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Autore: AlenGarou    27/10/2016    2 recensioni
Pennington Mansion era buia e derelitta; una costruzione ormai morta da tempo, soffocata dal sangue e dalle ceneri del suo stesso passato. Del suo florido corpo non rimaneva altro che un labirinto di corridoi silenziosi e decadenti, marciti dal tempo e dall’usura. Ogni tanto la dimora gemeva, emanando qualche tetro scricchiolio; assestava le sue stanche e logore membra ricercando un riposo a lei proibito. Nonostante la misera fine che l’aveva soggiogata, all’interno delle sue ossa rimbombavano ancora i loro mormorii; flebili, infidi… supplichevoli. Malgrado i numerosi ospiti che ancora ricevevano, nessuno era stato in grado di dar loro una risposta, di dar loro una voce. Esseri senza guscio e senza alcun potere, venivano semplicemente ignorati.
Anno dopo anno, la loro agonia continuava inesorabile. Quell’incubo perdurava, mascherato da innocente gioco di un’infanzia a loro rubata. Fino a quel giorno. Fino alla notte di Samhain.
Fino a che lei non arrivò.
La casa si ridestò dal suo sogno; loro si risvegliarono e il male, che assopito aveva pazientemente atteso nel cuore oscuro di quella dimora, ritornò alla vita.
Eppure lei non gli diede alcun credito. Perché mai avrebbe dovuto temere quel male?
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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1.

 

Al giorno d’oggi

 

S

i preannunciava una serata tranquilla. Per quanto potesse esserlo la notte di Samhain.

Mentre il sole compiva il suo perpetuo ciclo, proiettando sulla città le ultime luci vermiglie e dorate, i bambini del vicinato incominciavano a spostarsi in gruppi per andare a caccia di caramelle e guai. Dentro le case adeguatamente addobbate per l’occasione, i genitori e gli abitanti troppo cresciuti o poco vogliosi di prendere parte al gioco si stavano preparando ad accogliere i piccoli mascherati, sperando in cuor loro di non dover ripulire il giardino da uova marce e carta igienica il mattino seguente.

Immersa in quell’ilare baccano, Alex camminava tranquilla verso il punto d’incontro previsto con le sue amiche, fermandosi di tanto in tanto per saltare nei mucchi di foglie secche ammassati ai lati del marciapiede. Con il cappuccio rosso della mantella ben calato sulla testa, sorrise istintivamente nel percepire il frenetico entusiasmo che pulsava nei dintorni come un’entità a sé. Infilò una mano nella vecchia borsa di pelle che teneva nascosta sotto il pezzo forte del suo costume e ne tirò fuori una manciata di caramelle, incurante della tradizione. Se ne ficcò in bocca una, mentre rispondeva con un cenno del capo al lupo mannaro che aveva alzato una zampa per salutarla, più per ironia che per una vera conoscenza.

Era questo ciò che amava di Halloween.

Per una sera, ognuno poteva vivere l’illusione di essere qualcun altro. O ciò che avrebbe voluto essere.

Si lisciò la gonna di lana marrone che aveva indossato sopra alla camicia vittoriana a collo alto per dare un tocco tradizionale al suo personaggio, togliendovi un paio di foglie e ignorando il fatto che le arrivasse fin sotto le ginocchia. Emily l’avrebbe bacchettata per non aver scelto la versione sexy che avevano concordato qualche giorno prima, ma ormai il danno era fatto.

Tornare indietro era impossibile; per suo grande sollievo.

Canticchiando This is Halloween, continuò a saltellare, non facendo caso alle sciocche risatine di un gruppo di spogliarelliste che incrociò per strada, o almeno credette che lo fossero nonostante la giovane età. Forse non avrebbero più riso così di gusto se avessero saputo che nella borsa teneva un coltello da macellaio lungo quindici centimetri per i possibili lupi in agguato. In fondo, una ragazza doveva pur provvedere a se stessa. In qualche modo.

Con un ultimo saltello, si fermò vicino al bar dove andava abitualmente, scenario di molti incontri del club del libro. Anche se chiamarlo club era un’esagerazione bella e buona, dato che gli unici membri di cui era composto erano lei, Emily e Sarah, e perdevano più tempo a litigare tra loro a causa delle diverse vedute sul romanticismo contemporaneo che a discutere amorevolmente su quanto avessero letto.

