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Autore: sara_gi    01/11/2016    1 recensioni
Quando suo cugino la chiama disperato per chiederle di fargli da dama ad un ricevimento, Claudia ha due scelte: dire di no e stare a casa con un buon libro o dire di sì e sopportare la noia di quel tipo di festa. Il suo cuore tenero la obbligherà ad accettare. Quella decisione cambierà tutta la sua vita.
Dal testo:
- Buona sera...-
La calda voce maschile proveniva dalla sua sinistra. Claudia si scostò un poco dal parapetto girandosi, stupita che lo sconosciuto le fosse arrivato così vicino senza che lei se ne accorgesse. Lui le porse un flute di champagne ghiacciato con un sorriso di scuse.
- Non volevo spaventarti.- le disse in inglese - Mi chiamo Conn.- si presentò continuando a porgerle il bicchiere.
Claudia esitò ancora un attimo prima di accettare lo champagne e restituì il sorriso.
- Claudia.- si presentò.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pioggia d'autunno




La serata sembrava destinata alla noia più totale. Claudia si guardava intorno nella sala chiedendosi chi glielo aveva fatto fare... Suo cugino, il genio della famiglia, l'aveva chiamata due giorni prima chiedendole, supplicandola in verità, di fargli da dama al ricevimento per le Arti, la Scienza e la Tecnica che si sarebbe tenuto a Milano, dato che la sua fidanzata si era presa un forte raffreddore e non era in grado di andare. E Andrea detestava andare alle feste da solo. C'era voluto un po' ma alla fine la ragazza si era lasciata convincere così quella sera, con indosso l'abito nero e argento del capodanno precedente e i suoi sandali col tacco alto preferiti, era salita sulla macchina del cugino che le aveva promesso di restarle accanto tutta la sera. Promessa che aveva ovviamente infranto dopo neppure un'ora dal loro arrivo. Ma Claudia non era arrabbiata con lui: era ovvio che chi era li per questioni di interesse all'argomento della serata avrebbe voluto parlare con Andrea. Il fatto di avere per cugino un biologo conosciuto e stimato, seppure solo trentenne, era motivo di orgoglio e grande pazienza per i membri della famiglia..! Claudia posò sul vassoio di un cameriere di passaggio il bicchiere di champagne ormai tiepido che aveva in mano da almeno un'ora e, reprimendo l'ennesimo sospiro della serata, fece un giro della sala rispondendo con cenni cortesi agli sconosciuti che la salutavano. Individuò Andrea nei pressi dell'entrata preso in una fervente discussione con altri due biologi ed un chimico. Incrociò gli occhi del cugino che le fece un cenno di scuse e lei sorrise rassicurante: in fondo lui era li per fare pubblic relations e quello doveva fare. Si fermò presso il buffet e senza neppure accorgersene si ritrovò a parlare con altre due ragazze di musica rinascimentale e pittura espressionista. Volò così un'ora di quell'interminabile serata e, quando si separò dalle nuove conoscenti con la promessa di sentirsi in mail per andare a vedere qualche mostra, tornò a girovagare per l'ampio salone cercando con lo sguardo il cugino. Non vedendolo, ma sapendo che senza di lei non se ne sarebbe andato, uscì dalle portefinestre della sala rifugiandosi nella tranquillità della terrazza. Una brezza leggera prese a giocare con i suoi riccioli rosso tiziano quando Claudia si appoggiò alla balaustra della terrazza lasciando spaziare lo sguardo sulle luci della città. La sala dove si stava svolgendo il ricevimento era al ventesimo piano dell'edificio, uno dei più alti di Milano. La vista che si godeva da lassù era quindi uno spettacolo emozionante e lei si rilassò appoggiando gli avambracci sul parapetto di marmo e immergendo lo sguardo nell'oscurità e nelle mille luci della notte autunnale.

- Buona sera...-

La calda voce maschile proveniva dalla sua sinistra. Claudia si scostò un poco dal parapetto girandosi, stupita che lo sconosciuto le fosse arrivato così vicino senza che lei se ne accorgesse. Lui le porse un flute di champagne ghiacciato con un sorriso di scuse.

- Non volevo spaventarti.- le disse in inglese - Mi chiamo Conn.- si presentò continuando a porgerle il bicchiere.

Claudia esitò ancora un attimo prima di accettare lo champagne e restituì il sorriso.

- Claudia.- si presentò.

Lui le porse la mano destra e avvolse le dita sottili della ragazza in una calda stretta piacevole - Lieto di conoscerti.- sorrise.

E Claudia registrò che il ragazzo davanti a lei era di una bellezza sfrontata e innegabile. Alto almeno un metro e novantacinque, capelli neri mossi e lunghi fino alle spalle, occhi di un blu intensissimo e lineamenti perfetti. Il fisico atletico e asciutto, unito alla considerevole altezza, lo rendevano una presenza incombente ma, allo stesso tempo, rassicurante. Si riscosse rendendosi conto che lo stava fissando e sorbì un sorso dello champagne nel tentativo di darsi un contegno. Dal canto suo Conn non diede segno di aver notato lo sguardo della ragazza fisso su di se e aveva osservato per un po' la città sottostante.

- E' una bella città...- commentò sottovoce.

- Sì, lo è. Anche se potrebbe esser tenuta meglio.- rispose lei - Di dove sei?- chiese poi avendo notato l'accento insolito del ragazzo.

- Michigan.- sorrise all'occhiata stupita della ragazza - Di una piccola cittadina al centro della penisola superiore.-

- Sei distante da casa, direi.- sorrise lei.

- Abbastanza....- concordò lui restituendole il sorriso - Ma sono stato anche più distante.-

- Scienziato, tecnico o artista?- chiese lei riferendosi al motivo che aveva portato tutte quelle persone a quella festa.

- Musicista.- rispose lui - E tu?-

- Accompagnatrice di uno scienziato.- rispose lei con una piccola smorfia vittimistica.

Lui rise per un istante - Il tuo ragazzo?- chiese poi.

- No, mio cugino. Il genio di famiglia.- rispose con un sorriso affettuoso al pensiero di Andrea immerso in qualche conversazione impegnata nella sala.

- Ma che cugina premurosa: sorbirsi una festa tra le più noiose che io abbia mai visto per lui. Una vera martire della famiglia.- la prese un po' in giro lui.

- Vero?- stette al gioco lei - Mi dedicheranno almeno un giorno del calendario direi, dopo questa serata....- risero insieme - A dire il vero....- proseguì tornando seria - E' stato un incidente dell'ultimo momento: la sua ragazza si è ammalata e lui mi ha chiesto se potevo accompagnarlo. Odia andare alle feste, sopratutto da solo. Così, non avendo poi molto da fare, ho accettato.-

- E il tuo fidanzato cosa ne pensa del fatto che passi il venerdì sera con tuo cugino invece che con lui?-

- Nulla.- lui la guardò interrogativamente - Sono single.- rispose alla domanda non espressa.

Lui sorrise appoggiando il fianco alla balaustra per mettersi più comodo - E come mai?-

Lei sollevò un sopracciglio - Come mai cosa?-

- Come mai sei single? Forse che gli uomini di questa città sono ciechi?-

Lei ci mise un istante a mettere a fuoco il complimento dopo di che un inopportuno quanto inarrestabile rossore le imporporò le guance e si ritrovò a guardare il pavimento di pietra della terrazza.

- Scusa, non volevo imbarazzarti.- si preoccupò lui vedendola a disagio.

- No!- sollevò di scatto gli occhi portandoli a guardare in quelli blu di lui - Non scusarti. E' solo che non sono abituata a sentirmi dire cose del genere, tutto qui.-

- Quindi qui gli uomini sono ciechi.- sottolineò lui con un sorriso.

- E da te tutti i ragazzi sono così sfrontati?- chiese lei con lo stesso sorriso.

- Sfrontati? No, mai! Schietti. Questo sì.- la corresse lui.

- E coraggiosi, direi. Qui un ragazzo si farebbe uccidere piuttosto che fare quello che hai fatto tu. Sopratutto con il rischio che un'intera sala piena di gente assista all'eventuale insuccesso.-

- Davvero?-

- Sì. Almeno per la parte di ragazzi che ho incontrato io.-

- E cosa fanno allora?-

- Niente.- rispose con una lieve scrollata di spalle - Sono capaci di fissarti per una sera intera ma non fanno un passo. E se per un qualche caso a un certo punto te li trovi di fianco al bancone del bar....-

- Sì?- la incoraggiò lui.

- Scappano.- disse facendolo scoppiare a ridere - Salvo ricominciare a fissarti una volta che sono di nuovo a distanza di sicurezza.-

Lui scosse la testa incredulo continuando a ridere - Non ci credo, dai!- esclamò difendendo il proprio genere - Mi crolla il mito del latin lover!-

- A me è crollato da anni.- ridacchiò lei.

- Sei terribile!- la prese in giro lui con tenerezza.

- Non è vero! Sono la dolcezza fatta persona!- concluse facendolo ridere di nuovo.

Anche lei si appoggiò al parapetto e continuarono a chiacchierare tranquilli ridendo e scherzando. Si era creata tra loro una sorta di complicità, un'empatia singolare che aveva creato un piacevole clima amichevole. Lo champagne nei flute si era fatto caldo ormai da tempo quando, lanciando un'altra occhiata alle luci notturne, Conn porse la mano alla ragazza.

- Ti va di fare un giro?-

Lei rimase interdetta, a metà di una frase, stupita dalla proposta e tentata dall'invito.

- Solo quattro passi per la città.- le propose vedendola titubante - Ho voglia di fare una passeggiata: vuoi farmi da guida?- concluse con un sorriso.

Claudia lanciò un'occhiata all'interno della sala, pensando al cugino.

- Devo avvisare Andrea se me ne vado: si preoccuperà altrimenti.-

- Ma certo, è naturale. Vieni...- la prese per mano riconducendola nella sala.

Claudia si alzò in punta di piedi nel tentativo di scorgere il cugino. Fecero il giro dell'intero salone senza che lei riuscisse a vedere Andrea.

- Può essere che se ne sia andato?- le chiese lui.

- Senza di me? No!- esclamò lei - Bhè... A dire il vero...- esitò - Con la testa che ha potrebbe anche essersi dimenticato che ero qui anch'io...- concluse con un mezzo sorriso.

Conn ridacchiò poi la guidò attraverso un gruppo di invitati verso il vestibolo. Claudia si avvicinò alla persona preposta alla cura degli ospiti e chiese se il cugino se ne fosse andato mentre Conn raggiunse il guardaroba ritirando la propria giacca e lo spolverino della ragazza. Si rincontrarono nel vestibolo.

- Allora? Notizie?- chiese lui.

- No, non l'ha visto andar via. Dovrebbe essere ancora qui, ma non riesco a vederlo.- lei era indecisa.

- Se vuoi restiamo, non importa.-

Lei era combattuta: da un lato non le andava di andar via senza avvisare Andrea, dall'altro le sarebbe piaciuto fare quattro passi con Conn. Alla fine decise.

- Andiamo. Gli mando un messaggio per avvisarlo.-

- D'accordo.- lui sorrise - Per che ora gli dici che torni?-

Lei si fermò col telefono in mano - Non lo so....- si mordicchiò il labbro inferiore - Gli dico che poi prendo un taxi: è la cosa più semplice. Così se vuole andar via prima non mi deve aspettare e io non sono costretta a tornare qui.- concluse con un sorriso.

In ascensore Conn aiutò Claudia a indossare lo spolverino sull'abito scollato poi indossò a sua volta la giacca di pelle nera lunga fino a metà coscia. Gli bastò però fare quattro passi per strada per decidere che aveva caldo. Ripiegò la giacca sul braccio e la ragazza lo guardò sollevando un sopracciglio: era la mezza passata e la notte settembrina non era proprio calda...

- Vengo dal Mich: da me questa temperatura è quasi estiva.- si giustificò lui con un sorriso.

