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Autore: Ormhaxan    02/11/2016    3 recensioni
Scandinavia, IX secolo. Hrafnhildr giunge con il mutare della marea nell'isola di Fyn, regno danese sotto il dominio di Guthrum, spietato comandante vichingo al quale offre i suoi servigi di donna guerriera e di veggente. Guthrum non si fida di lei, così come non si fida Einarr, temuto jarl al suo servizio, eppure ben presto le profezie di Hrafnhildr si dimostreranno vere: quando giungerà il momento di salpare verso le terre a ovest degli angli e dei sassoni, di conquistare i loro fragili regni, entrambi gli uomini si ritroveranno ad avere disperato bisogno del suo consiglio e dei suoi divini presagi, affascinati da quella giovane donna tanto bella quanto misteriosa.
I corvi sono pronti a spiccare il volo, ad affondare i loro artigli nella carne di sovrani deboli e corrotti, far conoscere al mondo la forza e la grandezza dei Figli del Nord.
[Secondo capitolo (indipendente) della serie dedicata ai condottieri norreni che, nel tardo IX secolo, conquistarono con la loro Grande Armata i regni dell'allora Inghilterra.]
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Medioevo
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Dormivano ancora tutti quando entrò con passo felpato nella sala grande. Il sole era sorto da qualche ora, pallida sfera di fuoco nella tiepida coltre del mattino, e fuori il villaggio e i suoi umili abitanti avevano iniziato i loro consueti lavori.
Anche Hrafnhildr aveva deciso di rendersi utile, lei che non era mai stata capace di rimanere con le mani in mano e che trovava nelle faccende domestiche un modo per sfuggire ai suoi tumultuosi pensieri: si era svegliata di buon’ora, leggermente indolenzita a causa delle malandate condizioni del giaciglio sul quale aveva trascorso le ore più buie della notte -  era stata Gyda a metterlo gentilmente a disposizione, in cambio di un aiuto con le faccende l’indomani mattina, nella piccola capanna in cui i domestici erano soliti riposare - e, dopo un veloce pasto a base di pane e di formaggio, si era rimboccata le maniche e aveva iniziato a liberare i lunghi tavoli ai lati della sala grande ancora ricoperti di ciotole sporche  e avanzi di cibo.
Nonostante il chiarore che filtrava dal pozzo di luce al centro del tetto, dal quale continuava ad uscire fumo dalle tinte grigio scuro originato da tizzoni di legna bruciata e quasi del tutto annerita, la sala era avvolta in una penombra che rendeva difficile muoversi senza il rischio di incespicare in un qualsiasi arnese – dai bicchieri ancora mezzi pieni di idromele e birra alle spade che i vichinghi si portavano sempre con loro come simbolo della loro posizione sociale – e svegliare qualcuno: Hrafnhildr stessa rischiò, nonostante i suoi ottimi riflessi, di inciampare tra gli ostacoli disseminati sul suo cammino e nei suoi stessi passi, tirando successivamente un sospiro di sollievo quando, guardandosi attorno, si accertava che nessuno si fosse svegliato per causa sua.

Dovesse accadere, Jarl Einarr ne sarebbe infastidito, potrebbe addirittura arrivare a rinchiudermi chi sa dove e con chissà quale animale o furfante.