In altre parole, era solo una scusa per strafarsi di caffeina e zuccheri mentre Emily raccontava loro la sua nuova idea per il romanzo che tentava di scrivere senza troppo successo.

Chiuse gli occhi e inspirò, sollevando la testa per percepire meglio l’odore zuccherino che imprimeva la frizzante aria ottobrina. Mescolato alla fragranza delle foglie che maceravano a terra e delle zucche intagliate sparse per il vicinato, creava un’essenza aromatica strana, quasi unica, percettibile esclusivamente in quel periodo dell’anno. Per non parlare poi degli aromi che provenivano dall’interno del caffè. Il suo stomaco gorgogliò in risposta di tale impulso.

Aveva appena incominciato a pensare a quali dolci i suoi vicini avrebbero spartito ai bambini in processione, quando una voce in lontananza richiamò la sua attenzione.

Reduce da molti incontri ravvicinati del tipo Emily, il suo corpo si preparò istintivamente all’impatto ancora prima dell’apparizione della figura gialla e nera nel suo campo visivo. Lo scontro fu titanico.

«Alex! Per un attimo ho temuto che non venissi!» esclamò la sua migliore amica, lasciandola scombussolata mentre scioglieva il suo abbraccio e le permetteva di respirare.

In tutta risposta, Alex si sistemò in fretta il cappuccio sul volto. «Come potevo mancare? Mia madre ha minacciato di buttarmi fuori di casa a calci se avessi osato darti buca.»

Emily trattenne a stento una risatina, dato che lei e quella donna avevano un progetto comune: riuscire a trasformare quella ragazza asociale e senza alcun interesse per la moda in una principessa. Inutile dire che formavano una squadra temibile e da non sottovalutare; pace alla sua povera anima.

Gli occhi verdi di Emily brillarono per l’emozione, prima di squadrarla da capo a piedi per giudicare il suo look. Per l’occasione, la biondina aveva abbandonato gli occhiali dalla montatura rossa che indossava di solito per quelli di riserva, tondi e neri, degni di Harry Potter.

Sentendosi sotto esame, Alex deglutì, ma quando Emily sorrise raggiante capì di poter tirare un sospiro di sollievo. Per il momento.

«Oddio, sei troppo carina» sentenziò, prendendo il cellulare e puntandoglielo contro.

Il flash l’accecò per qualche momento, giusto il tempo per non vedere l’amica digitare qualcosa alla velocità della luce. «Anche se sembri un enorme fagottino rosso di morte e distruzione, con quei grandi occhi azzurri spalancati e la boccuccia corrugata in un broncio delizioso, sei una Cappuccetto Rosso adorabile.»

Cercando di capire se prendere quell’affermazione come un complimento o un’offesa, Alex fece finta di non aver sentito l’errato commento sui suoi occhi e si concentrò sull’amica.

Sembrava del tutto a suo agio nel costume che aveva scelto dopo intense settimane di preparazione. Le calze a righe gialle e nere facevano riferimento alla maglietta dallo scollo a barca che indossava sotto a un mini vestito nero e alla lunga giacca del medesimo colore. Il corpetto le evidenziava ancora di più il seno prorompente e la curva dei fianchi tondi, donandole un aspetto slanciato. Per completare il tutto, aveva posato tra i biondi ricci vaporosi una piccola tiara ridipinta di giallo a cui aveva attaccato delle antenne nere.

«Allora, che te ne pare?» chiese, girando su se stessa.

Inutile dire che aveva ragione nell’atteggiarsi in quel modo. Nonostante Emily fosse poco più alta di lei, il confronto era impari: patata contro modella curvy.

Sospirò. «Già il fatto che riesci a respirare mi sembra un miracolo.»

L’amica s’imbronciò, per poi afferrare i lembi della mantella.

«Dai, dai. Fammi vedere anche il resto del tuo costume!»

Facendo un passo indietro per evitare le mani curiose dell’amica, Alex sospirò e allargò le braccia come una bambina. Come immaginato, il disappunto di Emily si fece palese quando vide la gonna della nonna sopra la camicia della bisnonna. La bionda inarcò un sopracciglio, ma prima che potesse aprire bocca, Alex la interruppe alzando una mano.

«Giuro solennemente che nessun cadavere patirà il freddo questa notte. Né in tutte le altre, a dire il vero.»