Lei rise scuotendo la testa prima di incamminarsi verso la Stazione Centrale: avevano deciso di andare a vedere i navigli e l'unica cosa da fare era prendere uno degli ultimi tram della notte diretti a Porta Genova. A quell'ora le strade e le fermate erano deserte e in poco più di un quarto d'ora si ritrovarono in darsena. Presero il naviglio pavese osservando il movimento intenso del venerdì notte milanese. Si fermarono poi in un piccolo pub sedendosi a un tavolo miracolosamente libero con davanti un bicchiere di birra rossa irlandese. Si ritrovarono più o meno involontariamente coinvolti nella conversazione di un gruppo di ragazzi inglesi seduti al tavolo accanto e passarono un paio d'ore piacevoli, poi il proprietario del pub si avvicinò e con burbera amichevolezza sfrattò tutti essendo da tempo passata l'ora di chiusura. Una volta fuori salutarono i ragazzi e si avviarono a passo tranquillo verso Porta Ticinese e il centro. La brezza leggera si era trasformata in un venticello teso e Claudia rabbrividì stringendosi nello spolverino. Conn notò il gesto, seppur lieve, della ragazza e le drappeggiò sulle spalle la propria giacca riparandola dal vento.

- Grazie.- lei sorrise per la sua premura.

Lui accettò il ringraziamento con un cenno e le passò il braccio destro sulle spalle riparandola ulteriormente. Quella temperatura per lui era gradevole e le maniche lunghe della camicia nera che aveva addosso erano più che sufficienti. Camminavano tranquilli chiacchierando della serata e del lavoro di lui. Con sorpresa lei aveva scoperto che lui era il cantante e leader di una band americana in rapida ascesa e che aveva partecipato alla festa di quella sera su consiglio del suo manager per promuovere la sua musica anche in Europa. Lei lo osservò di sottecchi mentre parlava del suo lavoro e della musica, la sua più grande passione. Aveva iniziato a scrivere canzoni che era un ragazzino e, verso i diciott'anni, insieme al suo migliore amico aveva fondato la band. I primi due anni era stato un continuo cambio di musicisti finchè si era consolidata la formazione attuale. Erano in sei: lui alla voce, il suo migliore amico alle tastiere, due chitarre, un basso e la batteria. Tutti maschi, tutti giovani...

- E tutti belli naturalmente.- concluse lui facendola scoppiare a ridere.

- E modesti sopratutto!- lo prese in giro.

- Ovviamente..!- sorrise lui.

- Quindi quello che stai promuovendo è il primo disco?-

- Sì. E' uscito otto mesi fa e siamo partiti in tour quasi subito. All'inizio eravamo supporter di un'altra band ma quando la casa discografica si è resa conto che il novanta per cento del pubblico entrava per vedere noi... Siamo diventati i supporter di noi stessi!- sorrise - Il primo concerto come Headliner è stato.... Assurdo!- gli occhi gli brillavano al ricordo dell'emozione - Voglio dire sono quattro anni che salgo su un palco a cantare ma quella sera....- la guadò - E' stato davvero fantastico! E il pubblico fu meraviglioso!-

- Mi piacerebbe sentire la tua musica.- disse lei.

- Non so se qui il nostro disco si trovi, ma se vuoi te lo faccio avere.- propose lui.

- Sì, grazie!-

La prima goccia di pioggia li colse di sorpresa. Erano ormai in vista di piazza Duomo così, individuata Galleria Vittorio Emanuele, Conn la prese per mano mettendosi a correre mentre il temporale si scatenava. Il vento divenne sferzante e, arrivati sotto la galleria vitrea scoprirono che, causa l'altezza della galleria stessa che consentiva al vento di portare la pioggia all'interno, non si stava molto più asciutti. Conn si guardò intorno individuando la zona d'attesa dei taxi: era completamente vuota. Si girò verso la piazza orientandosi poi indicò alla ragazza un punto verso il retro del Duomo.

- Il mio albergo è li, a un centinaio di metri. Se vuoi venire da me ti asciughi un momento e ti faccio chiamare un taxi dalla reception.- concluse guardandola.

Lei era indecisa. Guardò per un istante la zona taxi deserta, poi all'ennesima sferzata di vento e pioggia ghiacciata annuì.

- Va bene.- acconsentì stringendosi nella giacca del ragazzo che ancora la riparava.

Correndo alla velocità massima consentita dai tacchi alti e sottili dei sandali della ragazza percorsero un breve tratto di Corso Vittorio Emanuele e svoltarono in una delle perpendicolari raggiungendo una delle porte laterali dell'albergo mentre il temporale andava rinforzando. Entrarono in uno degli ascensori nel momento in cui un poderoso tuono rimbombò per i corridoi dell'edificio. Claudia d'istinto si rifugiò tra le braccia del ragazzo che la strinse un po' sorpreso. Si accorse che lei stava tremando e che forse non era solo per il freddo.

- Ehi...- le carezzò un poco la schiena mentre l'ascensore saliva - Era solo un tuono, va tutto bene.-

- Lo so...- lei si scostò un po' esitante - E so che è stupido ma...- si interruppe guardando il pavimento imbarazzata - I tuoni mi fanno paura...- concluse.

Senza altri commenti per non imbarazzarla ulteriormente Conn la condusse lungo il corridoio del quarto piano fino alla sua camera. La stanza era arredata con mobili di pregio: legni scuri e velluti borgogna che spiccavano contro le pareti bianche e luminose. Una spessa moquette copriva il pavimento rendendo silenziosi i loro passi. Appena richiusa la porta il ragazzo le indicò il bagno assicurandosi che ci fossero asciugamani a sufficienza. Ne prese uno per se poi la guardò registrando l'abito fradicio e i capelli grondanti.

- Senti forse è meglio se fai una doccia bollente, sai?- fece un mezzo sorriso - Io sono abituato a climi rigidi e per me qui è praticamente estate ma tu hai l'aria di rischiare una polmonite...- quasi a sottolineare le sue parole la ragazza starnutì e lui si mise a ridere - Ecco, appunto. Coraggio...- la spinse delicatamente verso il bagno - Gli accappatoi sono accanto alla doccia.-

Riconoscendo che Conn aveva ragione la ragazza aprì l'acqua nella doccia e, dopo aver fatto scattare silenziosamente la serratura della porta del bagno, si spogliò e si infilò sotto il getto dell'acqua calda. Nel frattempo Conn si asciugò e, infilati dei jeans puliti e una camicia asciutta mise da parte gli abiti fradici. Quando sentì l'acqua chiudersi nella doccia bussò alla porta.

- Claudia se mi dai il vestito fradicio chiamo la lavanderia: funziona 24 su 24 e in un'ora te lo riportano lavato e asciugato....-

- Oh... D'accordo...- la voce della ragazza giunse un po' esitante da dietro il battente che, poco dopo si aprì e lei gli porse il vestito rimanendo nascosta dietro la porta.

- Se poi non ti dispiace...- proseguì lui soffocando un sorriso - Avrei bisogno del bagno un attimo...-

- Sì... Un momento...- la porta si richiuse.

Lui sorrise e chiamò il servizio lavanderia che, tempo due minuti, mandò un inserviente a ritirare i panni. Quando la porta della camera fu di nuovo chiusa la ragazza si decise a uscire. Lanciò un'occhiata mesta allo specchio prendendo nota dell'accappatoio di almeno tre taglie più grandi che le arrivava alle caviglie, il volto privo di trucco e i capelli umidi un po' arruffati dall'asciugamano con cui li stava tamponando. Con un sospiro rassegnato lasciò il rifugio del bagno e indirizzò un sorriso di scuse al ragazzo. Lui la osservò un attimo di sottecchi e nascose un sorriso di apprezzamento chiudendosi in bagno. Poco dopo nell'aprire la porta si fermò a osservare la ragazza seduta su un angolo del letto matrimoniale, che occupava quasi tutta la camera, intenta ad osservare la copertina del suo disco.

- Lo vuoi sentire?- le chiese facendola trasalire - Scusa: oggi continuo a spaventarti.- sorrise.

- E' solo che la moquette attutisce tutto e non ti ho sentito, non ti preoccupare.- rispose con una scrollata di spalle.

- Lo vuoi ascoltare?- ripeté indicando il cd che lei aveva in mano.

- Sì, grazie: mi piacerebbe molto.- accettò lei con un sorriso.

Lui prese il disco e si avvicinò allo stereo. Lei aveva visto subito la custodia quando era entrata nella camera e quando lui l'aveva lasciata sola qualche istante aveva dato spazio alla curiosità e l'aveva presa. La foto sulla copertina ritraeva la statua di un angelo con un'ala spezzata che teneva una mano vicino al cuore a coprire una ferita da cui sgorgava del sangue rosso: l'unica macchia di colore della foto altrimenti in bianco e nero. La fotografia era molto suggestiva. Ai piedi dell'angelo, in caratteri corsivi elaborati stava il titolo: "No Way" mentre in alto a destra, nello stesso font, il nome della band: "Fallen Angels". Il suono graffiante di una chitarra si propagò dalle casse dello stereo e lei si concentrò sulla musica. Dimentica di tutto si sedette meglio sul letto ripiegando una gamba sotto il corpo e piegando l'altra per appoggiare il mento sul ginocchio, lo sguardo perso verso lo stereo rapita dalla musica e, sopratutto, dalle parole. E dalla voce bellissima che le pronunciava. Conn aveva una voce calda e profonda che faceva vibrare le emozioni nel suo petto, ora dolce come miele ora tagliente come un rasoio. Era talmente assorta nell'ascolto da non accorgersi neppure che, a un certo punto, un fattorino aveva bussato per riconsegnare gli abiti puliti. Conn aveva appeso quello della ragazza nell'armadio e si era riseduto sull'altro angolo del letto a guardarla. Era curiosamente teso nel farle ascoltare il suo disco, voleva il suo giudizio ma, allo stesso tempo, temeva che potesse essere negativo. Strano: non aveva temuto il giudizio dei critici musicali ma quello di quella ragazza lo temeva. Per qualche motivo voleva che il suo disco le piacesse, sperava che lei cogliesse ciò che lui aveva scritto in quelle canzoni. Che cogliesse l'essenza di se stesso che trapelava da quei versi.

Quando l'ultima nota dell'ultima canzone svanì nell'aria e il lettore cd si fermò lei batté un attimo le palpebre mettendo a fuoco il volto del ragazzo.

- Potresti...- esitò - Ti dispiacerebbe farlo ripartire?- chiese con un sorriso esitante.

- Ma certo.- rispose lui dopo un attimo di sorpresa.

Si diresse allo stereo e fece ripartire il disco. Poi tornò a sedersi più vicino alla ragazze con un caldo sorriso.

- Che ne pensi?- le chiese.

- Mi piace.- rispose lei - Molto.- sottolineò restituendogli il sorriso - Non è il genere di musica che ascolto normalmente, ma mi piace davvero. I testi sopratutto. Anche se non mi dispiace per nulla anche la musica!-

- Che genere ascolti di solito?- chiese per sviare un momento il discorso.

- Classica.- rispose lei sorridendo poi all'espressione stupita di lui.

Si ritrovarono così a parlare di musica, passione che li accomunava sebbene su due posizioni opposte: lui autore lei ascoltatrice. Il tempo parve dilatarsi, la pioggia batteva feroce sui vetri delle finestre ma, chiuse le tende, la camera si era trasformata in un rifugio sicuro anche per la ragazza che finì per dimenticare i tuoni, sostituiti e coperti dalle note del disco che continuava a girare nello stereo. Parlavano tranquilli, a voce non troppo alta con una confidenza istintiva e coinvolgente. Il disco dovette compiere un altro giro prima che accadesse. In seguito nessuno dei due avrebbe saputo dire come quel primo bacio fosse stato scambiato, cosa lo avesse provocato, quale frase, quale sguardo avesse scatenato la scintilla che li portò a quel bacio prima e alla passione conseguente.

Dimentichi del mondo intero, cullati dal fruscio della pioggia che si era fatta più dolce mischiato con le note che lo stereo andava ancora diffondendo, si lasciarono andare a quell'attrazione che li aveva portati a lasciare la sala del ricevimento per immergersi da soli nella notte milanese. Claudia era stupita di se stessa mentre si lasciava andare con voluttà tra le braccia di quel ragazzo conosciuto poche ore prima: non era da lei fare una cosa simile. Eppure... Non riusciva neppure a contemplare l'idea di respingerlo, di sottrarsi a quelle mani e a quella bocca che le stavano accendendo mille fuochi sotto pelle. Dal canto suo Conn non desiderava altro che essere dov'era: con lei. Il corpo della ragazza era minuto e proporzionato, non era magrissima ma le curve dolci e la pelle serica e pallida erano per lui una calamita: non riusciva a smettere di accarezzarla e baciarla. Ovunque. Presto i pensieri razionali li abbandonarono e furono solo fuoco ed emozione.