Si addentrò oltre i tavoli, verso la parte opposta all’ingresso, dove si trovava, come da tradizione, il giaciglio dello jarl: non a tutti era permesso entrarci, oltrepassare i pesanti drappeggi che separavano l’ambiente da quello in cui stavano riposando i commensali, ma in veste di domestica Hrafnhildr si sentì autorizzata a insinuarsi tra le compatte ombre della stanza per completare il compito che le era stato affidato.
Attorno a lei regnava un silenzio quasi assoluto, tale che neanche il russare dei vichinghi riusciva a intaccarlo e per tutto il tempo che rimase là dentro la giovane provò la sensazione di star profanando un qualche luogo sacro adibito nel cuore di una foresta dai rami talmente fitti da impedire ai raggi del sole di filtrare e riscaldare la terra con il loro calore.
Si mosse lentamente accanto al letto in cui, addormentato, giaceva Einarr, lanciando occhiate furtive ogni volta che percepiva il minimo movimento del suo corpo o il suo respiro farsi leggermente più profondo e irregolare; se l’avesse scoperta, sicuramente avrebbe iniziato ad inveire contro di lei, lei che era stata mandata là solo per rassettare la stanza prima del risveglio dell’uomo, che non aveva alcuna intenzione di frugare tra le sue cose e nel luogo che, più di ogni altro, racchiudeva i suoi più intimi segreti.
La sua adorata sposa.
Ritornarono alla mente della ragazza le parole sfuggite dalle labbra di Gyda la sera prima, il segreto malcelato riguardante una giovane sposa, una fanciulla tanto amata: guardando Einarr, la veggente si chiese cosa fosse capitato alla sua consorte, quale sciagura si fosse abbattuta sulla sua casa, quale punizione divina tanto crudele.
Era stato il dolore della perdita a renderlo così sfuggente agli occhi della gente e iracondo a quelli delle divinità?
Era stato il lutto a segnare così profondamente il suo animo, la perdita per la donna a cui aveva donato il suo cuore?
Se le cose stanno così, il suo odio verso gli Æsir sarebbe più che giustificato e io non potrei biasimarlo.
Una parte di lei non avrebbe mai potuto biasimarlo eppure un’altra parte, quella che aveva consacrato la sua vita alle divinità, sapeva che ogni cosa accadeva per un motivo ben stabilito.
Se le Norne, nella loro eterna dimora situata presso le sponde dalla fonte di Urðarbrunnr, avevano deciso di recidere la vita della giovane sposa dal loro arazzo del destino, lo avevano fatto per un motivo ben preciso, una ragione ancora inspiegabile per degli insignificanti mortali come loro.


Nello stesso istante in cui, persa nei suoi pensieri, Hrafnhildr si stava ponendo quelle domande, Einarr si stava destando dal suo profondo sonno.
Erano stati i suoi sensi di guerriero a farlo svegliare, quel sesto senso che aveva percepito la presenza poco lontana della giovane e che, rapidamente, stava risvegliando i suoi sensi e le sue membra dal torpore in cui erano caduti.
Astrid
Per un fugace momento pensò che fosse tornata, che fosse lei l’ombra poco lontana: la sua adorata moglie, la sua giovane sposa dal timido sorriso che lui aveva condannato a morte certa.
Per un fugace momento i suoi occhi del colore del freddo ghiaccio si adombrarono al pensiero di poterla riabbracciare o anche solo rivederla per un istante, quel tanto che bastava per chiederle perdono ancora una volta per le vite che lui stesso aveva condannato per sempre; i suoi occhi si riempirono di lacrime, ma quelle stesse lacrime furono ricacciate immediatamente dentro quando realizzò che la fanciulla di profilo non era la sua defunta moglie, ma la veggente che, suo malgrado, aveva condotto al suo villaggio.
Colto da un moto d’ira insensato, l’afferrò saldamente per un braccio, costringendola a fare una torsione del corpo e, prepotentemente, la scaraventò sul letto in cui fino a poco prima aveva dormito, sotto il suo possente e seminudo corpo.

