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Autore: maartsp    31/10/2016    0 recensioni
[Emilia Clarke ]
[Rome Flynn]
[Nick Robinson]
Lui è come una rondine, è libero e nessuno può ingabbiarlo.
Tutti dicono che lui è irraggiungibile, incomprensibile, come se non volesse aprirsi con nessuno.
Sembra simpatico, intelligente e davvero educato, ma qual è la sua vera identità? Cosa nasconde dietro quegli occhi marroni tanto magnetici?
E' il suo obbiettivo scoprirlo, ma dovrebbe fare attenzione: scoprire la verità ha un prezzo, e potrebbe soffrirne.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV.
Guerra e pace


 

Sapere di avere nuovamente la famiglia riunita – fino a prossima chiamata – mi faceva sentire felice, piena, e mi aiutava a trovare la forza di svegliarmi ogni mattina per affrontare una nuova giornata. Noi, spesso, non ce ne rendiamo nemmeno conto, ma talvolta ciò che basta per essere felici si trova esattamente dove non stavi proprio programmando di andare a cercare: in casa. Un “buongiorno”, un sorriso, un bacio, un abbraccio, sono tutte piccolezze che cambiano il verso della giornata, che possono davvero aiutare a migliorare l'umore e confrontarsi con il resto del mondo in maniera propositiva. A volte basta poco, bisogna solo rendersene conto.


Come ogni mattina da ormai quasi tre settimane a quella parte, ero sotto il porticato, chiacchierando con Douglas. Mi riusciva davvero difficile cercare di essere quanto più amichevole possibile e non lasciarmi rapire da quei suoi profondi occhi scuri.
« Swami, io... » si grattò la fronte e sospirò, probabilmente in un tentativo di trovare le parole adatte.
Nel corso delle ultime settimane il nostro rapporto sembrava essersi davvero rafforzato, e proporzionalmente anche i sentimenti che credevo di provare nei suoi confronti, i quali si distaccavano completamente dai principi dell'amicizia. La cosa peggiore di tutta quella situazione era sicuramente il non avere una certezza, perché lui sembrava non voler far trasparire i suoi pensieri, le sue emozioni. Calibrava ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo. Una parte di me sperava profondamente che lui provasse ciò che provavo io e mi chiedevo spesso come riuscisse a non sbilanciarsi mai, a non commettere passi falsi e scoprirsi della maschera.
« Io... Beh, mi stavo chiedendo se ti sarebbe piaciuto venire al Princess con me domani sera... Si esibiranno dei miei amici e sarei felice se tu venissi » disse, lasciandomi completamente senza parole.
Il Princess era il più bel locale del piccolo paese in cui vivevo – non che ce ne fossero molti, in realtà – ed era uno dei posti più popolati durante il fine settimana. Gruppi di adolescenti in comitiva si organizzavano ed andavano lì per godersi le loro serate, lontani dalle preoccupazioni dello studio e della scuola; tra i miei interessi non rientrava il ballare, ma il pensiero di passare una serata assieme a lui non mi rese complicato accantonare l'opinione che avevo della location, per quella volta.
« Sì, certo » risposi, cercando di mantenere un tono tranquillo; non volevo viaggiare con la mente, bensì rimanere nell'ottica di trascorrere una serata diversa in compagnia di un amico.


« Non ci posso credere! Ti ha chiesto di uscire! » Juana stava decisamente dando di matto. Le avevo chiesto di restare a casa mia per pranzo dopo la scuola, in modo tale da poterle parlare e raccontarle al meglio come le cose si stavano evolvendo tra me e Douglas.
« Dobbiamo assolutamente decidere cosa indosserai. Da dove iniziamo? » si alzò di scatto dal letto ed aprì le ante del mio armadio.
« Non divagare, Juanita. È un'uscita tra amici, nulla di più » dichiarai, tentando di convincere anche me stessa delle parole che erano appena uscite fuori dalle mie labbra. Lei sghignazzò, non dando peso a ciò che avevo appena detto.
« Per te non è solo un amico, stupida. Lo so io, e lo sai benissimo anche tu. Ti ha chiesto di uscire, amica mia. È la tua occasione »
Non mi lasciai influenzare dalle sue parole, non quella volta. Non avevo nessuna intenzione di illudermi su quelle che potevano essere le intenzioni di lui nei miei confronti, ed io mi sarei comportata come sempre. Juana sembrò leggermi nella mente, perché roteò gli occhi e sbuffò.
« Pensa ciò che vuoi, ma non ti permetterò di presentarti lì in jeans! »