Tempo dopo, sdraiati l'una sull'altro, ascoltavano il silenzio paghi della reciproca vicinanza. Conn era sdraiato supino con la ragazza, prona, abbandonata su di se. La guancia posata sul petto di lui Claudia ascoltava il suo cuore battere mentre le mani del ragazzo le percorrevano pigramente la schiena per tutta la lunghezza. Sorrise per quelle attenzioni e si ritrovò a disegnare ghirigori sul petto di lui, vicino al proprio viso.

- Cosa stai scrivendo? - le chiese lui sotto voce.

- Non lo so...- rispose lei dopo un istante - Solo... Mi piace sentire la tua pelle sotto le dita.- confessò arrossendo lievemente.

Lui sorrise e sollevò un poco il capo per posarle un bacio sulla cima della testa - E a me piace sentire la tua.- mormorò continuando a far scorrere le mani sulla schiena di lei.

- Ha smesso di piovere...- disse piano Claudia dopo qualche minuto.

Conn con un repentino movimento ribaltò la loro posizione inchiodandola con delicatezza tra se e il materasso – Non lo dire. Non pensarlo nemmeno. - le sussurrò a pochi centimetri dalle labbra guardandola negli occhi - Non mi lasciare.- concluse chiudendole la bocca con un bacio.

Sentirlo sopra di se, dentro di se... Claudia non desiderava altro: non voleva andarsene, tutto ciò che voleva era restare li con lui. Per sempre. Sorrise tra se in un attimo di lucidità rendendosi conto di questi pensieri. Ma era un sorriso sorpreso poichè sapeva di essere sincera. Poi non ci fu più tempo per i pensieri coerenti e lei si abbandonò di nuovo alla marea montante di sensazioni che il corpo di Conn le scatenava. Infine, esausti, si addormentarono stretti l'uno all'altra mentre fuori i primi raggi di sole spuntavano all'orizzonte rivelando un cielo sorprendentemente azzurro.

Era quasi mezzogiorno quando il lieve ronzare del telefono di lui li svegliò. Conn ci mise qualche istante a realizzare che ciò che era successo non era stato un fantastico sogno ma la realtà. Ritrovarsi Claudia tra le braccia fu la parte maggiore di quella realizzazione. Le posò un bacio sulla fronte prima di alzarsi dal letto, coprirla con le coperte, infilare l'accappatoio abbandonato per terra e andare a recuperare il cellulare. Era il suo manager che voleva notizie della serata precedente. Conn si sedette su un angolo del letto mentre parlava e intrecciò le dita con quelle della ragazza che lo guardava incuriosita. Claudia faceva fatica a seguire il discorso: l'accento del ragazzo e la velocità con cui parlava le rendevano quasi impossibile comprenderlo ma la sua voce era così musicale per le sue orecchie da incantarla. Lui concluse la telefonata poi rapido, si piegò a rubarle un bacio a cui lei rispose con trasporto. Conn si sentì infiammare di nuovo: era stupefacente l'effetto che quella ragazza aveva su di lui. E soprattutto era stupefacente, per lui, l'abbandono spontaneo che lei dimostrava. Non era esperta, questo era ovvio: forse lui non era il primo ad averla toccata ma di certo, prima di lui, non dovevano essercene stati molti. E da un certo punto di vista questo era un qualcosa che la rendeva ancora più attraente, per lui. Inoltre l'immediatezza con cui lei recepiva l'effetto dei baci di lui era qualcosa di nuovo, per lui. Come se quell'attrazione che era scattata tra loro fosse egualmente potente, per lui e per lei. E questo era lusinghiero, per Conn: che una donna, quella donna, potesse desiderarlo con l'intensità con cui lui la desiderava... Era una sensazione quasi di onnipotenza. Perchè lui desiderava Claudia come non aveva mai voluto nessun'altra prima. E c'era di più: non era solo il suo corpo a tentarlo. Avevano parlato per ore quella notte, sia prima che la passione li travolgesse che dopo. E lui era affascinato dalla mente di quella ragazza tanto quanto era stregato dal suo corpo. E dentro di se sapeva, sentiva, che per Claudia era lo stesso. Poteva davvero essere stato così fortunato, si chiese a un certo punto. Poteva davvero aver avuto la fortuna immensa di trovare colei che andava cercando da sempre? La ragazza che avrebbe capito il suo complesso mondo interiore, con cui condividerlo?

Sola in bagno, un'ora dopo, mentre l'acqua della doccia le scrosciava addosso, Claudia si ritrovò immersa in considerazioni simili. Era tutta la vita che si sentiva diversa, la "strana" del gruppo, quella che nessuno mai capiva quando parla perchè si esprime con concetti troppo "impegnativi". E ora... Nella notte avevano parlato delle canzoni che lui aveva scritto, del significato recondito delle parole di quei testi... E lei era rimasta profondamente toccata dallo scoprire che lui aveva espresso in quel disco molte delle emozioni che lei stessa provava quotidianamente. Erano molto diversi, lei e Conn, ma, per certi versi, si assomigliavano. In una maniera molto intima e privata erano simili: anime solitarie in cerca di qualcosa che portasse un po' di luce e calore in quella solitudine. Perchè a nessuno dei due piaceva, quella solitudine. Era così? Era davvero possibile che si fossero incontrati perchè così doveva essere?

Uscendo dal bagno si bloccò sulla porta: Conn era al centro del letto con addosso solo un paio di jeans strappati, i capelli sciolti e scarmigliati sedeva a gambe incrociate con la chitarra in mano e dei fogli e una penna davanti. Non si era accorto che lei era uscita dal bagno e continuava a pizzicare le corde della chitarra fermandosi di tanto in tanto per scrivere sul foglio. Claudia si avvicinò piano piano cercando di non distrarlo fino a riuscire a intravedere ciò che stava sul foglio: una serie di pentagrammi disegnati a mano libera e riempiti di note e delle parole in file strette accanto alla musica. Tornò a guardare lui sconvolgendosi di quanto fosse perfetto in quel momento: arruffato e concentrato, perso nella musica che gli nasceva dentro. E assolutamente bellissimo. Probabilmente fu quello il momento in cui si innamorò di lui. O forse era successo su quella terrazza, il cui ricordo sembrava appartenere a secoli prima, piuttosto che alla notte precedente. Ma, in fondo, il momento preciso non era poi così importante. La cosa che contava era che lei, in quell'istante, realizzò che il suo cuore era perduto. Ormai era tra le mani di quel ragazzo che suonava la chitarra davanti a lei.

Conn alzò lo sguardo in quel momento e si bloccò stregato dall'intensità della luce negli occhi di lei. Non l'aveva sentita avvicinarsi e non sapeva a cosa stava pensando, cosa le passasse per la mente in quel momento, quello che poteva vedere era unicamente il risultato di qui pensieri: il volto di Claudia esprimeva stupore e gli occhi parlavano di calore. Mise da parte la chitarra e si alzò andandole vicino. Le circondò il viso con le mani carezzando le guance coi pollici un istante. Lei gli sorrise e fu un sorriso di tale intensità che tutto ciò che Conn si ritrovò a desiderare fu che lei gli sorridesse in quel modo per sempre. Si chinò e la baciò con delicatezza prima di avvolgerla in un abbraccio in cui era la tenerezza a vincere sopra la passione.

Rimasero così qualche istante poi lui fece un passo indietro liberandola e le sorrise.

- Cosa ne dici se ordiniamo qualcosa da mangiare?- le chiese.

- Dico che è un'ottima idea.- rispose lei restituendogli il sorriso.

Lui le porse il menù perchè scegliesse poi chiamò il servizio in camera e ordinò. Mezz'ora dopo erano seduti al tavolo sulla piccola terrazza della camera con accanto un carrello pieno di ottime pietanze immersi in una delle loro infinite conversazioni. Erano i viaggi questa volta l'argomento che li aveva rapiti e il tramonto li trovò ancora lì a parlare di tutti i posti che avrebbero voluto vedere. Fu di nuovo il telefono del ragazzo a riportarli al presente. Claudia ascoltò la conversazione e comprese che era di nuovo il manager: Conn gli stava dicendo che aveva deciso di fermarsi qualche giorno a Milano. Dal tono di voce di Conn comprese che il manager non doveva essere contento di quella decisione. Comunque il ragazzo era deciso a spuntarla: voleva restare lì. Rassicurò il manager che avrebbe preso un volo il giorno seguente in serata solo per calmarlo e chiuse la comunicazione.

- Riparti?- gli chiese lei quando tornò fuori.

- Non ci penso nemmeno. Ma almeno fino a lunedì non si accorgerà che non sono partito e quindi non ci disturberà.- concluse sorridendo.

- Ma...- lei si interruppe - E la band? Non hai del lavoro da fare? Voglio dire: non sei nel pieno del tour?-

- In effetti no: il tour vero e proprio è finito, altrimenti non sarei stato qui ieri. Abbiamo qualche concerto promozionale e qualche intervista ma nulla più. Stai tranquilla: nulla di irrinunciabile.- la rassicurò.

Clauda era dubbiosa ma si astenne dal dirglielo. Ne sapeva poco di come girassero le cose nel mondo della musica ma l'istinto le diceva che non c'era niente a cui si potesse rinunciare quando si era ancora nella fase emergente. E ben poco quando si era già famosi... Ma Conn sembrava così sicuro di quel che diceva e così rilassato che lei si convinse che era come lui le aveva detto.

Decisero di uscire a cena. Per fortuna la sera prima lei aveva messo in borsa almeno matita per gli occhi e rimmel così, indossato di nuovo l'abito da sera poté truccarsi leggermente. Conn la portò a cena in un piccolo ristorante giapponese che gli aveva consigliato uno dei camerieri dell'albergo. Scoprì con soddisfazione che, con le bacchette, Claudia era abile quanto lui. Così un'altra cosa che li accomunava emerse: avevano gli stessi gusti in fatto di cibo. Parlando Conn pianificava i giorni seguenti: lei gli aveva detto di essere in ferie quella settimana e lui la stava progettando. Voleva restare lì con lei almeno per quei sette giorni, poi in futuro avrebbe fatto in modo di avere pause sufficientemente lunghe per venire da lei. Claudia lo ascoltava felice: lui la voleva nella sua vita. E lei non desiderava altro. Conn le fece capire che avrebbe voluto che lei andasse con lui, un giorno. E lei non si sognò nemmeno di escludere l'ipotesi.

La domenica volò. Rimasero in camera quasi tutto il giorno a parlare e a fare l'amore. Uscirono di nuovo a cena per poi rientrare presto: non c'era nulla là fuori che li trattenesse per più di un paio d'ore. Giunse lunedì e con esso la nuova, infuriata telefonata del manager di Conn. Pur non sentendo le parole Claudia comprese dal tono e dal volume della voce che filtrava dal telefono che l'uomo era fuori di se. Conn non riusciva quasi a inserire verbo tra il fiume di parole con cui il manager lo investiva. Alla fine l'uomo informò il ragazzo di avergli prenotato un volo per il martedì nel primo pomeriggio e gli ingiunse di prenderlo se non voleva dire addio alla carriera. Chiuse la comunicazione senza aggiungere altro e Conn lanciò il telefono dall'altra parte della stanza. Per fortuna andò a cadere sulla poltrona: non si ruppe. Claudia andò vicino al ragazzo e gli sorrise rassicurante.

- Non fa nulla Conn: tornerai. Non importa se ora devi andare via: quando tornerai mi troverai qui.-

- Io non me ne vado.- si intestardì lui - Jordan parla ma alla fine la mia band è importante per lui: farà un po' di scene ma nulla di più.-

- Ma...-

- Fidati.- la interruppe - Lo conosco: non rinuncerà agli Angels.- concluse abbracciandola.

