Goodbye,
Zuko
Erano tutti riuniti lì con dei grossi nodi che s'erano stretti in gola per lo shock, perché non poteva sembrare vero. Nessuno poteva credere che quel giorno sarebbe arrivato, ma era inevitabile: alla fine era successo.
Era sera tarda, un lugubre silenzio s'era espanso per l'intero castello; cupo, opprimente, quieto.
C'era d'aspettarselo?
❝ Direi proprio no... ❞
Mai se ne stava innanzi al letto tinto di rosso sangue, con i palmi delle mani posati al petto e la solita espressione apatica, spenta, senza alcun sentimento che le incorniciava il pallido volto come porcellana.
Un leggero sospiro rassegnato fuoriuscì dalle sue labbra rosate, percependo dentro di sé una miriade di sensazioni spiacevoli, le quali eran chiaramente in contrasto con ciò ch'ella lasciava mostrare all'esterno.
❝ Non c'è da fidarsi degli uomini; alla fin fine sono tutti uguali, ❞ pensò l'oramai donna, i suoi profondi occhi neri fissi su quell'inerme corpo privo di vita,
❝ Non mantengono le promesse ❞.
In fondo, chi era lei per poter esprimere codesto parere? D'altronde lo si vedeva soltanto guardandola, che tipo di persona fosse.
Chiusa, dall'animo turbolento ed incerto; Mai era sempre stata una di quelle ragazze ritenute “particolari”, per via del suo carattere taciturno e per niente benevolo alla compagnia altrui.
Tuttavia, ella aveva un Regno da portare avanti: quel Regno che sino a giorni prima aveva governato assieme a suo marito, colui che aveva trovato dei pregi in lei anche se esteriormente non ne aveva neanche uno, e la donna aveva fatto lo stesso con egli.
La Signora della Nazione del Fuoco: ecco qual era il suo titolo. Un titolo molto importante.
Non
poteva quindi permettere che le emozioni prendessero il sopravvento;
non poteva assolutamente farsi sopraffare da esse. Perché
avrebbe dovuto farlo?
Perché proprio in quell'istante?
Doveva assolutamente resistere a qualsivoglia sensazione di dolore od angoscia; lo aveva fatto per anni, quindi il problema non doveva nemmeno sussistere.
❝ Ma è inevitabile, ormai lo so ❞.
Lo continuava ad osservare, quel corpo disteso ed immobile; avvolto dai vermigli abiti cerimoniali e che lo avrebbero accompagnato nel suo lungo cammino verso l'altro mondo, come il piccolo soldato smarrito ch'era sempre stato.
Quanto era stato imprudente: farsi esiliare per una simile sciocchezza, lasciandola così sola; sola proprio come aveva fatto in quel momento, per la seconda volta.
Da piccoli è normale fare degli errori, ma lui aveva superato di troppo i propri in quanto alla gravità delle sue azioni; le quali gli avevano donato delle spiacevoli conseguenze.
❝
È
tutto finito,
mio caro Zuko
❞.
La Regina del Fuoco strinse i pugni, i denti, ma non
riuscì a trattenersi: i suoi grandi occhi ormai colmi di
lacrime sembravano come dire:
❝
È
finita ❞.
Lei non aveva mai pianto, nemmeno per la
cosa più insignificante: era inutile piangere per cose
altrettanto inutili. Questo era il suo motto.
Tic...
Si
poteva chiaramente sentire il rumoroso tintinnìo della pioggia
fuori dalla finestra chiusa, che se ne stava a pochi centimetri
lontana dal letto del sovrano.
Triste,
lenta, circondata da grigia nebbia...
Poggia che stranamente
aveva cominciato a rigarle le candide gote, in quel momento un poco
arrossate a causa di ciò che, all'improvviso, s'era ritrovata
a fare.
Forse era per questo che sua madre non voleva mai vederla
piangere...
Sarebbe stato sempre maltempo;
perciò la motivazione sarebbe stata anche più
logica.
Tic...
Titubante,
si avvicinò e allungò un braccio, afferrando con tocco
lieve le lenzuola rosse che ricoprivano il corpo della persona che
aveva sempre amato... Perché, no: odiato no. Non l'avrebbe mai
fatto, sebbene di occasioni ne avesse avute a centinaia.
Tirò
su col naso e lo arricciò, stringendo un po' di più
quelle lenzuola. Tutto era offuscato e non le piaceva per niente.
Forse era per questo che non aveva mai avuto il coraggio di farlo, il
coraggio di sfogarsi, d'aprirsi...
Non voleva più vedere
tutto in quel modo, senza chiarezza.
Faceva male,
❝
Molto
male
❞.
Tic...
All'improvviso
capì, guardandolo in volto. In quel volto che, seppur
marchiato, poteva ben percepire cosa egli avesse potuto provare.
«
Amo
quando odi tutto e tutti
».
Ella non potè che sorridere a quel piacevole ricordo.
«
Ma non odio
te... »
Lui
aveva fatto grandi cose.
Aveva iniziato con il piede sbagliato, ma
poi si era ripreso e, lei, le era stata sempre vicina, anche se
invisibile ai suoi occhi.
Capiva.
Ora
capiva.
Il sorriso sulle labbra del defunto Signore del
Fuoco parlavano da sé.
Lui non era morto per codardia, né
per superbia.
Era morto con onore.
❝ Ti amo, Zuko ❞.