«Lo spero… Beh, non potevo aspettarmi niente di meglio da te, anche se così insaccata sembri una bambina di otto anni» tornò a squadrarla con occhio critico mentre abbassava le braccia.

«Direi che sono perfettamente in tema, dato che un sacco di bambini di quell’età sono in giro.»

«Oh, vedrai! Tra non molto ci divertiremo alla maniera dei grandi.»

Il ghigno divertito che le comparve sul viso non le piacque per nulla. Prima di riuscire a chiederle che cosa avesse progettato per la serata, Alex scorse due sagome avvicinarsi nella loro direzione.

Gregory alzò la mano in segno di saluto non appena si accorse di aver attirato la loro attenzione, mentre la ragazza al suo fianco si limitò a osservarle con un’espressione vacua.

Alex fece un cenno al loro compagno di corso, che per l’occasione aveva scelto il classico completo da zombie: ossia vestiti strappati e sporchi di sangue finto; tuttavia, non poté fare a meno di alzare un sopracciglio nel vedere il kimono bianco di Sarah. Non che ci fosse nulla di male a vestirsi da yurei, fantasmi della tradizione giapponese, ma data la sua etnia cinese sembrava quasi un controsenso.

La ragazza si accorse del suo sguardo dubbioso e, dopo essersi liberata da uno degli abbracci soffocanti di Emily, le rivolse un’alzata di spalle. «Che c’è? Tanto nessuno da queste parti sa distinguere un cinese da un coreano o un coreano da un giapponese.»

«Non basta osservare la chirurgia plastica?» chiese innocentemente Alex, facendo ridere gli altri due, mentre Sarah le lanciò un’occhiataccia.

«Oh, andiamo! Non incominciate» sentenziò Emily mettendosi le mani sui fianchi, anche se stava ancora sorridendo. Ormai era abituata ai loro battibecchi, ma era convinta che un giorno non molto lontano sarebbero andate tutte d’accordo e che il loro cerchio di amicizie si sarebbe allargato in modo esponenziale. Magari aggiungendo i modelli e i vip che seguiva su Twitter. E Instagram. Facebook. Youtube

In fondo, chi era lei per infrangere i suoi sogni a occhi aperti?

«Forza!» esclamò poi Emily, battendo le mani e aprendo il corteo. «Ci conviene incamminarci. Il posto è abbastanza distante.»

«Tu sai dove ci sta portando?» le chiese Gregory, affiancandola, ma Alex si limitò a scuotere il capo.

Quell’informazione era top secret. Insieme a tutte le altre.

Quell’anno Emily si era impegnata a cercare qualcosa di avvincente e nuovo da fare ad Halloween, qualcosa che avrebbe reso quella serata spettacolare e memorabile. E per farlo, Alex era convinta che di mezzo ci sarebbero stati dei cadaveri. Sperava quanto meno che il suo non fosse sulla lista.

Tutto ciò che avevano appreso fino a quel momento, si limitava al compito di guida della biondina, che doveva condurli in un posto segreto a fare chissà cosa. Conoscendola, sarebbe stata capace di portarli in una chiesa sconsacrata per compiere un sacrificio umano con tanto di altare, candele nere e athame, nel tentativo di evocare un enorme unicorno rosa dalla criniera arcobaleno che spargeva ovunque di brillantini.

Cercando di eliminare dalla sua mente pony, glitter e altre cose carine e coccolose, Alex si limitò a seguire le sue amiche con Gregory affianco. Anche lui sembrava dubbioso e incuriosito riguardo la loro destinazione, ma sapeva che qualsiasi tentativo di approfondire tale curiosità sarebbe stata vana.

Da settimane, infatti, Emily aveva pronunciato il voto del silenzio.

E questo non lasciava presagire nulla di buono.

Attraversarono vari quartieri, assaporando ancora un po' l’atmosfera festosa e schivando gruppi di zombie, super eroi, fantasmi, pirati, streghe e fatine, allontanandosi sempre più dal centro della città.

E man mano che il tempo passava, Alex incominciava a percepire una nota d’inquietudine crescere dentro di lei. Generalmente, Emily era una ragazza affidabile, che sapeva bene quali limiti non doveva superare con lei. Ma c’era una cosa ben più peggiore di un enorme pony rosa dotato di corno: un party pieno di adolescenti ubriachi. E si dava il caso che a scuola non si parlasse d’altro che dell’annuale festa di Jason Thompson, allestita nella villa dei suoi genitori. Era forse quella la loro destinazione?