“Cosa ci fate qui?” le chiese, mentre una mano l’afferrava per il collo sottile.
Hrafnhildr boccheggiò, sconvolta e presa alla sprovvista dal suo repentino risveglio e da quel brusco gesto che le riportò alla mente attimi che aveva creduto seppelliti per sempre in un angolo remoto della sua memoria: per un istante, un lungo e interminabile istante, non fu più la forte veggente che era diventata, ma tornò la fragile fanciulla di molto tempo prima, di quella che sembrava una vita precedente; per un lungo e interminabile istante, quello sopra di lei non fu Einarr, l’iracondo jarl di una terra a lei sconosciuta, ma Canut, il figlio bastardo dell’uomo che avrebbe dovuto sposare, il giovane senza scrupoli che aveva rubato la sua innocenza e violato il suo corpo per una notte e un giorno interi.
“Volete possedermi? – chiese con voce incolore, quasi non fosse davvero lei a parlare – Se volete fare violenza anche voi sul mio corpo, allora fate pure.”
Einarr strabuzzò gli occhi, sconvolto da una tale domanda che, in un primo momento, ritenne una stupida provocazione, un voler metterlo alla prova senza un motivo apparente; solo quando lei alzò la sua veste, mostrando le sue cosce nude e aprendo automaticamente le gambe pallide, Einarr realizzò che quella richiesta non era stata fatta per sfidarlo, tutt’altro.
La Veggente sembrava seria, aveva creduto davvero che lui volesse possederla per sfogare attraverso di lei e il suo corpo il suo disprezzo e così schernirla una volta per tutte.
Sdegnato da quel folle e ingiustificato comportamento si allontanò dalla giovane, che in risposta puntò i gomiti sul morbido giaciglio per riuscire a sollevarsi leggermente con il busto e guardarlo, in piedi davanti a lei, con occhi velati.
“Siete per caso impazzita? – chiese a sua volta, oltraggiato – Credete che io sia capace di un atto così scellerato?”
“Lo siete? Non vi conosco, Jarl, non so chi voi siate o quali segreti nascondiate dietro il vostro palese odio verso di me e tutto ciò che rappresento.”
“La stessa cosa vale per me, Veggente: non so nulla di voi, del vostro passato e, per quanto mi riguarda, avreste potuto sgozzarmi nel sonno con una qualsiasi lama trovata ai piedi del mio letto.”
“Non sono un’assassina, tantomeno uno spergiuro che infrange il sacro voto dell’ospitalità uccidendo il padrone di casa nel sonno. – rispose, questa volta con voce più alta – Ero venuta solo per raccattare i resti del vostro banchetto, così da sdebitarmi con Gyda per il tetto sopra la testa che mi ha offerto questa notte appena trascorsa.”
“Ammetto che il mio lato di guerriero ha avuto la meglio e di aver reagito in modo brusco, ma come vi ho appena spiegato non vi conosco e, sentendomi minacciato, ho agito d’istinto. – riprese Einarr – In ogni modo, avreste potuto ribellarvi e supplicarmi di lasciarvi andare, invece che insinuare un tale abominio.”
“Ribellarsi non serve a nulla, rende solo il tutto più doloroso per se stessi. – sottolineò Hrafnhildr, stringendosi le braccia al petto – Inoltre, dubito che qualcuno sarebbe corso in mio aiuto: sono solo una straniera, una veggente, una donna che non ha alcun valore.”
“Avete valore per Guthrum, il mio signore, e per questo motivo avete valore per me. Il mio compito è quello di tenervi sotto il mio controllo, al sicuro e…”
“Tagliarmi la testa quando arriverà il momento opportuno. – sorrise di un sorriso sghembo – Me lo avete ricordato fin troppe volte durante il nostro viaggio e nel giorno appena trascorso.”
“Se siete decisa a dipingermi come un demone senza alcun cuore o rimorso fare pure, non mi interessa. – fece un passo verso di lei, mentre la sua voce si faceva più severa – Sappiate, però, che nonostante i miei doveri non sarebbe facile per me togliervi la vita: la vostra esecuzione, se mai dovesse accadere, non sarà senza conseguenze. Anche io ho un cuore, o almeno un tempo lo avevo…”
“Così come lo avevo io. – rispose lei, azzardando e avvicinandosi senza troppa paura a lui – Ma l’innocenza è svanita da un pezzo, così come la disillusione e la speranza.”
“Eppure avete consacrato la vostra vita alle divinità…”
“Bisogna pur trovare un modo per non impazzire e non soccombere a questa vita, non credete? – Hrafnhildr scrollo leggermente le spalle – Voi avete il vostro onore, la guerra e il sogno del Valhalla, mentre io ho questo.”
“Siete una creatura davvero singolare, Veggente.”
“E voi un uomo dall’animo impenetrabile, Jarl.”
“Forse non siamo poi così diversi. – un flebile sorriso comparve sulle labbra circondate da una curata barba biondiccia – Magari, potreste chiedere alle rune di aiutarvi; magari, loro sapranno rivelarvi cosa si cela dietro questo mio impenetrabile e intransigente animo… o magari no.”
“Potrei, - concordò – magari l’ho già fatto e conosco ogni vostro segreto passato e futuro. Qualunque sia la verità, non vi permetterò nuovamente di toccarmi senza il mio permesso, qualsiasi sia la vostra ragione. Se lo farete ancora, state pur certo che ve ne pentirete.”

Einarr rabbrividì nell’udire parole pronunciate con così tanta rabbia e ferocia: il cambiamento nello sguardo della giovane donna era stato repentino, non c’era alcun dubbio che avrebbe fatto ciò che aveva promesso e, per la prima volta, l’uomo ebbe paura di lei e di quello che il suo passato nascondeva.
Decise così di non dire altro, lasciandole l’ultima parola e, scostatosi, le permise di raccattare i cocci in precedenza caduti e lasciare la stanza.
Che quella giovane fosse una punizione, l’ennesima, che Odino aveva inviato per ricordargli la sua potenza e fargli pagare il fio per essersi comportato come uno spergiuro? Qualsiasi fosse la verità per il suo dilemma interiore, Einarr non era sicuro di voler conoscere la risposta.  


