressione
vacua.
Alex fece un cenno al loro
compagno di corso, che per l’occasione aveva scelto il classico completo da
zombie: ossia vestiti strappati e sporchi di sangue finto; tuttavia, non poté
fare a meno di alzare un sopracciglio nel vedere il kimono bianco di Sarah. Non
che ci fosse nulla di male a vestirsi da yurei, fantasmi della tradizione
giapponese, ma data la sua etnia cinese sembrava quasi un controsenso.
La ragazza si accorse del
suo sguardo dubbioso e, dopo essersi liberata da uno degli abbracci soffocanti
di Emily, le rivolse un’alzata di spalle. «Che c’è? Tanto nessuno da queste
parti sa distinguere un cinese da un coreano o un coreano da un giapponese.»
«Non basta osservare la
chirurgia plastica?» chiese innocentemente Alex, facendo ridere gli altri due,
mentre Sarah le lanciò un’occhiataccia.
«Oh, andiamo! Non
incominciate» sentenziò Emily mettendosi le mani sui fianchi, anche se stava
ancora sorridendo. Ormai era abituata ai loro battibecchi, ma era convinta che
un giorno non molto lontano sarebbero andate tutte d’accordo e che il loro
cerchio di amicizie si sarebbe allargato in modo esponenziale. Magari
aggiungendo i modelli e i vip che seguiva su Twitter. E Instagram. Facebook. Youtube…
In fondo, chi era lei per
infrangere i suoi sogni a occhi aperti?
«Forza!» esclamò poi Emily,
battendo le mani e aprendo il corteo. «Ci conviene incamminarci. Il posto è
abbastanza distante.»
«Tu sai dove ci sta
portando?» le chiese Gregory, affiancandola, ma Alex si limitò a scuotere il
capo.
Quell’informazione era top
secret. Insieme a tutte le altre.
Quell’anno Emily si era
impegnata a cercare qualcosa di avvincente e nuovo da fare ad Halloween,
qualcosa che avrebbe reso quella serata spettacolare e memorabile. E per farlo,
Alex era convinta che di mezzo ci sarebbero stati dei cadaveri. Sperava quanto
meno che il suo non fosse sulla lista.
Tutto ciò che avevano
appreso fino a quel momento, si limitava al compito di guida della biondina,
che doveva condurli in un posto segreto a fare chissà cosa. Conoscendola, sarebbe
stata capace di portarli in una chiesa sconsacrata per compiere un sacrificio
umano con tanto di altare, candele nere e athame, nel
tentativo di evocare un enorme unicorno rosa dalla criniera arcobaleno che
spargeva ovunque di brillantini.
Cercando di eliminare dalla
sua mente pony, glitter e altre cose carine e
coccolose, Alex si limitò a seguire le sue amiche con Gregory affianco. Anche
lui sembrava dubbioso e incuriosito riguardo la loro destinazione, ma sapeva
che qualsiasi tentativo di approfondire tale curiosità sarebbe stata vana.
Da settimane, infatti,
Emily aveva pronunciato il voto del silenzio.
E questo non lasciava
presagire nulla di buono.
Attraversarono vari
quartieri, assaporando ancora un po' l’atmosfera festosa e schivando gruppi di
zombie, super eroi, fantasmi, pirati, streghe e fatine, allontanandosi sempre
più dal centro della città.
E man mano che il tempo
passava, Alex incominciava a percepire una nota d’inquietudine crescere dentro
di lei. Generalmente, Emily era una ragazza affidabile, che sapeva bene quali
limiti non doveva superare con lei. Ma c’era una cosa ben più peggiore di un
enorme pony rosa dotato di corno: un party pieno di adolescenti ubriachi. E si
dava il caso che a scuola non si parlasse d’altro che dell’annuale festa di
Jason Thompson, allestita nella villa dei suoi genitori. Era forse quella la
loro destinazione?
Questo spiegava il motivo
di tanta segretezza.
Da sotto la mantella, Alex
rabbrividì.
«Hai freddo?» le chiese
gentilmente Gregory, accorgendosi del suo tremore. Sembrava pronto a togliersi
la giacca per posargliela sulle spalle, quando una voce alle loro spalle li
chiamò.
«Ehi!»