Questo spiegava il motivo di tanta segretezza.

Da sotto la mantella, Alex rabbrividì.

«Hai freddo?» le chiese gentilmente Gregory, accorgendosi del suo tremore. Sembrava pronto a togliersi la giacca per posargliela sulle spalle, quando una voce alle loro spalle li chiamò.

«Ehi!»

Se prima Alex aveva provato dei brividi di disgusto, in quel momento raggelò dalla testa ai piedi.

Avrebbe potuto distinguere quella voce tra mille; persino nel bel mezzo di uno stadio olimpico durante la finale dei mondiali, colmo di tifosi urlanti e ubriachi. E questo perché il suo istinto di conservazione la paragonava alle sirene di Silent Hill, il cui messaggio era chiaro: molla tutto e scappa. E l’avrebbe fatto più che volentieri, se Emily non l’avesse afferrata per la mantella.

Le rivolse un’occhiata di fuoco.

Forse la sua reazione era leggermente esagerata. Dopotutto, Rennis Fauster era solo un ripetente finito nel loro anno di studi invece che al riformatorio e aveva una reputazione peggiore della sua, ma non le aveva mai fatto nulla per meritarsi di essere trattato come un testimone di Geova.

A eccezione dei suoi comportamenti da stalker.

Una volta aveva preso persino la briga di suonarle il campanello di casa.

Trattenendo a stento un’imprecazione, si voltò appena per osservarlo avvicinarsi con passo tranquillo e le mani in tasca. Non si era travestito in alcun modo, ma per una volta aveva fatto uno sforzo e aveva provato a domare la sua chioma ribelle. I capelli neri gli ricadevano solo da un lato del volto, mentre il resto era lisciato all’indietro, scoprendogli i lineamenti cesellati e la linea dura della mascella.

L’effetto avrebbe potuto essere sexy, se il tutto fosse stato rovinato dal suo classico sorrisetto mefistofelico che le faceva venire sempre una gran voglia di prenderlo a pugni.

Distolse lo sguardo e solo allora si rese conto che era seguito. Alle sue spalle, una ragazza così magra da essere quasi comica dentro al suo costume da fata punk tentava di tenere il suo passo, insieme a due ragazzi dall’aria minacciosa a causa di tutto il metallo che avevano in faccia e sui vestiti.

«Ciao Ren. Che ci fai da queste parti?» gli chiese innocentemente Emily quando si fermò davanti a loro.

«Era quello che volevo sapere io. Siete lontani dal centro e poi» abbassò gli occhi per incrociarli con quelli di Alex «queste strade non sono sicure di notte.»

Non più sicure di un coltello nella borsa pronto per essere usato.

Sia Sarah che Emily parvero confuse da quell’affermazione, ma prima che potesse chiedere spiegazioni all’amica, la fatina punk raggiunse Ren e s’incollò al suo fianco.

«Allora, Ren. Vogliamo andare?» chiese Dakota, una loro ex compagna di scuola che si era presa un anno sabbatico. Da quello che Alex poteva vedere, la giovane soffriva ancora di disturbi alimentari, ma non le mancava di certo la repulsione verso tutti quelli che pensavano che il punk rock fosse solo un genere musicale e non uno stile di vita, a giudicare da come le fulminò con lo sguardo, evidenziato dall’eyeliner.

Ren però rimase a osservare Emily e Alex in attesa di una reazione, ignorando volutamente le lamentele della ragazza che, sentendosi esclusa, si guardò alle spalle scuotendo la lunga chioma nera e rossa.

«C’è qualche problema?» chiese uno dei ragazzi dietro di loro, mentre si accendeva una sigaretta.

«Direi di no. Stavamo solo chiacchierando» commentò Ren con un sorriso, voltandosi verso di lui.

Emily approfittò di quella distrazione per strattonare Alex e gli altri lontani dal gruppetto, lasciando di stucco tutti quanti per quell’iniziativa.

«È stato un piacere, ma ora dobbiamo proprio andare» urlò di rimando al quartetto che, dopo un momento di esitazione, incominciò a seguirli.

Pessimo inizio.

«Emily, si può sapere che cosa succede?» commentò Sarah, osservandosi alle spalle.