 

**



Tornò a respirare solo quando uscì all’aria aperta. Per tutto il tempo trascorso faccia a faccia con Einarr aveva avuto la sensazione di non essere davvero se stessa, di essere in una strana dimensione fuori dal tempo, come se le parole da lei pronunciate non fossero davvero le sue, ma quelle di una giovane donna sconosciuta.
Era incredibile ciò che aveva fatto, il modo in cui aveva parlato senza mostrare il minimo riguardo verso lo jarl, verso l’uomo da cui dipendeva la sua vita.
La verità, si disse mentre camminava a passo svelto verso la foce del fiume poco lontano, lo stesso che era stato silenzioso testimone della conversazione tra lei e Gyda la sera prima, era che il sol pensiero di provare anche solo una lontana parvenza di ciò che aveva provato anni prima, quando Canut le aveva segnato e condannato per sempre la vita, era riuscito a terrorizzarla così tanto da farla attaccare come una belva messa in un angolo e senza scampo alcuno.
Ripensandoci adesso, però, tutto era più chiaro: Einarr si era sentito in pericolo, aveva temuto per la sua vita e aveva agito non per ferirla senza alcuna ragione, ma per proteggere se stesso.
Eppure lei lo aveva minacciato di morte, promesso una morte violenta e, tornando indietro, probabilmente lo avrebbe rifatto.
Ho promesso a me stessa che non avrei permesso a nessun uomo di toccarmi contro la mia volontà, non importa chi sia o quale posizione rivesta nella società.
La lealtà verso se stessa sarebbe sempre stata messa davanti a tutto e a tutti, il suo bene prima di tutto ciò che le era stato insegnato:
Sii sempre leale verso il tuo signore, verso tuo marito, poiché da lui dipende la tua sorte. — soleva ripeterle sua madre, una donna coraggiosa e forte, ma debole quando i sentimenti per un uomo venivano chiamati in causa — Non dimenticare mai il tuo posto, a chi devi la tua posizione e la tua stessa vita.

Si domandò se sua madre sarebbe stata fiera di lei oppure oltraggiata e delusa da ciò che era diventata, dalle decisioni che aveva preso: aveva imparato ad imbracciare un’ascia, aveva ucciso persone, accettato e imparato a convivere  con i suoi sogni e i suoi presagi come sua madre non aveva mai fatto, diventando padrona di se stessa e della sua vita.
Sono qui per compiere una missione, la missione che Odino mi ha assegnato; sono qui per condurre Guthrum alla vittoria, per rendere il suo nome immortale, essere il tramite per raggiungere un fine più grande di me o di qualsiasi altro. Questo è ciò che importa davvero, la sola cosa che importa e che rende insignificante tutto il resto.

Non doveva dimostrare niente a nessuno, i suoi presagi avrebbero parlato per lei; non aveva bisogno di qualcuno a proteggerla, a quello avrebbe pensato la sua ascia; non aveva bisogno dell’amore di un uomo, perché gli uomini erano esseri volubili, incapaci di amare incondizionatamente e per tutto l’arco di una vita.
Mio padre non mi ha mai amato, il mio promesso sposo non mi avrebbe mai amata nel modo in cui meritavo di essere amata, tantomeno lo farà un qualsiasi vichingo al servizio di Guthrum.

Arrivata al fiume si spogliò di ogni indumento, rimanendo nuda davanti alla natura e, senza temere il freddo o correnti, si immerse fino alle spalle: Hrafnhildr alzò il capo, osservando il cielo azzurro sopra di lei e, preso un respiro profondo, scomparve sotto il sottile filo dell’acqua.  

 

*
 


Angolo Autrice: Hello, folks! Come spiegare questo capitolo? Diciamo che è di passaggio, diciamo che non mi soddisfa come il precedente... diciamo pure che ho lasciato i personaggi liberi di muoversi come volevano e ho scritto ciò che in quel momento mi è balenato in testa. Insomma, diciamo pure che come capitolo è molto random, anche se si scopre qua e là qualcosa dei nostri protagonisti.
Nel prossimo succederà altro, qualcosa di più succulento sotto il punto di vista storico, sempre che questi due e la storia non mi sfugga di mano! lol ù.ù
Ringrazio, come sempre, tutti voi che leggete, quelle poche anime che seguono la storia e voi che recensite. Grazie, davvero, perchè senza i vostri pareri e le vostre belle parole probabilmente mi sarei arresa da un pezzo... *3*

Alla prossima,
V.
  
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