Se prima Alex aveva provato
dei brividi di disgusto, in quel momento raggelò dalla testa ai piedi.
Avrebbe potuto distinguere
quella voce tra mille; persino nel bel mezzo di uno stadio olimpico durante la
finale dei mondiali, colmo di tifosi urlanti e ubriachi. E questo perché il suo
istinto di conservazione la paragonava alle sirene di Silent
Hill, il cui messaggio era chiaro: molla tutto e scappa. E l’avrebbe fatto più
che volentieri, se Emily non l’avesse afferrata per la mantella.
Le rivolse un’occhiata di
fuoco.
Forse la sua reazione era
leggermente esagerata. Dopotutto, Rennis Fauster era
solo un ripetente finito nel loro anno di studi invece che al riformatorio e
aveva una reputazione peggiore della sua, ma non le aveva mai fatto nulla per
meritarsi di essere trattato come un testimone di Geova.
A eccezione dei suoi
comportamenti da stalker.
Una volta aveva preso
persino la briga di suonarle il campanello di casa.
Trattenendo a stento
un’imprecazione, si voltò appena per osservarlo avvicinarsi con passo
tranquillo e le mani in tasca. Non si era travestito in alcun modo, ma per una
volta aveva fatto uno sforzo e aveva provato a domare la sua chioma ribelle. I
capelli neri gli ricadevano solo da un lato del volto, mentre il resto era
lisciato all’indietro, scoprendogli i lineamenti cesellati e la linea dura
della mascella.
L’effetto avrebbe potuto
essere sexy, se il tutto fosse stato rovinato dal suo classico sorrisetto
mefistofelico che le faceva venire sempre una gran voglia di prenderlo a pugni.
Distolse lo sguardo e solo
allora si rese conto che era seguito. Alle sue spalle, una ragazza così magra
da essere quasi comica dentro al suo costume da fata punk tentava di tenere il
suo passo, insieme a due ragazzi dall’aria minacciosa a causa di tutto il
metallo che avevano in faccia e sui vestiti.
«Ciao Ren. Che ci fai da
queste parti?» gli chiese innocentemente Emily quando si fermò davanti a loro.
«Era quello che volevo
sapere io. Siete lontani dal centro e poi» abbassò gli occhi per incrociarli
con quelli di Alex «queste strade non sono sicure di notte.»
Non più sicure di un
coltello nella borsa pronto per essere usato.
Sia Sarah che Emily parvero
confuse da quell’affermazione, ma prima che potesse chiedere spiegazioni
all’amica, la fatina punk raggiunse Ren e s’incollò al suo fianco.
«Allora, Ren. Vogliamo
andare?» chiese Dakota, una loro ex compagna di scuola che si era presa un anno
sabbatico. Da quello che Alex poteva vedere, la giovane soffriva ancora di
disturbi alimentari, ma non le mancava di certo la repulsione verso tutti
quelli che pensavano che il punk rock fosse solo un genere musicale e non uno
stile di vita, a giudicare da come le fulminò con lo sguardo, evidenziato
dall’eyeliner.
Ren però rimase a osservare
Emily e Alex in attesa di una reazione, ignorando volutamente le lamentele
della ragazza che, sentendosi esclusa, si guardò alle spalle scuotendo la lunga
chioma nera e rossa.
«C’è qualche problema?»
chiese uno dei ragazzi dietro di loro, mentre si accendeva una sigaretta.
«Direi di no. Stavamo solo
chiacchierando» commentò Ren con un sorriso, voltandosi verso di lui.
Emily approfittò di quella
distrazione per strattonare Alex e gli altri lontani dal gruppetto, lasciando
di stucco tutti quanti per quell’iniziativa.
«È stato un piacere, ma ora
dobbiamo proprio andare» urlò di rimando al quartetto che, dopo un momento di
esitazione, incominciò a seguirli.
Pessimo inizio.
«Emily, si può sapere che
cosa succede?» commentò Sarah, osservandosi alle spalle.
«Infatti, sembrava quasi
che ti aspettassi di trovarli nei paraggi» aggiunse Gregory.
Dopo un attimo di
riflessione, Emily scosse il capo.
«C’era la remota
possibilità che bazzicassero da queste parti. Lo sapevo, ok? Solo che speravo
di non incontrarli» rivelò lei in risposta.