Ma Claudia non si fidò. Perchè glielo aveva letto negli occhi e nell'atteggiamento. Le parole del manager avevano preoccupato Conn. Quindi era possibile che questo Jordan facesse quel che aveva minacciato: che lasciasse la band di Conn senza manager e senza contratto. E quindi il sogno del ragazzo si sarebbe infranto. Claudia ricordava chiaramente la passione con cui Conn aveva parlato del suo lavoro la sera in cui si erano conosciuti. La nota di orgoglio nella voce e la luce nello sguardo del ragazzo mentre le parlava della sua musica: lei non voleva e non poteva permettere che, per colpa sua, lui perdesse tutto ciò che aveva e stava costruendo. Si rifugiò in bagno per nascondere al ragazzo i propri pensieri che, sapeva, lui avrebbe indovinato leggendoglieli negli occhi: doveva andarsene. Claudia si infilò sotto al doccia perchè lo scroscio dell'acqua nascondesse i suoi singhiozzi nel prendere consapevolezza dell'unica decisione possibile. Avrebbe dovuto lasciarlo. Sparire dalla sua vita all'improvviso, senza lasciare tracce di modo che lui non potesse trovarla. Di modo che nulla lo trattenesse lì a Milano e potesse tornare in America. E realizzare il suo sogno. Sentì il proprio cuore spezzarsi dinanzi alla consapevolezza che non lo avrebbe visto mai più. Per lo meno non da vicino: se fosse diventato famoso forse sarebbe tornato in Italia a fare un concerto. E allora lei avrebbe potuto vederlo, anche se su un palco.

Quella notte fece l'amore con lui lasciandosi andare totalmente, mettendo in ogni bacio, in ogni tocco tutto ciò che provava per Conn, nella speranza che lui comprendesse, che capisse cosa provava per lui. Poi rimase stretta a lui, immobile ascoltando il respiro del ragazzo, il battito potente del suo cuore, aspettando che dormisse profondamente. Quando infine fu sicura che non si sarebbe svegliato si mise a sedere e, nella penombra della camera, lo osservò per lunghi minuti, imprimendosi nella mente ogni particolare di quel volto e di quel corpo. Si vestì in silenzio, in bagno, di modo da poter accendere la luce senza che lui se ne accorgesse. Si pettinò e truccò: doveva avere l'aria di una ragazza appena uscita da una festa che rientrasse a casa tardi. Poi guardò il foglio e la penna che aveva portato in bagno con se: doveva scrivergli. Non poteva semplicemente sparire, non ce la faceva. Così, con mano tremante, si accinse a implorare il suo perdono per averlo lasciato, a spiegargli perchè lo faceva. E a pregarlo di non odiarla perchè, per lei, nulla sarebbe stato peggio di quello. Piegò il biglietto e scrisse in grande il nome di Conn, poi spense le luci e tornò in camera posando il foglio in bella vista sul comodino. Raccolse la borsa e i sandali e uscì dalla camera. Rimase sulla porta ancora un istante a guardarlo alla luce che filtrava dal corridoio poi, con un'unica lacrima che le rigava una guancia, chiuse la porta e se ne andò. Prese lo stesso ascensore secondario della prima sera di modo da non passare davanti al banco della reception e uscì dalla porta laterale dirigendosi verso Piazza Duomo e i taxi. Pregò che ce ne fosse almeno uno in attesa e fu fortunata. Salì sulla macchina dando l'indirizzo all'autista che partì immediatamente. Claudia si abbandonò contro lo schienale riprendendo a respirare regolarmente: fino all'ultimo aveva temuto che lui potesse essersi svegliato e che la fermasse. Riuscì ad arrivare fino a casa prima di crollare ma, quando si chiuse la porta alle spalle, si lasciò scivolare a terra sedendosi con le ginocchia strette al petto scosso da singhiozzi. Rimase seduta per terra a lungo, aspettando che la crisi passasse, aspettando che il cuore smettesse di fare male. Ma, per quello, ci sarebbero voluti mesi, lo sapeva. Riuscì a trascinarsi fino alla camera e si rannicchiò in posizione fetale al centro del letto matrimoniale che la occupava. E pianse tutte le sue lacrime e il suo dolore: aveva rinunciato a Conn, lo aveva perso. E ora era di nuovo sola...

Tre giorni passarono in stato quasi catatonico. Claudia dormì per quasi tutto il tempo, alzandosi solo per mangiare svogliatamente qualcosa durante il giorno, per tenersi almeno un po’ in forze: non poteva lasciarsi andare del tutto, entro pochi giorni sarebbe dovuta tornare al lavoro. E lei attendeva quel momento come si attende la salvezza. Perché una volta di nuovo in ufficio avrebbe avuto molto meno tempo per pensare, per ricordare quel che era successo. E quello che aveva perso. Fu il venerdì pomeriggio che trovò infine il coraggio di accendere il pc e fare una ricerca in rete sulla band di Conn. Il quantitativo di info e immagini che il motore di ricerca le propose la sorprese: non pensava che la band fosse così famosa, da come Conn le aveva parlato aveva pensato che fossero ancora semisconosciuti. Invece c’erano un sito ufficiale e una decina di siti e forum creati dai fan. Oltre ad un canale video dove si potevano trovare le registrazioni dei concerti, le interviste fatte nei backstage o nelle tv e i video ufficiali dei due singoli estratti dall’album. Due ore dopo sapeva tutto quel che un fan poteva sapere sulla band e sui suoi membri, con sollievo aveva anche scoperto che il suo sacrificio non era stato inutile: l’intervista più recente era di due giorni prima. Quindi Conn era tornato in America e aveva ripreso il suo ruolo di musicista. Poi però Claudia rimase qualche minuto ad osservare il fermo immagine di quell’intervista notando le differenze sul volto di Conn: aveva lo sguardo cupo, si accorse, e un po’ di occhiaie, come se non avesse dormito molto da che lo aveva lasciato. Durante l’intervista ogni tanto sorrideva ma era solo un movimento dei muscoli del volto: non c’era vero calore in quei sorrisi. Il sorriso fantastico di Conn lei lo conosceva bene: sembrava che lui non fosse più in grado di sorridere davvero. Possibile che fosse colpa sua? Si chiese lei. Possibile che lui stesse patendo la sua mancanza come lei pativa quella di lui? Claudia si ritrovò a sperare di no. Perché non avrebbe mai voluto che lui stesse male come stava lei in quel momento. Non aveva neppure preso in seria considerazione l’idea che lei per lui rappresentasse davvero più di una tra tante. Era vero: Conn aveva parlato di tornare a Milano ogni volta che gli fosse stato possibile, ma tra il dire e il fare lei lo sapeva, c’era una grande differenza. Almeno così si era ripetuta per i precedenti tre giorni e mezzo. Ora però guardando quell’intervista ancora una volta, notando la stanchezza e la tristezza che traspariva tra quei finti sorrisi si chiese se invece Conn non fosse sempre stato serio nel parlarle, se davvero rivederla era nelle sue intenzioni. E, se così era, quanto male gli aveva fatto, si chiese Claudia, scomparendo così? Ma lui si sarebbe ripreso, si disse la ragazza: c’era la musica nella sua vita, i suoi amici, la sua band. E tanti impegni che lo aspettavano: presto si sarebbe dimenticato di Milano e di lei. E, con quest’ultimo pensiero le lacrime ripresero a scendere lungo le guance della ragazza i cui occhi non riuscivano a staccarsi dalla fotografia a tutto schermo di Conn.

Finalmente giunse lunedì e Claudia potè riprendere la routine del lavoro. Nessuno in ufficio parve accorgersi del suo umore insolitamente silenzioso e nessuno le fece domande. Almeno fino al venerdì sera quando raggiunse la sua migliore amica per l’aperitivo: Giulia la guardò avvicinarsi al tavolo e quando si fu seduta sollevò un sopracciglio:

- Allora? – chiese – Che ti è successo? –

Claudia si lasciò andare a un mesto sorriso: era stata una speranza utopistica che Giulia non si accorgesse del suo umore. Così con calma tra un sorso di bibita e l’altro le raccontò della festa e di Conn, dei tre magnifici giorni che aveva passato con lui e della decisione inevitabile ma sofferta di lasciarlo e scomparire nel nulla perché lui non rischiasse di bruciare la sua occasione con la musica. Alla fine del racconto Giulia si lasciò andare contro lo schienale della sedia con un sospiro e guardò l’amica notando gli occhi lucidi.

- Non so che dire Claudia… Capisco perché lo hai fatto ma…- Giulia sospirò di nuovo – Non pensi che forse avresti dovuto salutarlo? Nel senso: dirgli che lo volevi nella tua vita ma non a spese della sua carriera e quindi obbligarlo a andare via? –

- Ci ho provato Giulia. Ci ho provato tre volte nell’arco di due giorni. Non sarebbe partito.- abbassò gli occhi – Avrebbe perso la sua occasione, non potevo permetterglielo. Me ne sono dovuta andare…-

Giulia allungò la mano attraverso il tavolo per stringere quella dell’amica – Lo so.- le disse sorridendo triste alle lacrime trattenute di Claudia – Hai fatto la cosa che sentivi più giusta. Solo che ora stai male: lo sai che detesto vederti stare così. Ma dovevi seguire il tuo cuore.-

- E’ questo il problema: il mio cuore mi urlava di restare lì con lui.- Claudia bevve un sorso di bibita per ingoiare le lacrime – Se avessi seguito quello non sarei mai uscita da quella camera. Ma non potevo lasciare che rinunciasse al suo sogno, non per me.- guardò l’amica – Ha troppo talento per sprecarlo così.- concluse con fermezza.

Giulia le sorrise di nuovo e tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia – Andrà tutto a posto.- disse sicura guardando l’amica – Non chiedermi cosa me lo fa dire ma andrà tutto a posto, vedrai…-

Il tempo, seppur lentamente, riprese a scorrere. Claudia si immerse totalmente nella tranquillizzante routine della casa, del lavoro e delle uscite con le amiche. Finchè, un mese e mezzo dopo quel fine settimana, alzandosi una mattina si ritrovò a correre verso il bagno in preda alla nausea. Seduta sul pavimento in attesa di riprendersi guardava la scatola dei tamponi rendendosi improvvisamente conto che era ben più del mese canonico che non li usava. Possibile che..? Prima di lasciarsi andare a illazioni o preoccupazioni decise di passare in farmacia andando al lavoro: avrebbe comprato un test di gravidanza. Così fece. Dovette ovviamente aspettare il mattino seguente per poterlo fare ma, secondo lei, il risultato era scontato: anche quella mattina si era alzata con la nausea… E, infatti, il test le diede la risposta aspettata: era positivo. Chiamò l’ufficio dicendo che non si sentiva bene e andò dritta dal dottore che essendo internista all’ospedale, le fece fare le analisi immediatamente. Due ore dopo, seduta nello studio del medico, si ritrovò in mano la conferma ufficiale: era incinta. Di Conn. Un sorriso tanto involontario quanto luminoso le schiuse le labbra a quella realizzazione, perché una parte di lui era rimasta lì con lei. Il dottore osservò la sua espressione e sorrise a sua volta.

- Deduco dalla tua reazione che lo vuoi tenere.-

- Sì.- confermò la ragazza.

Mezz’ora dopo Claudia lasciò l’ospedale e si diresse verso la fermata del bus per tornare a casa. Mandò un messaggio a Giulia invitandola a cena da lei: voleva raccontarle la novità. Una volta a casa si raggomitolò sul divano cercando di mettere ordine nei suoi pensieri: doveva affrontare quel che sarebbe successo, i cambiamenti imminenti nella sua vita, a mente fredda. Perché lo sapeva: essere madre single non sarebbe stato facile. Ma le difficoltà future non erano comunque sufficienti a spegnere il suo sorriso: per la prima volta da un mese e mezzo si sentiva viva. Ora si sentiva di nuovo in grado di affrontare il futuro.

 

Seduto alla consolle della sala di incisione Conn stava facendo girare per la terza volta la traccia appena registrata. Qualcosa non suonava nel modo giusto, ma non riusciva a mettere a fuoco cosa. Agganciò le cuffie per ascoltare meglio finchè individuò cosa non andasse: una battuta delle tastiere non girava come se l’era immaginata. Si mise al lavoro con Michael, il suo migliore amico e tastierista della band, per risolvere. Le tastiere dovevano creare un preciso stato d’animo in quel brano: era importante per lui che l’effetto fosse esattamente quello che aveva immaginato.