« Dove pensi di andare così bella, principessa? »
Il rumore dei miei tronchetti alti in stile Beatles aveva attirato l'attenzione di mio padre, che spostò lo sguardo dalla televisione alla mia figura.
« Uscita con amici, sarò a casa per l'una. Lo prometto » gli lasciai un bacio sulla guancia; gli avevo mentito solo in parte, e cercai di non sentirmi troppo in colpa.
Stavo per uscire dalla porta d'ingresso quando sentii la sua voce chiamarmi ancora una volta. Mi voltai verso di lui con sguardo interrogativo e lui sospirò, alzandosi dal divano e venendomi incontro. Cinse il mio viso con le sue mani ed i nostri sguardi si incontrarono; i suoi occhi azzurri, così simili ai miei, sembravano implorarmi in silenzio parole che non voleva pronunciare.
« Ti voglio bene, piccola mia. Fa' attenzione » mi lasciò un bacio sulla fronte e tornò a ciò che stava facendo. Sapevo che lui voleva il mio benessere più di ogni altra cosa al mondo e si sentiva in colpa ogni volta che restava via di casa per tanto tempo, ma io ero consapevole che lo facesse solo per poterci donare una vita migliore. Era molto apprensivo, ma io lo comprendevo e lo adoravo ugualmente.
Quando finalmente mi decisi ad uscire, vidi Douglas appoggiato al sedile della sua moto nera come la notte. Lui sembrava avere un'aura diversa rispetto a quando era a scuola e, per quanto ciò fosse possibile, lo trovai anche più attraente. Quando i nostri occhi finalmente si incrociarono, ci sorridemmo.
« E così... Una YZF-R3 ABS? » chiesi studiando il motociclo imponente sul quale era appoggiato. Lui sembrò impressionato dal fatto che conoscessi il modello della sua “amica”. « Mio fratello ci va matto, solo per questo » ammisi sghignazzando. Se Shawn l'avesse vista, molto probabilmente avrebbe iniziato a sbavare ai lati delle labbra.
« Regalo di mio padre, gli piacciono le cose in grande » rise. Mi allungò il casco, dopo aver studiato da cima a fondo il mio corpo. Per un attimo mi sentii avvampare e le farfalle cominciarono a farsi strada contro le pareti del mio stomaco. Il pensiero di andare con lui in moto mi mise in circolo un'alta dose di adrenalina; mi sentivo spaventata ed emozionata allo stesso tempo. Soltanto quando partì mi resi conto di ciò che stava succedendo, ma ormai era troppo tardi per i ripensamenti e decisi di lasciarmi andare e godermi quella serata al meglio.
Durante il tragitto mi sentii libera. Libera dai pensieri, dalle preoccupazioni. Sentivo che, seduta sul sediolino di quella moto, sarei riuscita a conquistare il mondo intero. Era una sensazione indescrivibile: l'emozione, la paura, il vento gelato che soffiava contro il mio corpo. Quella velocità mi faceva sentire come se stessi infrangendo una qualche regola, ed un brivido corse lungo tutta la mia spina dorsale. Sembrava quasi una ribellione, come se stessi lottando contro tutto e tutti, cosciente del fatto che ne sarei uscita totalmente illesa. Solo allora compresi come mai mio padre e mio fratello adorassero tanto le moto.