Alex sospirò e immaginò i
mille modi in cui quella serata poteva peggiorare. Peccato che la presenza di
Ren fosse in top ten. Esattamente tra “hamburger vegani” e “biblioclastia”.
Dopo un paio di isolati e
notando che il gruppetto li stava ancora seguendo, Alex prese coraggio, oltre a
perdere anche l’ultimo residuo di pazienza che le era rimasta, e si voltò ad
affrontare la sua nemesi.
Rimase ferma sul
marciapiede, la mano sopra la borsa, aspettando che il ragazzo fosse abbastanza
vicino da accorgersi il suo sguardo di sfida.
«Non hai qualcun altro da
infastidire?»
Ren parve sorpreso e allo
stesso tempo divertito da quella palese ostilità, limitandosi a sorriderle.
«Non mi sembra di aver
fatto qualcosa di male e devo presumere che il fatto che stiamo andando tutti
nella medesima direzione sia solo una coincidenza, no?» domandò, alzando le
spalle in modo innocente.
«Ma davvero?» Alex incrociò
le braccia al petto. «Non credevo che uno come te perdesse tempo a festeggiare
ricorrenze del genere e di certo i pub per ammazzare il tempo non vi mancano.»
A quel punto, Ren era così
vicino che riuscì a notare la sua espressione falsamente melodrammatica.
«Davvero mi giudichi così irrispettoso verso Samhain
solo perché non indosso uno stupido costume?»
La squadrò da capo ai
piedi, finché un sorriso irriverente gli illuminò gli occhi plumbei. Attraversò
la strada che li separava, schivando appena in tempo un gruppo di ragazzine in
bicicletta. Con una mossa furtiva, riuscì a sfilare dalla testa della ragazza
vestita da gatta un cerchiello adornato con un paio di soffici orecchie nere.
Nonostante non fosse della
sua taglia e fosse un accessorio femminile, Ren se lo depose in testa come se
si trattasse della più sontuosa delle corone.
«Ecco, ora sono il lupo
cattivo.»
Alex, che nel frattempo
aveva ripreso a camminare all’indietro per mantenere una distanza di sicurezza,
finì addosso a Gregory. Non riuscì nemmeno a scusarsi, tant’era presa
nell’osservare il giovane con un’espressione imperscrutabile. Rimase in
silenzio per un lungo momento, poi si voltò e ritornò a seguire gli altri senza
infierire. Non ce n’era alcun bisogno.
Emily trattenne a stento
una risatina nel vedere Ren deluso, mentre Dakota e gli altri non si
capacitavano di quella silenziosa sfida. Ma il ragazzo non parve prenderla sul
personale. Anzi…
«Alex, non dovresti dargli
corda» commentò acido Gregory. Sapeva che aveva ragione, ma alle volte doveva
accertarsi con i propri occhi di essere di fronte a un completo idiota.
«Oh, non essere così
apprensivo, Greg» sentenziò Emily, prendendo Alex per mano. «Alex sa cavarsela
da sola, vero Sarah?»
«Lo spero, perché togliere
il sangue da uno kimono deve essere terribile.»
Questa volta fu Alex a
trattenere un sorriso per quell’osservazione, ma non poté evitare di notare che
erano ancora seguiti.
«Allora, mi vuoi dire dove
siamo diretti o faccio prima a chiederlo a Ren?»
Emily strinse le labbra,
visibilmente indecisa sul da farsi. Stette per risponderle a malincuore, ma da
una via laterale sbucarono due figure impegnate in un’accesa conversazione.
«Non ci posso credere! E
dire che mi ero preparata con così tanta cura per fare colpo questa sera!»
«Cosa posso farci? Non è
colpa mia se… Wow!»
Gli occhi di Keiran
s’illuminarono quando li vide dall’altro lato della strada. E Alex non poté
fargliene nessuna colpa, dato che con lui c’era Leyla e sembrava piuttosto
arrabbiata.
Infatti, quando la ragazza
alzò gli occhi dal suo smartphone e li notò, il suo viso truccato alla
perfezione si contrasse in una smorfia di disgusto.