Michael osservava Conn di sottecchi mentre quest’ultimo rivedeva lo spartito. C’era qualcosa che non andava, ne era più che certo. Conosceva Conn da quando erano bambini e sapeva riconoscere i “sintomi” nel suo amico: era successo qualcosa quando era stato a Milano. E qualunque cosa fosse lo aveva quasi annientato emotivamente. La cosa peggiore era che Conn non ne parlava, faceva anzi finta di nulla e se lui tentava di portarlo sul discorso glissava con abilità. La domanda che Michael si poneva ormai da un mese era: cosa mai poteva essere successo in quei quattro giorni che Conn aveva passato in Italia? Era tornato in ritardo sul previsto e, nell’arco di una settimana li aveva convocati tutti comunicando che il disco nuovo era pronto per essere inciso. E Michael sapeva benissimo che prima di partire Conn non aveva ancora scritto nemmeno una nota per il secondo album. Qualcosa non andava, decisamente. Anche perché le dodici canzoni per il nuovo album erano intrise di una tale rabbia e una tale tristezza da averlo lasciato piuttosto perplesso. Non che non fossero belle. Al contrario: probabilmente quell’album sarebbe stato un successo, musiche e liriche erano assolutamente fantastiche, coinvolgenti, grintose e struggenti. Ma erano nate così in fretta… Guardò di nuovo l’amico: doveva riuscire a farlo parlare. Perchè qualunque cosa gli fosse successa lo aveva ferito profondamente. Fu con questo preciso proposito che, il venerdì seguente, Michael invitò Conn a passare il week-end sul suo catamarano nuovo di zecca per una battuta di pesca. Aveva speso quasi tutti i soldi dell'anticipo per quella barca: il mare era la sua seconda grande passione, dopo la musica. Ma essendo partiti subito dopo l'uscita del primo disco per il tour non aveva potuto battezzare come si deve la sua nuova barca. Così convinse Conn a dividere con lui quella prima grande uscita in mare. Conn accettò consapevole di ciò che sarebbe realmente successo una volta in mare: Michael lo osservava preoccupato da giorni e aveva già tentato di farlo parlare. Lui aveva opposto resistenza ma nelle ultime ore si era reso conto che con qualcuno doveva parlare. Altrimenti sarebbe impazzito. Così aveva accettato l'invito di Michael sapendo che una volta soli avrebbe potuto parlare con qualcuno di lei. Claudia gli mancava in maniera straziante. E allo stesso tempo era così arrabbiato con lei che se se la fosse trovata davanti l'avrebbe probabilmente strangolata con le proprie mani. Se n'era andata nel cuore della notte lasciandogli una lettera sincera e bellissima, intrisa della stessa tristezza che provava lui stesso per quella separazione. Sapeva di avere la colpa maggiore in quella scelta che lei aveva fatto: lei non aveva voluto che lui perdesse la grande occasione di sfondare come musicista. E sarebbe successo, Conn lo sapeva. Se lei fosse rimasta con lui, Conn non sarebbe più partito. E gli Angels avrebbero perso tutto. Era stato così stupido! Così infantile nel suo intestardirsi a dire che sarebbe rimasto a Milano... Lei gli aveva detto che poteva partire tranquillo: che quando fosse tornato l'avrebbe ritrovata lì ad aspettarlo. Ma lui aveva temuto che fossero solo parole, non aveva potuto credere che in quelle poche ore lui fosse diventato per lei così indispensabile come lei lo era diventata per lui. E preda di quella paura aveva preso una decisione sbagliata che l'aveva spinta a fare ciò che aveva fatto. Per lui, solo per lui: per lasciargli la libertà di diventare qualcuno. Per amor suo... Il cuore gli diede una fitta dolorosa a quel pensiero. Perchè era quello il sentimento che trapelava dalle parole di lei in quella lettera. Probabilmente Claudia non se n'era neppure resa conto, mentre scriveva. Ma tra le righe di quella missiva erano emersi i sentimenti che si era ritrovata a provare per lui: l'amore. E il devastante dolore della perdita. Lo stesso dolore che provava lui da allora...

Seduto sul ponte di comunicazione tra i due scafi del catamarano Michael ascoltava il suo migliore amico raccontargli dell'Italia e della ragazza che gli aveva rapito il cuore e l'anima. E che lo aveva lasciato per il suo stesso bene. Conn gli confessò che aveva quasi mandato a monte le loro possibilità come band per lei. Per una ragazza conosciuta da poche ore ma che era diventata il centro del suo mondo nel momento stesso in cui si erano incontrati. Il dolore di Conn era così evidente che Michael si ritrovò a sentirsi terribilmente triste per l'amico. Ora che sapeva cosa gli era successo gli divennero chiare anche alcune delle liriche che Conn aveva scritto: i testi delle nuove canzoni erano la risposta alla lettera della ragazza. E di più: erano recriminazioni sul proprio operato e lo sfogo della rabbia verso se stesso e verso di lei. Perchè ora si sapeva che Conn era tornato al lavoro: perchè lei non si metteva in contatto? Lui aveva capito e imparato dal proprio errore: perchè lei lo puniva ancora? Perchè lo lasciva da solo ancora e ancora? Il vero significato di quei testi si palesò a Michael ascoltando le parole di Conn e, sopratutto, leggendo la lettera di lei che il suo amico gli aveva passato. Alla fine, quando il silenzio rotto solo dallo sciabordare dell'acqua contro gli scafi si fece troppo difficile da reggere, Michael si schiarì la voce:

- Perchè non la cerchi?- chiese all'amico.

Conn sorrise mestamente – Non so nulla di lei. - confessò – Neppure il suo cognome.- Michael sgranò gli occhi sorpreso – Non ci siamo detti cose così “banali” in quei giorni. Non pensavo che sarebbe diventato così fondamentale sapere qualcosa di così elementare. Credevo di avere tanto tempo per quello...-

- Ciò non toglie che puoi comunque provare a cercarla.- insistè Michael dopo qualche istante – Un buon investigatore dovrebbe riuscire a rintracciare i partecipanti a quella festa, no?-

- Forse...- concesse Conn – La festa era a inviti: se si scoprisse chi è il cugino che lei accompagnava...- si interruppe guardando l'amico – Lo sai vero che Jordan mi ammazza se prendo un aereo per Milano nel mezzo delle registrazioni dell'album.-

- Sì, lo so. Ecco perchè andrò io a cercarti l'investigatore.- concluse sorridendo.

Conn lo guardò interdetto un momento poi ricambiò il sorriso: era da quando erano bambini che Michael lo tirava fuori dai guai. Non aveva perso l'abitudine crescendo a quanto pareva..!

Fu così che tre giorni dopo Michael giunse a Milano. Un suo amico poliziotto a Los Angeles aveva fatto qualche ricerca sulle agenzie investigative di Milano e gli aveva dato due indirizzi: sembravano essere i due migliori sulla pizza. Michael li incontrò entrambi: il primo gli rise in faccia quando gli spiegò la situazione. Il secondo considerò qualche momento le opzioni quindi accettò il caso:

- Ma non posso davi molte garanzie di riuscita.- avvisò l'investigatore – Può rendersi conto da solo delle difficoltà che mi trovo davanti: non è in grado di darmi nulla su questa ragazza a parte il nome di battesimo e una foto scattata con un cellulare. A quella festa sono intervenute più di cinquecento persone...-

- Me ne rendo conto. Ma spero vivamente che lei riesca a trovarla, signor Zanetti, lo spero con tutto il cuore...-

 

Claudia era al quinto mese di gravidanza quando uscì il primo singolo del nuovo album degli Angels. Da una settimana aveva iniziato a fare l'orario part-time pre-maternità così, quel pomeriggio, era a casa quando sul canale musicale più famoso d'Italia venne fatto passare per la prima volta il video della band. Non sapeva cosa aspettarsi da quel nuovo album nato subito dopo il suo incontro con Conn. Si rese conto di temere il momento in cui la canzone sarebbe partita. E, quando accadde, capì di aver avuto ragione: la canzone era bellissima ma così piena di rabbia e dolore da essere una pugnalata al cuore. Il video iniziava con una ragazza che, nel cuore della notte, abbandonava in punta di piedi la stanza di un ragazzo addormentato lasciando dietro di se solo un biglietto con su scritto “Addio”. Le uniche differenze tra il video e la realtà erano che lei aveva scritto ben più di quella singola parola e che la ragazza sullo schermo indossava un abito rosso. Per il resto lui non aveva avuto difficoltà a immaginare come si era svolta la scena, a quanto sembrava. Per Claudia fu come ricevere uno schiaffo in pieno volto. Si ritrovò a tenere posata una mano sul ventre arrotondato e mormorare: - Amore mio, che cosa ho fatto al tuo papà?- con le lacrime che le rigavano il volto per la prima volta da che aveva scoperto di essere incinta. Il viso di Conn sullo schermo rendeva tutto ancora più doloroso per lei. Rivederlo servì a rinfocolare la struggente malinconia che provava e nuovamente l'interrogativo “Devo far sapere a Conn di nostro figlio?” sì presentò con prepotenza alla sua mente con tutto il carico di dubbi e incertezze. E ancora una volta lei non sapeva rispondere.

Tre settimane dopo, tornando a casa dal lavoro, passò dal suo negozio di musica preferito: quella mattina le avevano mandato un sms per avvisarla che il CD degli Angels era arrivato. Così, arrivata a casa e indossata una tuta comoda, si raggomitolò sul divano con il lettore CD portatile e, indossate le cuffie, inserì il disco facendolo partire. Canzone dopo canzone si chiese se c'era qualcuno a parte lei che davvero capisse quel che Conn aveva scritto in quei testi. Probabilmente no. Perchè nessuno poteva cogliere i riferimenti a ciò che era successo tra loro. Lungo tutto il disco erano sparsi i momenti della loro storia. Alcuni belli, altri no. E sopra a qualunque altra cosa erano la rabbia e la tristezza a impregnare quelle liriche e le musiche che le accompagnavano. Il senso di perdita: era quello ciò che spiccava. E la rabbia impotente di chi è stato lasciato per un proprio sbaglio. Fu l'ultima canzone quella che però la sorprese: una canzone solo voce e pianoforte, dolce, che parlava di speranza. La speranza che la separazione fosse temporanea. La speranza di non averla perduta per sempre, che forse un giorno lei sarebbe tornata da lui. La speranza di avere ancora una possibilità di essere felice. Con lei...

Con quel pensiero, con quella stessa speranza a farle battere il cuore Claudia si addormentò accoccolata sul divano con la copertina del disco stretta al petto e nelle orecchie la voce calda e meravigliosa di Conn che cantava per lei.

 

“Chased”, il secondo album dei Fallen Angels, era diventato Disco d'Oro in pochi giorni e Disco di Platino nell'arco di un mese. La band era sommersa dagli impegni promozionali e i ragazzi erano quasi increduli della popolarità che, nell'arco di poche settimane, li aveva raggiunti. Perchè se col primo disco erano diventati noti, ora erano entrati nel pantheon delle star della musica. I tre concerti promozionali a Los Angeles, New York e Miami erano andati sold out in poche ore ed erano stati un trionfo di folla, così come la signing session presso il più noto negozio di dischi di New York: sei ore di fila ininterrotta di fan che affrontavano l'attesa per passare pochi istanti vicini ai membri della loro band preferita. Per portarsi via qualche foto, un autografo e i ricordi di quell'incontro. Conn faceva del suo meglio per essere sorridente e disponibile per la folla che lo cercava ma c'erano momenti in cui tutto quel trambusto rischiava di farlo andare in crisi. Era abituati al silenzio di casa sua o dello studio di registrazione, alla tranquillità dei backstage prima e dopo i concerti. Era solo sul palco che la folla lo attorniava, ma il palco era una dimensione a se: lì la folla doveva esserci. Michael di quando in quando gli dava una pacca amichevole sulla spalla o faceva qualche battuta per strapparlo alla cupezza che minacciava di sommergerlo. Il suo migliore amico sapeva a cosa era dovuta: Conn aveva ricevuto notizie dall'investigatore di Milano e purtroppo c'erano ben pochi progressi. Lo aveva assunto due mesi dopo aver perso le tracce di Claudia e ora erano passati altri quattro mesi: possibile che in tutto quel tempo l'unica cosa che era stato in grado di ottenere era la lista dei biologi presenti a quella festa?! C'erano quattro Andrea, gli aveva comunicato, ma al momento tre erano all'estero per conferenze o lavoro. Quello rimasto in Italia era un professore di cinquantadue anni che aveva partecipato alla festa con la moglie. Restavano tre candidati. Conn si chiese ancora una volta se, durante il tour Europeo che sarebbe iniziato di li a dieci giorni, sarebbe riuscito a fare un salto a Milano. Non sapeva neppure lui in cerca di cosa. Di un colpo di fortuna, magari. Camminare per strada e incontrarla. Si rendeva conto che era una possibilità molto remota, ma ormai era disposto a provare anche quello. Avevano sei date in giro per l'Europa, anche se nessuna proprio in Italia: Zurigo, Berlino e Parigi erano le tre più vicine a Milano. Stava cercando di piazzare un paio di day off dopo almeno una di quelle date. Se ci fosse riuscito avrebbe avuto il tempo per andare a Milano.