« Una Paulaner, grazie » ordinai al cameriere dietro il bancone. Stranamente, quella serata al locale mi stava piacendo, anche se non avevo ancora osato mettere piede sulla pista da ballo. Mi servivano almeno quattro-cinque birre per quello.
« Non ti facevo una tipa da birra, Clarke » Douglas rise, riuscendo a mettermi nuovamente in imbarazzo.
« Mi facevi una tipa da analcolico alla frutta? » scherzai, cosciente del fatto che i miei occhi innocenti e le mie guance rosate ingannavano tutti. Non ero propriamente un'ubriacona, ma ogni volta che se ne presentava l'occasione non mi tiravo indietro davanti ad una bevanda alcolica.
« No, ma ero pronto a scommettere che avresti ordinato una Piña Colada o un Mojito al cocco » rise. Adoravo quando rideva, mettendo in mostra il suo sorriso dritto e bianco. Mi chiedevo come potesse una persona non avere nemmeno la traccia di un solo difetto. Se avessi provato a cercarne non ci sarei comunque riuscita, ne ero assolutamente certa. Nonostante fuori dal locale facessero almeno 3 gradi sotto zero, lui indossava una t-shirt bianca aderente, che metteva in mostra il suo fisico scolpito chissà da quali attività fisiche; ero certa che ne facesse, perché quei muscoli non potevano di certo essere frutto solo di genetica.
« Beh, allora ti stupirà sapere che non solo bevo birra, » dissi, dando un occhio alla bottiglia di vetro che avevo appena preso tra le mani; era terribilmente fredda, proprio come piaceva a me. « ma non utilizzo nemmeno il bicchiere » finii, bevendo un sorso della bevanda a canna.
« La tua apparenza inganna, Swami » biascicò il mio nome, facendomi dimenticare per un attimo tutto ciò che mi circondava, e con un gesto fulmineo mi liberò le mani dalla bottiglia, rubandone un sorso. Furbo da parte sua.
« Guarda, ci sono i miei amici ora. Andiamo sotto il palco »
Non mi diede la possibilità di replicare perché prese la mia mano e mi tirò con sé nel bel mezzo della pista e, di conseguenza, della folla. Non sapevo spiegarmene il motivo ma nonostante la calca, la musica ad altissimo volume, il sudore, il caldo asfissiante, mi sentivo come se in quel momento non ci fosse posto più giusto dove stare. Arrivati a destinazione riuscii finalmente a distinguere i tratti fisionomici dei suoi amici, poiché le numerose luci colorate puntavano soprattutto su di loro; vestito da ballerino hip-hop, c'era un ragazzo al lato del palco esattamente dove mi trovavo io che sembrava improvvisare in modo meraviglioso ogni ballo in base alla musica che passava al momento. Sull'altro angolo del palco c'era un ragazzo barbuto, dallo stile hipster, che intratteneva e invogliava la folla con un microfono, saltellando da una parte all'altra e coinvolgendo soprattutto le ragazze; tuttavia ciò non rappresentava un grande problema per il pubblico maschile perché al centro, dietro la sua tastiera da DJ, c'era una ragazza mozzafiato. Il suo collo era cinto da un paio di cuffie rosso fuoco, la sua fisicità era messa in risalto da un top in pelle che aderiva perfettamente al suo corpo, ed un paio di pantaloncini che non lasciavano per niente spazio all'immaginazione e mettevano in risalto le sue gambe snelle. I tratti del suo viso erano asiatici e sembrava davvero una Dea, sicura di sé e cosciente del fatto che chiunque, lì in mezzo, avrebbe ucciso per avere anche solo un bacio da lei. Per un secondo mi sentii male al pensiero che Douglas potesse anche lui averla desiderata, ma cercai di non dar peso a questo e mi godetti semplicemente la loro bravura.