«Oddio, deve essere proprio
la mia serata sfortunata» esclamò, cercando di darsi tono nel suo succinto
costume da infermiera sexy. «Prima la festa a casa dei Thompson viene annullata
e ora m’imbatto in voi sfigati. Oh, guarda chi è uscita dal reparto
psichiatrico. Dakota, hai messo su qualche chilo vedo.»
Eh, sì. A quanto pare Ren e
i suoi amici li avevano raggiunti.
«Per non parlare della cara
cuginetta che si porta ancora dietro quella disabile pazza» sentenziò ancora la
ragazza, focalizzando la sua attenzione su ciò che nascondeva la mantella
rossa.
«Grazie, Leyla. Ti voglio
bene anch’io» rispose Emily, mandandole un bacio, mentre Alex roteava gli
occhi.
Girò i tacchi, questa volta
veramente intenzionata ad andarsene. E avrebbe potuto squagliarsela, dato che
Emily era distratta dalla cugina, se non fosse stato per Keiran. A proposito di
serate sfortunate…
Il ragazzo le prese le mani
e la osservò con il giubilo stampato in volto.
«Mo
álainn, come sono felice di vederti!»
Dai ribelli capelli rossi,
gli occhi nocciola screziati di verde e il viso da folletto costellato da
piccole lentiggini, l’origine irlandese di Keiran era assodata quanto il suo
accento e il suo costume da Fae. Come studente straniero, aveva suscitato non
poco scalpore nella popolazione femminile del liceo, che lo aveva da subito
degnato di sincere e promiscue attenzioni. In poco tempo, era diventata una
delle prede più rinomate per la riproduzione.
Inutile dire che tale popolarità gli aveva
montato la testa e quando ci aveva provato con lei… Beh, Alex lo aveva
liquidato senza troppi pensieri. Ma quel disinteresse doveva aver colpito nel
vivo il suo ego maschile, perché dopo quell’imbarazzante episodio non perdeva
ogni occasione possibile per fare colpo. Con grande dispiacere suo e delle sue
ovaie avvizzite.
Di fianco a loro, Gregory
si schiarì la gola e Keiran la lasciò andare, ridacchiando. Non perse il
sorriso nemmeno quando si accorse dello sguardo infuocato di Ren, anche se lo
corrispose con uno sguardo curioso.
«Oh, Rennis. Cos’hai in
testa?» gli domandò pacifico, alzando una mano per indicare le orecchie pelose
che stava ancora indossando.
«Nulla. Mi sono spuntate
durante la notte. Se vuoi ti dico come fare per averne un paio. È un metodo del
tutto naturale e non contiene olio di palma» rispose lui impassibile, mentre il
ragazzo s’illuminava.
«Allora, come mai anche voi
siete in giro?» gli chiese Alex, scuotendo la testa e riportando su di sé
l’attenzione del ragazzo. Non ce l’avrebbe fatta a sentire altre stupidaggini.
«Mi avevano invitato alla
festa di Jason, ma sembra che ci sia stato un problema di organizzazione.»
«Che equivale agli sbirri»
si lamentò Leyla, digitando furiosamente sul suo cellulare, come se potesse
fornirle la soluzione ai suoi problemi.
«Beh…» iniziò Emily,
ignorando lo sguardo di Alex. «Siamo tutti qui, che ne dite di venire con noi?»
Quella proposta suscitò
diverse reazioni contrastanti nello stesso istante.
«Davvero?» esclamò Keiran,
gli occhi che gli brillavano per l’eccitazione.
«No!» gemettero in
contemporanea Ren e Leyla, come se avessero appena mangiato qualcosa di aspro.
Alex rimase in disparte a
rivedere mentalmente la pubblicità dei Miracle Blade.
Sarah e Dakota spalancarono
entrambe la bocca, sconvolte nell’udire tale proposta.
E Gregory si scambiò
un’occhiata con gli altri due ragazzi, visibilmente infastiditi.
Dopo un attimo di silenzio,
in cui molti si guardarono in cagnesco e gli altri fecero finta di essere
attratti dalle loro calzature, Ren scosse il capo e sospirò.
«Ormai… Tanto immagino che
fossimo tutti diretti a Pennington Mansion, non è
così?»
Alex si voltò a scrutare
Emily, sperando di scorgere una negazione a tale affermazione, ma a quanto
sembrava, per la prima volta condivideva qualcosa con Leyla: una sfiga immensa.
Emily annuì.
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