 

Giulia guardava Claudia sventagliarsi con un foglietto mentre erano in coda alla biglietteria della FNAC di Via Torino e non poteva credere a quello che la sua amica era intenzionata a fare.

- Sei incinta.- ribadì per la decima volta.

- Vistosamente anche.- concordò Claudia la cui pancia da sesto mese iniziava a essere evidente.

- Già. E lo sarai ancora di più tra due mesi. Non posso credere che tu voglia davvero prendere il biglietto per un concerto per una data in cui sarai incinta di otto, e sottolineo otto, mesi! Sei pazza!- concluse esasperata.

Claudia sorrise a quello sfogo. Era la terza volta in due giorni che Giulia cercava di dissuaderla ma non c'era riuscita prima e non ci sarebbe riuscita adesso. Quando erano uscite le date del tour europeo degli Angels Claudia aveva guardato le tre più vicine e aveva scelto la più comoda da raggiungere: Berlino. Parigi era troppo scomoda col treno e Zurigo non la conosceva. Berlino invece l'aveva visitata due anni prima in vacanza e sapeva come girarsi. Inoltre c'era un fantastico treno diretto Milano-Berlino con la possibilità di prenotare una cabina privata per fare il viaggio comodamente. Non poteva prendere l'aereo a otto mesi di gravidanza, quindi era obbligata al treno. Ma la cosa non le dava fastidio: le piaceva viaggiare in treno. Aveva pianificato tutto: sarebbe partita due giorni prima del concerto di modo da avere un giorni intero di riposo prima della fatica del concerto stesso. Quindi si sarebbe riposata anche il giorno seguente e poi avrebbe preso il treno del ritorno. Una mini vacanza con concerto, così l'aveva definita raccontando il suo progetto a Giulia. La quale l'aveva guardata stralunata un momento e poi le aveva dato per la prima volta della pazza. Però la stava accompagnando in giro a concretizzare quella pazzia: erano state in stazione ad informarsi sulle prenotazioni dei viaggi internazionali e sugli orari dei diretti per Berlino. Ed ora erano in coda alla biglietteria per comprare il biglietto del concerto.

- Perchè vuoi correre un rischio simile?- le chiese Giulia in un ultimo tentativo di farle cambiare idea.

- Perchè mi manca.- fu la risposta di Claudia – Moltissimo. - sottolineò voltandosi a guardare la sua amica – E questa è probabilmente l'unica occasione che avrò di vederlo per molto tempo. Anche se lui sarà su un palco e io in fondo alla sala. Saremo comunque entrambi nello stesso posto nello stesso momento. Rivederlo, risentire la sua voce dal vivo... Giulia io devo andare.- si interruppe abbassando gli occhi a terra – Ho bisogno di rivederlo almeno così...-

Giulia sospirò ma non disse altro. Sapeva che la serenità di Claudia era poco più che apparenza e che la sua amica soffriva immensamente per la rinuncia che aveva fatto. Il bimbo che le cresceva dentro era l'unica cosa che le impediva di cedere alla depressione. Perchè in ogni momento le ricordava che una speranza c'era ancora. E lei decise di dare una mano a quell'equilibrio instabile.

- Ne stampi due.- disse alla ragazza della biglietteria dopo che Claudi ebbe chiesto il biglietto per gli Angels.

Claudia la guardò sorpresa e lei sollevò un sopracciglio – Credi veramente che ti lascerò fare questa pazzia da sola? Che razza di migliore amica sarei?!- chiese fingendosi indignata.

Claudia l'abbraccio sorridendo felice dopo di che si impuntò per pagare lei anche il secondo biglietto.

- Non ti posso pagare il viaggio – disse a Giulia – ma di sicuro non ti faccio pagare l'ingresso al concerto.- concluse porgendo la carta di credito alla cassa.

Giulia sollevò gli occhi al cielo ma rispose al sorriso di Claudia: era contenta di vedere la sua amica felice. Sapeva che nonostante la sicurezza ostentata l'idea di fare quel viaggio da sola spaventava Claudia: avere Giulia con se le dava fiducia e la serenità di godersi quel viaggio.

Fu così che una sera di fine maggio le due ragazze entrarono al Dome di Berlino. Avevano lasciato che la folla sciamasse all'interno prendendosela comoda: nessuna delle due aveva avuto la minima intenzione di andare a fare la coda per prendere i posti. La security del Dome venne presa alla sprovvista nel rendersi conto che una di quelle due ragazze che stavano entrando era incinta. Uno degli addetti alla sicurezza si avvicinò alle due che osservavano il luogo del concerto gremito alla ricerca di un posticino tranquillo dove mettersi e, sfoderando un ottimo inglese e la tipica efficienza tutta tedesca, le guidò verso il lato destro della sala facendo loro strada fino alla struttura lignea che conteneva gli amplificatori laterali. Fece portare una scaletta di sicurezza e aiutò Claudia a salire sulla parte più bassa della struttura facendola sedere con la schiena appoggiata alla parte più alta: una posizione ottima come visuale e comoda per la sua condizione. Giulia si sedette vicino a lei e entrambe ringraziarono il gentilissimo uomo che si rivelò essere il capo della sicurezza del locale. Prima di allontanarsi quest'ultimo ordinò ad uno dei ragazzi di restare dalle parti degli amplificatori per assicurarsi che nessuno infastidisse le ragazze e che non avessero bisogno di aiuto.

Essendo arrivate per ultime non dovettero aspettare molto prima che il concerto iniziasse: di li a pochi istanti la band di supporto aprì il concerto. Erano un gruppo di quattro ragazzi norvegesi che facevano musica a metà tra la techno e il metal. Non erano male, commentò Claudia, ma non era il suo genere. Dal canto suo Giulia non sapeva cosa aspettarsi dal concerto degli Angels: aveva sentito i dischi di Claudia ma non aveva curiosato tra il materiale video. Infine, dopo il cambio di strumentazione sul palco, le luci si abbassarono di nuovo e gli Angels uscirono. Batteria e tastiere per primi, poi il basso e le due chitarre diedero grinta al ritmo e all'armonia che già saturava l'aria facendo partire l'intro della prima canzone e, infine, Conn uscì sul palco raggiungendo il microfono e iniziando a cantare. Claudia si era premuta d'istinto una mano sulla bocca quando lo aveva visto sbucare dal backstage, quasi a voler trattenere un gemito di angoscia o un grido di gioia. Lui era lì, davanti a lei. A metri di distanza, certo, e non poteva vederla o sapere che lei era lì, ma erano entrambi in quella stanza e per Claudia era tutto ciò che contava. L'altra mano posata sul ventre quasi ad accarezzare la vita che custodiva chiuse gli occhi abbandonandosi alla musica e alla voce di Conn che potente riverberava per il locale. Giulia lanciava sovente un'occhiata all'amica per vedere se stava bene. Per un istante, quando il ragazzo era uscito sul palco, aveva temuto che Claudia sarebbe svenuta, ma non era successo. Anzi: sembrava che la sua amica stesse bene come non le succedeva da un po'. Se si escludevano le lacrime lente che le scendevano dagli occhi chiusi e la mano sinistra che accarezzava piano piano il pancione e il bimbo che vi cresceva dentro. Poco a poco, rassicurata dal fatto che Claudia sembrava stare effettivamente bene, si lasciò catturare dallo spettacolo sul palco riconoscendo che quei sei ragazzi ci sapevano fare. Le canzoni erano fantastiche, e questo già lo sapeva, ma la resa live, la presenza scenica del frontman e del resto della band davano una marcia in più alla musica già di per se potente. Il risultato era a dir poco esplosivo: sul palco gli Angels erano a dir poco fantastici. L'ora e quaranta di concerto volò e quando la band salutò i fan lasciando il palco e le luci si riaccesero perfino Giulia si ritrovò a lamentarsi che fosse già finito tutto. Claudia sorrideva. Ripresasi dall'emozione iniziale aveva guardato tutto il concerto con un sorriso radioso, senza mai togliere gli occhi da Conn. Si era portata dietro i piccoli binocoli da teatro che le aveva lasciato la bisnonna, e che aveva sempre usato solo alla Scala, e attraverso essi aveva potuto vedere un po' più da vicino il ragazzo. Era sempre bello da togliere il fiato, aveva constatato, ma non sorrideva. Aveva cantato più di una canzone mettendo tutta la passione nella voce e nelle parole, a occhi chiusi, lasciando che la tensione del corpo esprimesse quanto stava sentendo le parole che stava cantando. In altri momenti, nelle canzoni più veloci, aveva trascinato con se la folla, divenendo l'idolo da adorare e lo sciamano da seguire, incitando i fan a cantare con lui, a seguirlo. E le quasi tremila persone in quel locale gli aveva obbedito senza esitazione. Era un trascinatore nato, un leader. Claudia era così orgogliosa di lui da riuscire a trattenere a stento la voglia di gridare.

Le due ragazze rimasero sedute sulle casse aspettando che la folla uscisse fuori dal locale. Quando furono rimaste quasi solo loro Giulia saltò giù dalla loro posizione privilegiata dicendole che andava al guardaroba a recuperare le giacche e a chiedere al ragazzo della security se le portava di nuovo la scaletta per scendere. Claudia rimase lì da sola nella semioscurità: le luci in sala erano state spente, restavano solo quelle sul palco dove una decina di uomini stava smontando le attrezzature. Ad un certo punto Conn uscì di nuovo sul palco. Claudia trattenne il fiato per la sorpresa, lo vide avvicinarsi all'asta del microfono guardando per terra con attenzione: era ovvio che stava cercando qualcosa. A stento si accorse che i montatori erano momentaneamente spariti tutti: sul palco era rimasto solo Conn e in sala c'era solo lei. Lo vide fermarsi e chinarsi a prendere qualcosa con un lieve sorriso e infilare l'oggetto in una delle tasche dei jeans. Conn fece per andarsene ma si bloccò e si voltò a guardare in sala. Claudia rimase immobile pur sapendo che lui non poteva vederla: era in ombra mentre lui aveva i riflettori addosso. Conn sollevò una mano riparandosi gli occhi nel tentativo di guardare in sala.

- C'è qualcuno?- chiese osservando la penombra.

Claudia chiuse gli occhi premendosi di nuovo una mano sulle labbra, ma questa volta per fermare i singhiozzi. Lo sentì ripetere la domanda a voce un po' più alta e lo guardò di nuovo, per un istante tentata di chiamarlo. Ma come poteva fare una cosa del genere in quel momento? Presentarsi davanti a lui incinta subito dopo un concerto a metà del tour? No. Che senso avrebbe avuto andare via quella notte di tanti mesi prima se ora avesse agito così avventatamente? Lo guardò esitare un momento continuando a guardarsi intorno per poi allontanarsi a passo lento verso il backstage. Quando fu sparito al di là della porta Claudia lasciò andare il singhiozzo che aveva trattenuto insieme alle lacrime. Le sembrava impossibile che lui avesse percepito la sua presenza, eppure... Lei non aveva fatto rumori: in quale altro modo lui avrebbe potuto avere il sospetto che in sala ci fosse qualcuno? Claudia prese dei lunghi respiri per calmarsi, tutte quelle emozioni non facevano bene al bimbo e quello doveva essere la sua priorità ora: avere cura di suo figlio. Quando Giulia tornò con le giacche e l'uomo della sicurezza armato di scala era riuscita a riguadagnare il controllo delle sue emozioni. L'amica non sembrò notare nulla di diverso da quando si era allontanata e Claudia ne fu grata: non voleva parlare di quel breve momento tra lei e Conn. Sorrise: era buffo definirlo così, non si erano neppure parlati, lui non l'aveva vista. Ma c'era stato qualcosa tra di loro in quel momento...