«Infatti, sembrava quasi che ti aspettassi di trovarli nei paraggi» aggiunse Gregory.

Dopo un attimo di riflessione, Emily scosse il capo.

«C’era la remota possibilità che bazzicassero da queste parti. Lo sapevo, ok? Solo che speravo di non incontrarli» rivelò lei in risposta.

Alex sospirò e immaginò i mille modi in cui quella serata poteva peggiorare. Peccato che la presenza di Ren fosse in top ten. Esattamente tra “hamburger vegani” e “biblioclastia”.

Dopo un paio di isolati e notando che il gruppetto li stava ancora seguendo, Alex prese coraggio, oltre a perdere anche l’ultimo residuo di pazienza che le era rimasta, e si voltò ad affrontare la sua nemesi.

Rimase ferma sul marciapiede, la mano sopra la borsa, aspettando che il ragazzo fosse abbastanza vicino da accorgersi il suo sguardo di sfida.

«Non hai qualcun altro da infastidire?»

Ren parve sorpreso e allo stesso tempo divertito da quella palese ostilità, limitandosi a sorriderle.

«Non mi sembra di aver fatto qualcosa di male e devo presumere che il fatto che stiamo andando tutti nella medesima direzione sia solo una coincidenza, no?» domandò, alzando le spalle in modo innocente.

«Ma davvero?» Alex incrociò le braccia al petto. «Non credevo che uno come te perdesse tempo a festeggiare ricorrenze del genere e di certo i pub per ammazzare il tempo non vi mancano.»

A quel punto, Ren era così vicino che riuscì a notare la sua espressione falsamente melodrammatica. «Davvero mi giudichi così irrispettoso verso Samhain solo perché non indosso uno stupido costume?»

La squadrò da capo ai piedi, finché un sorriso irriverente gli illuminò gli occhi plumbei. Attraversò la strada che li separava, schivando appena in tempo un gruppo di ragazzine in bicicletta. Con una mossa furtiva, riuscì a sfilare dalla testa della ragazza vestita da gatta un cerchiello adornato con un paio di soffici orecchie nere.

Nonostante non fosse della sua taglia e fosse un accessorio femminile, Ren se lo depose in testa come se si trattasse della più sontuosa delle corone.

«Ecco, ora sono il lupo cattivo.»

Alex, che nel frattempo aveva ripreso a camminare all’indietro per mantenere una distanza di sicurezza, finì addosso a Gregory. Non riuscì nemmeno a scusarsi, tant’era presa nell’osservare il giovane con un’espressione imperscrutabile. Rimase in silenzio per un lungo momento, poi si voltò e ritornò a seguire gli altri senza infierire. Non ce n’era alcun bisogno.

Emily trattenne a stento una risatina nel vedere Ren deluso, mentre Dakota e gli altri non si capacitavano di quella silenziosa sfida. Ma il ragazzo non parve prenderla sul personale. Anzi…

«Alex, non dovresti dargli corda» commentò acido Gregory. Sapeva che aveva ragione, ma alle volte doveva accertarsi con i propri occhi di essere di fronte a un completo idiota.

«Oh, non essere così apprensivo, Greg» sentenziò Emily, prendendo Alex per mano. «Alex sa cavarsela da sola, vero Sarah?»

«Lo spero, perché togliere il sangue da uno kimono deve essere terribile.»

Questa volta fu Alex a trattenere un sorriso per quell’osservazione, ma non poté evitare di notare che erano ancora seguiti.

«Allora, mi vuoi dire dove siamo diretti o faccio prima a chiederlo a Ren?»

Emily strinse le labbra, visibilmente indecisa sul da farsi. Stette per risponderle a malincuore, ma da una via laterale sbucarono due figure impegnate in un’accesa conversazione.

«Non ci posso credere! E dire che mi ero preparata con così tanta cura per fare colpo questa sera!»

«Cosa posso farci? Non è colpa mia se… Wow!»

Gli occhi di Keiran s’illuminarono quando li vide dall’altro lato della strada. E Alex non poté fargliene nessuna colpa, dato che con lui c’era Leyla e sembrava piuttosto arrabbiata.

Infatti, quando la ragazza alzò gli occhi dal suo smartphone e li notò, il suo viso truccato alla perfezione si contrasse in una smorfia di disgusto.