Dopo aver ballato, cantato ed urlato a squarciagola sia io che Douglas avevamo bisogno di prendere un po' d'aria e uscire da quella calca che cominciava a diventare asfissiante, ritrovandoci a chiacchierare sul retro del locale.
« Sono forti i tuoi amici » dissi. Lui sorrise e si accese una sigaretta.
« Sì, decisamente. Abbiamo questa passione sin da quando eravamo bambini » la sua voce sembrò malinconica mentre pronunciava quelle parole, non sapevo a cos'era dovuto ma pensai che non fosse un ricordo felice per lui.
« Abbiamo? Anche tu ti esibivi con loro? » chiesi, curiosa di saperne di più. Lui sospirò ma non sembrò riluttante a rispondermi.
« Mi esibivo con Kita e Albert l'hipster. Ballavo la break dance, ma mi hanno sbattuto fuori dal giro dopo un casino che avevo combinato. Mi incazzai come una belva quando mi dissero che mi avevano sostituito, e decisi di lasciarli fuori dalla mia vita per sempre. Tornarono a cercarmi dopo mesi, chiedendomi di mantenere almeno un rapporto civile, nel rispetto di tutti gli anni di amicizia trascorsi insieme. Allora non volevo sentirne e mi dissero che, se mai mi fossi presentato ad una delle loro esibizioni, sarebbe stato un atto di pace, la fine della guerra. È inutile portare rancore, sono stato io quello ad aver sbagliato e l'ho compreso solo adesso »
Non avevo idea di cosa avesse fatto di tanto grave da essere cacciato ma leggevo nei suoi occhi la malinconia, la tristezza nel non essere riuscito a perseguire la sua passione. Mi venne voglia di abbracciarlo ma trattenni quell'istinto, perché non volevo invadere i suoi spazi.
« Io penso che loro saranno felici di ciò, perché anni di amicizia non si possono dimenticare, tanto meno sostituire con la presenza di qualcun altro. Magari un giorno potranno anche accettarti nuovamente tra loro, no? » ipotizzai, ma lui non sembrò molto convinto. La sua sigaretta era quasi giunta alla fine, e per me fu difficile sopportarne la puzza.
« Ho combinato un casino troppo grande. Se fossi in loro, nemmeno io mi fiderei ancora. Certe cose sono da prendere con le pinze, ed io lo comprendo »
La curiosità mi stava mangiando viva. La voglia di scoprire cosa avesse combinato sembrava divorare i miei organi interni, strizzarli. Solitamente non adoravo curiosare nelle vite degli altri, ma la sua mi interessava troppo per restare indifferente. Stavo per formulare la mia domanda per capirci qualcosa in più, ma sentii il rumore di passi che si faceva progressivamente più vicino a noi e mi bloccai.
« Douglas! »
Delle voci attirarono la nostra attenzione e ci ritrovammo l'hipster e la DJ di fronte. Sembravano emozionati e anche parecchio felici di rivedere il loro vecchio amico, soprattutto per il “patto”. Era pace.
« Finalmente ti sei deciso, mulatto » la voce femminile della ragazza mise a tacere il silenzio formatosi per un attimo. Era bella, da far stroncare il fiato e mozzare le parole in bocca. Nonostante la sua seducente presenza lui non sembrò in difficoltà; hanno passato così tanto tempo insieme che non ci fa nemmeno più caso, ipotizzai.
« Vieni qua, vecchio mio » Albert aprì le braccia e Douglas accettò volentieri l'abbraccio. Era passato molto tempo, probabilmente, ma non sentivo per niente la tensione nell'aria, come se tra loro non fosse mai successo nulla. Come se fosse tutto normale. Abbracciò anche la ragazza, Kita, ma anche quello sembrò un abbraccio fraterno ed innocente.
« Tu, invece? Chi sei? » lei mi studiò ma non in modo prepotente o altezzoso, piuttosto con pura e semplice curiosità. « Che il cuore di Douglas possa essere finalmente stato colpito dalla freccia di Cupido? » scherzò, scoppiando a ridere assieme all'amico hipster. Io mi imbarazzai ma cercai di non darlo a vedere e finsi una risatina.
« No, no. Impossibile » sentenziò Albert, beccandosi un pugno sulla spalla dal soggetto in questione.
Non riuscivo davvero a capire come mai parlassero in quel modo di Douglas. Mille ipotesi cominciarono a popolare la mia mente, ma quella che più mi tormentava era: ha un passato da sciupa femmine a causa del quale ritengono che non possa innamorarsi?
« È solo un'amica, teste di cazzo. Si chiama Swami »
Il fatto che mi stesse presentando ai suoi amici mi mise ancora di più in imbarazzo, perché non avevo idea di cosa fare, cosa dire, come comportarmi.
« È un piacere conoscerti, io sono Kita. Hai degli occhi azzurri meravigliosi, ragazza, e le tue scarpe! Oh cielo! Dove le hai prese? »
Non solo era di una bellezza ultraterrena, sembrava anche simpatica ed alla mano; se ci avessi passato un po' di tempo insieme magari avrei anche scoperto di andarci d'accordo e poterci parlare come un'amica.
« Lasciala perdere, Swami. È nata così, non spaventarti. È un vero piacere conoscerti, mademoiselle » il forte accento tedesco di Albert non lo aiutò nella pronuncia di quella tanto dolce parola francese e ci mancò poco perché scoppiassi a ridere.
Chiacchierammo per un po' e mi fecero diverse domande sulla mia vita e sulla mia amicizia con Douglas, mentre loro ci parlarono di quello che avevano fatto negli ultimi tempi e delle loro avventure amorose. L'atmosfera scherzosa si smorzò non appena ci raggiunse il ballerino, quello che ipotizzai fosse il sostituto di Douglas; quest'ultimo, infatti, non parve esattamente contento di vederlo.
« Douglas, Swami, vi presento Adam » fu Kita a prendere coraggio e parlare, mentre Albert si limitò a guardare Douglas con aria preoccupata.
« Molto piacere » disse quest'ultimo, con aria sarcastica. Incrociò le braccia al petto e lanciò al malcapitato uno sguardo di sfida, ottenendo uguale risposta. La miccia era stata accesa da Douglas ma Adam sembrava volerne approfittare per appiccare un incendio, e sperai vivamente che la situazione non degenerasse.
« Tu devi essere l'esiliato » scherzò il ballerino, ma la sua frase suonò sprezzante. La tensione nell'aria aumentò a dismisura ed ero sicura che se avesse detto una sola parola in più avrebbero cominciato a fare a botte, per questo tentai di trovare un diversivo per potare via Douglas da quel posto. Tossii.
« Credo di aver bevuto troppo e comincia a girarmi la testa. Mi accompagneresti a casa, Douglas? »

Sperai che dopo quella sera Douglas ed Adam non s'incontrassero mai più.

 


 

 


 

 

 

 

 



 

   
 
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