 

All'aeroporto di Parigi, in attesa del volo che li avrebbe riportati in America, i ragazzi erano euforici: il tour europeo era andato meglio del previsto. L'accoglienza dei fan era stata caldissima e le vendite dell'album erano salite vertiginosamente dopo ogni concerto. Conn era di umore altalenante: da un lato era contento e soddisfatto per il risultato professionale, dall'altro era frustrato per il poco successo della sua ricerca personale. Subito dopo il concerto di Berlino era volato a Milano nella folle speranza di avere fortuna. Aveva girovagato per le vie della città per una giornata intera prima di arrendersi all'evidenza: così non l'avrebbe trovata. Era poi stato dall'investigatore che lo aveva aggiornato a voce sui progressi dell'indagine e gli aveva consegnato una copia del fascicolo: una ventina scarsa di pagine. Conn gli aveva comunque confermato l'incarico: non intendeva smettere di cercare Claudia. Per nessuna ragione al mondo. Seduto poi su una delle poltrone della sala d'aspetto di Malpensa diretto a Parigi per l'ultimo concerto europeo aveva riguardato tutto il fascicolo e aveva incrociato le dita: rimanevano solo due “Andrea” da controllare, sarebbero rientrati in Italia nell'arco dei tre mesi seguenti. Sperò che uno di loro avesse una cugina di nome Claudia e che, sopratutto, accettasse di metterlo in contatto con lei. Ora, seduto sull'aereo che lo stava riportando a Los Angeles, aggiornò a bassa voce Michael sulle novità. Passarono poi a parlare dei concerti appena fatti e del calore con cui il pubblico li aveva accolti. Michael si mise a raccontargli un po' di curiosità che altri membri della crew gli avevano riferito. Tra queste la notizia più sorprendente fu che a Berlino aveva assistito al concerto anche una ragazza visibilmente incinta...

 

Il 21 giugno, giorno del solstizio d'estate, Claudia partorì. Il bimbo, un maschietto di tre chili per cinquantun centimetri, nacque con cinque giorni di anticipo sui tempi ma sano e bellissimo. Claudia lo teneva in braccio quasi con reverenza mentre guardava le proporzioni perfette di quel corpicino e di quel viso. Era ancora presto per determinare a chi somigliasse veramente però lei era certa che il taglio degli occhi fosse quello di Conn.

- Devo dirglielo.- furono le parole con cui accolse Giulia quando andò a trovarla.

Giulia non si stupì di quella decisione, sapeva che l'incertezza di Claudia sul dire o meno a Conn del bimbo nasceva solo dalla paura di essere respinta. Ma ora avere il bambino tra le braccia le aveva chiarito le idee: non poteva non dire al ragazzo che amava che era diventato padre. Non poteva negargli quella gioia. Lui avrebbe potuto rifiutare il ruolo, certo, ma sarebbe stata una sua scelta cosciente e voluta, non una decisione presa da Claudia per lui. E Giulia aveva la sensazione che lui non avrebbe respinto né lei né il bambino.

- Come lo vuoi chiamare?- chiese all'amica per riscuoterla dai pensieri sul futuro.

- Alexander.- rispose Claudia – Alexander Conn.- precisò – Voglio che porti anche il nome di suo padre.- concluse sorridendo.

Quattro giorni dopo, quando uscì dall'ospedale, Claudia aveva già in mente come muoversi. Sottopose il suo piano al giudizio di Giulia che lo reputò buono così, quella sera stessa, lo mise in pratica. L'unica cosa che sapeva di Conn era che viveva in un appartamento a Los Angeles vicino agli studi di registrazione, così mandò un a e-mail a suo cugino Andrea, lo stesso grazie al quale aveva incontrato Conn, che stava portando a termine un lavoro presso un istituto di ricerca nella grande città della California, chiedendogli di trovare l'indirizzo del ragazzo. Sapeva che suo cugino si sentiva un po' in colpa per quel che le era successo e che quindi l'avrebbe aiutata volentieri. Ora tutto quel che le restava da fare era avere pazienza, doveva aspettare sia l'informazione dall'America che il compimento del terzo mese di Alex: prima non lo poteva far volare.

Il bimbo aveva poco più di due mesi quando finalmente Andrea fu in grado di mandare a Claudia la e-mail tanto attesa. Aveva avuto fortuna la sera prima e aveva visto Conn insieme a due membri della band in un locale nella zona in cui, in teoria, viveva il ragazzo. Così era rimasto al suo tavolo fingendo di scrivere sul suo palmare aspettando che i tre uscissero per seguire il cantante fino a casa. Così, una volta avuto successo, era salito su un taxi e aveva mandato immediatamente la e-mail a Claudia. Ora che aveva il tassello mancante la ragazza poteva programmare il viaggio in America. Ovviamente Giulia aveva preso ferie per il periodo in cui Claudia intendeva partire: sarebbe andata con lei come supporto morale e per aiutarla con Alex. Dal canto suo il bambino era un piccolo tesoro sempre allegro e sorridente, non piangeva mai e lasciava dormire la madre di notte. Un vero piccolo Angelo insomma. I genitori di Claudia la prendevano affettuosamente in giro dicendole che Alex era perfino più buono di quanto fosse stata lei. Claudia era grata ai suoi genitori per il sostegno che le avevano dato in quei mesi. Quando aveva scoperto di essere incinta aveva raccontato loro del fine settimana passato con Conn, sottolineando che era stata lei a lasciarlo e non il contrario: non voleva che avessero dell'astio verso di lui pensando che l'aveva sedotta e abbandonata. E ora erano d'accordo con la sua decisione di dare la possibilità al ragazzo di fare parte della vita della figlia e del nipotino. Anche perchè ai loro occhi era palese quanto Claudia fosse innamorata di quel ragazzo straniero conosciuto per caso.

Così le due ragazze prenotarono i voli e l'albergo e si prepararono al viaggio che da lì a poco più di un mese le avrebbe portate a Los Angeles.

 

La prima parte del tour era finita: tornati dall'Europa avevano fatto diverse date nel Sud America e poi si erano concentrati sui festival estivi che si erano conclusi a fine settembre. Ora avevano davanti circa due mesi di stacco prima della partenza del tour americano il 23 novembre con il concerto lì a Los Angeles.

Quel pomeriggio, rientrato da un'intervista, Conn era di umore riflessivo: tre sere prima era tornato con Michael in un nuovo locale che aveva aperto sei mesi prima vicino casa sua e, seduti a un tavolo appartato l'amico gli aveva fatto notare che c'erano un paio di ragazze molto carine che li fissavano. Conn si era detto disinteressato al fatto e Michael, dopo qualche istante di silenzio, gli aveva fatto notare con tatto che era passato ormai un anno da che aveva perso le tracce di Claudia e che, forse, doveva iniziare a pensare che non l'avrebbe ritrovata. Intendeva passare tutta la vita da solo nella speranza di ritrovarla?

Quelle parole erano tornate spesso a tormentarlo negli ultimi due giorni. Era vero: che voleva fare? Cercarla per sempre? Ma se la sentiva di rinunciare alla speranza di riaverla nella sua vita? No, a quella speranza non voleva rinunciare. Per lo meno non ancora... Però doveva darsi un limite, un momento oltre il quale non insistere. Così, dopo due giorni di riflessione, decise: l'investigatore doveva controllare solo un altro biologo, dopo di che non c'erano altre tracce a disposizione. Avrebbe atteso fino a quel momento: se quel Andrea non fosse stato quello giusto avrebbe rinunciato a Claudia. Il cuore gli si strinse solo per averlo pensato, ma cosa poteva fare più di quello che già stava facendo? Un annuncio pubblico sulle TV e radio del Pianeta? Sorrise: non era neppure escluso che, alla fine, non avrebbe tentato anche quello...

Il campanello della porta squillò. Conn guardò l'orologio sorpreso: erano le quattro del pomeriggio, chi poteva essere a quell'ora? Poi pensò che probabilmente era Michael con qualcuna delle sue idee per la serata e sorridendo andò ad aprire.

 

La prima impressione che ebbero della città le due ragazze fu l'enormità. Tutto era oversize in quel posto: le strade, il traffico, i grattacieli, l'estensione della città stessa era impressionante. Perchè a parte il centro coi suoi grattaceli la cui skyline era così stranamente familiare grazie a decine di film, la città occupava tutta la valle fino al mare e si arrampicava sulle colline tutto intorno.

Raggiunsero l'albergo e, una volta in camera, si lasciarono andare a una risata liberatoria: parlavano di visitare Los Angeles da che erano ragazzine e ora erano lì. Solo che della città non gliene importava molto in quel momento..! Clauda controllò le e-mail dal pc messo a disposizione dall'albergo e trovò il messaggio di suo cugino: sarebbe passato a prenderle entro due ore per portarle a vedere dove viveva Conn. Claudia non aveva ancora deciso come muoversi, in primo luogo voleva vedere dove si trovava la casa del ragazzo, dopo di che avrebbe organizzato qualcosa. L'idea che entro un paio di giorni al massimo avrebbe rivisto Conn la rendeva euforica e la terrorizzava in egual misura. Aveva iniziato ad avere attacchi di tachicardia da che l'aereo aveva decollato da Milano. In quel momento aveva realizzato che lo stava davvero facendo: stava andando da Conn. Per la millesima volta in quelle ultime ore si chiese come lui l'avrebbe accolta. Non sapeva cosa aspettarsi da quell'incontro: sarebbe stato felice di rivederla? Arrabbiato? Disinteressato? Quel pensiero le faceva male al cuore ma sapeva che era possibile: era passato un anno ormai, abbondante. Era quindi possibile che Conn avesse superato quello che gli aveva fatto scrivere quel disco magnifico e, per lei, terribile. E se così fosse stato? Claudia cercava di calmarsi dicendosi che lei era lì solo per Alex: per dare al loro bambino la possibilità di conoscere il padre. Il resto non importava. Era una bugia consapevole ma Claudia continuava a ripeterla come un mantra per calmarsi. In qualche modo sarebbe andato tutto a posto...

Andrea guidava piano lungo la strada per dare modo alla cugina di vedere bene com'era fatta la via di Conn. Le indicò il portone giusto e le disse che il ragazzo viveva al terzo piano: dando una “piccola” mancia a un ragazzino che viveva lì aveva scoperto quel dettaglio. Non era riuscito a sapere quale appartamento però. Claudia gli disse di non preoccuparsi: sapendo il piano avrebbe trovato la porta giusta. Una volta di nuovo in albergo le due ragazze si sedettero sulle poltroncine della camera e, mentre Alex dormiva placido, Claudia sottopose il suo piano ad Giulia: il giorno dopo Conn aveva un'intervista, lei sarebbe andata dove lui viveva intorno all'ora in cui l'intervista doveva finire e si sarebbe seduta nella caffetteria dall'altra parte della strada del palazzo di Conn ad aspettare il suo ritorno. Dopo di che sarebbe salita al terzo piano e avrebbe tentato la fortuna con le porte. A quel punto poi non sapeva bene cosa avrebbe fatto ma avrebbe seguito quel che l'istinto suggeriva sul momento. Giulia approvò l'idea così come la decisione di Claudia di non portarsi dietro Alex: già trovarsi davanti lei sarebbe potuto essere uno shock per Conn, ma vederla arrivare col bambino... No: meglio dargli la notizia con calma e dopo presentargli il bimbo. Lei sarebbe rimasta in albergo ad accudirlo aspettando la chiamata di Claudia. A quel punto l'avrebbe raggiunta con Alex in taxi...

Da previsioni l'intervista di Conn doveva finire alle quindici e dieci. Alle tre in punto Claudia si sedette ad un tavolino d'angolo vicino alla vetrina della caffetteria di fronte al palazzo di lui di modo da vederlo tornare. Per il primo quarto d'ora osservò la via e il palazzo chiedendosi quali tra le finestre del terzo piano fossero quelle del suo appartamento. Per tenersi occupata e non dare troppo nell'occhio aveva ordinato una fetta di torta e un caffè e si era messa a leggere un libro. Non che recepisse quel che leggeva: era in uno stato tale di agitazione che la sua mente faticava a fare le cose più semplici, figurarsi capire quel che c'era scritto sulle pagine del romanzo...