«Oddio, deve essere proprio la mia serata sfortunata» esclamò, cercando di darsi tono nel suo succinto costume da infermiera sexy. «Prima la festa a casa dei Thompson viene annullata e ora m’imbatto in voi sfigati. Oh, guarda chi è uscita dal reparto psichiatrico. Dakota, hai messo su qualche chilo vedo.»

Eh, sì. A quanto pare Ren e i suoi amici li avevano raggiunti.

«Per non parlare della cara cuginetta che si porta ancora dietro quella disabile pazza» sentenziò ancora la ragazza, focalizzando la sua attenzione su ciò che nascondeva la mantella rossa.

«Grazie, Leyla. Ti voglio bene anch’io» rispose Emily, mandandole un bacio, mentre Alex roteava gli occhi.

Girò i tacchi, questa volta veramente intenzionata ad andarsene. E avrebbe potuto squagliarsela, dato che Emily era distratta dalla cugina, se non fosse stato per Keiran. A proposito di serate sfortunate…

Il ragazzo le prese le mani e la osservò con il giubilo stampato in volto.

«Mo álainn, come sono felice di vederti!»

Dai ribelli capelli rossi, gli occhi nocciola screziati di verde e il viso da folletto costellato da piccole lentiggini, l’origine irlandese di Keiran era assodata quanto il suo accento e il suo costume da Fae.  Come studente straniero, aveva suscitato non poco scalpore nella popolazione femminile del liceo, che lo aveva da subito degnato di sincere e promiscue attenzioni. In poco tempo, era diventata una delle prede più rinomate per la riproduzione.

 Inutile dire che tale popolarità gli aveva montato la testa e quando ci aveva provato con lei… Beh, Alex lo aveva liquidato senza troppi pensieri. Ma quel disinteresse doveva aver colpito nel vivo il suo ego maschile, perché dopo quell’imbarazzante episodio non perdeva ogni occasione possibile per fare colpo. Con grande dispiacere suo e delle sue ovaie avvizzite.

Di fianco a loro, Gregory si schiarì la gola e Keiran la lasciò andare, ridacchiando. Non perse il sorriso nemmeno quando si accorse dello sguardo infuocato di Ren, anche se lo corrispose con uno sguardo curioso.

«Oh, Rennis. Cos’hai in testa?» gli domandò pacifico, alzando una mano per indicare le orecchie pelose che stava ancora indossando.

«Nulla. Mi sono spuntate durante la notte. Se vuoi ti dico come fare per averne un paio. È un metodo del tutto naturale e non contiene olio di palma» rispose lui impassibile, mentre il ragazzo s’illuminava.

«Allora, come mai anche voi siete in giro?» gli chiese Alex, scuotendo la testa e riportando su di sé l’attenzione del ragazzo. Non ce l’avrebbe fatta a sentire altre stupidaggini.

«Mi avevano invitato alla festa di Jason, ma sembra che ci sia stato un problema di organizzazione.»

«Che equivale agli sbirri» si lamentò Leyla, digitando furiosamente sul suo cellulare, come se potesse fornirle la soluzione ai suoi problemi.

«Beh…» iniziò Emily, ignorando lo sguardo di Alex. «Siamo tutti qui, che ne dite di venire con noi?»

Quella proposta suscitò diverse reazioni contrastanti nello stesso istante.

«Davvero?» esclamò Keiran, gli occhi che gli brillavano per l’eccitazione.

«No!» gemettero in contemporanea Ren e Leyla, come se avessero appena mangiato qualcosa di aspro.

Alex rimase in disparte a rivedere mentalmente la pubblicità dei Miracle Blade.

Sarah e Dakota spalancarono entrambe la bocca, sconvolte nell’udire tale proposta.

E Gregory si scambiò un’occhiata con gli altri due ragazzi, visibilmente infastiditi.

Dopo un attimo di silenzio, in cui molti si guardarono in cagnesco e gli altri fecero finta di essere attratti dalle loro calzature, Ren scosse il capo e sospirò.

«Ormai… Tanto immagino che fossimo tutti diretti a Pennington Mansion, non è così?»

Alex si voltò a scrutare Emily, sperando di scorgere una negazione a tale affermazione, ma a quanto sembrava, per la prima volta condivideva qualcosa con Leyla: una sfiga immensa.

Emily annuì.

 

 

 

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