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Autore: Novelist Nemesi    12/05/2009    3 recensioni
Dopo L e Hayley mi cimento con una storia su Mello. Ambientata in Germania. Qui tratto la mia visione della sua infanzia, e spero che vi piaccia. Non abbiate paura di lasciare recensioni e consigli su come migliorarmi! Grazie di cuore!
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tu sei l’orgoglio della nostra famiglia. Sei il futuro della nazione. Riporta il popolo tedesco al suo splendore.

Quando era bambino non capiva bene cosa volessero dire quelle parole.
Dicembre si faceva sentire grazie al freddo pungente e ai primi fiocchi. Finalmente avrebbe visto qualcosa di bianco, al contrario del grigio e del nero dei cumuli di rovine e gru che si stagliavano sulla Berlino dell’epoca. Anche se erano passati tanti anni dalla guerra la Germania non aveva dimenticato, i tedeschi erano ancora divisi in due o più fazioni, tra cui gli estimatori del fuhrer.
Erano tempi cupi per la Germania dell’epoca, e non era passato nemmeno un mese dal crollo del muro grazie all’intervento di coloro che volevano la possibilità di passare da una parte all’altra della città senza essere controllati da una sentinella, col rischio di beccarsi una pallottola alla tempia.
Comunisti o nazisti che fossero, la realtà era che qualcuno finiva sempre per lasciarci la pelle.
Berlino era libera e prigioniera ancora di un qualcosa che andava oltre il nazional-socialismo, oltre la parità dei diritti, oltre il comunismo della Germania est.
Berlino aveva perso sé stessa.
Quindi non c’era da stupirsi se la gente sembrava vuota, non c’era da stupirsi se la televisione mandava in onda, tra una pubblicità e l’altra, le parole del defunto, per disgrazia o per fortuna, fuhrer, Adolf Hitler. Parole che nel piccolo erano impresse già da quando ne aveva memoria. La sua famiglia era una di quelle che speravano che qualcuno riportasse la Germania al prestigio che Hitler era riuscito a dare, in un modo o nell’altro.

9 dicembre 1999
Erano passati dieci anni dal crollo di quel muro, mentre mancavano quattro giorni al suo decimo compleanno.
-Mamma, perché ci sono ancora i resti del muro?- chiese il bambino indicando ciò che c’era fuori dalla finestra.
-Perché devono finire dei lavori sul ricordo che hanno lasciato quei bigotti dei comunisti alla nazione. Sai quante persone sono morte nel tentativo di scavalcare? 133, o anche di più. i comunisti sono tutti così, belle parole, ma non esitano a ucciderti per paura di ribellione. Ah, se solo ci fosse il fuhrer la Germania sarebbe ancora al suo splendore…-
E così finchè non trovava qualcosa con cui distrarsi. Il bambino continuava a guardare alla finestra.
Muro o non muro, per lui la situazione non mutava tanto: la gente rimaneva triste e scocciata.
Mentre se ne stava in pace a decorare il suo cappellino per il compleanno, sentì la porta chiudersi. Era ora di cena, forse suo padre era tornato a casa. Sentiva borbottare, dall’altra stanza, sembrava dal salotto. Una prassi quotidiana ormai. Da quando era piccolissimo suo padre e sua madre non erano mai contenti di niente. il lavoro del padre non andava molto bene, e dava la colpa di tutto ai comunisti che avevano rovinato il prestigio del padre del padre del padre e via discorrendo.
Finché non ci fu un attimo di tregua da riservare alla cena.
-Mihael! A tavola, forza!-
-Arrivo!- posò il cappellino, colorato a metà, e si presentò davanti al padre, porgendogli le mani.
Il padre lo scrutava serio, fino a dargli uno schiaffo sui piccoli palmi –Non sono lavate come si devono, queste mani! Non sei mica un ebreo! Fila a lavartele!-
Quegli schiaffi non facevano male e Michael c’era abituato. In realtà voleva bene ai suoi genitori, non gli avevano mai fatto mancare nulla. Suo padre era severo di natura, anche se lui diceva che era colpa dei comunisti e degli ebrei che avevano incattivito, con le loro malefatte, la nazione tedesca.
A tavola il silenzio era rotto dalle posate e dalla televisione, e di tanto in tanto qualche chiacchierata.
-Mihael, stai seduto composto altrimenti ti sporchi!- sua madre era sempre apprensiva. Severa e apprensiva.
-Come va la scuola, Michael?-
-Bene, papà… Oggi hanno fatto una nuova sezione… Per quelli stranieri…-
-Scommetto che sarà una classe di comunisti… Oggi non sei uscito con gli amici? C’è la neve, di solito esci sempre a giocare-
-Erano tutti impegnati. E io non ho chiesto perché, per non essere invadente, come mi dici sempre tu, papà-
-Bravo, figliolo- il padre gli riservava sempre degli sguardi ammirati –Capelli biondi e buona educazione… Sei l’orgoglio della nobile razza ariana, Mihael-
Il giorno dopo Mihael era sempre più elettrizzato all’idea di festeggiare i suoi dieci anni. suo padre le ferie non era riuscito ad averle, ma poco importava.
Vide i suoi amichetti avvicinarsi alla sua finestra.
-Ehi, Mihael! Scendi, scendi!-
Non se lo faceva mai ripetere due volte.
E quel giorno i suoi amici avevano un’idea migliore che giocare a palle di neve –Oggi facciamo una prova di coraggio! Andiamo davanti al Berliner Mauer, vicino alla bancarella dei libri usati! C’è una cosa che dovrai fare per dimostrare di essere un vero uomo!-
Mentre si dirigevano laggiù con le loro biciclette, Mihael si chiedeva cosa sarebbe successo, cosa avevano in mente i suoi amici. In parte, più che paura, era solo preoccupato per le conseguenze. Troppo cervellotico, Mihael Keehl. Glielo dicevano sempre.
Svoltarono qualche angolo a piedi, per non dare nell’occhio agli adulti, e arrivarono davanti a un fornaio.
-Ci sei mai stato da queste parti?-
-No-
-Quel forno appartiene a una famiglia ebrea. Qui ci vive una piccola comunità-
-E allora?-
-Vediamo se hai il coraggio di andare a comprare un pezzo di pane da loro!-
-Ma sono ebrei! Se i miei genitori lo vengono a sapere…-
-Ma i tuoi genitori non verrebbero mai in un quartiere ebreo! Dai, dai, vediamo se ce la fai!-
Suo padre gli diceva spesso che gli ebrei erano cattivi e che non esitavano a picchiare se si trovavano davanti un ariano. E quando Mihael chiedeva perché si sentiva sempre rispondere “perché sono gelosi della nostra razza”.
A dieci anni dal crollo di quel muro, a chissà quanti dalla fine della guerra, Berlino non era ancora cambiata del tutto. O forse sarebbe cambiata in peggio se Mihael avesse dato retta ai suoi amici.
Che farai, Mihael Keehl?

  
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