Un'ora passò lentamente, Claudia finì la torta e ordinò la seconda tazza di caffè. Si stava preoccupando: Conn non si vedeva... E se dopo l'intervista fosse andato via coi ragazzo? O magari da solo, ma comunque avesse lasciato Los Angeles per andare da qualche parte a passare i giorni liberi che lo aspettavano? L'ansia si aggiunse all'agitazione precedente e, quando qualche minuto dopo un taxi depositò Conn sul marciapiede di fronte, il sollievo la fece quasi svenire. La ragazza guardò Conn scendere dalla macchina e attardarsi sul marciapiede per cercare qualcosa in tasca. Le chiavi, capì lei: stava cercando le chiavi di casa. Poi con passo tranquillo il ragazzo scomparve al di là del portone. Claudia osservò allora il terzo piano nella speranza di vederlo a qualche finestra, per farsi un'idea di quale fosse il suo appartamento. Ancora una volta la fortuna fu con lei: il ragazzo comparve per qualche momento alla finestra dell'angolo sinistro del palazzo, stava parlando al telefono. Claudia si preparò mentalmente all'incontro. Un'altra mezz'ora dovette passare prima che trovasse il coraggio per lasciare la caffetteria, attraversare la strada e avvicinarsi al portone. Stava studiando una scusa plausibile da dire a un citofono qualunque per farsi aprire quando dal portone uscì un'anziana con il cane. La donna lasciò solo accostato l'uscio intendendo tornare in pochi minuti e si allontanò per far passeggiare l'animale.

Claudia attese che la donna si fosse allontanata un poco e varcò il portone facendo attenzione a riaccostarlo come aveva fatto la donna. Poi, facendo le scale per prendere tempo, salì al terzo piano. C'erano solo tre porte per ogni piano, non fu quindi difficile indovinare quale fosse quella dell'appartamento di Conn, senza contare che era l'unica senza il nome sul campanello. La ragazza esitò un attimo prendendo fiato per calmarsi poi, con un gesto rapido e risoluto per non cambiare idea, alzò una mano e suonò.

 

Aprire la porta e trovarsi davanti Claudia. L'ultima cosa che Conn reputava possibile era appena accaduta. I due si guardarono per un momento totalmente increduli, poi la ragazza aprì le labbra come per parlare. Conn attese una frazione di secondo di sentire la sua voce ma lei sembrava averla persa. Allora fece un passo avanti e se la tirò contro il petto in un abbraccio serrato prima di abbassare il volto e baciarla. Senza interrompere il bacio o lasciarla andare retrocedette fino a trascinarla in casa e chiuse la porta intrappolandola poi tra se e il battente di legno, approfondendo il bacio e stringendola se possibile ancora di più.

La ragazza aveva smesso di pensare nel momento in cui la porta si era aperta. Per quanto psicologicamente preparata, trovarselo davanti era stato un colpo. Aveva tentato di parlare, sapeva che doveva farlo, dare una spiegazione al suo essere lì, ma non era riuscita a dire nulla e, un attimo dopo, non era stato più importante. Perchè Conn l'aveva stretta a sè e l'aveva baciata. Fu a mala pena consapevole del fatto che ora erano in casa, tutto ciò che sentiva erano le labbra del ragazzo sulle proprie e le sue mani che si insinuavano sotto la maglia cercando il contatto di pelle. Il tempo smise di scorrere e il mondo in torno a loro scomparve del tutto. In qualche modo raggiunsero la camera da letto senza smettere di baciarsi, di toccarsi... I vestiti caddero mano a mano durante il percorso. Fecero l'amore per la prima volta ancora sulla porta della camera: non erano arrivati al letto e non gli importava. Tutto ciò che contava era il contatto profondo tra di loro: corpi, anime e cuori uniti, intrecciati strettamente. Ancora una volta esistevano solo loro due e fu come se non si fossero mai separati, l'unica differenza fu che non parlarono. L'emozione di essere di nuovo insieme era tale che aveva annullato le loro voci. Così lasciarono ai gesti il compito di esprimere le loro emozioni, la gioia di essere di nuovo insieme e, da parte di Conn, la rabbia per la lontananza. Il modo in cui in certi momenti le impose il proprio ritmo, le proprie decisioni, le disse quanto era arrabbiato con lei. Perchè Claudia sapeva che Conn era un amante dolce, attento e premuroso, quel cambiamento era quindi esplicito nel significato. Non le fece mai del male ma l'appassionata agonia in cui in certi momenti la intrappolò era il suo modo di punirla per il dolore che quella separazione gli aveva procurato. Poi il pensiero cambiava e era la gioia del riaverla con se a emergere e lui tornava ad essere l'amante tenero che lei così bene ricordava.

La notte passò. Si svegliarono avvinghiati l'uno all'altra poco prima dell'alba e rimasero un poco nel letto a coccolarsi finchè il brontolio dei loro stomaci non li riportò alla realtà. Ridendo si rifugiarono in cucina dove il ragazzo si mise a preparare una ricca colazione, Claudia si sedette al tavolo deliziata di scoprire quel lato di lui. Poi, seduti con davanti due piatti colmi e due tazze di caffè, si guardarono per un momento e, con un sorriso colmo di lacrime, Claudia iniziò a parlare. Gli raccontò tutto a partire dal momento in cui aveva realizzato che se n0on voleva che lui buttasse via la sua occasione, doveva lasciarol alla disperazione di quelle prime settimane in cui non passava notte che non fosse tra le lacrime. Fino alla mattina in cui era stat male e alla conseguente scoperta che le aveva dato nuova forza: era incinta. Gli raccontò di quei mesi di attesa, dei suoi dubbi e della follia che l'aveva portata, incinta di otto mesi, ad assistere al concerto di Berlino.

- Eri tu...- sussurrò lui incredulo.

- Cosa?- Claudia era perplessa.

- Michael mi raccontò che uno della Sicurezza a Berlino aveva detto che nel pubblico c'era una ragazza incinta. Eri tu.-

Lei sorrise – Sì: ero io...-

Riprese a raccontare degli ultimi preparativi per l'arrivo del bimbo fino al parto e all'emozione che avere il loro bambino tra le braccia per la prima volta le aveva riempito il cuore facendole capire senza ombra di dubbio che non poteva non dirgli che era diventato padre. Recuperò la borsa e prese la busta che aveva preparato, dentro c'erano quattro foto del bimbo: una scattata il giorno della nascita e le altre al compimento di ogni mese. Conn guardò quelle fotografie con la vista appannata: un figlio. Aveva un figlio. Guardò Claudia:

- Come si chiama?- chiese con voce arrochita dall'emozione.

- Alexander Conn. Rispose lei con un sorriso dolce a illuminarle il viso.

Conn spalancò gli occhi nel sentire che lei gli aveva dato anche il suo nome e non riuscì ad impedire a una lacrima di commozione di rigargli il volto. Claudia allungò una mano e la asciugò, lui le catturò la mano e depose un bacio sul palmo. Si guardarono in silenzio per un lunghissimo istante poi il telefono di lei squillò. Sobbalzarono entrambi per quel suono inaspettato e si scambiarono un sorriso prima che la ragazza rispondesse.

- Dove diavolo sei?!- le chiese Giulia.

In quel momento Claudia realizzò che la sua amica aspettava una sua telefonata da dodici ore...

- Scusa Giulia!- esclamò mortificata – E' che...- guardò Conn in cerca di aiuto ma lui sollevò le mani in segno di resa – Ecco... Vedi, ci siamo messi a parlare sul divano e è venuto tardi... Sì ecco: ci siamo addormentati e... - si interruppe: sapeva di essere una pessima bugiarda.

- Sì... Certo. - rispose infatti Giulia – Sono convinta che sia andata così...- concluse prendendola in giro.

Claudia Ciuse gli occhi imbarazzata – Alex?- chiese per cambiare argomento.

- Sta bene, tra poco si sveglierà: ho già preparato il biberon.-

- Grazie Giulia, sei un tesoro! Senti...- guardò un momento il ragazzo che stava osservando le foto del bimbo – Quando avrà mangiato e sarete pronti lo porteresti qui?- le chiese.

Conn alzò lo sguardo di scatto spalancando gli occhi: era chiaro che non si aspettava di poterlo vedere così presto. Non sentì le ultime battute della telefonata concentrato com'era sull'idea che, entro poco, avrebbe visto suo figlio. Suo figlio... Era un'idea pazzesca! Ma quella ragazza l'aveva fatta diventare realtà. E lui era felice.

Si alzò in piedi – Credo di aver bisogno di una doccia.- annunciò avviandosi alla porta.

Poi sembrò cambiare idea e tornò dal tavolo, prese per mano Claudia facendola alzare a sua volta:

- Non ho detto che la voglio fare da solo.- disse tirandola.

Lei scoppiò a ridere e lo seguì.

Un'ora dopo Conn stava passeggiando nervosamente per casa: sapeva che entro poco l'amica di Claudia sarebbe arrivata insieme al bambino. Fermandosi per la decima volta con lo sguardo sul telefono prese coscienza del fatto che gli serviva supporto. Compose il numero di Michael e in poche laconiche parole gli chiese di raggiungerlo. Subito. Michael aveva risposto sorpreso a quella chiamata così mattutina ma, dimostrando di essere l'amico che era, aveva accettato di raggiungere Conn senza troppe domande. Arrivò in venti minuti e rimase sconcertato di vedersi aprire la porta da una ragazza sconosciuta.

- Tu sei Michael, vero?- gli chiese lei e quando rispose affermativamente allungò la mano destra – Io sono Claudia.- si presentò.

Michael spalancò gli occhi stupito prima di ricambiare la stretta – Ti ha trovata!- esclamò.

- Bèh... A dire il vero l'ho trovato io...- sorrise lei facendolo entrare e guidandolo in salotto.

Sulla porta Michael si bloccò: Conn era seduto sul divano con un bimbo piccolissimo tra le braccia, un'altra ragazza gli stava spiegando come sorreggerlo e muoverlo. L'espressione del ragazzo era di pura adorazione mentre guardava la creatura tra le sue braccia. La scena era così surreale che Michael rimase fermo sulla porta della stanza chiedendosi se entrare o meno. Fu Claudia a spingerlo delicatamente dentro facendolo andare vicino a Conn che, finalmente, notò la presenza dell'amico. Sorrise facendogli vedere il bimbo:

- Michael ti presento Alex.- disse mentre il sorriso si allargava – Mio figlio. - concluse.

E Michael rimase a bocca aperta.

 

Fu Giulia a prendere la situazione in mano a quel punto: lascio Claudia e Conn soli trascinando Michael in cucina con la scusa di preparare il pranzo. Una volta nell'altra stanza raccontò al ragazzo gli eventi dell'ultimo anno e la decisione di Claudia di cercare Conn per dirgli di Alex. Michael ascoltò la storia con sempre maggiore stupore poi rivelò alla ragazza gli sforzi di Conn per ritrovare Claudia. Giulia rimase molto colpita dalla tenacia di Conn e il nodo di tensione che provava per tutta quella storia iniziò a sciogliersi. Perchè se Conn aveva fatto tutto ciò che Michael le stava raccontando voleva dire che era sinceramente innamorato di Claudia...

Un'ora dopo, seduti al tavolo per il pranzo i quattro ragazzi parlavano piacevolmente, i due amici sapevano che quella svolta nella vita di Conn avrebbe portato un po' di scompiglio nella band e nel management ma erano sicuri che tutto si sarebbe sistemato. Jordan avrebbe dato i numeri per un poco ma era affezionato ai ragazzi e sapeva che Conn avrebbe tenuto la testa sulle spalle. Di questo Michael era certo: l'amico aveva imparato la lezione. Dal canto suo Claudia era serena: Conn la amava e era felice dell'esistenza di Alex, tutto il resto non importava. Ci sarebbero stati un po' di problemi, era inevitabile. Ma loro due li avrebbero affrontati insieme. Il futuro restava un'incognita ma ora faceva meno paura. Ed era meno solitario...

  
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